Non è un tentativo di giustificare la guerra, essa è un crimine e va dissuasa con la lotta al crimine.
Dal 24 febbraio esperti si alternano nelle trasmissioni di intrattenimento, propongono analisi, a volte sulla base di informazioni dubbie, altre volte con ipotesi provate ma non è più possibile comprendere cosa sta accadendo. Le conseguenze sono la paura.
Non voglio occuparmi di chi ha ragione tra russi ed ucraini, ma criticare come i politici italiani e non, prendono le loro decisioni e loro comportamenti in questa crisi.
Un conflitto ha sempre un giorno zero e da qui è importante iniziare.
Da circa 8 anni, ci sono dei separatisti o indipendentisti nel Donbass, regione dell’Ucraina. Non è esatto. I referendum condotti dalle Repubbliche di Donetsk e Lugansk nel maggio 2014 non sono stati referendum per l’ indipendenza, ma referendum di autodeterminazione o autonomia. Uno dei termini che accompagna qualsiasi articolo e’ “separatista pro-russo”, questo suggerisce al lettore che la Russia sia parte del conflitto ma non è così, il termine più adatto al contesto e’ “cittadino ucraino di lingua russa”.
Le Repubbliche non cercavano di separarsi dall’Ucraina, ma di avere uno status di autonomia, garantendo loro l’uso della lingua russa come lingua ufficiale. Infatti nel primo atto legislativo del nuovo governo risultante dal rovesciamento del presidente Yanukovich, è stata l’abolizione, il 23 febbraio 2014, della legge Kivalov-Kolesnichenko del 2012, da quel momento nella regione del Donbass è proibito parlare la lingua russa, leggere libri in lingua russa, avere nel cell un numero di telefono con il prefisso russo. Questa decisione ha provocato il dissenso nella popolazione di lingua russa. Il risultato è stata una feroce repressione contro le regioni di lingua russa (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Lugansk e Donetsk) a partire dal febbraio 2014 e ha portato a una militarizzazione di tutta la regione e ad alcuni massacri, a Odessa e Marioupol, cito solo i più importanti. Alla fine dell’estate 2014 erano rimaste solo le autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Lugansk.
In questa periodo, lo stato maggiore ucraino ha represso con molta violenza ma non è riuscito a vincere. Durante i combattimenti tra il 2014-2016 nel Donbass lo stato maggiore ucraino ha applicato sistematicamente sempre la stessa strategia politica-militare. Tuttavia, la guerra condotta dagli autonomisti era molto simile a quella che abbiamo osservato nell’area del Sahel, operazioni condotte con mezzi leggeri, poca burocrazia e tanta determinazione nelle azioni militari.
Queste semplici condizioni hanno aiutato molto i rivoltosi, sono riusciti ad armarsi grazie alla diserzione di alcune unità ucraine di lingua russa, passate dalla parte degli autonomisti. Spesso, ad ogni fallimento di un’azione militare ucraina, i battaglioni di carri armati, artiglieria e antiaerei ingrossarono le forze degli autonomisti.
In questo scenario, per gli ucraini l’unica via d’uscita era quella accettare gli accordi di Minsk. A seguito di questi accordi, il presidente ucraino Poroshenko ha lanciato contro il Donbass la più grande operazione antiterrorismo denominata ATO. A seguito di alcuni errori militari, probabilmente mal consigliati dagli ufficiali della NATO, gli ucraini hanno subito una schiacciante sconfitta a Debaltsevo, che li ha costretti a impegnarsi negli accordi di Minsk 2.
E’ assolutamente importante leggere il primo trattato di Minsk nel settembre 2014 e poi Minsk 2 nel febbraio 2015, in entrambi i documenti non c’è alcun punto sulla separazione o l’indipendenza delle Repubbliche, ma solo la loro autonomia all’interno dell’Ucraina. Purtroppo questi accordi sono conosciuti da pochi, eppure sono momenti di storia.
Ed è scritto chiaramente che lo status delle Repubbliche doveva essere negoziato tra Kiev e i rappresentanti delle Repubbliche, perché la soluzione è interna all’Ucraina.
Infatti la Russia sin dal primo accordo di Minsk si è sempre limitata a chiedere l’attuazione rifiutandosi sempre, di partecipare ai negoziati, perché si trattava di una questione interna all’Ucraina. Non sono mancate le pressioni dell’occidente, guidato dalla Francia, ha continuamente cercato di sostituire gli accordi di Minsk con una nuova tipologia di accordo il “formato Normandia”, che metteva faccia a faccia russi e ucraini. Va ricordato che non c’erano nel Donbass truppe russe prima del 23-24 febbraio 2022. Inoltre, anche in questo caso è sufficiente verificare le relazion e i rapporti degli osservatori OSCE che non hanno osservato e segnalato la presenza di unità russe operanti nel Donbass. Altra osservazione, la mappa dell’intelligence statunitense pubblicata dal Washington Post il 3 dicembre 2021 non ci sono soldati russi nel Donbass.
Nell’ottobre 2015 Vasyl Hrytsak, direttore del Servizio di sicurezza ucraino SBU, ha dichiarato che nel Donbass erano stati osservati solo 56 militari russi.
La preparazione, la logistica dell’esercito ucraino in quel momento non era in uno stato ottimale. Nell’ottobre 2018, dopo quattro anni di guerra, il procuratore capo militare ucraino, Anatoly Matios, ha dichiarato: “l’Ucraina ha perso circa 2700 uomini nel Donbass, 891 per malattie, 318 per incidenti stradali, 177 per altri incidenti, 175 per abuso di alcool e droga, 172 da incidenti nell’uso delle armi, 101 da violazioni delle norme di sicurezza, 228 da omicidi e 615 da suicidi. Queste ultime cifre molto alte.
L’esercito ucraino viveva una crisi molto profonda a causa del conflitto nel Donbass, oltre alla corruzione non godeva più dell’appoggio della popolazione. Secondo un rapporto del Ministero dell’Interno britannico, nel richiamo dei riservisti di marzo/aprile 2014, il 70% non si è presentato alla prima sessione, l’80% alla seconda, il 90% alla terza e il 95% alla quarta. A ottobre/novembre 2017, il 70% dei coscritti non si è presentato alla campagna di richiamo “Autunno 2017”. Senza contare i suicidi e le diserzioni, che hanno raggiunto il 30 per cento della forza dell’Ato. I giovani ucraini si sono rifiutati di andare a combattere nel Donbass e hanno preferito l’emigrazione, il che spiega anche, almeno in parte, il deficit demografico del Paese molto simile a quello della Russia di oggi.
Ed è in questa fase che entra in gioco la NATO chiamata dal Governo ucraino per contribuire a rendere le sue forze armate più “attraenti”. Ma non poteva essere considerato per gli ucraini, un progetto a lungo termine, era importante muoversi rapidamente.
Il primo problema era trovare i soldati, ed il governo ucraino ha fatto ricorso alle milizie paramilitari. Composte da mercenari stranieri, molti militanti di estrema destra. Secondo Reuters , nel 2020 costituivano circa il 40% delle forze ucraine e contavano circa 100.000 uomini. Erano armati, finanziati e addestrati da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada e Francia. Composti da circa 19 nazionalità incluso italiani.
I paesi occidentali hanno quindi chiaramente creato e sostenuto milizie ucraine di estrema destra . Nell’ottobre 2021 il Jerusalem Post ha lanciato l’allarme denunciando il progetto Centuria . Queste milizie operavano nel Donbass dal 2014, con il supporto occidentale. Anche se si può discutere sul termine “nazista”, resta il fatto che queste milizie sono fortemente antisemite. Il loro antisemitismo è più culturale che politico. Il loro odio per l’ebreo deriva dalle grandi carestie degli anni ’20 e ’30 in Ucraina, risultanti dalla confisca dei raccolti da parte di Stalin per finanziare la modernizzazione dell’Armata Rossa. Questo evento, noto in Ucraina come Holodomor, è stato perpetrato dall’NKVD il precursore del KGB, i cui vertici della leadership erano composti principalmente da ebrei. Per questo, oggi, gli estremisti ucraini chiedono a Israele di scusarsi per questi crimini, come osserva il Jerusalem Post.
Queste milizie, nate dai gruppi di estrema destra hanno animato la rivoluzione Euromaidan nel 2014, sono composte da individui fanatici e brutali. Il più noto di questi è il reggimento Azov, il cui emblema ricorda la 2a divisione SS Das Reich Panzer, venerata in Ucraina per aver liberato Kharkov dai sovietici nel 1943, prima di compiere il massacro di Oradour-sur-Glane, Francia 1944.
Tra le figure di spicco nel reggimento Azov c’è Roman Protassevitch, arrestato nel 2021 dalle autorità bielorusse a seguito del caso del volo RyanAir FR4978. Il 23 maggio 2021, a seguito del deliberato dirottamento di un aereo di linea da parte di un MiG-29, presumibilmente con l’approvazione di Putin, è stato menzionato come motivo per arrestare Protassevich, sebbene le informazioni disponibili all’epoca non confermassero affatto questo scenario.
Ma era necessario approfittare politicamente della situazione e dimostrare che il presidente bielorusso Lukashenko era un criminale e Protassevich un “giornalista” democratico. A distanza di pochi mesi, un’indagine, del 2020, realizzata da una ONG americana ha portato alla luce le attività dei militanti di estrema destra di Protassevitch.
Infine, a gennaio 2022, è stato pubblicato il rapporto ICAO che ha mostrato che, nonostante alcuni errori procedurali, la Bielorussia ha agito secondo le regole vigenti e che il MiG-29 è decollato 15 minuti dopo che il pilota RyanAir aveva deciso di atterrare a Minsk. Quindi nessun complotto bielorusso e ancor meno da Putin. La stampa italiana racconta di Protasseviè, torturato dalla polizia bielorussa, ora è un uomo libero.
La caratterizzazione dei paramilitari ucraini come “nazisti” o “neo-nazisti” è confermata dal Times of Israel , del Simon Wiesenthal Center o del Center for Counterterrorism della West Point Academy. In altra epoca, nel 2004 la rivista Newsweek li associa alla Stato Islamico.
Con questa politica e strategia, l’Occidente ha sostenuto e ha continuato ad armare le milizie che dal 2014 si sono rese colpevoli di numerosi crimini contro la popolazione civile: stupri, torture e massacri. Ma mentre i governi europei sono stati molto efficaci ed uniti nel decidere le sanzioni contro la Russia, non hanno reagito contro l’Ucraina, che massacra la propria popolazione dal 2014. Le organizzazioni impegnate nella difesa dei i diritti umani in Ucraina hanno condannato da tempo le azioni di questi gruppi, ma non sono state sostenute dai nostri governi. Perché, in realtà, non stanno cercando di aiutare l’Ucraina, ma di combattere la Russia.
L’integrazione di queste forze paramilitari nella Guardia Nazionale non è stata affatto accompagnata da una “denazificazione”, come alcuni sostengono . Tra i tanti esempi è istruttivo quello dei vessilli del reggimento Azov:
Nel 2022, molto schematicamente, le forze armate ucraine sono così organizzate:
- L’Esercito, subordinato al Ministero della Difesa. È organizzato in 3 corpi d’armata e composto da formazioni di manovra (carri armati, artiglieria pesante, missili, ecc.).
- La Guardia Nazionale, che dipende dal Ministero dell’Interno ed è organizzata in 5 Comandi territoriali.
- La Guardia Nazionale è quindi una forza di difesa territoriale che non fa parte dell’esercito ucraino. Comprende milizie paramilitari, dette “battaglioni volontari”, conosciute anche con il nome evocativo di “battaglioni di rappresaglia”, e composte da fanteria. Principalmente addestrati per il combattimento urbano, ora difendono città come Kharkov, Mariupol, Odessa e Kiev.
Il giorno zero
Dalla fine del 2021, gli americani hanno continuamente annunciato prossima l’invasione russa dell’Ucraina ma gli ucraini hanno sempre smentito, perché?
Dobbiamo tornare al 24 marzo 2021. Lo stessso giorno, Volodymyr Zelensky ha emesso un decreto per la riconquista della Crimea e ha iniziato a schierare le sue forze nel sud del Paese. Allo stesso tempo, sono state condotte diverse esercitazioni NATO tra il Mar Nero e il Mar Baltico, accompagnate da un aumento significativo dei voli di ricognizione lungo il confine russo-Nato. La Russia ha quindi condotto diverse esercitazioni per testare la prontezza operativa delle sue truppe e per dimostrare che stava seguendo l’evoluzione della situazione.
Le cose si sono calmate con la fine delle esercitazioni denominate ZAPAD 21, i cui movimenti di truppe sono stati interpretati come un rinforzo per un’offensiva contro l’Ucraina. Tuttavia, anche le autorità ucraine hanno confutato l’idea dei preparativi russi per una guerra e Oleksiy Reznikov, ministro della Difesa ucraino, afferma che non c’erano stati cambiamenti al suo confine dalla primavera.
Contemporaneamente, violando ancora gli accordi di Minsk, l’Ucraina stava conducendo operazioni nel Donbass utilizzando droni contro un deposito di carburante a Donetsk nell’ottobre 2021. Questo evento bellico, viene pubblicato dalla stampa americana, ma non da quella europea e non sono seguite condanne per questa violazione.
Dall’inizio del febbraio 2022 gli eventi si sono aggravati. Il 7 febbraio, durante la sua visita a Mosca, Emmanuel Macron ha ribadito a Vladimir Putin il suo impegno per gli Accordi di Minsk, impegno che avrebbe confermato durante l’incontro con Volodymyr Zelensk. Ma l’11 febbraio, a Berlino, dopo ore di colloqui, la riunione dei consiglieri politici dei leader del “Formato Normandia si è conclusa senza alcun risultato concreto. Gli ucraini si sono comunque rifiutati di applicare gli Accordi di Minsk, forse pressati dagli Stati Uniti. Vladimir Putin ha osservato che Macron aveva fatto solo promesse e che l’Occidente, durante otto anni non ha fatto rispettare gli accordi. I preparativi ucraini nella zona di contatto non si sono mai fermati. Il parlamento russo il 15 febbraio chiese a Vladimir Putin di riconoscere l’indipendenza delle Repubbliche, la prima richiesta fu respinta dal presidente russo.
Il 17 febbraio, il presidente Joe Biden denuncia che la Russia si apprestava ad attaccare l’Ucraina. Come ha fatto a saperlo? È un giallo. Ma dal 16, i bombardamenti di artiglieria ucraina contro la popolazione del Donbass sono aumentati, la conferma è scritta nei rapporti quotidiani degli osservatori dell’OSCE. Naturalmente, i media europei, i governi occidentali, non hanno reagito in nessun modo. Anzi, la stampa, in Italia scrive che è disinformazione russa. Mentre è il contrario, l’Unione Europea e alcuni Paesi hanno deliberatamente taciuto sul massacro della popolazione del Donbass.
Gli eventi bellici sono decine e quotidiani. Il 18 gennaio, i combattenti del Donbass hanno intercettato sabotatori, che parlavano polacco ed erano equipaggiati con attrezzature e strumenti occidentali e stavano cercando di creare incidenti chimici a Gorlivka . Forse erano mercenari della CIA , guidati o “consigliati” da americani e composti da combattenti ucraini o europei, per compiere azioni di sabotaggio nelle Repubbliche del Donbass.
Joe Biden sapeva che gli ucraini avevano iniziato a bombardare la popolazione civile del Donbass già dal 16 febbraio, mettendo Vladimir Putin di fronte a una scelta difficile: aiutare militarmente il Donbass e provocare un problema internazionale, oppure restare a guardare la distruzione del popolo di lingua russa del Donbass.
La decisione interventista di Putin, è nella cornice dell’obbligo internazionale di “Responsibility To Protect” (R2P). In sintesi, sapeva che qualunque fosse la sua natura o portata, l’intervento avrebbe innescato ulteriori sanzioni. Pertanto, sia che l’intervento russo fosse limitato al Donbass o fosse andato oltre per fare pressione sull’Occidente per lo status dell’Ucraina, il prezzo da pagare sarebbe stato lo stesso. La decisione e le motivazioni sono chiarite nel discorso del 21 febbraio.
Lo stesso giorno, Putin riconobbe l’indipendenza delle due Repubbliche del Donbass e, allo stesso tempo, firmò con loro trattati di amicizia e assistenza.
Il bombardamento dell’artiglieria ucraina sulla popolazione del Donbass non si è fermato e il 23 febbraio le due Repubbliche hanno chiesto assistenza militare alla Russia. Il 24 febbraio Vladimir Putin ha invocato l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che prevede l’assistenza militare reciproca nel quadro di un’alleanza difensiva.
Per rendere l’intervento russo totalmente illegale, semplificandolo in un’aggressione immotivata agli occhi del pubblico, gli europei, la Nato e gli Usa, hanno deliberatamente nascosto i fatti reali, la guerra è iniziata il 16 febbraio. L’esercito ucraino si stava preparando ad attaccare il Donbass già nel 2021, se alcuni servizi di intelligence russi ed europei erano ben consapevoli questo sarà discusso nei tribunali.
Nel suo discorso del 24 febbraio Vladimir Putin ha dichiarato i due obiettivi della sua operazione: “smilitarizzare” e “denazificare” l’Ucraina. Quindi, non si tratta di impossessarsi dell’Ucraina, e nemmeno, presumibilmente, di occuparla.
Da quel momento in poi non riusciamo più a capire l’andamento dell’operazione militare: i russi hanno una buona sicurezza delle operazioni (OPSEC) e non si conoscono i dettagli della loro pianificazione. L’andamento dell’operazione ci permette di capire come gli obiettivi strategici sono stati tradotti sul piano operativo.
Demilitarizzazione:
- distruzione al suolo dell’aviazione ucraina, dei sistemi di difesa aerea e delle risorse di ricognizione;
- neutralizzazione delle strutture di comando e intelligence (C3I), nonché delle principali rotte logistiche nelle profondità del territorio;
- accerchiamento del grosso dell’esercito ucraino ammassato nel sud-est del paese.
Denazificazione:
- distruzione o neutralizzazione di battaglioni di volontari operanti nelle città di Odessa, Kharkov e Mariupol, nonché in varie strutture del territorio.
Leggendo una mappa del conflitto, oggi gran parte di questi obbiettivi sono stati raggiunti.
Demilitarizzazione
L’offensiva russa è stata condotta in modo classico. La prima fase, come avevano fatto gli israeliani nel 1967, con la distruzione a terra nelle prime ore dell’aviazione. Poi, assistiamo ad una progressione simultanea: avanzare ovunque dove la resistenza fosse debole e lasciare le città (molto impegnative in termini di truppe) eventualmente per dopo. Nel nord, la centrale di Chernobyl è stata immediatamente occupata per prevenire atti di sabotaggio. Le immagini dei soldati ucraini e russi che sorvegliano insieme l’impianto ovviamente non vengono mostrate da nessuno.
L’idea che la Russia volesse conquistare Kiev, per eliminare Zelensky, viene dall’Occidente: è quello che hanno fatto in Afghanistan, Iraq, Libia e quello che volevano fare in Siria con l’aiuto dello Stato Islamico. Ma Vladimir Putin non ha mai avuto intenzione di eliminare o rovesciare Zelensky. Anzi la Russia cerca di mantenerlo al potere spingendolo a negoziare. Finora si era rifiutato di attuare gli accordi di Minsk. Ma ora i russi vogliono ottenere la neutralità dell’Ucraina.
Molti commentatori occidentali sono rimasti sorpresi dal fatto che i russi abbiano continuato a cercare una soluzione negoziata mentre conducevano operazioni militari. La spiegazione sta nella prospettiva strategica russa fin dall’era sovietica. Per l’Occidente, la guerra inizia quando finisce la politica. Tuttavia, l’approccio russo segue un’ispirazione Clausewitziana: la guerra è la continuità della politica e ci si può muovere dall’una all’altra, anche durante il combattimento. Questo permette di creare pressione sull’avversario e spingerlo a negoziare.
Il grosso dell’esercito ucraino è stato dispiegato nel sud del paese in preparazione di una grande operazione contro il Donbass. Ecco perché le forze russe sono riuscite ad accerchiarlo dall’inizio di marzo nell’area tra Slavyansk, Kramatorsk e Severodonetsk, con una spinta da est attraverso Kharkov e un’altra da sud dalla Crimea. Le truppe delle repubbliche di Donetsk (DPR) e Lugansk (LPR) stanno completando le forze russe con una spinta da est.
In questa fase, le forze russe stanno lentamente stringendo il laccio, ma non sono più sotto pressione. Il loro obiettivo di smilitarizzazione è quasi raggiunto e le restanti forze ucraine non hanno più una solida struttura di comando operativa e strategica.
Il “rallentamento” che i nostri “esperti” attribuiscono alla scarsa logistica è solo la conseguenza del raggiungimento dei propri obiettivi. La Russia non sembra voler impegnarsi in un’occupazione dell’intero territorio ucraino. Sembra infatti che la Russia stia cercando di limitare la sua avanzata al confine linguistico del Paese.
Denazificazione
In città come Kharkov, Mariupol e Odessa, la difesa è fornita dalle milizie paramilitari. Sanno che l’obiettivo della “denazificazione” è rivolto principalmente a loro.
Per un aggressore in un’area urbanizzata, i civili sono un problema. Per questo la Russia sta cercando di creare corridoi umanitari per svuotare le città dei civili e lasciare solo le milizie, per combatterle più facilmente.
Al contrario, queste milizie cercano di trattenere i civili nelle città per dissuadere l’esercito russo ad attaccare. Questo è il motivo per cui, gli ucraini, sono riluttanti a implementare questi corridoi e fanno di tutto per garantire che gli sforzi russi non abbiano successo: possono usare la popolazione civile come “scudi umani”. I video che mostrano civili che cercano di lasciare Mariupol e picchiati dai combattenti del reggimento Azov sono ovviamente censurati.
Su Facebook, il gruppo Azov era considerato nella stessa categoria dello Stato Islamico e soggetto alla “politica su individui e organizzazioni pericolose” della piattaforma. Era quindi vietato glorificarlo e sistematicamente eliminati i “post” favorevoli. Ma il 24 febbraio Facebook ha cambiato la sua politica e ha consentito i post favorevoli alla milizia . Con lo stesso spirito, a marzo, la piattaforma autorizza solo, negli ex paesi dell’Est, di postare messaggi del tipo “uccisione di soldati e dirigenti russi” . Questo per quanto riguarda i valori che ispirano i nostri leader, deve farci riflettere.
I nostri media diffondono un’immagine eroica della resistenza popolare. È questa immagine che ha portato l’Unione Europea a finanziare la distribuzione di armi alla popolazione civile. La storia presenta molti eventi per cui la violenza contro i civili è avvenuta in contesti specifici. In particolare, quando le armi abbondano e non ci sono strutture di coordinamento e di comando.
Queste strutture di comando sono l’essenza degli eserciti: la loro funzione è quella di incanalare l’uso della forza verso un obiettivo. Armando i cittadini in modo casuale, come avviene attualmente, l’UE li sta trasformando in combattenti, con l’effetto conseguente di renderli potenziali bersagli. Inoltre, senza comando, senza obiettivi operativi, la distribuzione delle armi porta inevitabilmente a regolamento di conti, banditismo e azioni brutali. La guerra diventa una questione di emozioni. La forza diventa violenza. Esempio è quanto accaduto avvenuto a Tawarga, Libia dall’11 al 13 agosto 2011, dove 30mila neri africani sono stati massacrati con armi paracadutate, illegalmente, dalla Francia. Da leggere, il Royal Institute for Strategic Studies (RUSI) britannico non vede alcun valore aggiunto in queste consegne di armi.
Inoltre, consegnando armi a un paese in guerra, ci si espone a essere considerati belligeranti. Gli attacchi russi del 13 marzo 2022 contro la base aerea di Mykolayev seguono gli avvertimenti russi secondo cui le spedizioni di armi sarebbero state trattate come obiettivi ostili.
La guerra, se non riusciamo ad eliminarla dalla storia umana, deve essere lasciata ai militari e quando una parte ha perso, deve essere accettata la sconfitta. E se deve esserci resistenza, deve essere guidata e strutturata. Ma sta accadendo esattamente il contrario: stanno spingendo i cittadini ad andare a combattere e, allo stesso tempo, Facebook autorizza gli appelli per l’omicidio di soldati e leader russi. Questo per quanto riguarda i valori che ci ispirano, sono da rivedere.
Alcuni servizi di intelligence vedono questa decisione irresponsabile, un modo per usare la popolazione ucraina come carne da macello per combattere la Russia di Vladimir Putin. Sarebbe stato meglio impegnarsi in trattative e ottenere così garanzie per la popolazione civile piuttosto che aggiungere benzina sul fuoco. È facile fare la guerra con il sangue degli altri.
L’ospedale di maternità di Mariupol
È importante capire in anticipo che non è l’esercito ucraino a difendere Marioupol, ma la milizia Azov, composta da mercenari stranieri.
Nella sua sintesi della situazione del 7 marzo 2022, la missione russa delle Nazioni Unite a New York ha dichiarato che “i residenti riferiscono che le forze armate ucraine hanno espulso il personale dall’ospedale più grande della città di Mariupol e hanno allestito un posto di tiro all’interno della struttura”.
L’8 marzo un media indipendente russo Lenta.ru , ha pubblicato la testimonianza di civili di Marioupol che hanno raccontato che l’ospedale di maternità è stato preso in consegna dalla milizia del reggimento Azov, e che hanno cacciato infermieri e dottori minacciandoli con le armi. Hanno confermato lLa conferma viene data, poche ore prima, anche dalle dichiarazioni dell’ambasciatore russo. L’ospedale di Mariupol occupa una posizione dominante, perfettamente adatta per l’installazione di armi anticarro e come punto di osservazione. Il 9 marzo, le forze russe hanno colpito l’edificio. Secondo la CNN , 17 persone sono rimaste ferite, ma le immagini non mostrano vittime nell’edificio e non ci sono prove che le vittime menzionate siano legate a questo attacco. Si parla di bambini, ma in realtà non vediamo nulla. Questo può essere vero, ma potrebbe non essere vero. Ciò non impedisce ai leader dell’UE di considerare questo come un crimine di guerra . E questo permette a Zelensky di alzare la posta, e chiedere una no-fly zone sull’Ucraina.
In realtà, non sappiamo esattamente cosa sia successo. Ma la sequenza degli eventi tende a confermare che le forze russe hanno colpito una posizione del reggimento Azov e che il reparto maternità era allora libero da civili.
Il problema è che le milizie paramilitari che difendono le città sono incoraggiate dalla comunità internazionale a non rispettare le regole della guerra. Sembra che gli ucraini abbiano riproposto lo scenario dell’ospedale di maternità di Kuwait City nel 1990, gestito dalla socità Hill & Knowlton per convincere il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a intervenire in Iraq per l’operazione Desert Storm nel 1991.
I politici occidentali hanno accettato attacchi civili nel Donbass per otto anni, senza adottare alcuna sanzione contro il governo ucraino. Siamo entrati da tempo in una dinamica in cui i politici occidentali hanno accettato di sacrificare il diritto internazionale per il loro obiettivo di indebolire la Russia .
Come si concluderà questo conflitto?
La prima riflessione da fare è la totale assenza dei servizi di intelligence occidentali nella rappresentazione della situazione nell’ultimo anno. In effetti, sembra che in tutto il mondo occidentale i servizi di intelligence siano stati sopraffatti dai politici. La questione centrale è che sono i politici a prendere le decisioni: il miglior servizio di intelligence del mondo è inutile se la politica non ascolta. Questo è quello che è successo durante questa crisi.
Altri servizi di intelligence avevano un quadro molto dettagliato e razionale della situazione, altri avevano chiaramente lo stesso quadro di quello diffuso dai nostri media. In questa crisi, i servizi dei paesi della “nuova Europa” hanno giocato un ruolo primario. In secondo luogo, sembra che in alcuni paesi europei i politici abbiano deliberatamente ignorato i loro servizi per rispondere ideologicamente alla crisi. Ecco perché questa crisi è stata irrazionale fin dall’inizio. Va notato che tutti i documenti che sono stati presentati al pubblico durante questa crisi sono stati presentati da politici sulla base di fonti commerciali, i media e non da esperti.
Alcuni politici occidentali volevano ovviamente che ci fosse un conflitto. Negli Stati Uniti, gli scenari di attacco presentati da Anthony Blinken al Consiglio di sicurezza erano solo il prodotto dell’immaginazione di un Tiger Team che lavorava per lui: fece esattamente come fece Donald Rumsfeld nel 2002, che aveva così “aggirato” la CIA e altri servizi di intelligence che erano molto meno assertivi sulle armi chimiche irachene.
Gli sviluppi drammatici a cui stiamo assistendo oggi hanno cause ben conooscute ma nessuno a voluto vedere:
- sul piano strategico, l’allargamento della NATO;
- sul piano politico, il rifiuto occidentale di attuare gli accordi di Minsk;
- i continui e ripetuti attacchi alla popolazione civile del Donbass negli ultimi anni e il drammatico aumento a fine febbraio 2022.
In altre parole, possiamo naturalmente deplorare e condannare l’attacco russo, ma gli USA e i paesi erupei in testa hanno creato le condizioni per trasfromare la crisi politica in un conflitto armato. Mostriamo solidarietà per il popolo ucraino ma se avessimo avuto un minimo di solidarietà per lo stesso numero di profughi delle popolazioni ucraine del Donbass massacrate dal loro stesso governo e che hanno cercato rifugio in Russia per otto anni, probabilmente niente di tutto ciò sarebbe accaduto.
Vittime civili causate da ostilità attive nel 2018-2021, per territorio
Come possiamo vedere, oltre l’80% delle vittime nel Donbass sono state il risultato dei bombardamenti dell’esercito ucraino. Per anni l’Occidente è rimasto in silenzio sul massacro degli ucraini di lingua russa da parte del governo di Kiev, senza mai tentare di esercitare pressioni su Kiev. È questo silenzio che ha costretto la parte russa ad agire. Fonte: “Vittime civili legate al conflitto”, Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite in Ucraina
Se il termine “genocidio” si applica agli abusi subiti dalla gente del Donbass resta una questione aperta da rimandare in un tribunale. Il termine è generalmente riservato a casi di maggiore entità, esempio Olocausto. Ma la definizione data dalla Convenzione sul genocidio è abbastanza ampia da poter essere applicata anche a questo caso. Chi si occupa di diritto potrà dettagliare meglio.
Chiaramente, questo conflitto ci ha portato alla follia. Le sanzioni sembrano essere diventate lo strumento privilegiato della nostra politica estera. Se avessimo insistito affinché l’Ucraina rispettasse gli accordi di Minsk, nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.
Non ha senso lamentarsi dopo: si doveva intervenire prima. Tuttavia, né Emmanuel Macron (in quanto garante e membro del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite), né Olaf Scholz, né Volodymyr Zelensky hanno rispettato i loro impegni. Alla fine, la vera sconfitta è quella delle vittima della guerra che non hanno mai voce.
L’Unione Europea non è stata in grado di promuovere l’attuazione degli accordi di Minsk, al contrario, non ha reagito quando l’Ucraina stava bombardando la propria popolazione nel Donbass. Se l’avesse fatto, Vladimir Putin non avrebbe avuto bisogno di reagire. Assente dalla fase diplomatica, l’Ue si è distinta per aver alimentato il conflitto. Il 27 febbraio, il governo ucraino ha accettato di avviare negoziati con la Russia. Ma poche ore dopo, l’Unione Europea ha votato un budget di 450 milioni di euro per la fornitura di armi all’Ucraina, buttando benzina al fuoco. Da quel momento in poi, gli ucraini hanno sentito di non aver bisogno di raggiungere un accordo. La resistenza della milizia Azov a Mariupol ha portato addirittura a una spinta di 500 milioni di euro per le armi.
In Ucraina, con la benedizione dei Paesi occidentali, sono stati eliminati coloro che erano favorevoli a un negoziato. È il caso di Denis Kireyev, uno dei negoziatori ucraini, assassinato il 5 marzo dai servizi segreti ucraini (Sbu) perché troppo favorevole alla Russia ed era considerato un traditore. La stessa sorte è toccata a Dmitry Demyanenko, ex vice capo della direzione principale della SBU per Kiev e la sua regione, assassinato il 10 marzo perché troppo favorevole a un accordo con la Russia: fu fucilato dalla milizia Mirotvorets “peacemaker”. Questa milizia è associata al sito web di Mirotvorets, che elenca i “nemici dell’Ucraina”, con i loro dati anagrafici, indirizzi e numeri di telefono, affinché possano essere molestati o addirittura eliminati; una pratica punibile in molti paesi, ma non in Ucraina. L’ONU e alcuni paesi europei hanno chiesto la chiusura di questo sito, rifiutato dalla Rada, il Governo ucraino
Alla fine, il prezzo sarà alto, ma Vladimir Putin probabilmente raggiungerà gli obiettivi che si era prefissato. I suoi legami con Pechino si sono consolidati. La Cina sta emergendo come mediatore nel conflitto, mentre l’Italia si unisce alla lista dei nemici della Russia. Gli americani devono chiedere al Venezuela e all’Iran il petrolio per uscire dall’impasse energetica in cui si sono imposti: Juan Guaido sta uscendo di scena per sempre e gli Stati Uniti devono pietosamente tornare sui propri passi sulle sanzioni imposte ai loro nemici.
I ministri occidentali che cercano di far crollare l’economia russa e di far soffrire il popolo russo , o addirittura chiedono l’ assassinio di Putin, dimostrano che i nostri leader non lo sono meglio di quelli che odiamo, perché sanzionare gli atleti russi ai Giochi Paraolimpici o gli artisti russi non ha nulla a che fare con la lotta contro Putin.
Ricordiamo che le punizioni collettive sono vietate dalle Convenzioni di Ginevra.
La lezione da trarre da questo conflitto è il nostro senso di umanità e i valori variabili. Se tenevamo così tanto alla pace e all’Ucraina, perché non l’abbiamo incoraggiata a rispettare gli accordi che aveva firmato e che i membri del Consiglio di sicurezza avevano approvato?
L’integrità dei media è misurata dalla loro disponibilità a lavorare entro i termini della Carta di Monaco. Sono riusciti a propagare l’odio per i cinesi durante la crisi del Covid e il loro messaggio polarizzato porta gli stessi effetti contro i russi. Il giornalismo sta diventando sempre meno professionale ma molto militante.
Come diceva Goethe: “Quanto maggiore è la luce, tanto più scura è l’ombra”. Più le sanzioni contro la Russia sono sproporzionate, più i casi in cui non abbiamo fatto nulla mettono in evidenza il nostro razzismo e servilismo. Perché da otto anni nessun politico occidentale ha reagito agli attacchi contro la popolazione civile del Donbass?
Perché, infine, cosa rende il conflitto in Ucraina più biasimevole della guerra in Iraq, Afghanistan o Libia? Quali sanzioni abbiamo adottato contro coloro che hanno deliberatamente mentito alla comunità internazionale per condurre guerre ingiuste, ingiustificate e assassine? Abbiamo cercato di “far soffrire il popolo americano” per averci mentito prima della guerra in Iraq? Abbiamo adottato una sanzione contro i paesi, le aziende o i politici che stanno fornendo armi al conflitto in Yemen, considerato il ” peggior disastro umanitario del mondo”
Fonte:
La ricerca documentale è stata elaborata dal CF2 – Centro ricerche Francese e
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