di Garsha Vazirian
Fin dall’inizio della crisi siriana nel 2011, gli USA si sono opposti al coinvolgimento dell’Iran nel confronto con i terroristi in Siria. L’obiettivo primario di Washington era quello di rimuovere Assad, poiché la sua alleanza con l’Iran rappresentava un ostacolo significativo ai loro piani regionali.
Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno sostenuto diverse fazioni terroristiche, sperando di destabilizzare la Siria e alterare le dinamiche di potere nell’Asia occidentale.
L’operazione Timber Sycamore, un programma clandestino della CIA sostenuto da una coalizione di alleati occidentali e regionali tra cui Israele, le monarchie del Golfo Persico, il Regno Unito, la Francia, la Germania e la Turchia, nel 2012 ha destinato miliardi di dollari all’armamento dei terroristi in Siria.
Questo programma ha rafforzato una delle insurrezioni più impattanti della storia, ha alimentato principalmente affiliati di Al Qaeda e combattenti stranieri, ha svolto un ruolo importante nella formazione dell’ISIS e ha intensificato il conflitto anziché risolverlo. L’attuale crisi umanitaria in Siria è un risultato diretto di questa operazione e di iniziative simili.
Tuttavia, la situazione cambiò radicalmente quando l’Iran e la Russia intervennero, fornendo un significativo supporto alla Siria nella sua battaglia contro l’ISIS e altri gruppi terroristici sostenuti dall’estero. Questa cooperazione interruppe efficacemente gli sforzi di Stati Uniti e Israele di seminare discordia tra Teheran e Mosca sulla Siria. Nonostante i numerosi tentativi degli Stati Uniti e dei suoi alleati di fabbricare una frattura tra Iran e Russia, la partnership sul campo di battaglia siriano rimase solida, frustrando le strategie americane e israeliane.
Confessioni di funzionari statunitensi
L’uso strategico di gruppi estremisti come strumenti geopolitici è stato apertamente riconosciuto dai funzionari statunitensi. In un audio trapelato rilasciato da Wikileaks nel 2017, John Kerry ha ammesso: “Abbiamo visto che Daesh [ISIS] stava crescendo in forza. Pensavamo, tuttavia, che probabilmente avremmo potuto farcela. Sai, che Assad avrebbe potuto negoziare”.
Inoltre, l’allora vicepresidente Joe Biden ha osservato in un’intervista del 2014 al Washington Post: “I turchi, i sauditi, gli Emirati erano così determinati a sconfiggere Assad,… cosa hanno fatto? Hanno riversato centinaia di milioni di dollari e decine di tonnellate di armi su chiunque volesse combattere contro Assad, tranne che le persone che venivano rifornite, [loro] erano [Jabhat] al-Nusra, e al-Qaeda, e gli elementi estremisti dei jihadisti che provenivano da altre parti del mondo”.
Tali riconoscimenti mettono in risalto le decisioni crudeli e spietate prese dagli Stati Uniti, che hanno portato alla morte di migliaia di civili, tra cui donne e bambini.
Recenti resoconti di Reuters hanno svelato le strategie segrete impiegate da Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti (EAU) e Arabia Saudita riguardo alla Siria. Prima del recente aumento delle attività terroristiche, questi paesi avevano proposto di revocare le sanzioni alla Siria se il presidente Bashar al-Assad avesse preso le distanze dall’Iran e dall’Asse della Resistenza, secondo Reuters. Questa offerta, se vera, fa parte di una strategia più ampia di questi paesi per indebolire la Siria e i suoi alleati.
L’impatto del Caesar Act
Secondo quanto riportato dalla Reuters, gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi Uniti hanno cercato di convincere Assad a interrompere i legami con l’Iran e la Resistenza, proponendo di non rinnovare il Caesar Syria Civilian Protection Act, che scade il 20 dicembre.
Conosciuta come The Caesar Act, questa legislazione costituisce una delle sanzioni più severe degli Stati Uniti contro la Siria. Emanata nel 2019, quando l’Occidente si è finalmente reso conto che non poteva mettere in ginocchio la Siria attraverso il terrorismo, la legge mira a costringere il presidente siriano a inchinarsi all’Occidente prendendo di mira settori vitali come il petrolio, l’edilizia e il settore bancario, con un impatto devastante sui civili siriani.
Queste sanzioni hanno esacerbato la difficile situazione economica dei siriani comuni, portando a iperinflazione, disoccupazione e infrastrutture in rovina. I beni essenziali sono diventati scarsi e il costo della vita è salito alle stelle, gettando milioni di persone nella povertà. La situazione umanitaria in Siria è peggiorata, con le sanzioni che impediscono la consegna degli aiuti e soffocano la ripresa economica.
Provato e fallito
Questo tentativo di allontanare la Siria dall’Asse della Resistenza non è una strategia nuova. Come disse il generale martirizzato Qassem Soleimani anni fa in un discorso, durante gli anni 2010, al culmine della minaccia dell’ISIS in Siria, il principe ereditario saudita Mohammad Bin Salman incontrò Assad a Mosca. Bin Salman si offrì di “porre fine all’ISIS e ad altri gruppi terroristici se la Siria avesse accettato di tagliare i legami con l’Iran e la Resistenza”. Assad rifiutò questa proposta, comprendendo la natura ingannevole di tali promesse.
Anche le recenti aperture diplomatiche da parte di Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita ricordano le strategie adottate in passato, che hanno causato scompiglio in altre nazioni.
La caduta di Muammar Gheddafi in Libia può essere in gran parte attribuita alla sua fiducia mal riposta nell’Occidente durante i suoi ultimi anni. Dopo anni di sfida, Gheddafi ha tentato di riconciliarsi con le potenze occidentali. Tuttavia, questo cambiamento lo ha lasciato vulnerabile. I paesi occidentali, che aveva sperato di placare, hanno invece sostenuto l’intervento della NATO che alla fine ha portato alla sua cattura e morte, lasciando il popolo libico con anni di instabilità e sofferenza.
Distinguere gli alleati dai complici
Assad è stato chiaro nella sua valutazione che l’attuale deplorevole stato della Siria è il risultato diretto del continuo sostegno al terrorismo da parte di questi attori esterni e che l’alleanza con l’Iran è stata fondamentale per preservare la sovranità del paese arabo.
In una recente conversazione con il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, il leader siriano ha espresso gratitudine per il sostegno incrollabile dell’Iran, sottolineando che durante gli anni più difficili della Siria, è stato l’Iran a restare al suo fianco quando gran parte del mondo si è voltato dall’altra parte.
L’approccio di Assad sembra riflettere una profonda comprensione delle insidie dell’allineamento con coloro che hanno storicamente cercato di indebolire la sua leadership. Offerte come quelle riportate da Reuters sono stratagemmi strategici volti a creare una spaccatura tra la Siria e i suoi fedeli alleati.
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