di Leonardo Spina
“Mors tua vita mea”…(la tua morte per me è vita…); “homo homini lupus”, ( l’uomo è un lupo per l’altro uomo): chi ha inventato queste frasi aberranti, questi modi di dire che uccidono ogni speranza, azzerano emozioni e comportamenti nobili che l’umanità ben conosce, come la generosità, il dono, la solidarietà, la pietas, la cooperazione, tutte forme dell’Amore?
L’uomo, per sua natura, nasce carogna o carogna ce lo fanno diventare? Quanto può essere aguzzo il suo gomito?
La risposta sta nell’osservare la natura: il primo nucleo sociale è la famiglia, nella quale, se le condizioni lo permettono, c’è tutto quanto sopra elencato e in aggiunta: gratuità, protezione, comunione. L’essere umano è compassionevole e collaborativo se le condizioni lo permettono…. Questo è il punto.
Chi determina le condizioni?
Un tempo era solo la natura a far sì che una famiglia (una comunità) potesse avere l’opportunità di una vita decente (e magari felice); un mare pescoso, un orto produttivo, pochi pericoli ambientali.
E’ mai davvero esistita una società di questo tipo? Certamente! Ma nessuno ha ritenuto opportuno descriverla nei libri di storia.
Lo ha fatto l’archeologa Marija Jimbutas che ha portato alla luce “La civiltà della Grande Madre”: ne avete sentito parlare? Difficile.
La Jimbutas provò, reperti alla mano, che nell’Europa del Neolitico per millenni, era fiorita una società basata sulla sacralità della vita, sul feminino, sulla cooperazione; in questa vera e propria Età dell’oro, non c’erano differenze di ceto e di censo (ad esempio, nei villaggi, le case erano più o meno tutte uguali), non erano state elaborate armi letali; agricoltura e farmacopea erano molto sviluppate e le città non avevano le mura ( cioè la guerra era sconosciuta!).
Si tratta di un riferimento culturale importantissimo.
Nel XVIII secolo aspre furono le dispute tra il pensiero di J. Jacques Rousseau (il buon selvaggio) e Thomas Hobbes (Homo homini lupus): se avessero conosciuto il lavoro dell’archeologa lituana, Hobbes avrebbe perso la disputa ed oggi non conosceremmo quello che è il vero cancro del pianeta: l’ideologia neoliberista.
A partire dagli anni ’80, con solide radici nella filosofia cosiddetta liberale, questa ideologia -divenuta bel presto una vera e propria nuova religione finanziaria, ha avvelenato le menti degli uomini, mercificato tutto, inquinato gli Stati nazionali e reso marginale ed emarginato ogni pensiero divergente. Ed ha nettamente peggiorato le condizioni…
Le famiglie -nuclei centrali nella distribuzione di amore e ricchezza- sono state distrutte da carichi di lavoro impossibili e da valori disgreganti; in pochi decenni tutte le modalità collaborative di produzione (frutto spesso dell’unione tra poveri) sono state azzerate: cooperative, mutue, comunità.
Tutto è stato spazzato via dall’ossessione di potere e controllo iper gerarchico.
Ma è sotto gli occhi di tutti che questo mostro neoliberista porta solo alla distruzione della natura, al tramonto della civiltà, all’assoggettamento totale dei corpi e delle menti dei miliardi di terrestri.
Il capolavoro, questa nuova religione, lo ha operato con le forze che una volta facevano capo alla sinistra. Oggi, sono proprio i partiti che si dicevano progressisti ad essere la punta di diamante di quell’infame progetto chiamato Grande reset, completamente risucchiati come sono nell’agenda delle elìtes, che fanno la lotta di classe al contrario, accentrano la ricchezza, disumanizzano la società e puntano all’uomo macchina trans-umano.
Ci sembra giunto il momento di cercare fermare questa corsa folle verso il baratro che è stato preparato per l’umanità. Occorre comprendere che l’egoismo non è innato ma indotto, che il sentimento più naturale, primario, irrinunciabile per l’essere umano è l’amore, non la paura.
BarterFly vola alto e cerca di offrire le idee e la pratica per ricostruire il tessuto sociale ed economico e tornare alla Comunità, moltiplicatrice del benessere e della felicità della singola persona, restituendo ad essa il valore immenso che esprime, la sua creatività, il suo lavoro, il suo tempo.
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