
La guerra ha elevato una barriera tra Ue, Russia e Cina superabile solo da un cambio completo dei quadri dirigenti europei. Ora che gli obiettivi statunitensi di debilitazione dell’economia europea e di arresto del rapporto virtuoso tra Europa e Federazione Russa, così come quello tra Europa e Cina, sono stati pienamente raggiunti, gli Stati Uniti hanno bisogno di recuperare il tempo perduto rispetto a Cina e Russia. L’errore più grande degli Stati Uniti è stato di spingere la Russia tra le braccia della Cina. Gli USA di Trump stanno ora provando ad insinuarsi tra le due colonne portanti dei paesi BRICS
Gli Stati Uniti hanno bisogno di recuperare il tempo perduto rispetto a Cina e Russia. Hanno enormi problemi economici e hanno perso il primato economico, scientifico, tecnologico e militare che vantavano rispetto a Russia e Cina che insieme corrispondono alla vera superpotenza dei nostri tempi. Hanno perciò bisogno di spostare in avanti nel tempo i loro programmi di ripristino dell’egemonia perduta. La loro economia si è quasi del tutto finanziarizzata. Hanno perciò bisogno di tempo per reindustrializzarsi mentre stanno cercando di ingraziarsi la Federazione Russia in funzione anti cinese. Stanno perciò incuneandosi, a partire dalla fase aperta dalla trattativa di pace in corso con la Federazione Russa, tra Russia e Cina, cercando nel contempo di smontare il ben fatto in ambito BRICS. Si ricordi la minaccia di dazi ai paesi BRICS qualora volessero insistere nell’attuazione del proposito di fare a meno del dollaro e sull’altro versante l’invito a Putin di ritornare nel G7 (Il G8 divenne G7 nel 2014, quando la Russia fu sospesa dal gruppo a seguito dalla legittima annessione della Crimea, tramite referendum) per attirarlo nuovamente nell’orbita occidentale. Un Occidente collettivo che però non esiste più. Nell’ultimo G7 abbiamo visto l’opposizione statunitense a una bozza di dichiarazione del Gruppo dei sette che al terzo anniversario parla ancora di aggressione della Russia all’Ucraina, un’opposizione che arriva dopo che il presidente Trump ha accusato l’Ucraina di aver iniziato la guerra sollevando al contempo gli USA da ogni responsabilità.
L’Unione Europea, d’altronde, non ha puntato a sviluppare una politica di sicurezza autonoma, lasciando che l’espansione della NATO ad EST violasse il pricipio di indivisibilità della sicurezza prima vigente. L’UE piuttosto che lavorare al ripristino di una architettura di sicurezza europea intende concentrarsi sull’aumento delle spese militari e sulla creazione di un esercito europeo che sarebbe giustificato dalle presunte e millantate mire espansionistiche russe. La NATO ha, infatti, definito la Russia come un “nemico esistenziale”, ostacolando definitivamente la fiducia necessaria per la ricostruzione della sicurezza nello spazio europeo senza una vera visione strategica a lungo termine finalizzata alla sicurezza del continente.
Gli USA non fanno mistero del fatto che i loro attuali nemici siano la Cina e l’Iran su cui potranno ora concentrarsi dopo essersi disimpegnati dallo spazio europeo. In questo stato di cose, che l’Europa, con la sua follia anti russa, possa tenere aperto il fronte ucraino continuando ad impegnare la Russia, all’America di Trump farebbe solo piacere.
L’avvicinamento a cui hanno costretto Russia e Cina è stato il grande errore degli Stati Uniti. Russia e Cina insieme si complementano in una superpotenza economica e militare insuperabile. Trump farà di tutto per allontanarli, incuneandosi tra i due ma non sarà facile. È ormai fuori tempo massimo. La costruzione di tutte quelle istituzioni del nuovo ordine multipolare e pluricentrico è avanzato ormai irreversibilmente. Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha lanciato un allarme in un rapporto sulla crescente minaccia proveniente dalla Cina già leader in 37 delle 44 tecnologie critiche. Rubio chiede che si agisca urgentemente per arginare il dominio economico cinese su scala globale e fermare la “sinicizzazione” dell’economia globale.
La Cina, dal canto suo, è il più grande paese manifatturiero al mondo e sapendo di essere nel mirino statunitense si sta armando efficacemente e a velocità crescente anche nel settore nucleare.
I preparativi nell’ “Indopacifico” in funzione anticinese
Gli Stati Uniti stanno costruendo diverse alleanze militari e politiche nell’Indo-Pacifico. Il QUAD o Dialogo di Sicurezza Quadrilaterale, è un’alleanza strategica che coinvolge Stati Uniti, Giappone, India e Australia. Questo gruppo si concentra sulla cooperazione in materia di sicurezza, conducendo esercitazioni militari congiunte. Anche l’AUKUS è un patto di sicurezza tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia che prevede la condivisione di tecnologie avanzate, come i sottomarini a propulsione nucleare, e una stretta cooperazione in materia di difesa. Oltre a queste alleanze sono stati raggiunti degli Accordi Bilaterali di difesa, cooperazione militare e presenza di truppe statunitensi con Giappone, Corea del Sud, Filippine e Vietnam. Tra le iniziative commerciali in funzione anticinese. In particolare gli USA stanno ricostruendo la più grande base aerea dell’Oceano Pacifico, la Base Aerea di Tinian. Fu da qui che decollarono gli aerei per sferrare attacchi nucleari su Hiroshima e Nagasaki, i bombardieri B-29 Superfortress. L’attuale scopo della base aerea di Tinian fa parte di quel complesso di risorse che il Pentagono sta allestendo nella regione Asia-Pacifico in vista di un eventuale scontro, anche sul piano militare, con la Cina.
The National Interest della Rice sposato da Trump
Era stato Henry Kissinger negli anni 70 a volere la transizione da una gestione, economica e militare, tutta statunitense del pianeta, ad una collaborazione assai articolata con gli alleati. Trent’anni dopo Condolezza Rice su Foreign Affairs nell’articolo The National Interest proponeva che gli Stati Uniti smettessero di usare le proprie forze armate come una sorta di servizio di emergenza globale, intervenendo militarmente nei diversi conflitti in tutto il mondo (il più delle volte causati da loro stessi) secondo una definizione troppo ampia e alla lunga insostenibile dell’interesse nazionale. Gli Stati Uniti, affermava la Rice, si sarebbero dovuti concentrare sulla deterrenza di minacce significative e sul mantenimento della stabilità globale, mentre agli attori regionali sarebbe stato riservato il compito di farsi carico della gestione dei conflitti locali. In questo modo si sarebbe potuto bilanciare il rapporto con potenze come Russia e Cina.
La seconda amministrazione Trump, così come lo fu la prima, è in piena continuità con questi propositi della politica statunitense dettati primariamente dalle crescenti difficoltà economiche.
La combinazione di politiche aggressive verso l’Europa e il sostegno a nuove forme di investimento come le criptovalute connesse ad una possibile riduzione dei tassi di interesse potrebbe innescare una crisi finanziaria: economia finanziarizzata e necessità di reindustrializzare mentre incombe una posizione finanziaria netta negativa per più di venti trilioni di dollari insieme a debito pubblico fuori controllo sopra i 36 trilioni di dollari che matura interessi dell’ordine del trilione di dollari e con processi inflattivi in corso incompatibili con un’aggressiva politica di dazi, il tutto sotto la minaccia crescente di dedollarizzazione. Oltretutto l’attuale valore di mercato di molte società americane, in particolare nel settore tecnologico, è eccessivamente gonfiato. La loro capitalizzazione, rispetto al valore reale delle aziende, è tenuta artificiosamente alta dai grandi fondi di investimento. Si tratta di una vera e propria bolla finanziaria. Trump sembra intenzionato a smantellare il monopolio di grandi fondi come Black Rock, favorendo invece gruppi finanziari più piccoli e legati a settori emergenti come le criptovalute e gli Hedge fund, fondi comuni di investimento speculativi privati, col rischio di innesco di una grande crisi finanziaria che a causa della fragilità della bolla potrebbe rapidamente portare ad un crollo delle valutazioni azionarie destabilizzando l’intero sistema finanziario occidentale. Ultimamente abbiamo avuto un saggio di tale instabilità quando è arrivata l’IA cinese con deepseek e Qwent che hanno provocato un crollo nel settore dell’High Tech occidentale ed un riorientamento verso le borse orientali. In particolare si è assistito ad una perdita per quasi 500 miliardi di dollari a carico della società Nvidia (vedi il mio Ricerca Profonda. La rivincita dell’Open Source). L’inversione di tendenza che oggi vediamo nelle relazioni internazionali, con gli Stati Uniti e la Russia, orientati verso una normalizzazione dei rapporti, a scapito dell’Ucraina e dell’Europa è dunque ben radicata nelle scelte statunitensi.
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La difesa comune europea fa da collante ad un’Unione Europea in via di rapido sgretolamento
Draghi ha promesso agli Stati Uniti il contributo europeo al rieqilibrio della bilancia commerciale tra Ue e USA disponendo il continente europeo alla sostituzione del gas da tubo russo con il gas liquefatto statunitense insieme ad un aumento di spesa europea verso gli USA per la difesa comune sino al 5% del PIL (a discapito ovviamente degli investimenti in sanità, istruzione, welfare e in generale dello stato sociale); acquisti che vengono effettuati presso aziende americane come Raytheon, Boeing, Lookheed Martin e altre in modo tale che i finanziamenti europei finiscano per sostenere l’industria militare statunitense anziché essere reinvestiti nell’economia europea o nel miglioramento dei servizi pubblici. Allo scopo Draghi punta sul debito comune europeo per finanziare gli investimenti necessari. Altri, come il ministro spagnolo Carlos Cuerpo pensano al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) per finanziare le spese militari mentre la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha spiegato che sarà possibile uscire dai rigidi controlli del Patto di Stabilità che mentre continuerà ad essere valido per tutti gli investimenti in campo economico e sociale permetterà ai paesi dell’Unione di indebitarsi senza freni per quanto riguarda le spese militari finalizzate alla guerra alla Russia.
Oltretututto la Ue non contrasta tutte quelle condizioni che stanno favorendo la migrazione delle industrie europee verso gli Stati Uniti. Il tutto ovviamente sotto minaccia di dazi ostacolati l’ingresso nel mercato americano dei prodotti europei da parte degli Stati Uniti qualora l’Europa non accettasse i diktat americani che ricordano per molti versi le riparazioni di guerra che si infliggono ai paesi sconfitti.
L’offensiva della nuova amministrazione statunitense comprende anche l’attuazione di un sistema di defiscalizzazione atto ad attrarre il risparmio degli europei offrendo incentivi fiscali che rendono più conveniente per gli investitori europei spostare i propri capitali negli Stati Uniti. Al contempo nonostante possibili riduzioni dei tassi di interesse, i rendimenti dei titoli USA rimangono alti rendendo l’investimento in titoli americani, mediato dai grandi fondi di investimento USA, attraente per gli investitori europei. Un altro aspetto è legato al fatto che il capitale americano tende ad acquisire partecipazioni crescenti nel sistema bancario e in altri settori significativi europei, sfruttando i prezzi favorevoli delle banche europee. Questo processo di acquisizione attrae capitali europei verso gli Stati Uniti deprivando l’Europa di importanti risorse finanziarie che sarebbero state utili al suo sviluppo interno.
Tutto ciò consentirà agli USA di riposizionarsi sullo scacchiere globale delegando agli europei il fronte ucraino con la Russia riducendo così un eccesso di fronti aperti per gli USA.
Gli Usa di Trump hanno smesso di armare l’Ucraina ripristinando il ruolo della diplomazia. La scelta di Riyadh quale sede dei negoziati è stata assai significativa per il ruolo chiave del mercato energetico. L’Arabia Saudita è, infatti, uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo e membro influente dell’OPEC+. La riduzione del prezzo dell’energia è uno degli obiettivi dichiarati dall’amministrazione Trump. Per raggiungere tale obiettivo, è necessario che gli Stati Uniti si accordino con i principali produttori di energia, tra cui Russia e Arabia Saudita. Parallelamente, gli Stati Uniti sembrerebbero interessati a una cooperazione energetica con la Russia nell’Artico, aprendo a un ripristino del personale presso le rispettive ambasciate. Il fatto che europei e ucraini siano stati esclusi dai colloqui di Riyadh sottolinea come le decisioni più importanti vengano ora prese direttamente tra Stati Uniti e Russia, senza coinvolgere altri attori che peraltro hanno manifestato apertamente la volontà di continuare ad ogni costo la guerra più che mirare ad una pace duratura. Questo implica una marginalizzazione del ruolo dell’Europa e dell’Ucraina nelle dinamiche geopolitiche in corso. Gli Stati Uniti stanno, infatti, agendo primariamente per i propri interessi, senza più considerare l’Europa e l’Ucraina come alleati imprescindibili. L’Europa, in particolare, si dovrà accollare le spese di ricostruzione e mantenimento dell’Ucraina se dovesse accoglierla nella Ue secondo le aperture in tal senso manifestate dalla Von Der Leyen.
L’Ucraina, quale nazione sconfitta, dovrà pagare riparazioni di guerra agli Stati Uniti a compenso degli aiuti ricevuti (rimuovendo il fatto che a mettere l’Ucraina in questo stato di cose siano stati gli angloamericani), cedendo risorse e territori per un valore di 500 miliardi di dollari. Allo stesso tempo, l’Europa si trova a continuare subire un danno economico enorme a causa delle sanzioni imposte alla Russia, che senza danneggiare troppo la Russia avvantaggiano invece gli Stati Uniti. Gli Stati Uniti potrebbero revocare le sanzioni alla Russia, lasciando l’Europa a continuarle. È stato recentemente varato il sedicesimo pacchetto europeo di sanzioni alla Russia. In questo contesto, con gli Stati Uniti che mettono in discussione il loro impegno per la sicurezza europea, la NATO sembra perdere di significato.
L’Europa si trova in una posizione di estrema debolezza. Ci sono oggi le condizioni per ripensare il suo ruolo nel mondo, sciogliere questa (dis)unione europea e difendere i nostri interessi nazionali, smettendo di comportarci come servi di potenze straniere. Sarebbe l’ora di chiedere lo smantellamento delle basi USA e Nato dal nostro territorio e ridurre al minimo le nostre spese militari limitandole alla difesa e non più alla partecipazione a guerre che non ci appartengono e tornare a rivolgere la nostra attenzione e cooperazione verso i paesi del mediterraneo abbattendo, con tutti i mezzi costituzionali a nostra disposizione, qualsiasi quadro dirigente guerrafondaio.
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