Nel trattare l’argomento si fa solitamente distizione fra “tecnologia nucleare militare” e “tecnologia nucleare civile”, a seconda che le finalita’ ultime del suo impiego siano, rispettivamente, produrre materiale bellico oppure, almeno ufficialmente, produrre energia. Precisare “almeno ufficialmente” nel secondo caso e’ d’obbligo, perche’, come verra’ illustrato nel seguito, esistono importanti ragioni per mettere in dubbio che il vero scopo della tecnologia nucleare civile sia realmente produrre energia.Cominciamo a considerare l’aspetto dei costi. L’energia prodotta con tecnologia nucleare e’ presentata dai nuclearisti come energia a basso costo. Ma il costo appare basso solo perche’ i nuclearisti considerano unicamente i costi diretti, in assenza di qualsiasi tipo di incidente, tralasciando del tutto o minimizzando al massimo le voci di costi indiretti piu’ imponenti, che in un modo o nell’altro si traducono in danni gravissimi all’ambiente e alla salute degli individui, molto spesso provocando malattie incurabili che si risolvono col decesso.
Perche’ la tecnologia nucleare fa ammalare e morire? Perche’, come dice la parola stessa, la tecnologia nucleare si basa sul far avvenire reazioni di tipo appunto nucleare nei materiali che sono impiegati come “combustibile” nelle centrali.
Le reazioni nucleari rompono gli equilibri interni ai nuclei atomici, cioe’ ai costituenti fondamentali della materia, e generano le sostanze, come si dice, radioattive.
Le emissioni radioattive sono un tentativo dei costituenti fondamentali della materia di ritrovare l’equilibrio, e consistono nell’emissione di particelle subatomiche ed onde elettromagnetiche di tipo gamma, ad altissima energia. Queste emissioni, che hanno una capacita’ di penetrazione altissima attraverso la materia circostante, possono essere fermate da spesse lastre di piombo, e per questo richiedono per lo stoccaggio contenitori di piombo con le pareti spesse parecchi centimetri. Le radiazioni, tuttavia, rendono a loro volta radioattivi anche i materiali inerti che vengono investiti, e in ogni caso le radiazioni in dosi non minime fanno ammalare o uccidono tutta la materia vivente che riescono a contaminare. Questo perche’ la materia vivente e’ costituita da molecole organiche molto complesse, che funzionano grazie a un delicato equilibrio di forze di legame fra gli atomi da cui sono composte. La forza di legame nelle molecole organiche dipende dall’energia posseduta dai singoli atomi.
Le radiazioni trasmettono caoticamente energia agli atomi e quindi sballano i delicati equilibri di legami che permettono alle molecole organiche di funzionare correttamente. Per questo le radiazioni in dosi non minime uccidono la materia vivente. E anche dosi minime comportano sempre un rischio per la salute. Le sostanze radioattive prodotte dalle reazioni nucleari in centrale emettono radiazioni anche per decine di migliaia di anni. E per tutto questo tempo hanno bisogno di essere stoccate nei suddetti contenitori di piombo ermetici con le pareti spesse diversi centimetri.
Altrimenti uccidono, non solamente per contatto, ma anche per semplice esposizione. Questo le rende le sostanze piu’ incompatibili con la Vita che si possa immaginare.
E l’industria nucleare si basa sulle reazioni nucleari che non possono fare a meno di produrre queste sostanze in centrale.
Qual’e’ il costo di uno stoccaggio simile di tutti i materiali che emettono radiazioni per ventimila anni? Cioe’ sia le sostanze radioattive prodotte dalla reazione nucleare, sia tutti i materiali contaminati, ossia resi a loro volta radioattivi dall’essere stati colpiti dalle radiazioni?
Sono costi altissimi, certamente, che ci sono anche se tutto fila liscio ed e’ fatto per bene.
Ma non sempre tutto fila liscio e non sempre le cose sono fatte per bene.
Ci sono organizzazioni mafiose che per smaltire i fusti di scorie radiattive li interrano ovunque possono, oppure ci riempiono una nave che portano al largo e poi affondano.
E, indipendentemente dalle organizzazioni mafiose, purtroppo esistono anche nuclearisti che, evidentemente, non hanno optato per uno smaltimento delle scorie radiattive eseguito in modo etico e sicuro. Esistono infatti nuclearisti che sostengono che sia possibile “neutralizare le scorie radiattive”. Siccome le radiazioni servono alla materia per ritrovare l’equilibrio, non e’ possibile in nessun modo fermarle o ridurne la durata. L’evoluzione nucleare dei prodotti di reazione deve fare il suo corso. Allora, cosa intendono i nuclearisti quando parlano di neutralizzare le scorie radiattive?
Intendono diluire le scorie radiattive usando come diluitore l’ambiente. Si, l’ambiente. Per esempio, se un litro di acqua radiattiva la disperdo in un milione di litri di acqua non radioattiva, ne abbasso la radiattivita’ di un milione di volte. Si, ma la spalmo su una porzione di acqua che fa parte dell’ambiente ed e’ mille volte piu’ grande. Stesso discorso col cemento radioattivo di centrali smantellate: lo sbriciolo, lo disperdo in una massa di cemento un milione di volte maggiore e ho ridotto la radiattivita’ di un milione di volte. Cosi’ bassa che si misura appena. Quel cemento ovviamente lo devo usare per costruire edifici. E mi ritrovo ad avere edifici radioattivi che non comportano nessun rischio per chi ci passa vicino. Ma chi invece ci va a vivere dentro per una vita, ne assorbe le radiazioni per una vita, le accumula nel suo organismo, e l’accumulo per anni e anni puo’ provocare malattia e morte.
E poi ci sono anche gli incidenti. Talvolta catastrofici. L’incidente affligge tutte le attivita’ umane, tanto da doverne annoverare l’eventualita’ come una certezza statistica, e questo vanifica in partenza tutte le promesse di un “nucleare sicuro”. Sono promesse consapevolmente false fatte da persone che hanno tutto l’interesse a mentire sull’argomento. Per cui occorre aggiungere ai costi anche i danni ambientali per secoli se non millenni, i malati e i morti. Quali sono stati i costi in termini di danni ambientali derivanti dai soli incidenti di Chernobyl e Fukushima, in termini di vite umane, che nessun risarcimento potra’ interamente ripagare? Ovviamente i nuclearisti stimano i numeri di vittime il piu’ possibile al ribasso, ma le associazioni antinucleariste oppongono delle stime centinaia o migliaia di volte superiori, sostenendole con dati validissimi. In ogni caso anche le sole stime al ribasso delle vittime accettate dai nuclearisti sono inaccettabili per un’industria che ufficialmente serve solo a produrre energia.
Come se tutto quanto sopra detto non bastasse, stiamo assistendo ad una fase storica in cui le centrali nucleari vengono anche prese di mira come bersaglio militare: nel caso specifico, in questi mesi lo sta facendo l’esercito ucraino. Se colpita, ognuna centrale nucleare presa di mira diventerebbe una nuova Chernobyl. Solo per fare un esempio che i rischi enormi connessi all’azione bellica o terroristica contro una centrale nucleare non sono affatto fantascienza.
Allora perche’ sobbarcarsi l’obbligo di stoccaggio per decine di migliaia di anni, come una cambiale nucleare, o meglio come una spada di damocle nucleare, che ricadra’ sui nostri posteri, i quali non saranno affatto contenti del “regalo”, oltre al costo dei danni ambientali dei malati e delle vittime in caso di incidenti, e dei rischi, quando basta un accordo commerciale coi paesi parter della Russia per avere idrocarburi a basso costo in quantita tali da soddisfare perfino il fabbisogno cinese, e questo in assenza dei costi di stoccaggio dei danni ambientali e delle vittime causate dalla tecnologia nucleare? Chi puo’ pensare di costruire un sito di stoccaggio che garantisca di essere sicuro per ventimila anni?
Chiunque capisce che e’ del tutto illogico sobbarcarsi costi e rischi tanto immensi per decine di millenni solo per produrre un po’ di energia che si puo’ facilmente ottenere in modo alternativo privo dei suddetti rischi danni e costi reali.
Se per produrre energia il gioco non vale la candela, forse la posta in gioco dell’industria nucleare e’ un’altra, anche se non e’ stata collocata sul tavolo da gioco. Allora bisogna provare a cercarla sotto il tavolo, e capire quale sia la vera logica che muove l’industria nucleare.
Per cercare di capire quale sia la vera posta in gioco capace di giustificare gli enormi rischi costi e danni della tecnologia nucleare, e’ indispensabile accennare al funzionamento di una centrale nucleare, cercando di semplificare il piu’ possibile l’argomento ed evitare i tecnicismi ove sia possibile, con l’obiettivo di fornire dei concetti che siano fondati e corretti nella loro sostanza, ma al tempo stesso siano comprensibili anche ai cittadini sprovvisti di un bagaglio di conoscenze tecniche sull’argomento. Perche’ l’eventuale reintroduzione della tecnologia nucleare in Italia e’ un problema drammatico che riguarda tutti i cittadini, e la comprensione delle sue implicazioni gravissime, almeno a livelli generali, non puo’ essere demandata unicamente ai tecnici. Che spesso si vendono la coscienza ai nuclearisti, i quali di certo non mancano del denaro necessario per soddisfare qualunque richiesta economica.
Schematicamente, una centrale nucleare e’ costituita da un’unita’ chiamata “reattore nucleare” che serve a produrre calore. Il calore prodotto viene utilizzato per trasformare grandi quantita’ di acqua in vapore ad alta pressione, ed il vapore ad alta pressione aziona una turbina collegata ad un alternatore, il quale a sua volta produce energia elettrica.
IL calore viene prodotto “bruciando” (il termine corretto e’ “fissionando”) un combustibile che si chiama uranio.
L’uranio e’ un metallo, ed esiste di due tipi: uranio 235 e uranio 238.
Solo l’uranio 235 “brucia bene” nel reattore, perche’ tra i due tipi e’ l’unico in grado di dare luogo a “reazione a catena”. Cerco di spiegare cosa significhi questa espressione, senza ricorrere a lunghe spiegazioni tecniche. “Reazione a catena” nell’Uranio significa in pratica che basta “incendiare” un atomo di uranio, e questo atomo incendiato e’ in grado a sua volta di incendiarne altri, a catena.
Possiamo immaginare la cosa un po’ come tante teste di fiammifero tutte collocate a contatto fra loro: se ne accendo una sola, questa e’ in grado di far incendiare tutte le altre, a catena.
L’energia prodotta da un singolo atomo che brucia e’ in realta’ molto piccola: ma la reazione a catena permette di incendiare rapidamente un numero talmente grande di atomi che la quantita’ di energia totale prodotta diventa molto grande anch’essa.
Ecco perche’ avere la reazione a catena e’ un requisito fondamentale per poter sfruttare la tecnologia nucleare allo scopo di produrre energia. Infatti gli atomi che devono bruciare per produrre quantita’ di energia utili sono davvero troppi, e non sarebbe mai fattibile ne immaginabile incendiarli uno ad uno.
Occorre aprire a questo proposito una parentesi per accennare ad alcuni concetti non sono essenziali per questo articolo ma serviranno nei prossimi. Per cui, chi vuole puo’ saltarla e rileggerla il seguito.
Si e’ parlato di reazione a catena che “incendia” atomi di uranio. Come si “incendia” un atomo di uranio? Lo si colpisce con una particella subatomica chiamata “neutrone”. In che modo questo fatto puo’ innescare una reazione a catena? Semplice: quando un atomo di uranio viene “incendiato”, cioe’ colpito da un neutrone nel suo nucleo, il suo nucleo colpito si spacca (ossia viene “fissionato”), e il nucleo spaccato genera altri neutroni che possono a loro volta “incendiare”, ossia spaccare, altri nuclei di uranio, secondo una reazione a catena, appunto. Come una specie di carambola, formata da nuclei che si spaccano, liberando neutroni che andranno a spaccare altri nuclei, e cosi’ via.
Attenzione al passaggio seguente: i neutroni generati dalla fissione sono molto “veloci”. Il nostro Enrico Fermi prese il premio Nobel per avere scoperto che, controintuitivamente, i neutroni “lenti” sono enormemente PIU’ EFFICACI dei neutroni “veloci” nello spaccare altri nuclei. Questo ci puo’ apparire illogico. Siamo abituati a pensare che un proiettile piu’ veloce spacchi piu’ facilmente un bersaglio rispetto ad un proiettile piu’ lento. Invece quando un neutrone colpisce un nucleo accade il contrario. Come mai? Il fatto e’ che, su scala subatomica, le cose sono spesso fatte diversamente da come le immaginiamo. I nuclei sono formati da “particelle subatomiche” unite insieme, chiamate protoni e neutroni. Ma protoni e neutroni che, uniti insieme, formano il nucleo, non sono fatti come tante palline tutte a contatto fra loro. Sono piuttosto fatti come tanti minuscoli puntini, tenuti insieme da campi di forza potentissimi, ma non a contatto fra loro: le forze tengono questi puntini insieme, ma li tengono anche distanziati tra loro in modo prestabilito e preciso, quindi lasciando una grande quantita di spazio vuoto fra loro. Quando un neutrone colpisce un nucleo da rompere, possiamo immaginarlo come un puntino, il neutrone, appunto, che passa attraverso gli altri puntini, cioe’ protoni e neutroni del nucleo: se passa troppo veloce, non riesce a farli muovere, a influenzarli. Se invece passa lento, ne tira una parte con se’, e rompe il nucleo. Un po’ come se immaginiamo di sfilare la tovaglia da un tavolo con un piatto sopra. Se la sfiliamo troppo velocemente, il piatto resta fermo sul tavolo. Solo se la sfiliamo lentamente facciamo muovere e portiamo via anche il piatto.
Quindi e’ fondamentale “rallentare”, ossia “moderare” i neutroni per renderli efficaci nel rompere i nuclei.
Questo puo’ essere fatto ad esempio inserendo apposite barre di grafite nel nucleo della centrale: la grafite rallenta i neutroni, ed e’ uno dei mezzi usati per controllare la reazione a catena. Infatti la reazione nucleare va regolata in modo che sia stabile. E questo avviene regolando il numero dei neutroni che vengono rallentati, ossia moderati, e che quindi potranno rompere altri nuclei.
Fine della parentesi tecnica.
Eravamo rimasti all’uranio che “brucia” in centrale secondo una reazione a catena, per produrre calore.
Si e’ detto che l’uranio e’ di due tipi: il “235” e “238”, e che solo il tipo “235” “brucia bene” in centrale, ossia da’ reazione a catena, essendo questo un requisito basilare affinche’ l’uranio sia utilizzabile per produrre energia.
E qui arriva il problema: il tipo “235”, e’ disponibile in natura una concentrazione bassissima, circa lo 0,7%! Il restante 99,3% di uranio naturale e’ tutto di tipo “238”, quello che non da’ reazione a catena!
Ora, senza ricorrere ai calcoli, immaginiamo di avere solo lo 0,7% di fammiferi che bruciano, dispersi in mezzo ad una massa di altri fiammiferi che non bruciano (ossia il restante 99,3%)
Se accendiamo un fiammifero, la fiamma non si propaga agli altri, perche’ lo 0,7% e’ una concentrazione troppo bassa. Affinche’ la reazione a catena avvenga, occorre aumentare la percentuale di uranio 235 (ossia occorre “arricchire l’uranio”), impiegando metodi estremamente laboriosi, fino a raggiungere una concentrazione (un arricchimento) pari almeno al 3% di uranio “235” circa.
A quel punto abbiamo uranio, arricchito al 3% di tipo “235” (e costituito per il restante 97% di uranio tipo “238”), e possiamo metterlo in centrale, innescare la reazione a catena, e farlo “bruciare”, sviluppando il calore che fa funzionare la centrale.
Ora arriva il punto cruciale di tutta la questione.
Cosa succede a fine processo, ossia quando quel 3% di l’uranio utile “235” e’ “bruciato” tutto, ossia quando il combustibile nucleare e’ “esausto”?
Succede che, dopo un po’, il restante 97% di atomi di l’uranio di tipo “238” che non danno reazione a catena, si trasformano spontaneamente in atomi di un altro metallo dal nome nefasto (e non a caso): il “Plutonio.”. E guarda un po’ che bello (si fa per dire): TUTTI GLI ATOMI DI PLUTONIO DANNO REAZIONE A CATENA!
Ripetiamolo: mettere l’uranio arricchito al 3% in centrale serve a trasformare il restante 97% di uranio 238 che non da’ reazione a catena, in plutonio, che invece da’ reazione a catena.
Questa informazione fa sorgere un terribile sospetto: non e’ che per caso sara’ questo il vero scopo di tutte le centrali nucleari, comprese quelle classificate come “civili”? Ossia produrre plutonio? Anziche’ produrre energia?
Proviamo a valutare questa ipotesi.
Cosa si puo’ fare col plutonio? L’impiego principale e’ fabbricare bombe atomiche. Infatti la concentrazione di atomi che danno reaziona catena e’ cosi’ alta da rendere la reazione a catena rapidissima, e questa rapidita’ nella reazione a catena genera l’espolsione atomica. Quindi il plutonio e’ la materia prima, l’esplosivo proprio, per fabbricare bombe atomiche.
Oppure si possono fabbricare motori per veicoli bellici, come sottomarini, navi e portaerei. Poiche’ un chilogrammo di plutonio genera tanta energia quanto 80 tonnellate di petrolio, una nave alimentata a plutonio non deve fare rifornimento per decenni. In guerra non dover dipendere dai rifornimenti e’ molto importante.
Il potere che le bombe atomiche fanno acquisire ad una nazione e’ bene esemplificato da due nazioni: Corea del nord e Israele. La Corea del nord era nel mirino degli USA che stavano anche programmando un attacco in forze per distruggerla, e solo l’ottenimento da parte della Corea del nord della bomba atomica ha fatto desistere gli USA. Israle invece, viste le iniziative militari nefaste che ha adottato recentemente contro paesi arabi militarmente potentissimi, sarebbe gia’ stato raso al suolo dai suoi nemici se non avesse posseduto un arsenale nucleare.
Ma, se il plutonio riveste un interesse militare cosi’ grande, essendo la materia prima per fabbricare bombe atomiche, perche’ le nazioni interessate a incrementare il proprio arsenale nucleare non allestiscono nel proprio territorio un’unica area supersorvegliata, adibita alla produzione centralizzata di plutonio, in cui concentrare quindi tutti gli impianti?
Questo non si puo’ fare a causa di due problemi insormontabili. Il primo problema e’ legato alla sicurezza. Se un impianto per trasformare l’uranio in plutonio avesse un incidente, la contaminazione nucleare coinvolgerebbe anche gli impianti vicini e comprometterebbe l’intera produzione. Perche’ gli impianti NON SONO sicuri. Questo problema impone l’esigenza di distanziare gli impianti tra loro il piu’ possibile.
Il secondo probelma e’ che trasformare l’uranio in plutonio, (operazione che nel seguito verra’ chiamata “processare l’uranio”) produce quantita’ di calore immense, e richiede di conseguenza per il raffreddamento quantita’ di acqua immense, a tal punto che non possono essere fornite da depositi di acqua artificiali, perche’ costruire depositi di acqua abbastanza grandi sarebbe tecnicamente proibitivo. Ragion per cui l’impianto per processare l’uranio e produrre plutonio deve essere obbligatoriamente costruito vicino ad una grandissima fonte naturale di acqua: un grande lago, un grande fiume, o il mare.
Ecco perche’ per trasformare l’uranio in plutonio si e’ costretti a sparpagliare gli impianti su tutto il proprio territorio nazionale. Collocandoli tutti vicino a grandi fonti d’acqua. E siccome la gente non e’ mai felice di avere vicino a casa un impianto tanto pericoloso per la propria salute, solo per soddisfare esigenze militari, ossia produrre plutonio, gli si racconta la menzogna che l’impianto e’ sicuro. Inoltre, si sfrutta il prodotto di scarto del processo, cioe’ il calore, per produrre vapore con cui far girare una turbina collegata a un alternatore e produrre un po’ di energia elettrica, in modo da travestire l’impianto per produrre plutonio da centrale per produrre energia, per poi raccontare alla popolazione l’ulteriore menzogna che ci si trova in una fase di forte crisi energetica, e per fronteggiarla non esistono alternative che produrre energia con le centrali nucleari. Costruendo solo centrali nucleari, ed evitando di costruiire centrali elettriche di altro tipo, si ricatta la popolazione: se vuole avere l’energia elettrica deve accettare che la centrale nucleare funzioni. Cosi’ intanto il governo ha la sua produzione di plutonio. Non e’ un caso che i paesi detentori di arsenale nucleare siano i paesi piu’ convinti sostenitori del nucleare civile. Perche’ le centrali nucleari sono praticamente l’unico modo conveniente per produrre plutonio in grandi quantita’ con cui incrementare il proprio arsenale nucleare. Qualche paese detentore di arsenali nucleari e’ cosi’ furbo che racconta le balle a sostegno del nucleare cvile anche alle popolazioni dei paesi vicini, corrompendone i governanti e vendendogli la tecnologia nucleare per fare energia elettrica, con un contratto di fornitura dell’uranio necessario, che una volta esausto va restituito tutto. Cosi’ riescono ad avere il loro plutonio e a far sobbarcare i costi i rischi e i danni della centrale nucleare ai paesi vicini, che sono davvero i piu’ fessi. E’ cio’ che la Francia cerca di fare da anni con l’Italia.
Naturalmente si possono produrre bombe atomiche anche usando uranio arricchito a sufficienza (almeno il 90% circa), anziche plutonio ottenuto processando l’uranio in centrale.
Ma arricchire l’uranio e’ un processo molto piu’ lento che trasformarlo in plutonio, consente di produrre materiale per bombe atomiche in quantitativi enormemente inferiori, e inoltre sfrutta l’uranio estratto solo allo 0,7%, perche’ sfrutta solo il tipo 235, e non riesce a sfruttare anche il tipo 238.
Inoltre non e’ possibile travestire un impianto di arricchimento di uranio da centrale energetica per farlo accettare meglio dalla popolazione.
La questione come detto e’ stata molto semplificata dal punto di vista tecnico per renderla comprensibile si spera a tutti, ma nonostante le semplificazioni i concetti esposti sono fondati e nella sostanza corretti. Va tenuto presente che tutte le tecnologie utili a fini militari vengono divulgate pubblicamente meno possibile. Pertanto se il plutonio prodotto dalle centrali nucleari civili e’ utilizzabile per produrre bombe atomiche non dobbiamo aspettarci di trovarlo scritto nei libri di testo scolastici o di sentirlo annunciare in televisione. Oggi e’ difficile trovare tecnici che si sbilancino a denunciare una simile possibilita’, poiche’ nascondere la finalita’ bellica delle centrali nucleari cosiddette civili e’ funzionale a promuoverle meglio, a sostegno dei forti interessi non solo economici ma anche militari che stanno dietro la produzione di plutonio e di armi nucleari, mentre all’opposto denunciare la natura militare del nucleare civile porta a scontrarsi coi suddetti interessi, a rischio di non poter piu’ lavorare nel campo, dopo aver speso una vita per specializzarsi.
Tuttavia del materiale si trova ancora, ad esempio si trova un saggio dell’ingegner Enrico Turrini del 1987, in cui si fa esplicito riferimento all’utilizzabilita’ del plutonio prodotto in centrali nucleari cosiddette “civili” per realizzare bombe atomiche (seppur non della migliore qualita’) e al fatto che, ad esempio, il Superphenix francese, reattore di ufficialmente di ricerca e dimostrazione, quindi di natura non dichiaratamente militare, in realta’ produceva plutonio sufficiente per realizzare dodici bombe atomiche all’anno. Oggi chiuso definitivamente ed inaccessibile a tempo indetermionato. Se la Francia ha chiuso definitivamente un reattore che fruttava dodici bombe atomiche all’anno possiamo star sicuri che deve esserci successo dentro un incidente cosi’ grave da far accapponare la pelle perfino ai militari affamati di bombe atomiche.
Nel prossimo articolo si guardera’ piu’ da vicino la situazione francese, che ha scelto di realizzare ed utilizzare sul proprio territorio le centrali nucleari.
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