di Antonella Grana
Per parlare della Cassaforte della Memoria è necessario tornare a settembre 2016, dopo le scosse di terremoto di Amatrice e prima delle scosse di ottobre che ampliarono il cratere del sisma e distrussero piccoli borghi Umbri e Marchigiani.
L’idea nella sua semplicità è quasi banale, tutt’altro che banale, al contrario difficile e laborioso, recuperare il materiale necessario per “costruire” la cassaforte digitale, il cui primo nucleo è costituito da Progetto Re-Building, una raccolta di foto geolocalizzate, di edifici o siti naturali in Centro Italia prima del sisma, che sono state caricate in una mappa interattiva di Google Mymaps La ricostruzione non è solo una scelta architettonica ma riguarda soprattutto la memoria dei paesi e la loro identità.
Nella fase di esordio Re-Building (dell’Associazione Progetto Re-Cycle) iniziò con l’intento di contribuire alla ricostruzione anche in termini materiali/strutturali oltre che allo sviluppo di una “cassaforte della memoria” virtuale e condivisa. Con il passare dei mesi, e con la conoscenza sempre più approfondita dei territori colpiti dal sisma, la valenza, che iniziò ad assumere una importanza maggiore, fu quella della ricostruzione dell’identità dei luoghi. Identità (di valori storici, economici, naturali e culturali) che rischia di essere persa a causa dell’abbandono dei territori e che è espressa visivamente attraverso le foto pre-sisma raccolte nella mappa.
All’inizio del testo accennavo alla difficoltà e laboriosità del recupero di immagini. Quando si parla di tecnologia molto spesso non si considera a sufficienza il ruolo dell’essere umano.
In modo abbastanza sorprendente, chi stentava (e stenta tuttora) a capire la valenza della Cassaforte erano i teenager. Con le persone più giovani abbiamo avuto la prova concreta e tangibile di come farsi usare dalla tecnologia: i ragazzi usano in modo smodato lo smart phone ma se si chiedono le loro foto si scopre che sono per lo più selfie, per giunta brutti.
E’ l’essere umano che deve governare la tecnologia e non viceversa, dietro a una App resta sempre e comunque il soddisfacimento di una necessità umana. L’essere umano si relaziona comunque con altri esseri umani, tecnologia, web e social sono solo strumenti. Per costruire una Cassaforte della Memoria l’essere umano stesso deve volerci mettere qualcosa all’interno. Nei nostri viaggi abbiamo incontrato molte persone, altre ne incontreremo, abbiamo capito sempre più profondamente che per ricostruire bisogna partire dal ricostruire l’identità del luogo, dal “genius loci” e che una “cassaforte digitale” può essere applicata a qualsiasi contesto abbia delle storie da preservare e raccontare.
La Cassaforte si sta pian piano evolvendo e “riempendo” di foto e, nella fase successiva, si arricchirà di schede con informazioni e contenuti storici. Ci sono immagini splendide (non ancora inserite), ottenute con foto 360, che ritraggono edifici storici e luoghi di culto prima delle scosse di terremoto e prima della loro quasi completa distruzione. Dalle foto classiche alla Realtà Virtuale il passo è stato piuttosto veloce, il passaggio dall’architettura alla mappatura di sentieri (ricordate il genius loci?), sempre con foto 360, il passaggio è stato altrettanto breve.
Spesso con le attività di mappatura e virtualizzazione ci accusano di far “impigrire” le persone che si farebbero il loro giretto virtuale senza spostarsi dal divano. Tutto da buttare perciò? Oppure ci può essere un dialogo tra mondo reale e mondo virtuale? Quando si parla di tecnologia ci si trova molto spesso di fronte a due schieramenti opposti: totalmente pro o totalmente contro.
Proviamo a lavorare di immaginazione. Siete immersi nelle nebbie autunnali della Pianura Padana, vi trovate vicino a un fiume. I contorni dei luoghi si sfumano, i suoni non sono nitidi ma ovattati. L’umidità la fa da padrona, si ha la sensazione prepotente di nuotare nel e attraverso il luogo. Il tempo resta sospeso, non si riesce ad avere la sensazione dell’orario perché il cielo non si vede. Nel sottofondo il rumore dell’acqua, di qualche nutria che si tuffa, il battito delle ali dei cigni, definiscono i contorni del luogo.
Si può vedere il luogo su uno schermo, si può percorrere un sentiero con lo stesso schermo, ma non si può sentirlo. Si riesce forse a “nuotare” nell’umidità? La sola immagine di un luogo non ne definisce la realtà complessa e mutevole. Sperimentare di persona è la parola d’ordine.
La Cassaforte serve per preservare la memoria, per avere una memoria si deve sperimentare. Virtuale e reale possono andare a braccetto, il virtuale non potrà mai superare il reale (da cui attinge “esperienza”) ma essere un suo importante alleato.
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