di Franz Ferrè
Cosa rispondereste se qualcuno vi proponesse di partecipare ad una SLOTTERIA? Probabilmente, prima di rispondere, vorreste sapere cos’è: una slotteria consiste essenzialmente in una lotteria, ma al contrario.
In una lotteria c’è una moltitudine di persone che pagano una piccola cifra per partecipare ad una estrazione dove qualcuno di loro potrà vincerne una molto grossa. Esempio: un milione di persone paga un euro ciascuno per partecipare all’estrazione di un biglietto vincente da un milione di euro. Bene, una slotteria – se esistesse – funzionerebbe all’opposto: un milione di persone parteciperebbero gratis ad una estrazione nella quale il “fortunato” possessore del biglietto estratto pagherebbe un euro ciascuno agli altri partecipanti, con un esborso totale di un milione di euro (999.999 euro, per la precisione). Una lotteria, quindi, presenta una piccola perdita, quasi certa, a fronte della quale esiste una minuscola (ma non nulla) probabilità di ottenere un grande guadagno, mentre la slotteria presenta un piccolo guadagno quasi certo, a fronte di una remota (ma non nulla) possibilità di soffrire una enorme perdita. Ora che è chiaro il concetto, ripetiamo la domanda: potendo scegliere voi partecipereste a una slotteria?
Molti anni fa ponemmo questa domanda (insieme ad altre) ad un centinaio di studenti del primo anno di Economia Aziendale della Bocconi, per valutare la loro propensione al rischio. Nonostante si trattasse di soggetti giovani orientati al profitto (erano pur sempre bocconiani) oltre il 90% di loro rispose “NO”. Una slotteria, del resto, non la indice nessuno nel mondo reale perché è abbastanza evidente che i partecipanti sarebbero pochissimi.
A meno che la partecipazione non fosse obbligatoria, come oggi sta di fatto avvenendo con quella che mi sembra essere sempre più simile ad una vera e propria slotteria su larga scala: quella dei vaccini.
Perché l’analogia regga servono tre cose: partecipazione gratuita, guadagno quasi certo, ma limitato, a fronte di un rischio piccolo, ma di enorme impatto, di gravi conseguenze.
Partecipazione: come per la nostra slotteria finanziaria, anche il vaccino è gratis per il singolo partecipante, poiché al singolo soggetto, a fronte dell’iniezione, nulla viene chiesto direttamente; in realtà il vaccino non è affatto gratis (citofonare Pfizer) e lo paga la collettività, vaccinati e non;
Guadagno: come per la slotteria, i vaccini stanno mostrando un guadagno diffuso per chi li accetta, che non si concretizza nella sbandierata “immunità” (che altri vaccini garantiscono, alcuni anche per tutta la vita), ma in una qualche riduzione del danno per l’individuo: il siero riduce i sintomi gravi, in caso di contagio, ma il vaccinato – dicono le ricerche più recenti – una volta positivo al Covid, contagia come tutti gli altri; è un guadagno grande o piccolo? Innanzitutto, va considerato che, mentre il vaccino viene somministrato a tutti, ad oggi, dopo 21 mesi di pandemia, oltre metà dei quali senza vaccinazioni, il 92% circa della popolazione italiana NON HA MAI preso il Covid (dati ISS al 17/11/2021). Quanto alle conseguenze per quell’8% che ha subito un contagio, va innanzitutto osservato che, sempre secondo i dati ISS, circa i tre quarti dei casi sono asintomatici o con sintomi lievi. Quindi: 92% più tre quarti di 8% fa 98% di italiani che si cerca di vaccinare per una malattia che, pur in circolazione, non ha mai preso (anche prima del vaccino) o, se l’ha avuta, non se n’è nemmeno accorto, o quasi. Guadagno dalla slotteria? Pressochè nullo. Discorso diverso per quel 2% che si ammala di Covid ed ha sintomi, la cui gravità, tuttavia, dipende dalla persona: per un anziano con malattie croniche vaccinarsi può essere un guadagno notevole (e qui il paragone con la slotteria cade), ma per un under 50, ad esempio, le statistiche di ospedalizzazioni, terapie intensive e morti dicono il contrario: dando per buono il dato (e non lo è), il tasso di mortalità da inizio pandemia (inclusi coloro che presentavano malattie croniche pregresse) è dello … 0,06%, che sale a un modesto 0,16% se si includono gli under 60. Nel solo 2019 (dati Istat) in Italia le morti di under 50 per Covid sono state la metà di quelle per incidente stradale. Stiamo parlando, quindi, di proteggere tutta la popolazione (inclusi i teenager e, tra poco, pure i bambini in età scolare) da una malattia che per tutti gli under 60, presenterebbe un rischio minimo; diverso il discorso per gli over 60, dove la percentuale di guariti è “solo” del 90%, ma i due terzi dei morti sono over 80, con una percentuale di guariti che comunque anche in questa fascia sfiora l’80%; è tanto? E’ poco? Diciamo che è poco: vorremmo il 100% di guariti per tutte le malattie, ma comunque le cifre dicono che la mortalità generale diminuisce, dopo le vaccinazioni, per gli over75, a conferma di un guadagno che può essere importante per queste fasce di età;
Il rischio: se il dato dei decessi è sovrastimato, quello degli effetti avversi – che costituiscono il rischio latente di questa slotteria – è ampiamente sottostimato, in parte per la mancanza di una famacovigilanza attiva (quantomai necessaria per una profilassi del tutto nuova come questa) ed in parte per la generalizzata avversione culturale a tutti i livelli a riconoscere alcun nesso causale tra le manifestazioni nocive e le somministrazioni delle dosi. Tuttavia, anche i dati disponibili, presi per buoni, mostrano che i costi, cioè gli effetti negativi, non sono lievi. Lo studio di Fondazione Hume (www.fondazionehume.it) riportato da Daniele Capezzone su LaVerità del 12 novembre scorso registra nei database di 23 paesi europei un picco di morti in eccesso per gli under 50 rispetto agli anni precedenti con il progredire delle vaccinazioni (più marcato per le fasce di età più giovani). Sia i dati dei primi nove mesi del 2021 del Vaers (il database USA degli effetti avversi da vaccini) sia quelli – stesso periodo – del database omologo del Regno Unito riportano una mortalità correlata all’iniezione pari a circa 20 casi per milione di dosi, contro i 0,23 casi del vaccino antinfluenzale e gli 1,6 casi per milione rilevati negli ultimi 10 anni per tutti gli altri vaccini (!!). E questi database rilevano solo i casi verificatisi nei giorni immediatamente seguenti la dose; cosa succede nelle settimane o nei mesi successivi sarebbe noto, ma non viene rilevato (se non in casi sporadici), mentre quello che succederà nei prossimi due/tre anni non si sa; insomma, il danno grave (molto grave), ma poco probabile, c’è tutto.
Riassumendo: quella dei vaccini Covid è senza dubbio una slotteria fatta e finita per una gran parte dei cittadini italiani. Sicuramente lo è per gli under 50 (salvo patologie croniche o gravi in corso), lo è in buona parte anche per gli under 60, mentre salendo di età (o peggiorando nelle patologie del soggetto), pur restando i rischi di evento avverso sporadico, ma grave tipici della slotteria, il guadagno derivante dall’immunità da profilassi anti-Covid, pur se temporanea e parziale, può spostare la bilancia a favore della partecipazione.
Tutto ciò è sicuramente noto a chi prende le decisioni ai massimi livelli, anche in Italia. Eppure, per la vulgata, le cure non esistono, e i vaccini sono l’unica via. Peccato che per molti di noi sia una slotteria, alla quale molti – come gli studenti della Bocconi – se sapessero come stanno le cose e potessero scegliere liberamente, non parteciperebbero.
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