Il vero rinascimento italiano e la sua distruzione

L’antica Roma la Grecia e l’Italia hanno un ruolo fondamentale nella cultura e nella civiltà occidentale

di Marina Mascetti

Questo articolo può essere letto grazie all’alfabeto romano, usato in tutto il mondo; i giorni e i mesi della nostra reclusione – che portano i nomi di dèi e imperatori – scorrono secondo il calendario romano, usato in tutto il mondo. Basta questo a far capire che l’antica Roma, la Grecia e l’Italia hanno un ruolo fondamentale nella cultura e nella civiltà occidentale.

Abbiamo inventato (quasi) tutto noi: alfabeto, note del pentagramma, arte, bellezza, musica e poesia; architettura, ingegneria, idraulica. Forma della città e del territorio, con case, piazze, strade, porti, acquedotti, fognature e tutto il resto. Organizzazione dello Stato, logistica, sistema bancario e notarile, il diritto romano, che ancor oggi è alla base della legislazione moderna.

In “Difendere l’Italia” (2013), la grande antropologa Ida Magli definiva la cultura «un insieme complesso di costumi, linguaggio, tecniche, significati e valori, che caratterizza un gruppo umano, circoscritti nel tempo e nello spazio».

Fin dal 1997 – quando pubblicò “Contro l’Europa” – ha predicato al vento che l’Unione Europea sarebbe stata un fallimento, partendo dalla semplice constatazione che “non si possono sommare le pere con le mele”; ovvero non si possono fondere in un unico e inesistente “popolo europeo” popoli  e culture così diversi fra loro. Si potrebbe fare solo cancellando la storia e l’identità dei vari popoli, per renderli tutti “uguali”: è quel che stanno facendo adesso.

«Uguali a chi?» chiedeva Ida Magli, spiegando che la distruzione «è iniziata dalla Grecia e dall’Italia, perché sono le culle della nostra Civiltà».

Per distruggere gli Stati nazionali, l’Unione Europea si è servita del relativismo culturale, parte integrante del pensiero unico politicamente corretto. Tutte le culture sono state messe sullo stesso piano, come se quella italiana e quella primitiva dell’Amazzonia fossero “uguali”. Per cancellare la nostra cultura – e la nostra identità – si è iniziato dalla scuola, riducendo l’insegnamento della Storia (anche quello dell’Arte). Bisognava dimenticare il nostro straordinario passato, seguendo l’insegnamento di Orwell: «Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato».

Nel nostro glorioso passato spicca il Rinascimento, di cui tanto si parla per i 500 anni della morte di Raffaello. Il nome stesso indica la “Rinascita” della Cultura e delle Arti dopo il Medioevo. Uno dei momenti più straordinari della Civiltà occidentale, che non può essere compreso appieno senza conoscere la cultura e la civiltà greco-romana che lo hanno preceduto.         

Col Rinascimento papi, cardinali e nobili si proclamarono diretti discendenti dell’Impero romano, che li affascinava con le sue rovine e stregava le menti con la potenza universale dei testi poetici e filosofici, trasmessi dagli amanuensi. Riportarono Roma all’antico splendore facendone di nuovo il centro del mondo; e disponendo delle ricchezze illimitate della Chiesa vi attirarono una concentrazione irripetibile di geni: Raffaello, Leonardo, Michelangelo, Bramante, Palladio, Botticelli, Mantegna e moltissimi altri provenienti da tutta Italia, specie da Firenze. Arte e Cultura furono la chiave di volta di quella rivoluzione, e l’affresco della “Scuola di Atene” nella Stanza della Segnatura di Raffaello è la sintesi della meravigliosa fusione fra la cultura greco-romana e quella italiana sancita dal Rinascimento.

Papi e cardinali delle più nobili famiglie gareggiarono in “Magnificenza”, puntando sui simboli del Potere e del Sacro degli imperatori romani, che ‘rinacquero’ coi nuovi imperatori: i Papi. In un mondo analfabeta, i Simboli erano il solo linguaggio comprensibile a tutti, e non poteva cambiare: tale continuità sarà la nostra chiave di lettura.

Dai Faraoni in poi i simboli del Potere son sempre gli stessi: Lusso, Bellezza, Arte e Cultura, che nel Rinascimento diventeranno appunto la “Magnificenza” degli uomini di potere. I simboli del Sacro – che legittimava il potere assoluto – erano la porpora, titoli come Pontifex maximus, la sedia gestatoria, i riti e le processioni, l’intermediazione fra l’uomo e Dio.

Arte e bellezza nelle chiese e nei palazzi di città, o nelle ville di campagna – “luoghi di delizie” – nacquero dallo studio dal vero dell’architettura romana e del De Architectura di Vitruvio, sul quale si formò anche Palladio. Come ‘riempire’ quei meravigliosi contenitori? Con gli affreschi di Raffaello, i quadri di Botticelli, le sculture trovate nei primi scavi archeologici. Così nacquero le prime Quadrerie e Collezioni d’antichità, simbolo del gusto per il Bello dei padroni di casa.    

I grandi Signori rinascimentali avevano un vastissima cultura, conoscevano il greco e il latino, avevano studiato le Sette arti liberali del Trivio (grammatica, retorica e dialettica) e del Quadrivio (geometria, aritmetica, storia e musica). Crearono la Magnificenza grazie alla Munificenza, diventando i generosi mecenati dei più grandi artisti. Nei loro cenacoli discussero di filosofia, arte e architettura coi massimi eruditi; collezionarono libri e manoscritti rari per le loro biblioteche, generosamente messe a disposizione degli studiosi. Crearono Orti Botanici, promossero la ricerca scientifica, i cataloghi delle antichità romane, le prime enciclopedie.

Alessandro Farnese, il “Gran Cardinale” aveva una corte con centinaia di persone che in una vita non guadagnavano quel che lui spendeva in un mese. Il cardinale Ippolito II d’Este, suo rivale in Magnificenza, fu accusato di “uso improprio” dei fondi della Chiesa, e rispose che costruendo con quei denari la Villa d’Este a Tivoli aveva aiutato i poveri facendoli lavorare.

Nell’arte del ricevere gareggiarono per la ricchezza delle tavole con trofei (Leonardo li disegnò per Lodovico il Moro); i banchetti dalle infinite portate erano allietati da musicisti come Palestrina, da rappresentazioni teatrali ed allegoriche. Esisteva persino un incredibile manuale sulla suprema “Arte della piegatura dei tovaglioli”.

Cosa ci racconta del Rinascimento la pseudo-storia relativista di oggi? Nulla. Sottolinea solo gli aspetti peggiori: nepotismo, corruzione, drenaggio della ricchezza, lotte di potere, cospirazioni e tradimenti, Inquisizione e Crociate. Come se queste cose non esistessero ancor oggi, riverniciate dalla neo-lingua orwelliana con termini eleganti: “distrazione di fondi”, “redistribuzione della ricchezza”, “intermediazione”, “guerre umanitarie”, “carcerazione preventiva”.

Certo, i mecenati del Rinascimento furono spregiudicati uomini di potere, ma erano intellettuali coltissimi che hanno lasciato un’eredità duratura ed immortale, un patrimonio di musica, opere d’arte, tradizioni, cibo e bevande, diversi in ogni regione, che fa dell’Italia una “superpotenza culturale” e da sempre dà lavoro col turismo.

Gli uomini di potere di oggi non hanno la più pallida idea di cosa sia il vero mecenatismo e la promozione dell’Arte e della Cultura: secondo loro “non rende” e quindi “non serve”. La “Scienza” guarda con disprezzo l’Umanesimo e il Rinascimento, perché ha rinnegato l’Uomo in nome del denaro, che com’è noto non compra la felicità e nemmeno la cultura.

Spendere 30 milioni di dollari per il Codice Leicester di Leonardo non ha fatto di Bill Gates né un intellettuale né un mecenate; è un uomo di potere che vuol darsi un tono e non ha mai fatto nulla per la cultura: mira solo al profitto, al pari di altri disinteressati “filantropi” come Soros. Secondo un antico detto “un asino può anche fingersi cavallo, ma prima o poi raglia”.

«La conoscenza arricchisce chi la dona e chi la riceve» scrive invece il professor Nello Sperandio nel suo bellissimo saggio “L’utilità dell’inutile” (2014), nel quale sottolinea «gli effetti disastrosi prodotti dalla logica del profitto nel campo dell’insegnamento, della ricerca e delle attività culturali in generale». È un vero e proprio Manifesto «in difesa della cultura classica, della dignità umana, del sentimento di amore e del valore della verità…»: il glorioso passato dal quale dobbiamo ripartire se vogliamo avere un vero futuro, un nuovo Rinascimento. Quando finirà la nuova peste medioevale in cui siamo sprofondati, l’Italia “rinascerà” solo se gli italiani potranno creare e inventare per il piacere “inutile” di farlo – come in passato – e con l’orgoglio di saperlo fare molto meglio degli altri. Genio e qualità, lasciando la quantità ai nuovi barbari: europei, americani e cinesi.

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