di Dom De Mar
Dopo un primo e breve periodo di silenzio, la stampa iraniana, nazionale ed in lingua inglese, dedica spazio all’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala e dell’imprenditore iraniano Mohammad Abedini Najafabadi.
Vista dall’Italia la crisi dopo 2 settimane si è fatta molto complessa ed è necessario riposizionare tutti gli elementi del mosaico con lo scopo di ottenere un’immagine più corrispondente alla realtà.
Le attività diplomatiche
Teheran ha chiarito con Roma che la libertà di una giornalista italiana detenuta in Iran dipende dal rilascio, da parte dell’Italia, di un iraniano arrestato su ordine di Washington e cosiderato dal Dipartimento della Sicurezza degli USA un uomo pericoloso.
La disponibilità dell’Iran è stata immediata ma non è stata resa pubblica, perché taciuta da funzionari italiani, tra cui il primo ministro, desiderosi e speranzosi per una rapida conclusione della crisi.
La giornalista Cecilia Sala, 29 anni, è stata arrestata con accuse non specificate il 19 dicembre e messa in isolamento, si trovava per lavoro in Iran con un visto stampa valido.
Mohammad Abedini Najafabadi, 38 anni, è stato arrestato dalle autorità italiane su ordine degli Stati Uniti per il suo presunto ruolo nel fornire la tecnologia utilizzata per uccidere tre soldati statunitensi in un attacco di droni in Giordania.
Le autorità iraniane hanno informato la Farnesina ed il governo italiano dell’arresto della giornalista e hanno chiarito le condizioni per il suo rilascio all’ambasciatore italiano a Teheran.
L’Iran, cita una fonte locale, è disponibile a liberare Cecilia Sala “per motivi umanitari” se il governo italiano rinuncia alla procedura di estradizione contro Abedini e concede la sua liberazione dal carcere milanese di Opera.
L’odissea sulla via del carcere
Mohammad Abedini Najafabadi prima di arrivare al carcere di Opera, dopo il suo fermo a Malpensa è stato rinchiuso nel carcere di Busto Arsizio, poi trasferito a Rossano Calabro in regime di alta sicurezza e poi ancora tradotto nel carcere di Opera. Perché in pochi giorni Abedini, imprenditore iraniano con cittadinanza Svizzera è stato trasferito in tre carceri diversi?
Uomini del Ministero degli Esteri e della sicurezza italiani, durante un incontro con la famiglia di Cecilia Sala hanno illustrato la “delicatezza della situazione e la necessità di non provocare le autorità iraniane”, consigliando loro di non parlare pubblicamente e soprattutto di non rivolgersi ai media.
Non è stato èoù possibile tenere il silenzio in quanto Cecilia Sala ha detto al padre, alla madre e al marito giornalista in alcune telefonate sulla gravità delle sue condizioni di detenzione, secondo quanto riportato dal quotidiano Corriere della Sera.
In seguito a queste telefonate in parte trascritte e diffuse dai media, la crisi segna un primo grave peggioramento e il Ministero degli Esteri italiano reagisce, chiedendo il suo “rilascio immediato e tutte le garanzie sulle sue condizioni di detenzione”.
L’ultimo giorno del 2024 durante una telefonata alla sua famiglia Cecilia Sala racconta che le sono stati confiscati gli occhiali da vista, che la sua cella è appena più lunga della sua altezza e che è costretta a dormire su una coperta stesa sul pavimento.
Solo dopo queste dichiarazioni e diffuse dalla stampa italiana, le autorità italiane decidono di trasferire Mohammad Abedini dal carcere di Rossano Calabro a quello di Opera e i media in coro, rassicurano le buone condizioni di trattamento, il rispetto dei diritti umani per il detenuto Mohammad Abedini.
L’arresto di Cecilia Sala e l’accusa non definita
Il 30 dicembre, 11 giorni dopo l’arresto di Cecilia Sala, il Ministero della Cultura e della Guida Islamica iraniano ha rilasciato una dichiarazione in cui confermava che Cecilia Sala era stata arrestata dieci giorni prima per “aver violato le leggi della Repubblica Islamica dell’Iran”.
Le autorità italiane ritengono che l’assenza di accuse formali contro Cecilia Sala, oltre a evidenziare la natura arbitraria della sua detenzione, potrebbe anche significare che i funzionari iraniani stanno deliberatamente trattenendo un’accusa ufficiale.
La non specificità di un accusa a Cecilia Sala non è un caso involontario ma è una scelta e un messaggio chiaro, senza una reato preciso, le autorità iraniane potrebbero rilasciarla facilmente se l’Italia collaborasse al caso di Abedini, altrimenti l’ambiguità potrebbe dare a Teheran la possibilità di accusare Cecilia Sala di reati più gravi e di infliggerle una pesante condanna.
Allo stesso tempo, l’ambasciata italiana a Teheran ha annunciato che il ministero degli Esteri iraniano ha fornito una lista di avvocati iraniani all’ambasciatore italiano Paola Amadei, in modo che l’avvocato difensore di Cecilia Sala possa essere scelto tra questi.
La storia di Cecilia Sala è pronta ad essere trasformata in un vero e proprio procedimento legale al pari di quello di Abedini in Italia.
L’arresto di Abedini un caso complesso e una precisa tempistica
Il 19 dicembre, tre giorni dopo l’arresto all’aeroporto di Malpensa a Milano, Abedini si è opposto all’estradizione in tribunale. Il giudice ha emesso un ordine di detenzione temporanea, dando inizio a un processo che potrebbe durare fino a due mesi. Lo stesso giorno, intorno alle 12.00 – poco dopo la fine dell’udienza del tribunale di Milano e l’emissione dell’ordine di detenzione di Abedini, Cecilia Sala è stata arrestata a Teheran.
Dato che la presenza di Cecilia Sala in Iran era legale e che il Ministero della Cultura era a conoscenza del suo itinerario, la tempistica è stata la prima chiara indicazione che i casi sono collegati. Le dichiarazioni ufficiali delle autorità italiane, tuttavia, si sono guardate bene dal farlo.
Dopo una settimana di silenzio sulla detenzione di Cecilia Sala – la cui notizia è stata tenuta nascosta ai media e al pubblico – i funzionari del governo italiano si sono soffermati solo genericamente sulla complessità e la delicatezza del suo caso. “Questo caso è complesso, ma stiamo utilizzando tutti i canali di dialogo possibili per ottenere la libertà di Sala”, ha dichiarato il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sottolineando l’instancabile impegno del suo governo per ottenere il rapido rilascio di Cecilia Sala.
Anche il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha evitato di ventilare una richiesta iraniana di scambio, affermando: “Stiamo lavorando per risolvere questa complicata vicenda e per garantire che Cecilia Sala sia trattenuta nelle migliori condizioni possibili”.
Gli USA non stanno a guardare
La terza parte di questo triangolo legale e diplomatico – gli Stati Uniti, alleati e protettori dell’Italia e da sempre avversari della Repubblica Islamica dell’Iran – ha assunto una posizione più esplicita.
“La detenzione di Cecilia Sala a Teheran è avvenuta dopo l’arresto in Italia di un cittadino iraniano accusato di contrabbando di parti di droni”, ha dichiarato un portavoce del Dipartimento di Stato americano a La Repubblica.
In riferimento alle crescenti pressioni dell’opinione pubblica italiana per il rilascio di Cecilia Sala, giorno dopo giorno il comportamento dei funzionari italiani sta cambiando e oggi hanno assicurato alla famiglia che stanno lavorando senza sosta.
“Non hanno dichiarato esplicitamente che accetteranno uno scambio richiesto dall’Iran” ma per il rilascio di Cecilia Sala tutte le opzioni sono al vaglio e che la riporteranno a casa”.
L’Italia nega gli arresti domiciliari
Sebbene il governo italiano continui a ritenere che qualsiasi presa di posizione politica pubblica o stallo diplomatico con la Repubblica islamica dell’Iran possa peggiorare una trattativa già difficile, è improbabile che la magistratura del Paese mostri indulgenza.
Teheran potrebbe aver considerato l’accettazione della richiesta dell’avvocato di Abedini, Alfredo De Francesco, di essere trasferito agli arresti domiciliari come un segno di buona volontà da parte dell’Italia.
Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti si è opposto fermamente a qualsiasi forma di arresti domiciliari in una lettera alla Corte d’Appello di Milano.
Il procuratore capo di Milano, Francesca Nanni, ha dichiarato giovedì al tribunale di essere contraria a porre Abedini agli arresti domiciliari o a concedergli la liberazione condizionale, citando le insufficienti garanzie fornite dal consolato iraniano che non avrebbe tentato di fuggire.
Le raccomandazioni del procuratore non sono vincolanti e i giudici prenderanno la loro decisione nella prossima udienza della Corte di Appello il 15 gennaio 2025.
Un noto precedente è il caso di Artem Uss, uomo d’affari russo e figlio di un oligarca russo, che è fuggito dall’Italia nel 2023 dopo essere stato messo agli arresti domiciliari – nonostante la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti – causando uno scandalo pubblico per la magistratura italiana.
Quale strategia e quali strumenti politici in mano ai funzionari italiani
La legge italiana consente al ministro della Giustizia, Carlo Nordio di intervenire per bloccare l’estradizione e ordinare il rilascio e l’espulsione di un qualsiasi detenuto.
È possibili questo scenario? Legalmente si ma politicamente potrebbe creare una ulteriore crisi dato che la Procura di Milano agisce per conto del Ministero della Giustizia insistendo sul mantenimento della detenzione di Abedini, che Washington accusa di favoreggiamento dei nemici del terrorismo.
Il rilascio di Abedini, imprenditore iraniano è l’unica strada per liberare la giornalista Cecilia Sala, Roma potrebbe plausibilmente accettare e riconoscere le garanzie offerte da Teheran per mezzo dell’Ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran presso la Repubblica Italiana a Roma, Mohammad Reza Sabouri.
La gravità della questione ha spinto il Primo Ministro Giorgia Meloni e Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, a guidare gli sforzi dietro le quinte per ottenere la libertà di Cecilia Sala.
La famiglia di Sala non si è lasciata impressionare dalle trattative tattiche condotte finora dall’ufficialità, negli incontri con i funzionari governativi italiani hanno chiarito che non accetteranno alcuna giustificazione per il fatto che Cecilia rimanga dietro le sbarre.
Commenta per primo