TIGRAY. Un’epurazione etnica attraverso gli stupri di massa e la fame

”i corpi femminili non sono un campo di battaglia”

Tigray catastrofe umanitaria

di Alessandra Mincone

All’inizio di settembre, la Rete di associazioni di donne di ogni etnia etiope (Newa) e del Corno d’Africa (Siha) hanno promosso un’iniziativa volta alla pace e alla solidarietà con le donne tigrine, denunciando che ”i corpi femminili non sono un campo di battaglia”

Esplodono bombe nel cuore dell’Africa, colpiscono i piccoli parchi dove i bambini provano a giocare. Ed è la popolazione del Tigray, nella regione settentrionale dell’Etiopia, che dopo aver riempito le urna alle elezioni politiche del 2020, poi dichiarate illegittime dal governo centrale, paga il prezzo di una guerra tra le Forze di Difesa tigrine del Fronte popolare di liberazione del Tigray, interessate a riconquistare l’indipendenza regionale, e gli eserciti etiopi ed eritrei, che da oltre due anni tentano di sottomettere i residenti dell’area per interessi egemonici e perpetrando una nuova epurazione etnica nel continente nero.

I bombardamenti sulla regione questa volta sono arrivati in contemporanea al capodanno etiope dopo una breve tregua dalle ostilità. La sanguinosa operazione scatenata dal Primo Ministro Abiy Ahmed Ali, insignito del premio nobel per la pace nel 2019 per aver siglato gli accordi di sviluppo e cooperazione dei paesi nel Corno d’Africa, ha portato alla morte, secondo alcune fonti, più di 500.000 tigrini e costretto il 90% della popolazione a dipendere dagli aiuti umanitari. La commissione degli esperti di diritti umani delle Nazioni Unite, in questi giorni ha reso noto che ci sono le evidenze di crimini di guerra e contro l’umanità commessi sul territorio tigrino, tra cui gli stupri di massa utilizzati come arma di guerra per sterilizzare le donne e limitare la riproduzione dell’etnia; e la riduzione strategica di generi alimentari e risorse, con il blocco e la privazione degli aiuti umanitari necessari al sostentamento e alla sopravvivenza dei civili, inclusi acqua, assistenza sanitaria e carburante.

All’inizio di settembre, la Rete di associazioni di donne di ogni etnia etiope (Newa) e del Corno d’Africa (Siha) avevano promosso un’importante iniziativa volta alla pace e alla solidarietà con le donne tigrine, denunciando che ‘‘i corpi femminili non sono un campo di battaglia.”

E invece è proprio sul corpo delle donne e delle bambine tigrè che i soldati dell’Etiopia si sono inferociti. Uno dei primi report che faceva luce sulle violenze subite dalle donne fu pubblicato nell’agosto del 2021 da Amnesty International, dal titolo evocativo circa il trattamento disumanizzante e retorico, ”Non so se realizzavano che ero una persona”. Furono intervistate 63 vittime di abusi sessuali, ognuna di loro stuprata, picchiata e torturata ripetutamente, per la maggior parte dei casi in presenza dei figli o dei fratelli minori, o addirittura violentata nelle fasi più delicate della gravidanza, fino a partorire bambini morti. E l’esercito etiope non è stato il solo ad approfittarsi di giovani donne da terrorizzare, per insediarsi nelle abitazioni delle famiglie tigrine e colpire i civili del posto. Alcune ragazze, riferivano di aver riconosciuto molti uomini che invadevano le abitazioni con le divise dell’esercito eritreo. In una lettera destinata all’Italia, pubblicata dall’associazione italo-etiope impegnata nella lotta contro i matrimoni precoci, i militari eritrei vengono accusati di ”uccidere tutti gli uomini dai 7 ai 60 anni e di violentare le donne con pezzi di vetro”. Le fonti che potrebbero fornire una indicazione sul numero di vittime di violenze sessuali provengono dalle Nazioni Unite e risalgono al 2021. Sebbene almeno 26.000 donne in età riproduttiva necessitassero di assistenza clinica dopo aver subito stupri, a causa della carenza del personale qualificato e di forniture mediche, solo una quarantina di donne sarebbero state effettivamente assistite nelle 72 ore successive al momento delle violenze, con farmaci contraccettivi e riabilitazioni post traumatiche. Mentre le osservazioni statistiche interne alla regione del Tigray, stimavano che all’inizio dell’anno, almeno centomila donne avevano subito una o più aggressioni o violenze sessuali.

Ad oggi la maggior parte dei presidi ospedalieri nella regione risultano esser stati gravemente colpiti dagli attacchi dei droni forniti da Israele, ostacolando il lavoro degli operatori sanitari e dei medici volontari – come affermato anche da Tedros Adhanom Ghebreyesus, del partito del FPLT e capo generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Un altro aspetto della guerra che ricade sui civili e generalmente sui minori, è l’incapacità della regione di garantirsi un’autosufficienza alimentare dopo i saccheggi di bovini e la distruzione dei campi di grano causata anche dalla siccità.

I bambini deceduti per incertezza alimentare non fanno notizia, ma sono in costane aumento. La World Food Programme denuncia che il Tigray è la regione etiope maggiormente colpita dalla carestia, con almeno 4,8 milioni di persone che vivono nell’incertezza alimentare. E secondo la classificazione delle fasi di sicurezza alimentare di quest’anno, la maggior parte di queste persone risultano essere minori o donne incinte, che rischiano di passare da una situazione alimentare ”grave” a una situazione ”critica”.

Nel frattempo, la criticità piu’ visibile agli occhi dell’Unione Africana sembra essere che il Tigray rappresenta un terreno inverosimilmente piu’ che fertile per la proliferazione di nuove alleanze politiche, ma anche di nuove escalation di guerra dove gli attori in scena hanno dei precisi campi d’interesse. Come quelli del dittatore eritreo, Isaias Afewerki, che punta a ottenere il controllo dei quattro campi profughi in Tigray dove vi sarebbero rifugiati centinaia di migliaia di eritrei scappati dall’obbligo di leva militare. Già sin dall’inizio del conflitto, numerose organizzazioni internazionali avevano confermato la presenza delle forze militari eritree in supporto all’esercito di Addis Abeba, ma la prima operazione dell’eritrea fu quella di dare fuoco ai campi di Hitsats e Shimelba costringendo a un rimpatrio forzato oltre ventimila profughi sfuggiti alla dittatura. Anche negli ultimi mesi non sono mancate le provocazioni eritree ai confini della regione Tigray, e dopo il richiamo alle armi di tutti i riservisti fino ai 55 anni è iniziata una nuova battaglia militare che vede i civili del Tigray attaccati su più fronti, affinchè venga scongiurata una vittoria per l’indipendenza del Fronte popolare di liberazione del Tigray.

Fra i tigrini invece gli sfollati superano i due milioni, e anche lontano dall’Etiopia non sono completamente al sicuro, basti pensare gli oltre trentamila civili arrestati dopo esser stati rimpatriati dall’Arabia Saudita, in una sistemica azione di persecuzione su base etnica; o all’ esodo che ha visto accrescere insediamenti profughi nella vicina Repubblica del Sudan, dove i rifugiati vivono in condizioni igienico-sanitarie precarie. D’altro canto, il capo del Governo sudanese non ha mancato di approfittare del dispiegamento militare dell’Etiopia verso nord per lanciare un’ operazione militare di controllo del territorio di al-Fashqa, ossia un’area fertile storicamente abitata e coltivata da entrambe le popolazioni africane, e dove un domani potrebbero scontrarsi per l’accaparramento delle risorse.

Eppure, la posta in gioco per stabilire la centralizzazione del potere nel Corno d’Africa riguarda soprattutto Abdel Fattah al-Sisi. Accusato dalla controparte di finanziare gli spostamenti delle forniture militari dei tigrini, in realtà sembra che al dittatore egiziano interessi prevalentemente contrastare la leadership del primo ministro etiope, che con l’inaugurazione ad agosto del terzo riempimento della GERD (il progetto per la Diga del Gran Rinascimento Etiope) rischia di destabilizzare le forniture idriche dell’Egitto, uno dei paesi nordafricani ad oggi più in crisi a causa dei costi per l’importazione di grano dall’Ucraina e dalla Russia.

Chissà che nel cuore dell’Africa i bombardamenti a sfondo etnico e razziale non abbiano anch’essi le potenzialità delle invasioni militari in occidente, di estendersi e trasformarsi in scontri tra potenze su larga scala. D’altronde gli stupri e la fame non potrebbero epurare interi popoli proprio come farebbe una bomba nucleare?

Tratto da: https://pagineesteri.it/2022/09/29/africa/tigray-unepurazione-etnica-attraverso-gli-stupri-di-massa-e-la-fame/

 

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