di Antonio Monopoli
La veloce evoluzione tecnologica nell’ambito della robotica e dell’intelligenza artificiale sta portando un cambiamento generalizzato nella vita di ciascuno di noi e nell’organizzazione di tutta la vita sociale. Quello che si sta verificando è un cambiamento irreversibile e totale, analogo e conseguente a quella che è stata la rivoluzione informatica. Questo significa che ci troviamo difronte ad una trasformazione universale destinata a mutare radicalmente “tutto” e dal cui orientamento deriveranno il futuro assetto sociale e le modalità, le condizioni e la qualità della vita di ciascuna persona.
Queste nuove tecnologie, fino a quando rimangono nella loro funzione strumentale, possono essere considerate “neutre”, non lo è invece il loro uso che può essere orientato in qualsiasi modo, così come una lama può essere utilizzata in un bisturi che salva una vita o in un pugnale che la toglie.
Ciò che fa la differenza quindi è la volontà e la capacità dell’uomo. La robotica e l’Intelligenza artificiale, non fanno eccezione rispetto a questa regola generale. È quindi nella responsabilità umana utilizzare questi strumenti “per il bene”.
Ma che cos’è il bene? e per il bene di chi? A queste domande ha sempre risposto L’Etica dalla quale negli ultimi anni si è sviluppato lo specifico ramo della Roboetica. Se consideriamo la persona come il valore assoluto di riferimento, possiamo rispondere a queste domande dicendo che ciascun essere umano è destinatario del bene ed il bene consiste innanzitutto nella tutela dell’esistenza e nella promozione della libertà di ciascuno
Vista in questa ottica la robotica e l’intelligenza artificiale devono quindi aiutarci a realizzare innanzitutto la nostra umanità, ad esempio sottraendoci ad attività usuranti e degradanti, aiutandoci a superare i limiti e gli handicap fisici e consentendoci di guadagnare tempo per la nostra vita grazie al lavoro svolto dalle macchine al nostro posto.
Idealmente quindi il risultato più importante dovrebbe essere un aumento del grado di libertà degli individui inteso anche come maggiore tempo libero, in corrispondenza di un fortemente ridotto tempo di lavoro classicamente inteso, ed una base comune di benessere per ogni persona frutto della ridistribuzione, non soltanto in senso finanziario, della maggiore ricchezza prodotta grazie alle nuove tecnologie.
Questo concetto di ridistribuzione equa dell’arricchimento che deriva dalle nuove tecnologie è essenziale per il rispetto della dignità di ogni persona, perché solo sottraendosi al giogo del bisogno ed avendo i mezzi per perseguire i propri progetti di vita, la libertà può realizzarsi. L’equa ridistribuzione trova una base etica nella considerazione che la robotica e l’intelligenza artificiale sono il risultato dell’evoluzione della civiltà e del sapere umano nel suo complesso ed in quanto tali non possono essere rivendicate al possesso ed al godimento esclusivo di singoli soggetti, ma appartengono all’umanità intera la quale pertanto ha diritto di godere di almeno una parte dei frutti che ne derivano, ed ha diritto a goderne nell’immediatezza, sia per la naturale brevità della vita umana , rispetto alla quale un procrastinare equivarrebbe a negare, sia perché un rinvio di detto godimento, magari con la falsa promessa di un maggiore benessere futuro, avrebbe come effetto la creazione di una asimmetria sociale con la naturale conseguenza della creazione di almeno due specifiche classi sociali.
La roboetica deve accompagnare e orientare lo sviluppo della robotica e dell’intelligenza artificiale sia negli orientamenti degli aspetti tecnici, sia nella gestione delle implicazioni sociali che necessariamente ne derivano, ma allargando ulteriormente il quadro si evidenzia come il pensiero economico di riferimento non sia neutrale rispetto a questo processo evolutivo, bensì ne diviene gestore centrale soprattutto per le ricadute sociali. Perché i cambiamenti in atto abbiano una loro organicità occorre quindi riportare anche l’economia sotto il dominio dell’etica, come del resto era in passato, rifuggendo a tentazioni di visioni meccanicistiche e tecnocratiche, che di fatto anziché portare l’equilibrio promesso creano fortissime asimmetrie sociali. Occorre riaffermare il senso personalistico della stessa economia riorientandola verso una generalizzazione del benessere e verso una riformulazione degli indici valutativi degli andamenti economici in cui gli aspetti finanziari tornino a rappresentare solo una parte, essenzialmente strumentale, di un quadro molto più ampio e complesso ed in cui il concetto di felicità delle persone, di tutti e di ciascuno, abbia un ruolo centrale.
Si tratta di un’utopia? Adriano Olivetti ha dimostrato in tutto il suo percorso manageriale che la conciliazione tra obiettivi aziendali e buona qualità della vita delle persone ivi impegnate, in tutti i ruoli, è assolutamente compatibile e conveniente sia per l’azienda, il cui fine ultimo non può limitarsi alla mera creazione di un utile finanziario che comunque deve esserci, sia per la comunità in cui l’azienda prospera. E si consideri che Olivetti, purtroppo morto prematuramente, è vissuto un periodo in cui non vi erano ancora tutte le opportunità che queste nuove tecnologie oggi rendono possibili.
Va considerato quindi che l’orientamento e le ricadute sociali della robotica e dell’intelligenza artificiale dipenderanno dal modello economico di riferimento.
Gli scenari che si prospettano sono essenzialmente due da una parte una economia fortemente finanziarizzata, che di fatto, usa la persona, sia essa operaio o manager, degradandola a strumento aziendale per il mero conseguimento di un risultato numerico espresso dall’utile finanziario, in un quadro economico di tipo predatorio.
Dall’altro una economia che riscopra il proprio senso nella funzione di fornire le metodologie ed indicare gli strumenti per ottimizzare la ricaduta sull’intera società dei frutti del lavoro e del progresso scientifico e culturale, rispettando la dignità e promuovendo il diritto al perseguimento della felicità di ciascuna persona. Non si tratta di una utopia, ma del prevalere del senso di equità e giustizia rispetto all’egoismo e alla cattiveria, dinamiche tutte presenti nell’animo umano. Questa è la grande sfida che si pone alla nostra intelligenza ed onestà in questa transizione epocale: giungere ad una società di uomini liberi con la possibilità concreta per ciascuno di perseguire nella libertà un progetto di vita, o restaurare antiche oppressioni in cui l’opulenza di pochi derivi dalla sofferenza di molti.
Commenta per primo