Cambiare tutto per non cambiare niente

Il Liceo Made in Italy

liceo made in italy

di Danilo D’Angelo

Cultura, territorio e identità saranno i tre cardini del percorso formativo del nuovo Liceo Made in Italy, secondo il Primo Ministro, che avrà come obiettivo quello di «…valorizzare il legame che esiste tra la nostra cultura, i territori e la nostra identità», parole di Giorgia Meloni al Vinitaly.

Cultura, territorio e identità, nazionale aggiungo io. A essere sincero mi piace questa impostazione, da sempre sostengo che la cultura di cui siamo eredi, al momento irresponsabili, è il nostro punto di forza. Ciò che i nostri antenati sono stati in grado di immaginare e produrre stupisce, ancora oggi. È tremendamente vergognoso pensare a cosa siamo stati capaci di produrre culturalmente se lo paragoniamo alla stagnazione e alla sudditanza mentale che dimostriamo negli ultimi decenni nei confronti di chi ha soldi e potere, ma culturalmente si eleva poco al di sopra del livello delle amebe (vedi gli statunitensi, per esempio).

Quindi bene, un liceo dove s’insegna la cultura passata e, al contempo, si danno gli strumenti per continuare questa secolare attitudine italiana.

Poi il territorio; conoscere profondamente il territorio, saperlo leggere e interpretarlo è fondamentale per stabilire un giusto rapporto tra le nostre esigenze e quello che la Natura è in grado di offrirci. Anche i militari sanno che è fondamentale studiare il territorio, capire dove posizionarsi per avere un esito positivo della battaglia. Ci sono state guerre perse a causa di un errata interpretazione del territorio, nonostante gli apparati tecnologici messi in campo. Noi e il territorio siamo una cosa sola e se vogliamo progredire su questo pianeta dobbiamo cominciare a capire che l’era dello sfruttamento è finita e che dobbiamo imparare a coesistere con il resto dell’ecosistema, altrimenti altro che siccità! Quindi basta con lo sfruttamento incondizionato del terreno e l’utilizzo di fertilizzanti chimici, basta con le coltivazioni intensive, basta con le leggi che permettono di aggirare le convenzioni con l’Unione Europea e ci permettono di coltivare gli OGM.

E la nostra povera identità nazionale; come diceva il signor G: «L’Italia, dove l’ho messa?». Si l’Italia, non tanto in senso patriottico da fratelli Bandiera, ma il Paese in cui siamo nati e viviamo, quello stesso Paese che è stato capace di generare cultura fino a qualche decennio fa e ancora oggi, nonostante la scuola italiana sia stata pensata in modo da annientare il nostro passato e rendere i nostri figli schiavi del mercato globalizzato. Essere italiani oggi per molti è una condizione sminuente, un natale di cui non si va fieri. Ci si sente meno di nulla o addirittura in colpa per essere italiani, soprattutto se chi non lo è ci apostrofa con i soliti luoghi comuni: Italia, pizza, mandolino, mafia e inaffidabilità. E noi cerchiamo di giustificarci, un po’ arrossendo, mentre il forestiero di turno se la ride di noi.

Bè, non siamo dei santi di sicuro, anche se una volta lo pensavamo, ma chi dice questo di noi sono quegli ignoranti di cui parlavo prima, oppure chi non sa nemmeno cos’è un bidet. Una mia mica italiana che abita a Londra a casa sua ha fatto installare i bidet, oggetti misteriosi per chi vive nella “perfida Albione”. Infatti una sua amica inglese che le aveva chiesto di usare il bagno, ne è uscita con una faccia sorpresa chiedendo “E quello cos’è?” e la mia amica “Niente, niente, fai finta di non averlo visto!”

Quindi, tutto sommato, se in un liceo si riprendessero in mano le redini della storia e si insegnasse ai nostri studenti chi eravamo e chi, in parte, ancora siamo e come fare per poter ritrovare il genio italico sommerso da tanti anni di propaganda globalizzante, ne sarei proprio contento.

L’unico punto che non condivido è chiamarlo “Liceo Made in Italy”, perché pare paradossale nominare con un inglesismo una scuola che vorrebbe affrancarsi dall’esterofilia per riproporre le sue radici storiche.

Ma lasciamo perdere, posso anche sorvolare. Vediamo di cosa tratta in concreto la proposta della PM.

Il disegno di legge presentato in Senato il 25 gennaio spiega così gli obiettivi del percorso formativo:

  1. Essere indirizzato allo studio della cultura giuridica ed economica e della tradizione umanistica del nostro Paese;
  2. Fornire allo studente competenze particolarmente avanzate negli studi afferenti alle scienze giuridiche ed economiche, all’interno di un quadro culturale che, riservando attenzione anche alle scienze matematiche, fisiche e naturali, consenta di cogliere le intersezioni tra i saperi e di elaborare una visione critica della realtà;
  3. Guidare lo studente ad approfondire e sviluppare le conoscenze e le abilità e a maturare le competenze necessarie per cogliere la complessità e la specificità di alcuni settori strategici dell’economia del Paese, cosiddetti settori del Made in Italy;
  4. Assicurare allo studente un percorso di acquisizione di conoscenze e di competenze molteplici per proseguire, in modo proficuo, la propria formazione in ambito universitario e per inserirsi efficacemente nel mondo del lavoro.

Oddio, ma non è come pensavo, qui si parla soprattutto di cultura e scienze giuridiche, di competenze particolarmente avanzate in economia, di acquisizione di competenze (di nuovo) per inserirsi efficacemente nel mondo del lavoro…quindi, ancora una volta, proni davanti al dio mercato e non innovatori, fautori di una nuova strategia di visione della vita.

E sì, perché, come dice il grande filosofo Roberto Mancini: «…la vera ignoranza non è solo non aver studiato, ma non aver mai scoperto un altro modo di vivere» vero scopo dell’istituzione scolastica.

Si, in questo disegno di legge si parla di tradizione umanistica, per carità, ma in che termini, quante ore sono dedicate a questa parte importante del nostro essere?

Vediamo le materie del primo biennio:

​lingua e letteratura italiana; lingua e cultura straniera; storia dell’arte; matematica; informatica; scienze naturali; fisica; scienze motorie e sportive; storia e geografia; diritto ed economia politica; religione cattolica o attività alternative.

Per il triennio: lingua e letteratura italiana, lingua e cultura straniera, storia dell’arte, matematica, informatica, scienze motorie e sportive, storia, filosofia, religione cattolica o attività alternative. Più: economia e gestione delle imprese del Made in Italy; modelli di business nelle industrie dei settori della moda, dell’arte e dell’alimentare; Made in Italy e mercati internazionali.

Ecco, lo sapevo, un contentino alle materie umanistiche e poi giù con economia, gestione delle imprese, modelli di business e mercati internazionali.

Perdonatemi, mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo senza aver letto nel dettaglio di cosa si trattasse. È la solita montagna che partorisce il topolino, oppure è l’ennesimo modo di sbandierare il cambiamento, quando non si cambia proprio nulla.

 

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