Affinità e divergenze con il pensiero eurasiatista

Italia & Russia

Europa Italia Russia

di Roberto Siconolfi

L’eurasiatismo è un “pensiero”, che attraverso pregevoli filosofi e giornalisti di fama internazionale (da Aleksandr Dugin a Pepe Escobar) sembra accompagnare gli aspetti più radicali di certe politiche di rimodulazione dei rapporti internazionali, legate al multipolarismo, al rafforzamento dei BRICS e della Shanghai Cooperation Organization (SCO).

Ma questo “paradigma” che fonde elementi di filosofia tradizionalista ad altri di marca socialista ed identitaria, “rossobruna” per semplificare, è davvero adatto ad un movimento di riscatto sovranista e identitario dell’Italia e dell’Europa occidentale?

Le affinità

Se la globalizzazione, nelle sue prime fasi, più o meno dagli anni ’90, aveva prodotto un nuovo modo da parte dei popoli e delle grandi entità politiche di intessere scambi e relazioni, la preponderanza di un solo polo, quello USA, con la caduta dell’Unione Sovietica e dei paesi satelliti, ha portato allo straripamento di questo polo, con la guida in particolare del gruppo trasversale dei neoconservatori e con la loro “missione”, autoproclamata, di portare libertà e democrazia al mondo intero.

Allo stesso modo, molto più che rispetto alla destra, e ai repubblicani, la componente della socialdemocrazia internazionale, del mondo dei dem e dei liberal americani, della “terza via” blairiana e del socialismo fabiano, promuove l’ideologia globalista, con le sue parole d’ordine umanitarie, pacifiste, ambientaliste, di “diritti” e lotta alle diseguaglianze.

Il vero volto, la concretizzazione di tutto ciò, è una valanga di sangue per il mondo intero in nome  dell’esportazione della democrazia, la destabilizzazione di Stati sovrani con conseguenze migratorie e di radicalizzazione politico-religiosa rilevanti, l’affamamento di popoli, portati alla soglia di povertà da politiche economiche predatorie e indebitatrici.

E poi, e questo molto nel nostro mondo occidentale: degrado antropologico, omologazione, sviluppo di ideologie innaturali, anti-naturali, oltre che irrispettose di tradizioni culturali, filosofiche e religiose millenarie.

Bene, l’eurasiatismo costituisce una risposta a tutto ciò, e lo fa molto meglio di tutti quei movimenti, che alla fine degli anni ’90 si proponevano, da sinistra in particolare, di costituire “un altro mondo possibile”, mondo che, però, non metteva in discussione i canoni ideologici della globalizzazione stessa, e cioè proprio il “globalismo”, affrontando, più che altro, questioni meramente di carattere economico, o ambientale, e mai i temi delle identità e delle culture, o al massimo facendolo in nome di un indistinto “cittadini del mondo”.

È inutile constatare che questi ritornelli del movimento “no global” siano diventati bandiera di tutta una serie di tendenze ideologiche proprie allo stesso globalismo, quelle più di sinistra, e compresa la lotta al “neoliberismo”, dietro la quale si nasconde la lotta al capitalismo tutto, pure a quello produttivo, che nasconde in ultima analisi la lotta alla proprietà privata.

Tutte queste tendenze, dalla lotta alla proprietà privata, all’ambientalismo radicale, all’immigrazionismo, alla lotta per i cosiddetti diritti dell’ideologia Gender, al vaccinismo e al culto della scienza, trovano ancora oggi sfogo nei movimenti della sinistra radicale occidentale (la France Insoumise di Mélenchon su tutti), data la natura intrinsecamente globalista.

Va immediatamente messa una linea di demarcazione da tutto ciò, e ci auguriamo che questo venga fatto dal movimento eurasiatista.

Il movimento eurasiatista porge al mondo la questione del multipolarismo, nuovo modello delle relazioni di politica internazionale, e modello filosofico politico e geopolitico di “coesistenza” di tutte le civiltà a livello mondiale, oltre la vocazione unipolare americana a fare da “poliziotto del mondo”, in lotta per la civiltà contro la barbarie.

E questo è un terreno sul quale sicuramente si può convergere, per costruire il polo italiano, europeo occidentale, ed evitando, però, di sostituire un dominio con un altro (dagli USA alla Cina per intenderci).

Divergenze

Ma, com’è giusto che sia, vi sono anche delle divergenze naturali, che un movimento di lotta per la sovranità situato nell’Europa occidentale e nel Mediterraneo ha nei confronti di una filosofia fondamentalmente “panrussa”, “panslavista”, impregnata di un carattere ento-sociologico ben specifico.

Innanzitutto l’eurasiatismo si sostanzia come espressione di società sviluppate in estensione, proprio geografica, e per una massa sterminata di abitanti.

Con società di questo tipo, certi sistemi politici “dispotici”, dei quali parlava anche un Carlo Marx nella sua analisi dell’evoluzione storica dei modi di produzione e delle società relative, sono quasi inevitabili.

Ma, per forza di cose, non possiamo traslare le “autocrazie”, seppure al servizio del popolo, cinesi o russe, in Europa occidentale e in Italia, società fondate su un maggiore grado di individualismo e di importanza delle comunità locali.

Da un lato abbiamo la storia dell’individualità umana, che a partire dal mondo greco-romano, passando per il cristianesimo, per il Rinascimento e l’Umanesimo, giunge all’Illuminismo e al pensiero liberale – componente criticabile ma ineludibile della storia dell’Occidente; dall’altro la tradizione comunitaria federalista (dai “cento comuni” in Italia, ai Länder in Germania, alla Spagna delle comunità autonome, fatta eccezione proprio per la Francia centralista per i motivi che ben conosciamo).

Esulare da queste basi “antropologico-comunitarie” significa proprio sbagliare punto di partenza, e importare un’ideologia non nostra e quindi non vissuta né applicabile.

Ma ancora, più nello specifico l’eurasiatismo si esprime sulla base di certe idee, parole d’ordine, atmosfere “terzomondiste”, talvolta “pauperiste”, non prive di esaltazione esotica verso tutto ciò che è altro dall’Occidente, e dal suo modello di sviluppo e produzione della ricchezza e del benessere.

Al netto di discorsi etnocentrici, razzisti, e nella consapevolezza che il mondo occidentale in tutte le sue componenti sia arrivato al capolinea, non credo che la risposta sia la suddetta.

L’Occidente è sviluppo delle forze della “produzione”, nella libertà di “intrapresa”, in particolare vi è il genius loci italico, la creatività imprenditoriale, artigianale, artistica italiana. Immaginare modelli “statalisti”, con una matrice anticapitalistica e socialista bella evidente, non farebbe altro che comprimere lo slancio delle forze vitali, creative e produttive dell’economia e dell’impresa, e che sono insite nell’individuo e nel nostro “tipo umano” e nel nostro popolo.

Del resto già ci ha pensato la “nuova socialdemocrazia totalitaria”, che da oltreoceano, almeno nella frazione dem, fino alle sedi della UE, mira a regolamentare, “strozzare”, le forze economiche nazionali attraverso l’azione di trust, banche, “mercati”, commissioni tecniche. Un regime sempre più votato a forme di assistenzialismo, contrasto della proprietà e spegnimento della piccola e media impresa.

Ma ancora, sul “terzomondismo”, al netto di etnocentrismi che vedono l’Occidente portatore di superiorità civile nei confronti delle altre entità geopolitiche, delle altre identità, al netto delle manovre golpiste, delle cosiddette rivoluzioni colorate, tanto amate da George Soros e dai neocon americani, è importante comunque non cadere nella esaltazione acritica di certi modelli politici.

Pensiamo alla traballante repubblica bolivariana del Venezuela, ridotta ad una maschera dello stesso chavismo, governata dai collettivisti nemici della proprietà. Allo stesso modo il Brasile dell’iper-vaccinista Lula, o dall’altra parte del mondo lo stanco regime degli ayatollah iraniano, nel quale i tassi di astensionismo elettorale sono sempre più alti (40% al primo turno, 45% al secondo alle presidenziali 2024, rispetto al 49% del 2021).

Ma un tale discorso può valere anche per la Cina.

L’importanza, l’imponenza di questa potenza politica ed economica va tenuta in conto, e sciocco, o miope, sarebbe l’atteggiamento sinofobico da parte di un sano movimento per la sovranità del popolo italiano. Tuttavia, del regime che aspira ad essere la prossima guida politica internazionale ed economica non possiamo non valutare i lati positivi, quanto quelli negativi (anche per i danni concorrenziali alle nostre economie territoriali).

La Cina è un regime che si erge su una massa umana enorme, che adotta un sistema che ha fatto dei passi in avanti rispetto al totalitarismo comunista, introducendo principi del patrimonio identitario cinese, la filosofia confuciana, in correzione al materialismo marxista della variante di Mao.

I principi dell’“armonia” confuciana ripresi da Xi Jinping, in salsa post-maoista, però, sono anche in questo caso l’applicazione per società dove è preponderante il ruolo del “collettivo” rispetto a quello del singolo, e dove il partito comunista è autorità politica e disciplinatoria della società.

In ultima analisi, possiamo dire, che la geopolitica, in particolare l’anti-atlantismo, non può essere l’unico parametro sul quale valutare le cose, né quello di ultima istanza.

Europa Italia Russia

Problematiche di Weltanschauung

Vi sono, poi, nell’eurasiatismo anche delle problematiche di carattere dottrinario, di Weltanschauung, che vanno prese meglio in considerazione.

Su tutte l’impostazione di una filosofia tradizionalista che pone delle antinomie troppo nette.

Tradizione vs modernità, terza Roma vs Occidente liberale, terra vs tecnologia, tellurocrazie vs talassocrazie, spirito vs materia ecc.

Questo tipo di antinomie, schematiche, “riduzioniste” sono figlie di un certo tradizionalismo rigido, dove vi è molto la mano di Guénon, e dal punto di vista filosofico di Schmitt. Un pensiero che non coglie la complessità, talvolta netta, talvolta coniugata, talvolta sfumata della realtà.

Del resto, vogliamo buttare a mare tutto l’Occidente, tutto il mondo moderno?

Vogliamo buttare a mare tutto il pensiero liberale (compreso un Benedetto Croce), umiliato dalla caricatura liberal che viene proposta nella UE, e che ha venature molto più collettiviste che legate ad una sana economia di mercato?

Vogliamo buttare a mare tutta la storia inglese e americana (compresi cinema e musica rock)?

Vogliamo non cogliere lo straordinario sviluppo tecno-scientifico al quale ha portato il mondo illuminista moderno, e poi “postmoderno”, compresi gli aspetti più avanguardistici della rivoluzione tecnologico-informatica?

Questo ovviamente, con la consapevolezza che tale sviluppo ha bisogno inevitabilmente del contrappeso dello spirito per essere diretto.

La concretizzazione dello spirito ha bisogno per forza di cose dell’incarnazione nelle forze della materia, le quali, in tutti i loro aspetti, anche quelli più estremi, non devono essere eluse, o disprezzate, in nome di una purezza “originaria”, che in quanto originaria è appunto irraggiungibile, se non forse inesistente nella storia e nella realtà umana – almeno in quella recente. Un atteggiamento che poi porta ad una scissione “dualistica” con la realtà, che può essere foriera di fanatismi e violenza, come in quegli esperimenti “gnostico-rivoluzionari” novecenteschi, già tristemente noti all’umanità.

Da questo punto di vista la leadership russa, Vladimir Putin, il partito Russia Unita, sembrano cosa più equilibrata, nelle idee, intenzioni, come nei provvedimenti.

Vladimir Putin e Russia Unita, al di là della mostrificazione mediatica nostrana, sono espressione di un conservatorismo “centrista”, che è cristiano “vero” ma non fanatico, dirigista ma in un quadro di libero mercato, identitario ma multinazionale-multietnico-multireligioso, imperiale ma con una architettura dello Stato fondamentalmente liberal-democratica, dotata di una opposizione interna fatta di comunisti e nazionalisti, anche in questo caso quella vera, e non quella alla Naval’nyj, a capo di partiti inesistenti, anche dal punto di vista elettorale, e che sono più che altro organizzazioni semi-criminali volte alla destabilizzazione del paese – negli Stati che funzionano, come anche l’Italia della prima repubblica, questo tipo di organizzazioni di solito vengono limitate se non represse.

Per paradosso, la Russia potrebbe essere considerata l’ultimo Stato moderno d’Europa, per come storicamente inteso, rispetto alla UE tecnocratica e totalitaria.

Si dirà “ma a governare è sempre Putin e Russia Unita”! Ma perché, sempre nell’Italia della prima repubblica non ha sempre governato la DC in coalizione con altri partiti, più o meno sempre gli stessi, così come più o meno sempre gli stessi uomini erano al potere – su tutti Giulio Andreotti.

Eppure non mi pare che l’Italia di non fosse liberale o democratica, anzi!

Aspetti dai quali prendere nettamente le distanze 

Vi è poi una forma di eurasiatismo da “febbre del sabato sera”, che segue le mode, le “bolle”, i wishful thinking, le euforie della rete, fatta sostanzialmente di tifosi della Russia e della Cina, e di tutto ciò che è “altro” dal Satana occidentale, attribuendo qualunque prodezza, desiderio, “svalvolamento mentale” direi in altri casi, a queste potenze.

Qui, oramai, i russi e Putin sono tutto ciò che si può desiderare (loro) nella vita: anti-liberali, socialisti, anti-americani, perché no anti-semiti. E la Russia è terra di repressioni contro le minoranze, di repressione anti-capitalista, di tutto il reprimibile da parte di chi ha forse un po’ di problemi psicologici con la figura paterna e ha bisogno dell’uomo forte che li metta in riga – e per non dire altro…

In questo circo equestre abbiamo neofascisti che festeggiano la giornata di sconfitta definitiva del fascismo, la parata della vittoria dell’Unione Sovietica, che si tiene ogni 22 giugno a Mosca. Comunisti ammiratori della orrida e blasfema cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi, sia che  la si voglia considerare “ultima cena” che “banchetto di Dioniso”, perché inclusiva, “oltre le barriere”.

Ma tralasciando questo aspetto folkloristico, internettiano, vi sono tutta una serie di canali, personaggi, giornalisti, riviste, centri studi, che invece assumono toni, idee, luoghi comuni, che sembrano usciti dalla “terza internazionale” o da quei gruppuscoli del settarismo di “estrema sinistra”.

Attenzione a questi temi riconducibili ad un generico socialismo, anti-capitalismo, anti-colonialismo, anti-americanismo, e che invece nascondono idee diametralmente nemiche della tradizione.

Attenzione all’anti-americanismo strisciante, che non coglie occasione per fare le pulci a Trump e agli USA in generale, e che vede in Trump o Biden due lati della stessa medaglia, in quanto, in fondo, sono due capitalisti, liberali, e “amerikani” – classica lettura di marca marxista che vede solo il fattore economico alla base di tutto e non la opposizione di Weltanschauung, tra il conservatorismo pupulista, identitario e cristiano di Trump contro l’ideologia woke e neo-collettivista di Biden. Tra l’altro anche come capitalismo vi è differenza  tra quello produttivo di Trump e quello sostanzialmente speculativo-finanziario che sostiene i dem.

Soggetti che scambiano, o meglio “forzano” in base al machiavellico sofisma marxista, la denazificazione russa con l’anti-fascismo nostrano. Denazificazione che attiene alla storia patriottica e nazionale, contro la Germania nazista, Stato invasore e che considerava gli slavi “subumani”.

O ancora, soggetti che a tutti gli effetti portano avanti la propaganda dei comunisti cinesi, carica di odio verso la spiritualità – pensiamo al buddhismo marxistizzato del partito comunista cinese che attacca l’istituzione religiosa ufficiale, anche promuovendo le sette non istituzionali come cavallo di troia, per poi un domani attaccare pure queste e poter così passare definitivamente anche la spiritualità sotto la sua guida.

E questa è la tattica storica di tutti gli odiatori dello Spirito, a partire dalla Lega dei senza Dio militanti  nella Russia bolscevica, che attaccava la Chiesa ortodossa anche attraverso la promozione delle sette, o del World Economic Forum, che fa lo stesso promuovendo i culti più disparati purché non cristiani.

Infine, ricordiamo, senza mai dimenticare, che durante il periodo della cosiddetta pandemia, da questi stessi ambienti sono venuti i più accaniti tra i difensori del lockdown e tra i persecutori dei non-vaccinati, creando quella strana categoria, molto significativa per assonanza “statolatrica” dei “comunisti” o dei “rossobruni” per Draghi, solo alcuni dei quali redentisi alla fine, molto alla fine.

Europa occidentale

Ed è proprio venendo a quest’ultimo punto, alla cosiddetta “pandemia”, che forse ci arriva la prima lezione utile per una pars costruens.

Così come i nostri padri costituenti constatarono che dopo il fascismo il potere dello Stato centrale doveva essere spacchettato e bilanciato in tutta una serie di contrappesi interni, allo stesso modo, se c’è una lezione che abbiamo imparato dal golpe “Covid-19” e dalle scelte del suo Stato etico, “prescrittore”, “educatore”, per il “bene comune”, è che lo Stato va sostanzialmente ridotto.

Constatazione che aumenta a livello esponenziale se ci riferiamo poi alla UE, lo Stato di ultima istanza nel quale siamo inseriti, coi suoi regolamenti, procedure, la sua volontà di controllo minuziosa (fino ai tappi delle bottiglie d’acqua).

Al contrario, bisogna lasciare sviluppare le libere forze produttive lontano anche da tentazioni keynesiane tanto presenti nel cosiddetto sovranismo.

Il keynesismo è una ricetta vecchia, tarata per un altro secolo, il Novecento (in particolare gli anni ’30), il secolo delle masse, dei movimenti di massa, dello Stato forte e pianificatore (nello stesso periodo abbiamo il New Deal negli USA roosveltiani, i piani quinquennali nell’URSS staliniana e quelli quadriennali nel Terzo Reich).

Ma il discorso vale anche a livello politico: ridare maggiore spazio ai soggetti, agli individui, nel senso dell’“essere individuato”, incarnazione dello spirito in un corpo. Individui violati nello spirito e nel corpo in questi anni. Solo a partire da una rinascita “antropologica” può svilupparsi anche una sana relazione comunitaria.

Da questo punto di vista, forse, una delle migliori indicazioni adottabili può giungere dalla “dottrina sociale della Chiesa”, ridottasi e assolutizzatasi, purtroppo, con il nuovo Vangelo gesuita di Papa Francesco solo in senso caritatevole – tra l’altro i suoi discorsi contro la proprietà privata sono molto in linea con il neo-collettivismo delle élite occidentali.

Questa è l’economia fondata sui “talenti”, ovvero quelle propensioni insite all’interno dell’uomo e che l’uomo ha non solo il diritto ma proprio il “dovere” di sviluppare per concorrere al piano divino – discorso che vede nel dharma il corrispettivo dell’India vedica, e nelle vocazioni il corrispettivo del medioevo imperiale.

Da qui il diritto sacrosanto alla proprietà e il dovere alla laboriosità, con sistemi di sussidiarietà e di distribuzione della ricchezza, o della stessa proprietà dei mezzi di produzione (vedere il “distributismo”), che non per forza debbono passare nelle mani dello Stato, dell’ente pianificatore e regolamentatore, al quale vanno lasciate possibilità di intervento per le questioni generali, per gli asset strategici o per l’appianamento “definitivo” di talune storiche di diseguaglianze (in Italia nord-sud).

In generale, forse, il meccanismo più congeniale è quello a “geometria variabile”, nel quale più le parti hanno capacità di autonomia, meno lo Stato centrale interviene, e viceversa.

Meccanismo che è anche quello dell’architettura imperiale romana, nel quale al centro vi era l’idea fondante imperiale con i suoi vertici politici, i quali intervenivano il meno possibile nelle questioni periferiche.

Va mandata definitivamente in pensione l’ideologia, anche in quelle forme che in qualche modo tentano di superare quelle storiche, le cosiddette “nuove sintesi”, a loro volta mix di ideologie di destra e di sinistra.

L’ideologia è la consegna delle facoltà intellettive e delle forze dello spirito a scatolette mentali, chiuse, limitate, distorcenti.

Quello di cui si ha bisogno è invece  una “visione del mondo”, orientata, mirante a valori e forze metafisiche assolute.

Per la trasformazione di questo piano in quello terreno, “politico”, la pragmaticità dell’azione, è la strada migliore, senza filtri, pregiudizi e purismi ideologici.

La sovranità italiana e il polo europeo occidentale, devono porsi in campo geopolitico con apertura tanto ad Est che ad Ovest.

Alla Russia cristiana ed europea, nostra naturale alleata e sorella, con la quale i nostri sani rapporti si sono spezzati, oltre che per motivi politico-internazionali, per l’odio woke verso tutto ciò che è sacro e che ha una sua sovranità, in quanto fascista e patriarcale – la reductio ad Hitlerum di Putin e della Russia rientra in questo schema.

Ma allo stesso modo bisogna aprirsi agli USA populisti e identitari, che ora vedono nella figura del businessman Donald Trump la loro massima incarnazione politica e valoriale, ma che potrebbero anche andare oltre, rompendo ancor di più i legami con il Deep State e con certe ideologie che si fanno sempre più pericolose, tra l’altro, per la pace mondiale (il “sionismo”).

Degli USA forti, nel senso non imperialistico, ma “identitario”, possono essere utili a bilanciare lo strapotere mondiale della Cina, con la quale vanno intessuti rapporti orientati al pragmatismo economico e politico.

Così come nel Medio Oriente, e negli altri scenari mondiali, è utile tornare ad avere quella politica di autonomia nazionale, senza obblighi di partigianeria, che caratterizzava l’Italia della prima repubblica e pur rimanendo nella stessa NATO – oramai un cadavere politico internazionale contro il quale è inutile pronunciarsi per l’uscita ma è utile invece ritagliarsi sempre più spazi di autonomia (come la Turchia) e favorire la sua dissoluzione (attraverso, ad esempio, l’isolazionismo trumpiano).

In fondo alla nostra analisi non possiamo non guardare con estremo interesse al polo dei patrioti europei messo su dal premier ungherese Viktor Orbán.

La politica di Viktor Orbán in generale è indirizzata proprio a costruire uno spazio di autonomia europea, rispetto ai diktat di Washington e Commissione Europea.

Una politica che sappia guardare ad Est, alla Russia e alla stessa Cina, quanto ad Ovest, agli USA di Trump.

Questo spazio politico va potenziato, amplificato, con il contributo politico concreto delle comunità e dei movimenti sovranisti e identitari italiani.

In questo spazio politico, ottima la presenza, del generale italiano “politicamente scorretto” n.1 Roberto Vannacci!

Tratto da: Associazione Aurora

Letture consigliate

L’economia distributiva: un miracolo alla nostra portata

Abbonati alla rivista

Sovranità Popolare è un mensile, 32 pagine di articoli, foto, ricerche, analisi e idee. Puoi riceverlo comodamente a casa o dove preferisci. E' semplice, iscriviti qui.

6 Commenti

  1. 1. “Attenzione all’anti-americanismo strisciante, che non coglie occasione per fare le pulci a Trump e agli USA in generale, e che vede in Trump o Biden due lati della stessa medaglia, in quanto, in fondo, sono due capitalisti, liberali, e “amerikani” – classica lettura di marca marxista che vede solo il fattore economico alla base di tutto e non la opposizione di Weltanschauung, tra il conservatorismo pupulista, identitario e cristiano di Trump contro l’ideologia woke e neo-collettivista di Biden. Tra l’altro anche come capitalismo vi è differenza tra quello produttivo di Trump e quello sostanzialmente speculativo-finanziario che sostiene i dem.”, Roberto Siconolfi, riferimento: “Aspetti dai quali prendere nettamente le distanze” dell’articolo in questione.

    Commento

    Diciamo che questa è una sorta di storiella mainstream di certa controinformazione italiana filo trumpiana senza se e senza ma, i fatti sono ben altri, arrivano nei prossimi punti

    2. “Le sanzioni di Trump

    È interessante notare che l’ex presidente Trump ha dichiarato recentemente che, se verrà eletto alle prossime elezioni presidenziali americane, provvederà a sanzionare quei paesi che intendono abbandonare il dollaro a favore di monete alternative da adottare nelle transazioni e nei regolamenti internazionali. Questo non mostra un caso isolato, ma svela una certa mentalità secondo cui le sanzioni vengono adottate più spesso per mantenere la supremazia su altri paesi e per imporre un dominio globale, piuttosto che essere uno strumento necessario per esercitare pressione politica e punire i comportamenti illeciti dei regimi senza ricorrere all’uso della forza militare.”

    Riferimento, parte finale del seguente articolo:

    . “Le sanzioni occidentali e la sorprendente resilienza dell’Industria Militare russa”, Patrizio Ricci per Vietato Parlare, 13 maggio 2024

    https://www.vietatoparlare.it/le-sanzioni-occidentali-e-la-sorprendente-resilienza-dellindustria-militare-russa/

    3. . In attesa del “secondo avvento” di Donald Trump, ricordiamo i “grandi successi” e quindi il vero volto della prima amministrazione Trump, eccoli arrivano!

    1) tentativo (fallito) di colpo di Stato in Venezuela;
    2) battesimo dell’Iniziativa Tre Mari (volta a costituire un cordone sanitario ai confini occidentali russi) e rafforzamento della presenza USA/NATO in Europa orientale;
    3) uscita unilaterale dall’Intermediate Range Nuclear Forces Treaty (la possibilità che gli USA potessero piazzare missili a medio raggio in Ucraina è uno dei motivi che ha spinto Mosca all’intervento diretto dell’inverno 2022);
    4) assassinio del generale Qassem Soleimani in missione diplomatica in Iraq (altro fattore che ha fatto intuire l’impossibilità di un dialogo reciprocamente vantaggioso tra USA e potenze emergenti);
    5) uscita unilaterale dall’accordo sul nucleare iraniano e strategia della “massima pressione” (il nuovo regime sanzionatorio ha rappresentato una perdita economica enorme per l’Europa – la sola Italia ha perso quasi 30 miliardi in commesse commerciali);
    6) “accordi di Abramo” (volti a garantire un lauto commercio in armi tra Israele e monarchie del Golfo in chiave anti-iraniana) e promozione del piano/truffa del secolo con conseguente riconoscimento della sovranità israeliana sulle colonie in Cisgiordania e creazione di una pseudo entità amministrativa palestinese a macchia di leopardo e priva di sovranità (una delle ragioni che ha spinto Hamas a cercare nuove modalità per riportare la causa palestinese al centro del dibattito internazionale);
    7) trasferimento dell’ambasciata USA a Gerusalemme (con Mike Pompeo che annuiva di fronte ai progetti sionisti di ricostruzione del tempio – altra ragione che ha imposto ad Hamas la necessità di azioni radicali) e riconoscimento sovranità israeliana sul Golan occupato (non si capisce perché Israele può occupare impunemente parte del territorio dei propri vicini, ma alla Russia è vietato);
    8) primato di ordigni sganciati sull’Afghanistan in un anno solare;
    9) intensificazione del sostegno USA all’aggressione della coalizione araba a guida saudita contro lo Yemen;
    10) Ceasar Act contro la Siria che ha strangolato un popolo già distrutto da anni di aggressione;
    11) aumento esponenziale della vendita di armi a Taiwan e delle operazioni USA nel Mare Cinese Meridionale.
    12) Fake pandemia da Sars-Cov 2 sulla quale l’amministrazione Trump non ha saputo nemmeno licenziare Anthony Fauci, uno dei mega pupari della Fake pandemia da Sars-Cov 2, per non parlare poi che hanno contribuito a spacciare come vaccini sicuri ed efficaci delle terapie geniche sperimentali inutili e rischiose!

    PS vedasi “EFFETTO AVVERSO – perché con pandemia e vaccini non è andato tutto bene”, di Marianna Cané, Byoblu Edizioni, Luglio 2024

    Breve commento finale

    Stringendo il succo , la politica statunitense è irriformabile da parte dei democratici e repubblicani perché sono anche loro che fanno tutto il necessario e il possibile per far sì che gli USA siano un sistema intrinsecamente e pesantemente oligarchico a danno del popolo statunitense e di tutti gli altri popoli di tutti gli altri paesi sottomessi all’impero USA, in Europa, Italia e Germania in pole position in questa classifica negativa, ma che strane coincidenze….!!

  2. 1. “Per paradosso, la Russia potrebbe essere considerata l’ultimo Stato moderno d’Europa, per come storicamente inteso, rispetto alla UE tecnocratica e totalitaria.

    Si dirà “ma a governare è sempre Putin e Russia Unita”! Ma perché, sempre nell’Italia della prima repubblica non ha sempre governato la DC in coalizione con altri partiti, più o meno sempre gli stessi, così come più o meno sempre gli stessi uomini erano al potere – su tutti Giulio Andreotti.

    Eppure non mi pare che l’Italia non fosse liberale o democratica, anzi!”, Roberto Sinicolfi, riferimento: parte finale di “Problematiche di Weltanschauung” dell’articolo in questione.

    Commento

    Che l’Italia di allora fosse libera e democratica è una balla gigantesca tipica di TV, giornaloni e storici venduti, vedasi prossimi due punti.

    2. “Novità sul caso Moro, intervista alla giornalista e scrittrice Stefania Limiti”, Vivere Pesaro, 7 marzo 2017

    https://www.viverepesaro.it/2017/03/08/novit-sul-caso-moro-intervista-alla-giornalista-e-scrittrice-stefania-limiti/630027/

    In particolare il seguente passaggio:

    “Domanda

    Infiltrazioni della massoneria, la chiesa in quel momento guidata da un punto di vista economico dal cardinale Marcinkus, le diverse posizioni della politica, l’atteggiamento quasi unitario dei mezzi di informazione sul caso Moro. Il ruolo delle Brigate rosse. Ci può in sintesi muovere queste tessere di un vasto mosaico, per fare capire al lettore, cosa c’è dietro il caso Moro?

    Risposta

    “Dietro il caso Moro c’è la stabilità dell’area atlantica. L’azione politica di Moro guardava molto in alto in termini di sovranità nazionale. Moro era un anticomunista che voleva accreditare il Partito comunista al governo del paese, per ridare prospettiva ad una Italia forte nel Mediterraneo. Quanto bastava per guadagnarsi le antipatie e l’odio di molti. Le Br, scegliendo lui come obiettivo per il sequestro di un personaggio della Dc nell’ambito della loro campagna di primavera (una serie di azioni contro lo Stato), si sono ficcate in un ginepraio, sicuramente in un gioco più grande, molto più grande di loro”.”

    2A. “Quel che resta del Caso Moro”, Stefania Limiti, Interlinea, Novara, 2024

    Estratti di una recensione fatta bene.

    C’è amarezza nelle pagine dell’ultimo libro scritto dalla giornalista e storica Stefania Limiti che traspare già dal titolo: “Quel che resta del caso Moro”, Interlinea, Novara, 2024.

    Stefania Limiti non ricostruisce, nel suo libro, la storia del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro ma, in sintesi, quella delle menzogne che hanno impedito fino ad oggi di ottenere la verità sulla morte dell’allora presidente della Democrazia cristiana.

    Con il suo stile coinvolgente che porta il lettore a vivere quello che lei racconta, Stefania Limiti denuncia la rimozione dalla memoria collettiva della vicenda Moro.

    Sul piano storico le ragioni per le quali Aldo Moro viene ucciso sono pressoché certe: il tentativo di stabilizzare la politica italiano chiamando i comunisti ad entrare nell’area governativa in modo da raggiungere un accordo fra i due grandi partiti di massa così da garantire insieme la gestione della politica interna senza venire meno alla fedeltà atlantica e porre in discussione le direttive americane in politica estera.

    Aldo Moro si era illuso di conquistare un’autonomia in politica interna limitando il controllo americano, così come Enrico Berlinguer tentava di fare con l’Unione sovietica.

    Enrico Mattei aveva tentato di rendere l’Italia indipendente sul piano energetico e lo avevano ucciso. Moro lo sapeva e non cercava l’indipendenza ma solo la libertà di rendere governabile il Paese con un’alleanza con il Partito comunista che, in quegli anni, non poteva più essere considerato la “quinta colonna sovietica” in Italia.

    Washington, però, non intendeva lasciare ad Aldo Moro la possibilità di fare la sua politica di compromesso ed accordo con il Partito comunista, ed aveva posto in maniera esplicita il proprio veto.

    Aldo Moro aveva intuito il pericolo ma lo aveva sottovalutato, così il 16 marzo 1978 le Brigate rosse uccidono gli uomini della sua scorta e lo sequestrano nel centro di Roma.

    Quella delle Br, ha dichiarato un ufficiale del Sid che ha mantenuto l’anonimato, “è una storia molto complicata”, tanto da ricordare quella dei Montoneros argentini, il cui capo era un uomo del servizio segreto militare.

    E l’ambiguità delle Br risalta proprio nel sequestro e nell’omicidio di Aldo Moro, che Stefania Limiti evidenzia nel suo libro in modo magistrale.

    3. “Noi sfruttati senza pietà, caduto lo spauracchio dell’Urss”, a cura del Prof Massimo Bordin ( professore di storia e filosofia in istituti liceali in Veneto ) per Micidial Blog, pubblicato da Libreidee

    12 dicembre 2018

    https://www.libreidee.org/2018/12/noi-sfruttati-senza-pieta-caduto-lo-spauracchio-dellurss/

  3. 1. “Il keynesismo è una ricetta vecchia, tarata per un altro secolo, il Novecento (in particolare gli anni ’30), il secolo delle masse, dei movimenti di massa, dello Stato forte e pianificatore (nello stesso periodo abbiamo il New Deal negli USA roosveltiani, i piani quinquennali nell’URSS staliniana e quelli quadriennali nel Terzo Reich).”, Roberto Sinicolfi, riferimento: “Europa occidentale” dell’articolo in questione.

    Commento

    Questa nun sé pò sentì, è una balla assoluta! Vedasi i prossimi tre punti per rendersene subito conto come si deve!

    2. “Il programma economico della Costituzione e il «nuovo modello di sviluppo» alla luce del pensiero di Federico Caffè”, Attivismo.Info, 20 settembre 2020

    Come è noto, Federico Caffè svolse un ruolo fondamentale ai tempi della Costituente.

    Ricordo brevemente il suo impegno in Banca d’Italia, insieme a Paolo Baffi, con i Governatori Vincenzo Azzolini, Donato Menichella, Luigi Einaudi; come l’ «economista più ferrato» (Leo Valiani) del gruppo dossettiano; come giovane economista diffusore della «nuova economia keynesiana» e a conoscenza dell’esperimento laburista di Attlee e Bevan che seguiva da Londra con «simpatia non scevra di adesione ideologica»[i]; come componente della Commissione economica per la Costituente; ma, soprattutto, accanto a Meuccio Ruini, il vero motore dei lavori costituenti e ministro prima dei Lavori pubblici con il secondo Governo Bonomi e poi della Ricostruzione con il Governo Parri. Ruini, era anche a capo del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica a cui contribuivano, in diverse sezioni, i maggiori studiosi e operatori economici del tempo, a cominciare Luigi Einaudi, Costantino Bresciani Turroni, Gustavo Del Vecchio, Giovanni Demaria[ii].

    Dalla testimonianza diretta di un giovanissimo giornalista parlamentare, ancora attivo, sappiamo di Caffè che, quando poteva, ascoltava ammirato il grande dibattito costituente che si sviluppava in quell’aula[iii]. Si considerava un economista «passionate» e in lui si può riconoscere lo spirito che animava le madri e i padri costituenti. Si capisce così meglio la sua frase, di fine anni settanta, che possiamo ancora, e a maggior ragione, ripetere oggi: «Si va alla ricerca nominalistica di un «nuovo modello di sviluppo» e si dimentica che nelle sue ispirazioni ideali si trova nella prima parte della Costituzione, nelle condizioni tecniche nei lavori della Commissione economica della Costituente»[iv]. Si può sostenere che Caffè nel suo impegno di intellettuale, di insegnante, di pubblicista (di «consigliere del cittadino», come gli piaceva dire), ebbe sempre la Carta Costituzionale come base della sua ispirazione e dei suoi programmi di ricerca e di proposta.

    Proseguimento:

    https://attivismo.info/il-programma-economico-della-costituzione-e-il-nuovo-modello-di-sviluppo-alla-luce-del-pensiero-di-federico-caffe/

    Commento

    Il modello economico della costituzione italiana è quello di un’economia mista di stampo keynesiano e tutti i record economici ottenuti dall’Italia dal dopoguerra fino a inizi anni 90 del secolo scorso sono stati conseguiti anche grazie a questo preciso modello economico di cui il geniale economista Federico Caffè è stato un grande esperto e profondo conoscitore.

    3. https://www.ivdp.it/en/posts/i-successi-e-l-omicidio-del-colosso-del-boom-economico-italiano-gilberto-trombetta

    PS è di fine gennaio 2023

    4. http://www.fondazionespirito.it/francesco-carlesi-la-terza-via-italiana-storia-di-un-modello-sociale-castelvecchi-editore-2018/

    PS è di inizi luglio 2019

  4. 1. “Una politica che sappia guardare ad Est, alla Russia e alla stessa Cina, quanto ad Ovest, agli USA di Trump”, Roberto Siconolfi, riferimento, parte finale dell’articolo

    Commento

    Una strategia geopolitica efficace di medio e lungo termine per l’Italia non può essere a favore di tutto e tutti, ignorando così facendo la specifica vocazione geopolitica naturale e storica dell’Italia, vedasi prossimi due punti.

    2. “L’Italia e il Mare Nostrum”, di Francesco Valeri per Associazione Aurora, 20 agosto 2024

    Se mi si chiedesse che cos’è la geopolitica inizierei col seguente enunciato: “Dato un paese in un preciso punto del piano cartografico, si può ipotizzare la sua strategia geopolitica nel piano geografico stesso.” Nel caso dell’Italia questo enunciato si riflette attraverso la dottrina politica del “Mare Nostrum”.

    Col termine “Mare Nostrum” s’intende la dottrina geopolitica che l’Italia è chiamata a perseguire data la sua posizione geografica, al fine di garantirsi sicurezza e risorse. Essa prevede la libera circolazione delle navi italiane lungo il Mediterraneo e l’impedimento ad altre potenze, soprattutto se potenzialmente ostili, di circolare liberamente in quello che va inteso come il mare privato di Roma. Tale dottrina è la costante della politica estera italiana lungo tutti i trenta secoli della sua storia ogni qual volta l’Italia ha dato sfogo alla sua volontà di potenza, rendendo le sue fasi più alte prima con l’Impero Romano e poi con le Repubbliche Marinare.

    Per perseguire una simil dottrina si deve innanzitutto avere la forza prima per il conseguimento della talassocrazia e cioè la forza navale stessa, il che si traduce in costanti investimenti e ammodernamenti della nostra marina militare prima e mercantile poi. In secondo luogo occorre classificare le zone geografiche d’interesse strategico per l’Italia, il che si traduce nel controllo attraverso vie diplomatiche o non di isole e arcipelaghi, come per esempio la Corsica e Malta, o di stretti e canali come il canale di Sicilia, il Canale di Otranto e gli stretti come le Colonne d’Ercole, I Dardanelli, il Bosforo e il Canale di Suez. Il concetto poi di Mediterraneo va esteso ad un’area lievemente più ramificata rispetto al solo mare compreso tra Asia, Europa e Africa, includendo in esso anche due rami importanti come il Mar Nero e soprattutto il Mar Rosso, via fondamentale per i traffici navali con l’Oriente.

    Proseguimento:

    https://www.associazioneaurora.org/2024/08/20/l-italia-e-il-mare-nostrum/

    Commento

    Centra i punti fondamentali a livello di strategia geopolitica efficace di medio e lungo termine per l’Italia, tranne quando parla che il concetto di Mediterraneo vada esteso ad un’area lievemente più ramificata rispetto al solo mare compreso tra Asia, Europa e Africa , in primis, perché riconquistare il Mare Nostrum in senso restrittivo per l’Italia dei giorni nostri già diventa una grande impresa, vedasi prossimo punto.

    3. https://storiainrete.com/come-e-perche-il-mediterraneo-ha-smesso-di-essere-il-mare-nostrum-2/

    PS è del 25 settembre 20222

  5. Si, il keynesismo era fondato sul novecento. Un altro secolo. L’ Italia della prima repubblica era dirigista e non keynesiana. E comunque era uno stato liberal-denocratico, anche se la sovranità era limitata dai trattati, oltre che dalla politica internazionale. E questa è la vita di tutti gli Stati moderni, piaccia o non piaccia. Gli Usa sono un impero,si, ma io scelgo Trump. Lei attenda pure la sua età dell’oro, dove tutto è puro, anche se dubito che possa trovarvi comunque riscontro data la sua mentalità!

  6. @Roberto Siconolfi

    1. https://keynesblog.com/2013/07/31/litalia-antikeynesiana-1981-2013/

    2. https://keynesblog.com/2012/03/07/pareggio-di-bilancio-in-costituzione-litalia-proibisce-keynes-per-legge-gli-usa-no/

    3. https://keynesblog.com/2013/01/21/smontiamo-i-luoghi-comuni-3-il-keynesismo-e-inattuale-a-causa-degli-elevati-debiti-pubblici/

    Commento

    Chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale e capisca anche l’abc di macroeconomia, leggendo questi tre articoli, basati su fatti economici nudi e crudi realmente accaduti e non su opinioni, si renderà facilmente conto che non è vero niente come va dicendo ancora lei che il keynesismo era fondato sul novecento, secolo anche a suo dire che è morto e sepolto, ma invece si renderà conto subito che dal 1981 in poi in Italia si è fatto tutto il necessario e il possibile per non potere effettuare alcuna politica keynesiana e questo atteggiamento autolesionistico ha raggiunto il suo pinnacolo con l’obbrobrio dell’introduzione del pareggio di biliancio in Costituzione, non solo si renderà anche subito conto che la vulgata di TV e giornaloni che non si possono più fare politiche keynesianea a causa degli alti debiti pubblici è una balla colossale!!

    4. “Addicted to Military Keynesianism: Why Can’t Even Our Most Progressive Politicians Break with the Military Industrial Complex?
    Over the Mountains and Under the Radar: The Military-Industrial Complex in New Hampshire”
    by Joan Roelofs for Global Research, October 05, 2021

    New Hampshire, like many other states, is deeply penetrated by military culture, funding, and institutions. Yet its presence is hardly visible to many people.

    This is amazing, as the military-industrial complex that President Eisenhower warned us about was a mere fragment of its scope today.

    Military contractor campaign donations, propaganda, and patriotism account for much of the support for our endless wars and preparation for them, costly in economic, environmental, and human ways. In addition, a multitude of interests sustains the military and its budget, and encourages silence about its wars of aggression and other activities.

    The antiwar movement must contend with the many ordinary citizens who may have no desire to kill people, destroy the environment, or overthrow governments. They are trying to earn a living, fund their charitable organizations and schools, or save their communities from economic devastation. At present, without a national budget devoted to human needs, they see no other choice but to slip under the wings of the lush military budget.

    The military contracts for almost everything. Along with other government enterprises, such as prisons and highways, this further ensures their survival while contributing to booming regional economies where unemployment levels are low.

    Proseguimento:

    https://www.globalresearch.ca/why-cant-even-most-progressive-politicians-break-military-industrial-complex/5757695

    PS per la traduzione in italiano, andare nella finestra in alto “Translate Website” , aprire il menù a tendina e selezionare lingua desiderata.

    5. “Teorema del Dubbio”, di Pierluigi Fagan, 22 settembre 2019

    Gli americani hanno vinto più del 60% dei premi Nobel dati per lo sviluppo di teorie economiche da quando è stato istituito quindi dal 1969. Ma l’intelligenza economica di stampo americano è ben maggiore in quanto tra gli altri 40%, se la nazionalità anagrafica era di un qualche Paese per lo più europeo, quella culturale in quanto possesso di cattedra, vita concreta, pubblicazioni e ambientazione culturale, era americana di fatto. Si presume che tale intelligenza economica discenda dalle straordinarie performance del sistema economico americano, straordinarie performance, straordinario pensiero, ovvio. Sia che il pensiero sia dedotto dai fatti, sia che i fatti siano prodotti ricorrendo alle performance del pensiero.

    Ma gli Stati Uniti d’America sono stati in questi decenni anche il Paese che ha investito una quantità esorbitante di denaro pubblico nel settore degli armamenti, un settore che quanto ad industria e servizi, ha un peso decisivo nella composizione diretta ed indiretta della salute del sistema economico. Investimenti tra l’altro finalizzati ad alimentare la macchina bellica operativa, non la funzione militare astratta. Macchina bellica operativa per altro brillantemente coadiuvata da un complesso sistema di servizi segreti e non solo, atti a manipolare gli eventi politici ed economici planetari, creando condizioni di possibilità per lo sviluppo di potenza, quindi anche economico, degli americani.
    Per il 93% del loro tempo storico, gli Stati Uniti d’America, sono stati coinvolti in una qualche forma di conflitto. Degli occasionali 21 anni su 239 della loro breve storia in cui non lo sono stati, solo un segmento di cinque anni dice di una astensione voluta e programmata, gli anni dell’isolazionismo che fruttò loro la Grande depressione dal 1935 al 1940. Quando non sono stati in guerra, hanno avuto l’economia molto depressa.

    Proseguimento:

    https://www.ariannaeditrice.it/articoli/teorema-del-dubbio

    Commento

    Che gli USA, da quando sono diventati impero, inizi del 1900, abbiano fatto sempre più keynesismo militare con gli stereoidi, indipendentemente dalle amministrazioni “democratiche” o “repubblicane”, è un segreto di Pulcinella per chiunque non si abbevera alla propaganda mendace di TV e giornaloni italiani e non solo italiani, se lei non lo capisce o fa finta di non capirlo, problemi suoi e non miei!

    6. “MORIRE PER IL DOLLARO”

    a cura dell’Avv Marco Della Luna per Centro Italicum

    19 Maggio 2024

    L’Impero decadente del dollaro è sempre più pericoloso, aggressivo, guerrafondaio. Le banche centrali gestiscono il disastro del debito insostenibile: alzano i tassi e strangolano Stati, banche commerciali e tutto il settore finanziario. Poi abbassano i tassi, e l’inflazione distrugge il potere d’acquisto delle valute. Finchè sussisterà il signoraggio del dollaro, imposto come moneta di riserva e degli scambi internazionali, non vi sarà pace nel mondo.

    Tutte le società sono governate da una élite, che sfrutta e controlla il resto del corpo sociale. Ciò che fa della nostra élite anglo-americana un vero e proprio tumore maligno, è che essa si regge sull’imposizione di una moneta di riserva internazionale, che è al contempo una moneta debito generatrice di un debito sempre crescente e non rimborsabile, quindi uno squilibrio essenziale e ingravescente nel tempo, compensabile solo con un’escalation incessante di depredazione e violenza. Fintanto che il dollaro o qualsiasi altra moneta debito verrà imposto come moneta di riserva e degli scambi internazionali, non vi sarà pace nel mondo.

    Auspico che gli USA tornino ad essere una grande potenza produttrice ed esportatrice. Adesso sì sono ridotti a produrre poco ed esportare quasi niente (se non con l’imposizione, come il metano che ci vendono a prezzo quadruplo di quello che pagavamo alla Russia), e ad importare e comprare moltissimo dal mondo “pagando” con una moneta inflazionata e screditata, che devono imporre agli altri paesi con l’intimidazione e con la guerra, spacciandole per protezione della sicurezza internazionale: praticamente imitano l’estorsione e la “protezione” mafiosa, applicandole su scala globale. Ma non si può vivere per sempre di rendita ed estorsione.

    In Italia, intanto, ci ritroviamo con una bella bomba finanziaria: in base ai nuovi Patti di stabilità l’Italia deve tagliare 13 miliardi all’anno di spese e contemporaneamente sostenere i costi per la guerra e per la Green transition: 273 miliardi stimati per l’efficientamento energetico della casa entro il 2030: semplicemente, non è possibile, se non facendo ciò che vogliono i falchi europei, ossia mettere le mani direttamente sul risparmio degli italiani. Non avrete più niente e sarete felici. Però l’Asse del Male sono gli altri. Col tempo la guerra mostra a tutti il suo vero volto, ma a pochi i suoi veri beneficiari, perché questi controllano le notizie.

    Quando nel secondo dopoguerra l’Europa e il Giappone si legarono economicamente e monetariamente agli Stati Uniti, la cosa aveva un senso, perché questi avevano un’economia fortemente produttiva, trainante e a credito, mentre ora hanno un’economia produttivamente svuotata, fortemente a debito e parassitaria. Perciò oggi Trump minaccia sanzioni contro quei paesi, soprattutto Brics, che osino sostituire il dollaro come moneta di riserva e scambio internazionale, dicendo che sarebbe una sorta di sedizione. Ma la sua minaccia è una ammissione che il dollaro sta traballando, minato dalla profonda deindustrializzazione degli USA e sotto il peso dei 34.000 miliardi di debito pubblico, di cui più di un terzo formatosi dal 2020 in qua; e invero da tempo ormai il dollaro riesce ancora ad imporsi solo attraverso minacce, interventi militari e colpi di stato contro i governi “sediziosi”, come in passato contro la Libia e l’Iraq.

    Proseguimento:

    https://www.centroitalicum.com/morire-per-il-dollaro/

    6A. “Chi controlla il cibo controlla le persone; chi controlla l’energia può controllare interi continenti; chi controlla il denaro può controllare il mondo”, Henry Kissinger, ebreo americano di orgine tedesca, stratega di lungo corso della geopolitica americana che grazie alle sue “genialate” in Sud America e Vietnam portarono solo enormi sofferenze alle popolazioni locali

    Commento

    Se lei vuole morire per preservare l’egemonia del dollaro americano reggendo nel frattempo il moccolo all’amministrazione Trump che farà di tutto per preservarlo, problemi suoi, non miei!

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*