Sua maestà Il SIRE

Sistema Integrato di Risparmio Erariale

Crediti fiscali cedibili si riparte

Sua maestà

Il SIRE

Sistema Integrato di Risparmio Erariale

di Guido Grossi

LA RICETTA

Prendi un titolo di stato, un conto di risparmio, una piattaforma per i pagamenti e un credito fiscale.

Mescola con amore e sapienza per creare un amalgama armonioso, dove gli ingredienti si sciolgono dando vita a un piatto davvero unico e gustoso.

Lascia che il profumo si diffonda a solleticare i sensi e la curiosità.

Ecco, il SIRE è servito.

Servito a cosa?

1) potenziare la capacità dello Stato di stimolare investimenti e       consumi privati, senza alimentare il Debito Pubblico;

2) proteggere il risparmio degli italiani, oggi prestato alla speculazione internazionale, restituendolo al servizio del bene comune;

3) mettere in moto l’economia reale e ripristinare la fiducia dei cittadini.
Magia?

No, solo studio paziente, conoscenza tecnica, perseveranza e passione, sforzo di collaborazione, buon senso e, infine ma non ultima, tanta, tanta voglia di creare condizioni di vita sociale più umane e sostenibili.

Un esempio di cooperazione evolutiva che è iniziata una quindicina d’anni fa e ha trasformato nel tempo quello che inizialmente era un confronto serrato fra posizioni lontane, in una proposta che oggi si presenta collettiva e armonica.

LA STORIA

Partiamo dal Piano di Salvezza Nazionale che nel 2020 mette sul tavolo del Governo e porta più volte nelle aule del Parlamento una serie di importanti proposte di politica economica. Frutto della collaborazione fra persone che già nel decennio precedente avevano lavorato su una o l’altra delle proposte, ma separatamente. Sotto la supervisione di Giulietto Chiesa, il gruppo eterogeneo di pensatori aveva selezionato le soluzioni tecnicamente più efficaci, privilegiando sinergie e concrete possibilità di attuazione.

Gli ingredienti erano quelli di oggi ma, sebbene raggruppati in un piano, restavano ancora separati e l’amalgama risultava incompleto. Diciamo anche che il cuoco che avrebbe dovuto attuare la ricetta era un po’ distratto. Occorreva a tutti i partecipanti qualche trattamento sperimentale.

Successivamente, il gruppo di lavoro di Moneta Positiva ha continuato l’elaborazione della proposta, fino a giungere allo stato attuale.

Vediamo dunque cos’è e come funziona il SIRE, illustrato in questa scheda sintetica.

Intanto, puoi guardare un breve video che inquadra il problema e la soluzione.

In questo articolo proviamo ad analizzare pazientemente le sue caratteristiche essenziali e le sue potenzialità, provando soprattutto a rendere semplice e comprensibile anche per i non esperti una materia che è ostica e nella quale l’economia si direbbe asfissiata dalla finanza e dalla contabilità.

GLI INGREDIENTI NELLA VERSIONE ORIGINARIA

Per riuscire a comprendere meglio come tante proposte diverse (gli ingredienti) siano riuscite oggi a confluire in una posizione estremamente sintetica ed efficiente, partiamo dall’analisi dei singoli elementi che componevano il Piano del 2020.

1) Il titolo di stato lo conosciamo tutti: un Bot o un Btp. Chi compra il titolo versa soldi nelle casse dello Stato che si impegna a restituirli a scadenza, capitale più interessi. Nel frattempo, lo Stato li usa per sostenere la spesa pubblica. Il piatto è gustoso… ma indigesto: crea debito pubblico e viene spesso proposto a speculatori internazionali anziché ai cittadini risparmiatori, generando una situazione imbarazzante di impegno verso l’estero che ci espone a forti criticità.

2) Il conto di risparmio lo comprendono più probabilmente le persone cresciutelle rispetto ai giovani, perché ricordano i libretti di risparmio di una volta. Versiamo soldi in un deposito specifico presso un soggetto affidabile (una banca o le poste). I soldi possono essere prelevati a richiesta e, nel frattempo, maturano interessi. Nel nostro caso, il soggetto abilitato e affidabile può essere direttamente l’ente pubblico.

Ciliegina sulla torta: il saldo è trasferibile e tutto viene gestito da procedura informatica; quindi, tracciabile (a differenza dei libretti di risparmio al portatore di una volta). Anche questa pietanza è molto saporita. Peccato, oggi il sistema finanziario, diventato privato e anche un po’ straniero, preferisce proporre ai risparmiatori italiani ben altri piatti…

3) La piattaforma per i pagamenti. Qui stravincono i giovani, abituati a pagare digitalmente col cellulare più che con una carta elettronica, o perfino con l’orologio (e fra poco, col pensiero). In pratica, una procedura informatica più o meno tecnologicamente complicata ed evoluta che fa una cosa semplicissima: addebita il conto di chi paga, accredita il conto di chi incassa, ovunque siano questi conti.

4) Il credito fiscale è l’ingrediente in apparenza più duro da digerire, anche perché pregiudicato da una serie di applicazioni impostate male e gestite peggio, e soprattutto infangato da una certa stampa che meriterebbe il lavoro di un fact cheker imparziale, se ne esistesse alcuno.

Riduciamolo pazientemente alla sua semplice essenza: dovrai pagare delle imposte in futuro? Oggi, lo Stato ti concede il diritto a compensarle per un importo determinato, a partire da una data futura e per un periodo di tempo successivo più o meno lungo. Volendo, si può anche scegliere di non farlo scadere mai. Giuridicamente, questo diritto che è registrato anche presso l’agenzia delle entrate si compensa con il tuo debito di imposta, lo annulla o lo riduce nel momento in cui lo eserciti.

Quando come e perché lo Stato concede un credito di imposta a imprese e cittadini è tutto da vedere ma qui non rileva la casistica. Diciamo solo che il campo d’applicazione è amplissimo e limitato solo dalla fantasia o da norme specifiche. Non solo: anche un Comune o una Regione possono concederli, in quanto applicano tributi. Direi che appare decisamente allettante questa possibilità di sbizzarrirci con la ricchezza e la fantasia della cucina territoriale italiana!

Generalmente è concesso in funzione di una determinata spesa, (investimenti delle imprese o particolari consumi delle famiglie) e pertanto diventa un potente incentivo alla spesa privata.

Nutre l’economia dello scambio, oggi affamata di linfa vitale!

Tecnicamente, il titolare del diritto ha nelle mani qualcosa di simile a un vero e proprio credito nei confronti dello Stato (da qui la definizione di credito fiscale). Ma facciamo attenzione.

Lo Stato può scegliere di non assumersi l’obbligo a convertire quel diritto in euro. Se il titolare non ha imposte da pagare, e mantiene il diritto fino alla scadenza, questo semplicemente si estingue senza alcun onere per lo Stato.

In definitiva, non ci troviamo di fronte a una fattispecie di credito/debito. Tanto che, a scanso di equivoci, sarebbe meglio definirlo come il diritto a compensare l’eventuale debito di imposta.

La scelta dello Stato di non impegnarsi a pagare denaro in un momento futuro, comporta una conseguenza meravigliosa: nel momento in cui il diritto viene concesso non viene alimentato il debito pubblico.

Se ti vuoi documentare, le regole dell’Unione europea sulla contabilità degli stati in materia di deficit e debito pubblico le trovi nei manuali dell’ESA “Manual on Government Deficit and Debt – Implementation of ESA 2010 – 2022 edition”. Il caso che ci interessa è disciplinato ai punti 2.2.2.4. e in particolare 2.2.2.4.2. e seg. La lettura è abbastanza impegnativa, ma alla fine non lascia adito a grossi dubbi.

Dubbi che invece sono stati sollevati in passato soprattutto da una certa stampa evidentemente prevenuta e forse politicizzata, che sono stati però definitivamente risolti dalle dichiarazioni di Luca Ascoli, già Director of Government Finance Statistics at EUROSTAT, rese il 14 febbraio 2023 presso la commissione finanza del Senato. Ascoltale in questo breve video.

Osserviamo invece ora cosa succede quando lo Stato incentiva consumi e investimenti privati non già con crediti fiscali, ma con pagamenti diretti a carico delle casse del Tesoro, come fa normalmente.

Si ha un aumento certo e immediato della spesa pubblica, un’uscita di cassa che va coperta con altro indebitamento. Il che, si vede, genera un antipatico impatto sia sul deficit che sul debito pubblico.

Usando il credito fiscale si ottiene l’effetto incentivante di una spesa pubblica diretta, ma senza toccare la liquidità di cassa del Tesoro e senza incrementare il debito pubblico. Ottimo, direi. Un’esperienza che consiglio ai buongustai di tutte le latitudini e longitudini patrie.

C’è di più: il credito fiscale può essere ceduto ad altri soggetti in cambio di denaro. Esempio: ho un credito fiscale di 30.000 euro ma so che non riuscirò ad utilizzarlo perché non avrò poi così tante imposte da pagare. Che faccio? Lo vendo ora a Tizio, interessato, mentre io intasco euro adesso. Magari l’importo che incasso è leggermente inferiore, dovendo attualizzare al presente un beneficio futuro (ma su questo ultimo aspetto ci torneremo).

Naturalmente, può essere ceduto solo a residenti. Può circolare solo in Italia. Il che potrebbe apparire come una limitazione… ma quando avremo compreso meglio le potenzialità che esplodono dalle sinergie proposte nel SIRE, vedremo che quel limite è ben compensato da altri vantaggi.

Le norme sono libere di disciplinare come può essere fatta questa cessione del credito fiscale: a chi; con quali eventuali limitazioni. È però intuitivo che lo stimolo alla spesa privata sarà tanto più potente, quanto più semplice e libera è la sua possibilità di passare di mano in mano: di circolare. Nei momenti in cui l’economia nazionale ha bisogno di stimolo, è controproducente porre vincoli alla cessione dei crediti fiscali.

Controproducente per l’economia nazionale, oltre che dannoso per i titolari che, a causa di restrizioni eccessive alla possibilità di cedere alcune tipologie di crediti fiscali possono subire pesanti svalutazioni del valore del proprio diritto nel momento in cui volessero cederlo. La politica poco accorta produce sempre danni ai cittadini.

La libera circolazione della linfa determina sempre il benessere degli organismi, naturali come sociali.

Normalmente, è previsto che trascorrano due anni fra il momento in cui il diritto viene concesso e il momento in cui potrà essere esercitato, ma esiste la possibilità di variare la ricetta a piacimento. Idem per la scadenza: tre anni, cinque anni… e anche nessuna scadenza!

Il SIRE DI OGGI

Bene, tutti gli ingredienti sono pronti.

Ora mescoliamoli e amalgamiamoli pazientemente, fino a farli sciogliere completamente nel SIRE: un piatto da Re!

Partiamo dalla piattaforma informatica. Un sistema informatico nazionale e pubblico, che registra le concessioni dei crediti fiscali e traccia ogni successiva cessione, collegando il diritto dell’ultimo titolare al suo codice fiscale. L’agenzia delle entrate lo vede, lo Stato o l’ente locale lo vede, il titolare del diritto lo vede. Tutto trasparente e tracciabile.

Quando il soggetto effettua la compensazione, il diritto si estingue e ne rimarrà memoria solo negli archivi.

Se il soggetto effettua invece la cessione del diritto ad altro privato, tramite la piattaforma stessa, il diritto viene semplicemente collegato ad altro codice fiscale mentre dal punto di vista dell’ente emittente la sostanza dell’impegno a compensare resta immutato.

Il cedente incasserà dei soldi dal soggetto che acquista il diritto, se quello è lo scopo dell’accordo. Ma osserviamo il caso in cui il cedente ha un’obbligazione a pagare verso il soggetto privato che subentra (il cessionario): l’obbligazione si estingue ma i soldi non si sono mossi. L’unico effetto è la registrazione sulla piattaforma del trasferimento del diritto da un codice fiscale all’altro.

In pratica, così come lo Stato riesce ad evitare di spendere euro concedendo crediti fiscali per raggiungere comunque le sue finalità, allo stesso modo il privato titolare del diritto riesce a “spendere il credito fiscale” per estinguere obbligazioni in denaro, senza toccare il conto in banca.

Qui, devi affinare il palato per percepire qualcosa di unico e profondamente godibile: la linfa circola, senza ricorrere agli euro.

Repetita juvant: la cedibilità dei crediti fiscali deve essere semplice e libera. Più ci si impegna in tal senso, meno euro saranno necessari all’economia nazionale per girare, crescere, prosperare, grazie a spese e investimenti che vengono favoriti dal doppio stimolo: pubblico e privato.

Due effetti collaterali importantissimi:

1) la circolazione comporta il buon andamento dell’economia reale (quella della produzione e lo scambio di beni e servizi) con grande soddisfazione della comunità intera e con la crescita del PIL;

2) la crescita economica comporta matematicamente un aumento delle entrate fiscali, sia indirette che dirette.

Capisci quanta sinergia nel circolo virtuoso che si innesca?

Sale il PIL senza che cresca il debito pubblico: ed ecco il miracolo di rientrare finalmente nei fatidici parametri europei debito/PIL facendo però felice la popolazione, laddove invece decenni di sacrifici lagrime e sangue imposti da riforme strutturali incomprensibili non solo hanno fallito: hanno oggettivamente peggiorato la situazione.

Mescolare, amalgamare dunque, pazientemente, insistentemente, e lasciar circolare con grande fiducia!

Il pubblico incentiva l’economia senza sborsare un euro e senza toccare il debito pubblico. I privati spendono e spandono senza toccare il conto in banca.

Già, il conto in banca.

O, piuttosto, il conto di risparmio presso l’ente pubblico?

Immaginiamo di mettere il conto di risparmio sulla stessa piattaforma nata per i crediti fiscali ed ecco un’altra magia. I saldi dell’uno o dell’altro sono egualmente utilizzabili per effettuare pagamenti. Cosa potrebbe distinguere ancora il conto di risparmio da un credito fiscale? Beh… il conto di risparmio mi dà il diritto a percepire interessi. Sì, giusto. Ora ricordiamo che tecnicamente nel caso del credito fiscale stiamo parlando del diritto alla compensazione con imposte future. Nulla ci impedisce di aggiungere alla concessione di quel diritto un ulteriore incentivo: più a lungo aspetti a portarlo in compensazione, più ti incentivo, magari con un addizionale due-tre per cento all’anno sull’importo originario, magari indicizzato.

Cos’è quel tre per cento? Uno sconto sulle tasse future. Lo sconto è un istituto che si usa infatti per portare al presente un flusso futuro (pensa allo sconto delle fatture in banca). In fondo, l’intero diritto alla compensazione fiscale diviene in tal modo uno sconto attualizzato sulle imposte future.

Tutti vincono: più a lungo mantengo il credito fiscale (entro la sua scadenza) è più aumenta lo sconto futuro. Ma anche lo Stato è felice, perché applicherà quello sconto il più tardi possibile, mentre nel frattempo riesce a gestire e stimolare la politica economica del Paese.

Tempo in cui lo sconto rappresentato dal credito fiscale circola, e circola. Linfa profumata per l’economia affamata.

Osserviamo: è spendibile, matura interessi… ma allora è come un conto di risparmio!

Inutile usare nomi e concetti diversi per strumenti che hanno caratteristiche coincidenti. Nella piattaforma SIRE il conto di risparmio non ha bisogno di vita propria perché diventa una cosa sola con il credito fiscale cedibile, che matura interessi e non ha scadenza.

Per comprendere meglio come sia possibile, visualizziamo l’uso dello strumento credito fiscale in una prospettiva inversa a quella che abbiamo illustrato.

Non è il cuoco che propone la pietanza, ma il buongustaio a fare la sua richiesta. Il cittadino chiede allo Stato: “concedimi uno sconto sulle tasse future e io i miei soldini te li do subito”. “Ma certo”, risponde lo Stato. “Eccoti un credito fiscale cedibile che cresce in funzione del tempo in cui lo avrai mantenuto con te”.

Lentamente, a mano a mano che la Coscienza si sveglia, una piccola percentuale di risparmi privati si sposta da una banca privata e straniera alla piattaforma pubblica, mentre le casse dello Stato tirano corrispondenti respiri di sollievo.

Si riduce progressivamente il ricorso alla speculazione internazionale per finanziare il debito pubblico.

La stessa natura del debito si modifica strutturalmente.

Un giorno, il debito pubblico tornerà ad essere nella consapevolezza collettiva quello che era al tempo in cui Bot e CCT riposavano nei portafogli delle famiglie e delle imprese italiane: la misura del risparmio dei cittadini impiegato in maniera naturalmente utile e totalmente garantita.

Ricchezza, altro che angoscia!

A proposito, e i titoli di Stato? Come si collocano nel SIRE?

Intanto, volendo, quelli che sono attualmente in circolazione si potrebbero registrare sulla piattaforma, visto che, in fondo, hanno stesse caratteristiche tecniche e svolgono le stesse funzioni. Nel farlo, se ne agevola potentemente la trasferibilità, con i benefici che abbiamo imparato ad apprezzare.

Mescolare, amalgamare, circolare, godere.

Poi, col tempo… quando l’amalgama avrà beneficiato anche dell’esperienza, inizieremo a domandarci a cosa serve emettere un nuovo titolo di Stato, quando posso usare per lo stesso scopo e con maggiori vantaggi un credito fiscale cedibile che matura interessi e non scade e che quindi si comporta come un conto di risparmio o, appunto, un titolo di Stato… irredimibile!

Il SIRE non è un sogno, neppure una soluzione miracolosa. Stimola potentemente appetito e curiosità, invita al coraggio e, soprattutto, all’esperienza.

Il risveglio della Coscienza, individuale e collettiva, quello sì che produce miracoli.

Sta già avvenendo. Gli angeli lo sentono e lo vedono.

Crediti fiscali cedibili si riparte

OPPORTUNITA’ POLITICA

I rapporti internazionali di natura politica e commerciale stanno subendo un vero e proprio tsunami. Cadono barriere, materiali e psicologiche; si aprono opportunità prima impensabili. L’America ci sta dicendo, con tutta la chiarezza e durezza possibile: voi europei dovete badare a voi stessi. Fate quello che volete, ma comprate americano. E per comprare americano, a quei prezzi, se non si vogliono affossare definitivamente l’economia e la pace sociale, l’unica possibilità concreta è quella di rilanciare allo stesso tempo, e alla grande, la produzione e la ricchezza nazionale, superando i vincoli assurdi e inutili che l’hanno impedito in questi anni.

La stessa cultura economico finanziaria che ha caratterizzato l’Unione europea oggi traballa, scossa nelle radici. L’austerity, l’uso di parametri contabili che imbrigliano la realtà, la competizione eccessiva, l’orientamento esasperato all’export che sacrifica il mercato interno, sono gli aspetti che hanno oggettivamente devastato l’economia del vecchio continente. Oggi siamo chiamati ad un’analisi spietata di questa impostazione del passato.

Se vogliamo sopravvivere alla tempesta, e inserirci nell’ottica di relazioni internazionali ispirate all’equilibrio e alla pacifica collaborazione, dobbiamo assolutamente rilanciare l’economia nazionale con un piano di investimenti che ha bisogno di linfa vitale.

Siamo un paese ricco, ma l’abbiamo scordato.

Occorre coraggio, fantasia, determinazione, competenza, e occorre ricordare gli insegnamenti della storia. Viviamo un tempo critico, nel quale è stato compresso troppo a lungo il bisogno insopprimibile di libertà, di Sovranità, di autodeterminazione dei popoli. Se non trova sbocco, degenera facilmente nei nazionalismi e nei fanatismi.

E allora, proprio se vogliamo evitarlo, scegliamo con decisione di recuperare il senso dimenticato e vilipeso di una Sovranità sacra, fatta di Consapevolezza, di piena Responsabilità, di Solidarietà costruttiva, di Cooperazione evolutiva.

Il SIRE, è un ottimo viatico.

Articoli dell’Autore

 

Abbonati alla rivista

Sovranità Popolare è un mensile, 32 pagine di articoli, foto, ricerche, analisi e idee. Puoi riceverlo comodamente a casa o dove preferisci. E' semplice, iscriviti qui.

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*