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di Francesco Cappello
L’Unione Europea è oggi ai ferri corti con Trump perché in surplus rispetto agli USA di più di 50 miliardi di euro, e anche nei confronti del resto del mondo, a causa delle sue politiche economiche mercantiliste ordoliberiste. Gli squilibri commerciali tra importazioni ed esportazioni esistono anche all’interno dell’eurozona.
Pur di mantenere questi surplus, i paesi dell’eurozona hanno attuato svalutazioni interne, mantenendo bassi i salari, riducendo lo stato sociale e gli investimenti pubblici anche a costo di danneggiare, come continua a succedere, la domanda interna. La deflazione salariale causata dall’euro ha, infatti, ulteriormente ridimensionato il mercato interno europeo. Questo ha generato una bilancia commerciale sbilanciata, favorendo i paesi in attivo e penalizzando quelli in difficoltà. La necessità di privilegiare le esportazioni è resa necessaria dal bisogno di valuta estera con la quale continuare a onorare il servizio al debito pubblico, obiettivo raggiunto grazie anche agli avanzi primari realizzati ormai da trent’anni a questa parte dal nostro Paese.
I surplus commerciali, in particolare quelli della Germania, hanno portato a spostamenti di capitali dai paesi in surplus a quelli in deficit, aggravando la povertà di nazioni come la Grecia, costretta a risarcire i suoi debiti svendendo i suoi asset. È necessario, finalmente, riconoscere i rischi legati a questi spostamenti di capitali e introdurre correttivi per affrontare la situazione.
L’Unione Europea dei Pagamenti. Un sistema fondato sulla compensazione
Dopo il secondo conflitto mondiale, a risollevare l’Europa Occidentale dalle macerie della guerra più che il piano Marshall fu l’Unione Europea dei Pagamenti (UEP), attiva dal 1950 al 1958, presieduta da Guido Carli. Essa fu mutuata dal sistema dei pagamenti proposto a Bretton Woods nel ’44 da J.L.M. Keynes [1]. Ci sono oggi ottime condizioni per una riforma dell’Unione Europea (UE) che si basi sul modello della UEP del dopoguerra, con l’obiettivo di affrontare le crisi attuali e prevenire quelle future. L’idea centrale è quella di istituire una stanza di compensazione europea che funzioni in modo simile alla UEP, adattandola alle circostanze odierne.
Se l’attuale classe politica, guerrafondaia e globalista, venisse messa in minoranza e sostituita, come appare possibile, nell’immediato futuro e se la nuova classe politica ripristinasse il rapporto virtuoso che aveva legato lo sviluppo dei paesi europei alla Federazione Russa attraverso, prima di tutto, la riattivazione dell’apporto energetico russo, i paesi europei potrebbero in breve tempo tirarsi fuori dalle attuali sabbie mobili che altrimenti non gli lascerebbero scampo.
Dalla liquidità alla compensazione
Tra il 1950 e il 1958 l’UEP, un meccanismo di compensazione multilaterale, consentiva ai paesi membri di regolare i conti commerciali senza l’ossessione della liquidità immediata. Ogni nazione aveva un conto presso un centro di compensazione, dove si bilanciavano i flussi tra importazioni ed esportazioni con tutti gli altri partner. Un’unità di conto comune semplificava le transazioni, mentre quote e limiti mantenevano sotto controllo squilibri eccessivi. Il sistema premiava la virtù economica, spingendo sia i debitori a risanare i conti con interessi sui saldi negativi, sia i creditori a spendere i surplus accumulati. L’UEP, promosse la crescita europea in un contesto di stabilità dei tassi di cambio. Circa la metà dei surplus e dei deficit tra i paesi UEP veniva regolata su base multilaterale, un quarto su base intertemporale e meno di un quarto in dollari o oro. Questo approccio favoriva la cooperazione e rendeva sconveniente l’accumulo indefinito di riserve. Oggi, sarebbe opportuno riattivare uno spirito simile.
Attualmente, TARGET2 finanzia gli squilibri, ma non li risolve
Il sistema TARGET2 (Trans-European Automated Real-time Gross Settlement Express Transfer System) è utilizzato dalle banche centrali e commerciali dell’area euro per effettuare pagamenti in euro in tempo reale. Ricordiamo che il sistema TARGET2 è stato integrato rispetto alla sua prima versione con il sistema di regolamento titoli (T2S), completato nel 2023, che consente il regolamento simultaneo di pagamenti e titoli.
Attualmente, ci sono significative disparità nei saldi TARGET2 tra i paesi europei. Alcuni paesi, come la Germania, oggi in grande difficoltà, che hanno esportato verso i paesi dell’eurozona molto più di quanto non abbiano importato continuano a registrare saldi TARGET2 molto positivi, mentre altri, come l’Italia e la Spagna, hanno saldi TARGET2 negativi.
Queste disparità riflettono i flussi netti di denaro tra i paesi dell’area euro. Un saldo positivo indica che un paese ha ricevuto più denaro di quanto ne abbia inviato, mentre un saldo negativo indica il contrario.
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TARGET2 è, quindi, l’attuale sistema utilizzato dalla Banca Centrale Europea (BCE) per gestire i pagamenti transfrontalieri all’interno del Sistema Europeo di Banche Centrali. Attualmente, TARGET2 funziona come una stanza di compensazione per i pagamenti tra le banche centrali nazionali dell’area euro. Quando una banca in un paese dell’eurozona effettua un pagamento a una banca in un altro paese dell’eurozona, il pagamento viene regolato attraverso TARGET2. Questo sistema registra i crediti e i debiti netti di ciascuna banca centrale nazionale limitandosi però a finanziare gli squilibri senza risolverli. Permette, infatti, ai paesi con problemi economici di continuare a spendere più di quanto guadagnino, senza però incentivare alcun cambiamento. TARGET2 agisce come un “cerotto” che copre il problema. Permette ai paesi con deficit di continuare a funzionare ingigantendo il proprio debito estero [2], ma non affronta le cause profonde degli squilibri economici. Questo può portare a una situazione insostenibile nel lungo periodo, con un accumulo di debiti per i paesi in deficit e un accumulo di crediti per i paesi in surplus. In altre parole, permette ai paesi con deficit nella bilancia dei pagamenti di continuare a importare beni e servizi dai paesi con surplus, ma non crea incentivi sufficienti per correggere questi squilibri.
Verso un TARGET3 equivalente alla UEP
La proposta [3] è di sottoporre i saldi a oneri simmetrici, in linea con il modello di Keynes, affrontando così le responsabilità dei paesi membri nell’accumulo di tali squilibri. Trasformare l’attuale sistema TARGET2 in una vera unione di compensazione, sul modello UEP, significherebbe limitare il credito alle transazioni commerciali, fissare limiti ai saldi, applicare tassi di interesse simmetrici e prevedere aggiustamenti in caso di squilibri persistenti. Una simile riforma potrebbe finanziare gli squilibri interni all’Europa senza dipendere dai mercati finanziari internazionali, promuovendo la solidarietà e un rinnovato senso di scopo comune.
A differenza del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), una stanza di compensazione non richiederebbe l’assegnazione di fondi precauzionali né garanzie da parte dei paesi membri. Ogni paese avrebbe un conto con un saldo iniziale pari a zero, con la possibilità di andare “in rosso” entro limiti stabiliti, finanziando così temporanei deficit nei conti esteri.
Per trasformare TARGET2 in una stanza di compensazione efficace sarebbe necessario
- Limitare il credito alle transazioni commerciali tra paesi europei.
- Fissare limiti ai saldi positivi o negativi, commisurati al volume del commercio estero di ciascun paese.
- Applicare tassi di interesse simmetrici sia ai paesi creditori che a quelli debitori, incentivando il ritorno all’equilibrio.
- Prevedere la possibilità di aggiustare i tassi di interesse reali, qualora gli squilibri persistano.
Questo sistema di compensazione simmetrica potrebbe finanziare gli squilibri interni all’Europa senza ricorrere ai mercati finanziari internazionali, garantendo al contempo che tali squilibri siano limitati e temporanei. I paesi creditori non guadagnerebbero interessi sui loro saldi positivi, ma pagherebbero una commissione quale incentivo a spendere i loro crediti all’interno del circuito di compensazione. Questo approccio simmetrico è giustificato dal fatto che i creditori beneficiano dei servizi della compensazione, proprio come i debitori. Se, come sarebbe auspicabile, i paesi europei dovessero tornare alle proprie monete nazionali e l’euro fosse ridotto a semplice unità di conto (ECU) [4], il riequilibrio di deficit e surplus tra paesi con valute nazionali diverse, potrebbe realizzarsi anche più efficacemente grazie alla possibilità di adeguare i tassi di cambio tra le valute nazionali e l’ECU in caso di squilibri persistenti. Un paese in deficit potrebbe svalutare la propria valuta rispetto all’ECU per riguadagnare competitività, mentre un paese in surplus potrebbe rivalutarla…
Le transazioni commerciali sarebbero registrate con una doppia annotazione: un credito per il paese esportatore e un debito per il paese importatore. La stanza di compensazione dovrebbe registrare le posizioni debitorie e creditorie dei singoli paesi (oggi potrebbe utilizzare allo scopo una blockchain). Tuttavia, è cruciale sottolineare che questi debiti e crediti non sarebbero bilaterali, bensì verso la stanza di compensazione comune. L’obiettivo primario del sistema sarebbe quello di promuovere un commercio equilibrato, in cui ogni paese tenda a vendere merci per un valore equivalente a quelle che riceve in cambio. In questo modo, si eviterebbe la formazione di squilibri persistenti, con paesi specializzati nell’accumulo di debiti e altri nell’accumulo di crediti e riserve. Per incentivare l’equilibrio, il sistema prevede oneri simmetrici sia per i paesi debitori che per quelli creditori, che pagherebbero interessi sui propri saldi negativi o positivi presso la stanza di compensazione. Ciò spingerebbe i paesi in surplus a spendere i propri crediti, importando beni e servizi da altri paesi, e i paesi in deficit a ridurre le proprie spese e aumentare le esportazioni.
Dagli squilibri alla guerra il passo è breve
Gli squilibri commerciali e i conflitti sono interconnessi in una rete complessa di cause ed effetti, dove le tensioni economiche possono sfociare in ostilità politiche e competizioni. Squilibri commerciali persistenti possono minare le fondamenta economiche delle nazioni, avvelenando le relazioni tra di esse. La competizione tra i sistemi finanziari, alimentata dalla deregolamentazione e dalla rimozione delle restrizioni ai movimenti di capitali, può essere vista come una conseguenza degli squilibri commerciali globali. In questo contesto, la crisi finanziaria globale può trasformarsi in una “guerra tra debitori e creditori“, una dinamica distruttiva che non giova a nessuna delle parti coinvolte. È cruciale notare come la potenza finanziaria possa essere impiegata sia come strumento di pacificazione che come mezzo di dominio economico. La capacità di esercitare influenza finanziaria su altri stati può essere utilizzata per promuovere la stabilità e la cooperazione, ma anche per esercitare una forma di “seduzione economica” che mina la loro sovranità. Dopo la Guerra Fredda, la corsa al potere non si manifesta più solo attraverso gli armamenti, ma anche attraverso l’accumulo di posizioni squilibrate, sia in termini di crediti che di debiti. Invece di cercare l’equilibrio nella bilancia dei pagamenti, il sistema monetario internazionale sembra orientato a sostenere disequilibri globali, ponendo interrogativi sulla stabilità a lungo termine del sistema stesso. Un aspetto preoccupante è la potenziale sovrapposizione tra finanziamento della guerra e finanziamento della pace. Un sistema finanziario basato sulla liquidità illimitata rischia di non distinguere tra investimenti produttivi e spese militari, alimentando un ciclo vizioso di instabilità e conflitto. In definitiva, gli squilibri commerciali non sono solo una questione economica, ma una sfida politica che richiede una gestione attenta e una cooperazione internazionale. Ignorare o minimizzare questi squilibri può avere conseguenze nefaste per la stabilità globale, aprendo la strada a competizioni aggressive e, in casi estremi, a conflitti aperti. La promozione di un commercio internazionale più equilibrato e sostenibile è quindi essenziale per la costruzione di un ordine mondiale pacifico e prospero. Keynes dopo due conflitti mondiali lo aveva ben compreso. Propose perciò un vero e proprio cambio di paradigma dalla liquidità alla compensazione che fu rigettato a Bretton Woods a favore del dollaro ma accolto nello spazio europeo della UEP. Speriamo di non dover aspettare un terzo conflitto mondiale prima di prenderlo seriamente in considerazione su scala planetaria come si discute fortunatamente tra i BRICS.
[1] Moneta Internazionale J.L.M. Keynes, Il Saggiatore.
[2] Un paese che importa più di quanto esporti deve finanziare la differenza prendendo a prestito dall’estero o utilizzando le proprie riserve valutarie. I deficit di bilancia dei pagamenti dei paesi debitori, sono stati finanziati grazie al sistema TARGET2, soprattutto dopo che le fonti di finanziamento private si sono ridotte. In questo modo, paesi come la Germania hanno accumulato crediti all’interno del sistema TARGET2, mentre paesi come Grecia, Portogallo, Spagna e Italia hanno accumulato debiti. Attualmente, i paesi in deficit nel sistema TARGET2 sono principalmente quelli con economie più fragili, come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia e l’Irlanda. Questi paesi hanno saldi TARGET2 negativi, il che significa che hanno ricevuto meno denaro di quanto ne hanno inviato. D’altra parte, i paesi in surplus sono quelli con economie più solide, come la Germania, la Paesi Bassi e la Svizzera. Questi paesi hanno saldi TARGET2 positivi, indicando che hanno ricevuto più denaro di quanto ne hanno inviato.
Lo squilibrio nei conti di un debitore è bilanciato dal credito del creditore: l’unico equilibrio è che i debiti compensino i crediti e viceversa. Il debito estero rappresenta un obbligo verso entità straniere, siano esse banche, governi o investitori privati, che hanno fornito il capitale necessario per finanziare il deficit commerciale. La sostenibilità di questo debito dipende dalla capacità del paese debitore di invertire la tendenza e generare surplus commerciali futuri per ripagare i propri obblighi.
[3] vedi “Fine della Finanza” di Massimo Amato e Luca Fantacci, Donzelli, 2012
[4] L’ECU (European Currency Unit) è stata una unità di conto utilizzata nell’Unione Europea prima dell’introduzione dell’euro. È stata introdotta nel 1979 come parte del Sistema Monetario Europeo (EMS) e ha servito come punto di riferimento per i tassi di cambio tra le valute dei paesi membri. L’ECU non era una valuta fisica, ma una valuta scritturale, il cui valore era una media ponderata delle valute nazionali degli Stati membri. L’ECU è stato sostituito dall’euro il 1º gennaio 1999, con un rapporto di conversione 1:1. Da quel momento, l’euro è diventata la moneta unica per molti paesi dell’Unione Europea.
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