
La risoluzione 0146/2025
Le conseguenze economiche del ReArm Europe
Blackrock ci salverà
Smantellamento del welfare a vantaggio del warfare
La riconversione bellica
Una pericolosissima operazione tutta finanziaria
L’Unione europea, che ha già subito la rottura dei rapporti con la Russia imposta dagli USA (si pensi al sabotaggio USA del North Stream) causa prima della incipiente recessione economica, sotto l’ipnosi indotta dalla volontà inglese – che intervengono per sabotare ogni trattativa di pace – e del sistema delle lobby da cui sono governati, piuttosto che riattivare la diplomazia con la Russia, negoziando con essa il ripristino dell’architettura di sicurezza europea, ha varato la risoluzione 0146/2025 che pretende di portare l’Europa in guerra con la Federazione Russa schierandosi incondizionatamente con Kiev, impegnandosi a fornire più armamenti e a revocare i precedenti limiti sull’uso delle armi fornite autorizzando a usarle per colpire in profondità la Russia, rimuovendo le gravi conseguenze inscritte nella nuova dottrina nucleare russa.
Il punto 32 della risoluzione invita esplicitamente gli Stati membri a prepararsi per “le evenienze militari più estreme” e sottolinea la necessità di ridurre gli ostacoli presenti nelle legislazioni nazionali e dell’UE che potrebbero compromettere le esigenze di difesa e sicurezza europee. Come è noto sono già state proposte modifiche alla legge 185/1990 sul commercio di armi in Italia che mirano a ridurre la trasparenza e i controlli sull’export di armamenti [1].
L’art. 11 dalla Costituzione che ripudia la guerra in generale ed in particolare come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, è, per fortuna, intangibile perché parte dei primi dodici articoli che non possono essere né rimossi né riformabili. Questi articoli sono considerati il cuore della Costituzione e non possono essere modificati nemmeno attraverso il procedimento di revisione costituzionale previsto dall’articolo 138.
Le conseguenze economiche del ReArm Europe
Nel 2025, il debito pubblico italiano in scadenza che dovrà essere rinnovato, ammonta a circa 350 miliardi di euro. Si tratta di titoli di Stato che necessitano di essere rifinanziati per mantenere la stabilità economica del paese.
ReArm Europe è un piano di 800 miliardi per la difesa comune europea [*], già passato a larga maggioranza nel Parlamento italiano, di cui 150 in forma di debito comune europeo e i restanti 650 che dovranno essere raccolti dai singoli stati grazie all’emissione di titoli che avverrà al di fuori delle restrizioni al debito pubblico normalmente imposti dal Patto di Stabilità e dal Fiscal Compact [1]. Per le spese militari si toglieranno quindi i freni al debito e si elimineranno i vincoli di bilancio. Si farà anche ricorso alla riallocazione di altri fondi come quelli dedicati alla Coesione Sociale originariamente destinati a ridurre le disugualianze territoriali così come a fondi non utilizzati o avanzati del PNRR. Infine la Banca Europea per gli Investimenti favorirà investimenti privati per la difesa a tassi agevolati.
Questa massiccia emissione di debito rischia però di innescare una competizione tra Stati, che costringerà l’Italia a offrire rendimenti più alti rispetto a paesi come Germania o Francia, dotati di rating creditizi più alti. I prestiti agli stati membri consistenti nell’emissione di 150 miliardi di euro di debito comune europeo, del programma SAFE (Security Action for Europe)[2], rappresenterà un’ulteriore fonte di diretta concorrenza al debito italiano che per poter continuare ad essere piazzato dovrà essere reso più appetibile agli investitori alzando i rendimenti promessi, portando così ad un’ulteriore incremento della spesa per interessi (servizio al debito) che potrà facilmente passare dai circa 85 miliardi di euro del 2024 ad una cifra sicuramente prossima ai 100 miliardi o più nel 2025. Il risultato sarà un ulteriore aumento degli oneri finanziari per le già fragili casse pubbliche italiane che legittimeranno tagli ai servizi pubblici (stato sociale), privatizzazioni e liberalizzazioni.
Se ci mettiamo nei panni di un investitore, sarà più facile che la sua scelta cadrà sull’acquisto di quote di debito comune europeo che gli dà più garanzie di solvibilità rispetto ai titoli di stato nostrani. L’unico modo di indurlo a comprare quello italiano sarà la promessa di ricevere rendimenti più alti.
Come se non bastasse ci sarà un altro elemento di concorrenza per il debito italiano derivante dal fatto che anche la Banca Europea degli Investimenti (BEI) emetterà obbligazioni per finanziare le spese militari, offrendo rendimenti competitivi con quelli delle obbligazioni statali. La BCE ha, infatti, promesso alle banche dell’Unione un tasso del 2,5% per quelle risorse finanziarie che vorranno tenere presso la BEI, la quale li presterà a tassi agevolati alle imprese di armamenti. Si noti che la BEI secondo il suo statuto non potrebbe investire nel settore militare. L’emergenza però tramite l’invocazione dell’art.122 del Trattato Ue spiana la strada eliminando qualsiasi ostacolo; si procederà quindi alle necessarie modifiche perché l’istituto di credito possa operare come banca pubblica armata, per finanziare la guerra.
Inoltre, il fatto di avere indirizzato il sistema bancario all’acquisto delle azioni nel settore della difesa non può che distogliere quei pochi finanziamenti che sarebbero potuti arrivare al resto delle imprese quotate in borsa, così come all’importante settore del Private Equity (imprese non quotate). Soprattutto le banche preferiranno finanziare le aziende belliche concedendo ancor meno investimenti all’economia reale che subiranno un ulteriore restrizione dei prestiti.
Il clima di euforia finanziaria bellica ha già fatto lievitare le quotazioni azionarie delle imprese militari gonfiando una vera e propria bolla finanziaria (vedi il mio L’Armata Brancaleone europea dopo la mascherina indossa l’elmetto per salvare la finanza con i nostri risparmi) cosa che contribuirà anch’essa a rendere più difficile piazzare le obbligazioni di Stato italiane essendo assai più allettanti gli aumenti delle quotazioni azionarie delle singole aziende o anche degli ETF.

Come si fa a investire democraticamente sulla guerra? Si puntano i propri soldi su un ETF dedicato alla guerra [3]. Uno strumento definito di “finanza democratica” alla portata di tutti.

Nella tabella la situazione attuale. Sono in tanti a puntare sulla guerra dopo aver ritirato i propri investimenti dalle tecnologie green nella speranza di massimizzare i propri profitti. Un momento prima sei un ambientalista green convinto, un momento dopo investi sulla guerra che notoriamente salvaguardia ambiente e persone e rende più abitabili le città.
Blackrock ci salverà


Poiché in tali condizioni sarà più difficile collocare quote di debito aggiuntive (come già ricordato, le partite di debito che dobbiamo collocare quest’anno ammontano a 350 miliardi), se non si trovassero a sufficienza compratori del debito italiano possiamo immaginare che Giorgetti si rivolgerà nuovamente a Blackrock con la richiesta di assorbirle promettendo alti rendimenti. In pratica, si continua a offrire il paese ai grandi fondi di investimento.
In questa logica abbiamo bisogno di affidarci ai fondi che gestiscono le agenzie di rating perché mettano una buona parola… che siano disposte ad aiutarci a piazzare i nostri titoli di debito. La situazione che si sta creando potrebbe portare ad una crisi come nel 2011 quando intervennero in tandem Draghi con la lettera “fate presto!” che ci condusse nelle mani (di forbice) di Monti, il governo tecnico che introdusse in costituzione il pareggio di bilancio… e alle sue misure lacrime e sangue. Draghi dovette poi ricorrere al quantitative easing per salvare l’euro (il What Ever it Takes).
La contingenza dei dazi, per il nostro paese che dipende molto dalle esportazioni, può fare il resto portando ad ulteriore peggioramento del rapporto debito/Pil.
Questo debito non potrà che peggiorare ulteriormente l’economia reale, la finanza pubblica portando a tagli dello stato stato sociale, privatizzazioni, fallimenti (siamo gia a due anni di calo della produzione industriale), aumento della cassa integrazione e licenziamenti.
20 miliardi di interessi in più come conto interessi sul debito pubblico in spesa corrente dovranno, infatti, convivere con le altre spese correnti che sono notoriamente quelle che finanziano lo stato sociale. In pratica è stato trovato un modo per togliere soldi alla sanità, istruzione, ricerca, pensioni e darle al mondo degli investitori che puntano sulla guerra. Ci guadagnerà la bolla finanziaria in un assist lanciato dall’Europa all’economia finanziaria.
Per essere solvibili dovremo incrementare ulteriormente il nostro avanzo primario e l’unico modo che abbiamo per farlo poichè l’economia non cresce (secondo gli ultimi dati Ocse l’Italia crescerà meno dello 0’7%) sarà quello di tagliare la spesa pubblica per sanità, pensioni, previdenza sociale ecc. Il degrado di tali servizi convincerà i cittadini che potranno permetterselo di acquistare polizze sanitarie e pensionistiche private sulle quali faranno profitto i grandi fondi di investimento tra cui Blackrock, che ha peraltro ottenuto l’autorizzazione del governo italiano per detenere una partecipazione superiore al 3% in Leonardo, il gruppo industriale del settore difesa e aerospazio.
Smantellamento del welfare a vantaggio del warfare
Non a caso per il Financial Times “l’unico modo per l’Unione di finanziare una difesa comune è il taglio dello stato sociale” che oltretutto afferma che se sinora ci siamo potuti permettere, in Europa, il welfare universale è perché abbiamo potuto godere della protezione militare statunitense. Ora che ne siamo orfani ci dovremmo rassegnare a rinunciarvi somigliando così proprio agli USA che ne sono privi. Insomma, dovremo rinunciare al welfare per il warfare.
Le priorità dell’Unione, con i fondi sottratti ad altri settori come il welfare, la scuola, gli ospedali, le aree marginali, la transizione verde e l’adattamento ai cambiamenti climatici in una Unione Europea che secondo la retorica corrente delle origini era nata per tutelare la pace e il disarmo stanno cambiando con la diffusione propagandistica della psicosi del pericolo russo e del tradimento di Trump.
Il piano di riarmo proposto incentiva i singoli stati membri a riarmarsi individualmente, sebbene in teoria in maniera coordinata. Questa impostazione è diversa dall’idea di un esercito comune europeo che era stata avanzata in precedenza, la quale prevedeva una progressiva riduzione degli investimenti negli eserciti nazionali a favore di un’unica forza difensiva europea con l’obiettivo di ottimizzare le risorse e garantire una difesa comune senza aumentare la spesa militare. L’idea di costituire un esercito europeo senza una vera funzione politica e una struttura di comando chiara a livello europeo, paragonandolo all’introduzione dell’euro senza un Ministero delle Finanze europeo. Non è chiaro chi comanderebbe questo esercito e come si prenderebbero le decisioni strategiche in caso di conflitto con la Russia.
Come abbiamo già argomentato i compratori del debito vorranno rendimenti più alti e quindi un costo per interessi più alto per l’Italia rispetto alla Germania che ha più spazio di manovra fiscale. Facile prevedere la riedizione della dinamica degli spread europei.Il nuovo approccio è destinato ad aumentare le disparità e persino incentivare logiche conflittuali e competitive all’interno dell’Unione.
Paesi con maggiore spazio fiscale, come la Germania, sono in grado di indebitarsi per alimentare la produzione di armi e persino mantenere una certa spesa pubblica, mentre paesi come l’Italia, con minori margini di manovra, è assai facile che subiscano un processo di impoverimento.
La riconversione bellica
In un’Europa senza energia e senza materie prime si tenta di affrontare il fallimento del settore automobilistico con i dazi e con la riconversione bellica. In Germania, il colosso della difesa Rheinmetall, specializzato nella produzione di carri armati e armi, è pronto ad acquistare lo stabilimento Volkswagen di Osnabrück, destinato alla chiusura, per convertirlo alla produzione di armi nel caso in cui gli ordini di carri armati dovessero aumentare. Rheinmetall prevede anche di riconvertire altri suoi impianti, attualmente dedicati alla componentistica auto, per rispondere alla crescente domanda militare. Il CEO di Rheinmetall, Armin Papperger, mira a espandere la produzione e ad acquistare altri stabilimenti da case automobilistiche alle giuste condizioni. Anche in Italia, si sta discutendo di un possibile utilizzo bellico degli impianti auto. C’era già stata una collaborazione tra la Fiat e il gruppo Iveco per la difesa, mentre si incrementa il peso specifico della nuova alleanza tra Leonardo e Rheinmetall nel settore della difesa. In ogni caso il riarmo europeo, data la limitata capacità produttiva europea non potrà evitare di avvantaggiare l’industria militare americana.
Una pericolosissima operazione tutta finanziaria
Scriveva A. Spinelli: «Per quanto non si possa dire pubblicamente, il fatto è che l’Europa per nascere ha bisogno di una forte tensione russo-americana, e non della distensione, così come per consolidarsi essa avrà bisogno di una guerra contro l’Unione Sovietica, da saper fare al momento buono».
Già Spinelli rimuoveva il fatto che i russi dopo il secondo conflitto mondiale non hanno potuto non diventare una super potenza nucleare e che sconfiggerla è perciò praticamente impossibile. Sin dall’inizio l’attuale Federazione Russa ha avvertito che se fosse la Nato a muoverle guerra in modo esplicito quel conflitto rischierebbe di tramutarsi in una guerra nucleare così come previsto dalla recente revisione della sua dottrina nucleare. Bisogna ancora ricordare che i russi hanno 6000 testate nucleari più vettori missilistici nucleari ipersonici non intercettabili.
L’ombrello nucleare francese con 290 ordigni senza vettori ipersonici potrebbe essere anche ampliato da Rearm Europe, nell’ipotesi che i russi lo permettessero, ma per far cosa? Una guerra atomica contro la Russia nella speranza di vincerla? La realizzabilità e l’efficacia della proposta di estendere la deterrenza nucleare francese all’Europa, ignora peraltro l’esistenza della NATO con la sua già consolidata struttura di comando e controllo.come garante della sicurezza atlantica. Le forze armate europee, inclusa quella francese, sono sottodimensionate. Questa debolezza convenzionale rende la forza nucleare francese, basata sul principio di “stretta sufficienza”, inadeguata per proteggere l’intero continente e richiederebbe dimensioni ben maggiori per essere credibile. L’implementazione di un deterrente nucleare robusto richiederebbe decenni.
Gli europei non si sono resi ancora conto che gli USA di Trump stanno cambiando radicalmente la loro relazione con la Federazione Russa, che hanno capito come l’espansione della NATO sino ai confini della Russia e la rottura dell’architettura di sicurezza fossero errori enormi. Gli USA di Trump hanno acquisito coscienza del fatto che non è possibile sconfiggere la Federazione Russa in primo luogo perché si tratta di una super potenza atomica ma anche perché gli USA al cospetto del rafforzamento del binomio russo cinese appare come un paese ormai fragile sia dal punto di vista economico che militare. Trump sa che in questa fase è assai più consigliabile per gli Stati Uniti dismettere la vecchia aggressiva politica e cominciare a cercare un rapporto di collaborazione sia con la Russia che con la Cina che hanno peraltro intensificato la loro collaborazione militare con l’Iran nello spazio mediorientale. L’ultima esercitazione militare congiunta tra Russia, Cina e Iran, denominata “Security Belt 2025”, si è svolta nel marzo 2025 nel Golfo dell’Oman, vicino al porto iraniano di Chabahar.
Ci si chiede inoltre se i russi aspetterebbero passivamente il riarmo europeo o potrebbero agire preventivamente se si considera che il riarmo europeo secondo gli esperti militari richiederebbe almeno 20-25 anni.
Prima che sia troppo tardi dobbiamo liberarci, con tutti i mezzi costituzionalmente garantiti, di queste classi dirigenti guerrafondaie.
SEGUICI su www.pangeanotizie.it
[*] Nel rapporto sulla competitività che draghi presentò a Bruxells egli stimò che fosse necessaria una cifra di 800 miliardi annui per recuperare competitività. Draghi mira passando per i bond europei alla costruzione del superstato europeo e all’Unione dei sistemi fiscali dei paesi membri.
[1] ll Patto di Stabilità e Crescita, introdotto nel 1997, è un accordo che mira a garantire la disciplina fiscale degli Stati membri dell’Eurozona anche dopo l’adozione dell’euro. Le sue regole principali sono relative al deficit pubblico che deve rimanere al di sotto del 3% del PIL, il debito pubblico che deve essere inferiore al 60% del PIL o mostrare una riduzione costante ( e le relative procedure di infrazione, in forma di sanzioni, a carico degli Stati che non rispettano tali parametri.
[2] Il programma SAFE (Security Action for Europe) fa parte del piano ReArm Europe e riguarda l’emissione di 150 miliardi di euro di debito comune. Questo debito sarà utilizzato per finanziare prestiti a lungo termine agli Stati membri, con l’obiettivo di aumentare gli investimenti nel settore della difesa attraverso l’emissione di bond europei. La Commissione Europea emetterà titoli di debito comune per raccogliere i fondi necessari. I progetti finanziati dovranno essere condivisi da almeno due governi per evitare duplicazioni e garantire una difesa comune più efficace. Il programma ambisce a rafforzare l’industria della difesa europea, riducendo la dipendenza da fornitori esterni.
[2] Ecco le principali modifiche proposte alla legge 185/1990 sul commercio di armi in Italia mirano a ridurre la trasparenza e i controlli sull’export di armamenti: Viene eliminato l’obbligo per il governo di fornire dettagli analitici sulle transazioni relative all’export di armi nella relazione annuale al Parlamento. Non sarà più necessario includere nella relazione i dati sulle operazioni finanziarie svolte dagli istituti di credito per l’import/export di armi. Si prevede, inoltre, una semplificazione per i trasferimenti di materiali militari all’interno dell’Unione Europea, eliminando l’obbligo di autorizzazione per l’avvio di trattative contrattuali. https://www.ilsole24ore.com/art/export-armi-cosa-cambiera-la-nuova-legge-governo-AGooCfoC – https://www.semprenews.it/news/Legge-185/90-Export-di-Armi-modifiche-zanotelli.html
[3] “Gli ETF sulla difesa sono fondi che investono in aziende del settore della difesa e della sicurezza. ETF sta per “Exchange-Traded Fund”, ovvero un fondo negoziato in borsa. Questi ETF permettono agli investitori di acquistare quote di un fondo che include diverse aziende legate alla difesa, come produttori di armi, attrezzature militari e tecnologie di sicurezza.”
Commenta per primo