La Pace di Trump e Netanyahu

Se termina la tregua i palestinesi saranno deportati dalla Palestina

Palestina, Gaza il ritorno tra le macerie

La pensata di Trump, applaudita da Netanyahu, una Striscia di Gaza a stelle e strisce, bonificata dalla presenza palestinese

Dopo che Israele con l’aiuto e la complicità degli USA e dei suoi alleati ha reso impossibile la vita in Palestina, Trump ha affermato che gli Stati Uniti prenderanno in consegna la Striscia di Gaza diventandone proprietari successivamente al trasferimento (deportazione) dei suoi abitanti, in un qualche altrove non bene identificato, dove nessuno li vuole; Egitto e Giordania si sono per ora rifiutati di accoglierli [1].
Gli Stati Uniti ha affermato Trump “prenderanno il controllo a lungo termine di Gaza e la trasformeranno nella Riviera del Medio Oriente” perché “Gaza è un inferno, nessuno ci vuole vivere. I palestinesi adorerebbero andarsene”. Queste le parole di Trump subito prima dell’incontro con Netanyahu. Trump sembrava ipotizzare una partenza temporanea e un successivo ritorno dopo la ricostruzione “in un posto bello, con case bellissime dove possono essere felici e non essere colpiti, uccisi o accoltellate a morte”.

Nel corso della successiva conferenza stampa con Netanyahu ha però lasciato intendere che i palestinesi avrebbero lasciato Gaza permanentemente “alle persone del mondo” felici della loro nuova proprietà nella riviera del Medioriente.
La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, e il segretario di Stato Marco Rubio, hanno cercato di correggere il tiro sostenendo che le parole del tycoon dovevano intendersi come un ricollocamento “temporaneo”. Rubio oltre ad affermare che qualsiasi trasferimento sarebbe stato provvisorio ha detto che la Casa Bianca, bontà sua, non invierà truppe statunitensi nella Striscia aggiungendo che “Il piano includerà opzioni di uscita attraverso le traversate terrestri, nonché accordi speciali per la partenza per mare e via aerea”.

L’offerta, molto generosa, di Trump, ha precisato Rubio, rispondendo ai giornalisti durante una conferenza stampa in Guatemala, è “di ricostruire e di essere responsabili della ricostruzione“. “Nel frattempo, ovviamente, le persone dovranno vivere da qualche parte mentre si ricostruisce”.

Le Nazioni Unite hanno dichiarato che la proposta di trasferire i palestinesi da Gaza equivarrebbe a una “pulizia etnica”.

Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ha fatto eco all’Onu, affermando che qualsiasi tentativo di trasferire con la forza i gazawi è “inaccettabile secondo il diritto internazionale” e non servirebbe come “base seria per i colloqui” per mediare la pace nella regione.

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha detto che quel che Trump vuole fare sarebbe una grave violazione del diritto internazionale ed ha perciò chiesto alle Nazioni Unite di “proteggere il popolo palestinese e i suoi diritti inalienabili”.

L’Arabia Saudita ha fatto sapere che non stabilirà legami diplomatici con Israele in assenza di uno Stato palestinese indipendente dopo che Bibi aveva assicurato che “La pace tra Israele e Arabia Saudita non solo è fattibile, ma ci sarà”.
Altri Paesi hanno espresso il proprio disaccordo con il piano di Trump, tra cui Russia, Cina, Australia e la maggioranza dei 27 Stati membri dell’Ue.

LAVROV – Il ministro degli Esteri russo commenta le dichiarazioni di Trump sul ricollocamento dei palestinesi da Gaza: “È espressione della tipica “cancel culture” occidentale”

“Ma già ora riceviamo segnali che ci saranno problemi con la seconda fase e, probabilmente, sono già iniziati, perché dai circoli governativi israeliani arrivano messaggi di questo tipo. Dicono che non tutto ci soddisfa nel modo in cui Hamas ha adempiuto ai suoi obblighi nella prima fase, quindi non escludiamo nulla. Allo stesso tempo, tra l’altro, Israele, in pratica, senza vergogna, continua le operazioni militari sulla riva occidentale. Ci sono molte fughe di notizie attendibili sul fatto che nei piani di Israele, oltre all’espulsione dei palestinesi dalla striscia di Gaza, ci sia anche la presa sotto il proprio pieno controllo della riva nord-occidentale del fiume Giordano. Nei piani di Israele, come scrivono gli esperti, e nessuno lo smentisce, c’è comunque l’intenzione di rimanere sul territorio libanese. E, naturalmente, le alture siriane del Golan, ma ora con l’arrivo di Donald Trump, che nella sua prima legislatura le ha ufficialmente dichiarate parte di Israele, le alture del Golan possono essere considerate terra perduta dal punto di vista del ripristino della giustizia, dal punto di vista di una piena e stabile regolamentazione arabo-israeliana”

Il piano di Trump piace solo a Israele. Il ministro della Difesa israeliano ordina all’esercito di pianificare le partenze “volontarie” da Gaza

Non ha tardato, il giorno dopo, a far eco a Trump, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz: “Ho incaricato l’IDF (militare) di preparare un piano per consentire la partenza volontaria per i residenti di Gaza”, “in qualsiasi paese disposto ad accettarli”. I media israeliani riportano le sue parole: “Alla popolazione di Gaza deve essere consentito di godere della libertà di movimento e della libertà di immigrare”. Nel frattempo verrà avanzata una proposta per la ricostruzione di una “Gaza smilitarizzata”, nell’era post Hamas “ un progetto che richiederà molti anni per essere completato”… Netanyahu, in un’intervista a Fox News, ha dichiarato che la proposta è “la prima buona idea che ho sentito”. “Penso che dovrebbe essere davvero perseguita, esaminata, e realizzata, perché creerà un futuro diverso per tutti”.

Per Scott Ritter, ex ufficiale dell’intelligence della Marina degli Stati Uniti, l’Egitto potrebbe dire “no”. La Giordania potrebbe dire “no”. L’Arabia Saudita potrebbe dire “no”. Gli stati arabi del Golfo potrebbero dire “no”. E anche qualcun altro potrebbe farlo. Ma non lo pensano davvero. Perché non credono nella Palestina. Ed è proprio questo il nocciolo del problema.

Che si andasse a parare verso una “soluzione finale” di questo genere era stato chiaro sin da subito. Avevamo titolato la puntata del 10 nov 2023 di Pangea Grandangolo Netanyahu: “Israele governerà Gaza” e Ministero intelligence israeliano: deportare i Palestinesi nel Sinai quella del 24/11/2023.[2]

Nel mio Rafah è il campo di sterminio progettato e realizzato dai sionisti al governo di Israele di metà febbraio del 2024 riportavo tra l’altro la denuncia comparsa su “The Times of Israel” di come come migliaia di coloni scalpitassero già allora per reinsediarsi a Gaza dopo la cacciata del 2005. Si svolse, all’epoca, una grande conferenza sul tema “Insediamento ebraico a Gaza” presso l’International Convention Center di Gerusalemme con 3.000 partecipanti, tra cui membri del governo.

A seguire la conferenza stampa con Trump e Netanyahu visionabile qui

470 giorni di genocidio hanno distrutto le infrastrutture, le abitazioni civili e qualsiasi luogo che potesse accogliere la vita del popolo palestinese. Necessario respingere la deportazione coatta e restituire un futuro alla Palestina e ai palestinesi. Tra le macerie di Gaza è stato sepolto il diritto internazionale e decretata la fine della diplomazia occidentale.

Su quelle macerie edificheranno le “loro” mostruose città. Bombe di svariate tonnellate in dotazione agli israeliani per gentile concessione statunitense, utilizzate reiteratamente contro le abitazioni civili, hanno scavato enormi crateri. Le hanno usate per demolire interi quartieri residenziali. Le pale meccaniche rimuoveranno macerie miste a poveri resti umani e a tutti quei cari oggetti che erano parte della vita delle vittime. L’avanzata delle truppe israeliane è, infatti, seguita da giganteschi bulldozer blindati Caterpillar D9 per il movimento terra. Soprannominato in Israele ‘Doobi’ (‘orsacchiotto’), è una macchina temibile, al cui impiego si dovette tra l’altro la morte della militante nonviolenta statunitense Rachel Corrie (1979-2003), schiacciata da un bulldozer militare nei pressi del confine tra Gaza e l’Egitto mentre si opponeva alla distruzione di abitazioni palestinesi.

Non c’è modo di perdonare quanto il mondo sta lasciando accadere a danno del popolo palestinese. Non c’è modo di sanare il dolore incommensurabile della perdita di vite, passate e presenti. Il minimo che l’umanità potrà fare per salvare se stessa, è di fermare immediatamente il genocidio in corso. Restituire la Terra che è stata sottratta negli ultimi tre quarti di secolo.
Ricostruire, con l’aiuto dei Paesi del mondo di buona volontà, tutto ciò che in Palestina è stato distrutto. Giudicare i responsabili del genocidio. Imporre ad Israele il pagamento dei danni di guerra ed un disarmo, anche nucleare, sufficiente ad impedire che possano mai più compiere ulteriori crimini contro l’umanità.

[1] Il Presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi ha dichiarato che qualsiasi spostamento forzato della popolazione palestinese sarebbe inaccettabile e una violazione del diritto internazionale. Al Sisi ha sottolineato che l’Egitto non permetterà che i diritti del popolo palestinese vengano calpestati. Re Abdullah di Giordania, in un incontro con il capo dell’Autorità Palestinese mercoledì, ha dichiarato che il suo Paese non accetterà alcun tentativo di annettere la terra palestinese. Il re di Giordania ha respinto “qualsiasi tentativo di annettere terre e sfollare i palestinesi a Gaza e in Cisgiordania”.
[2] Centodiciassettesima puntata della trasmissione Pangea Grandangolo, la rassegna stampa internazionale di Byoblu, andata in onda sul canale tv Byoblu il 10/11/2023. In una intervista al network statunitense ABC, il premier israeliano Netanyahu così risponde alla domanda se ritiene possibile un cessate-il-fuoco a Gaza: “Un cessate-il-fuoco sarebbe una resa ad Hamas. Sarebbe una vittoria per Hamas, Non sarebbe più possibile di quanto sarebbe stato possibile per voi un cessate-il-fuoco dopo gli attentati di Al Qaeda al World Trade Center”. Alla domanda su chi dovrebbe governare Gaza a guerra finita, Netanyahu così risponde: “Israele per un periodo indefinito avrà la responsabilità della sicurezza, perché quando non abbiamo tale responsabilità, quello che abbiamo è l’esplosione del terrore di Hamas”. Le parole di Netanyahu vengono così sintetizzate dal New York Times: “Israele governerà Gaza”. In altre parole Netanyahu annuncia apertamente il piano: impadronirsi di Gaza trasformandola da territorio palestinese in territorio israeliano. Ciò è confermato dal fatto che le forze armate israeliane non solo stanno massacrando la popolazione palestinese, ma stanno rendendo Gaza non più abitabile dai palestinesi: nella parte settentrionale della Striscia hanno già distrutto oltre il 30% di tutti gli edifici. Il piano prevede la successiva apertura di un “corridoio umanitario” per trasferire i palestinesi di Gaza nel deserto egiziano del Sinai, facendo poi lo stesso con i palestinesi della Cisgiordania. Nel gioco delle parti, si è recato in Israele il Segretario di stato USA Blinken, con lo scopo dichiarato di ottenere un cessate-il-fuoco a Gaza, che Netanyahu ha rifiutato. Dietro questa tragica recita c’è la realtà. Un esempio per tutti: le bombe da una tonnellata a guida satellitare, che gli aerei israeliani sganciano sui quartieri popolari palestinesi, sono fornite a Israele dagli Stati Uniti. Riguardo alla “esplosione del terrore di Hamas”, che secondo il premier rende necessario che sia Israele a governare Gaza, Netanyahu dimentica quanto da lui stesso dichiarato a una riunione del suo partito nel marzo 2019: “Chiunque voglia ostacolare la creazione di uno Stato palestinese deve sostenere Hamas e trasferire denaro ad Hamas. Questo fa parte della nostra strategia: isolare i palestinesi di Gaza dai palestinesi della Cisgiordania.” Centodiciannovesima puntata della trasmissione Pangea Grandangolo, la rassegna stampa internazionale di Byoblu, andata in onda sul canale tv Byoblu il 24/11/2023.
Il Ministero dell’Intelligence israeliano – che supervisiona il funzionamento del Mossad e dello Shin Bet (i servizi segreti esterno e interno) sotto la direzione del Primo Ministro – raccomanda il trasferimento forzato e permanente dell’intera popolazione palestinese di Gaza nella penisola desertica del Sinai in Egitto. Qui dovrebbero essere create tendopoli e successivamente insediamenti permanenti. Dovrebbe essere istituita una fascia inaccessibile larga diversi chilometri, in territorio egiziano, per impedire ai palestinesi di avvicinarsi al confine con Israele. Il piano, a cui il governo Netanyahu sta lavorando attraverso una trattativa con l’Egitto, coinvolge anche la popolazione palestinese della Cisgiordania. Emblematica l’immagine di un bulldozer israeliano che, nel Territorio Palestinese della Cisgiordania, abbatte il monumento al leader storico della Palestina Yasser Arafat. L’obiettivo del governo Netanyahu è chiaro: cancellare i Territori palestinesi. Lo conferma il fatto che l’attacco israeliano non solo sta sterminando la popolazione palestinese, ma sta rendendo il territorio di Gaza inabitabile, così da rendere inevitabile la deportazione dei palestinesi nel Sinai o altrove, camuffata da “operazione umanitaria internazionale”.
Da tale situazione emerge la necessità di focalizzare l’azione contro la guerra su precisi obiettivi politici. In Italia possono essere fondamentalmente tre: 1) L’abrogazione della Legge C. 5592 del 2005 che istituzionalizza la cooperazione militare a tutto campo tra Italia e Israele. 2) La richiesta che le Nazioni Unite inviino immediatamente una forza internazionale di peacekeeping a Gaza, territorio dello Stato di Palestina che dal 2012 fa parte delle Nazioni Unite con tutti i diritti, salvo quello di votare. 3) La messa in stato di accusa dei capi di Israele per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e crimine di genocidio.

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