Le condizioni economiche della guerra da Biden a Trump

Nuovi scenari dall'infinito

La strada della povertà USA
NEW YORK, NY - Autore: Spencer Platt |

di Francesco Cappello

Il debito USA nei confronti del resto del mondo e il processo di dedollarizzazione in corso impongono agli Stati Uniti l’abbandono del suo ruolo egemonico unipolare e l’inaugurazione di una fase collaborativa multipolare col resto del mondo; l’alternativa essendo il vicolo cieco del confronto nucleare con Russia e Cina
Lo stato delle cose. Il debito degli USA nei confronti del resto del mondo

La posizione finanziaria netta (la differenza fra attività e passività finanziarie) degli Usa, è negativa per oltre 21mila miliardi di dollari, una cifra spaventosa che continua a crescere. In pratica si tratta del debito estero degli USA nei confronti del resto del mondo.
Anche il debito pubblico statunitense ha raggiunto vette inedite. Ammonta a 36mila miliardi di dollari e quel che è peggio cresce ancor più velocemente da quando la FED, nel tentativo di convincere gli investitori stranieri a finanziarlo, si è vista costretta ad alzare i tassi di interesse per continuare a render loro, appetibili, i suoi titoli di stato USA sul mercato internazionale.
Entrambi questi debiti degli Stati Uniti nei confronti del resto del mondo saranno sostenibili solo se il dollaro continuerà ad essere la principale valuta utilizzata negli scambi internazionali e come valuta di riserva internazionale. In caso contrario, il dollaro, non essendo più domandato in misura sufficiente, quale valuta prevalente per gli scambi internazionali, andrebbe incontro ad una rovinosa svalutazione anche perché l’economia statunitense, grazie al dollaro utilizzato quale valuta fiat internazionale dal 1971, si è, nel frattempo, in larga misura, finanziarizzata.

Sanzioni, dazi, e vendita dei titoli del tesoro USA da parte ad esempio della Cina che piuttosto che comprarne di nuovi ha deciso di investire diversamente il proprio enorme surplus finanziario(1) in costruzione di infrastrutture interne e globali – Nuova via della seta – e acquisto di oro, alimentano viceversa il processo di dedollarizzazione.
Nella stessa direzione si svolge la risposta dei paesi BRICS alle sanzioni che consentirà, sin d’ora, ai membri dell’organizzazione di usare le loro valute nazionali per commerciare tra loro attraverso un “sistema multivaluta” (2) sia per il commercio che per incoraggiare gli investimenti reciproci tra membri BRICS, in vista della costruzione di una moneta comune quale unità di conto internazionale con cambio variabile rispetto alle singole monete internazionali sul modello rivoluzionario della compensazione proposto da Keynes nel 44 a Bretton Woods che è strutturalmente in grado di evitare il formarsi di quegli squilibri nel commercio internazionale che portano ai grandi conflitti (vedi il mio Un mondo nuovo è in costruzione. Una seconda occasione che il mondo non deve mancare).

In queste condizioni anche i processi di dollarizzazione mediati soprattutto dai grandi fondi di investimento (The big Three) che rastrellano risparmi su scala planetaria, traducendoli in titoli in dollari, non potranno sostenere troppo a lungo la valuta statunitense.

Da molti anni ormai gli USA hanno tentato di riequilibrare con le buone e con le cattive la loro bilancia dei pagamenti. La guerra nello spazio europeo ha permesso, ad esempio, la sostituzione coatta del gas russo da tubo con il gas di scisto liquefatto statunitense, assai più caro e inquinante; allo stesso modo sono stati imposti i prodotti della produzione bellica statunitense. Le importazioni di sistemi d’arma USA verranno ulteriormente implementate con il piano DRAGHI della costruzione della difesa comune europea. Quel Draghi che ci chiese di scegliere tra l’aria condizionata e la pace…
Quanto precede ci consente di interpretare il comportamento bipartisan dei governi USA nei confronti dell’Unione Europea

Ricordiamo Biden, nel 2021, rimproverare alla Merkel i rapporti commerciali con la Russia e successivamente promettere il sabotaggio del north stream.


e torniamo a Trump. Seppure poco noto, Trump, in piena coerenza con la dottrina Brezniski, agli inizi del suo primo mandato presidenziale, si lamenta esplicitamente con un disorientato segretario generale della Nato, Stoltenberg, del fatto che si consenta a tutta l’Europa Occidentale, ed in particolare alla Germania, di rifornirsi di gas dalla Russia.

Egli lamenta i miliardi di dollari che annualmente la Germania e altri paesi europei versano alla Russia in cambio del suo gas. Li considera dei traditori perché se da una parte godono della protezione militare degli USA, proprio dalla Russia, tramite la NATO, dall’altra fanno affari col nemico russo, dipendendo in larghissima misura, per le loro forniture energetiche, dalla Russia («la Germania è prigioniera della Russia»).

Rivolgendosi all’ex segretario della NATO Stoltenberg afferma: «Tutto ciò non sarebbe mai dovuto accadere. Ricevono attraverso il north stream il 70% della loro energia dalla Russia. Dimmi se tutto ciò è appropriato!? Oltretutto la Germania contribuisce con le spese militari verso la NATO solo per l’1% pur essendo un paese ricchissimo mentre gli USA spendono per la NATO il 4,2% di un PIL molto più ampio. Inoltre noi proteggendo la Germania, proteggiamo la Francia, proteggiamo chiunque. Tutto ciò è andato avanti per troppi anni ma ora deve finire. È molto ingiusto nei confronti del nostro paese e dei nostri contribuenti».

L’UNIONE EUROPEA È UN NEMICO
Più recentemente durante il suo primo mandato nel corso di una manifestazione avvenuta nel giugno del 2017 Trump si trovò a dichiarare: «Amiamo i paesi dell’Unione europea. Ma l’Unione europea, ovviamente, è stata istituita per trarre vantaggio dagli Stati Uniti. E non possiamo permettere che ciò accada» e nel corso di un’intervista a CBS News: «Abbiamo molti nemici. L’Unione Europea è un nemico, quello che ci fanno in ambito commerciale… Non ci crederesti, ma sono un nemico» aggiungendo «verosimilmente un nemico come la Cina».

C’era stato, infatti, un precedente in cui l’Unione europea aveva detto di no agli Stati Uniti.
Nel 2016 era stato rifiutato l’accordo commerciale transatlantico di libero scambio tra Europa e Stati Uniti, noto come TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, proposto da Obama e respinto soprattutto per iniziativa del presidente francese, Francois Hollande. Nonostante la Germania della Merkel fosse favorevole al trattato, i vari stati membri dell’UE guardavano con scetticismo al TTIP preoccupati che potesse diventare uno strumento di dominio sull’Europa da parte dell’America.

La tregua, non la fine della guerra, arrivò in seguito all’intesa di Trump con Jean-Claude Juncker, il presidente della Commissione europea, nella forma di un accordo di cooperazione di libero scambio tra USA e Ue e grazie anche alle nuove regole dell’Organizzazione mondiale del commercio.

Nel frattempo era cresciuto e si stabilizzava il ruolo dell’euro nel mondo quale valuta internazionale

Nella grafica si può osservare la composizione valutaria dei pagamenti mondiali (Fonte SWIFT) e notare come l’euro abbia provato a scalzare il dollaro nel corso del tempo.

Ruolo-internazionale-euro“Fin dal momento della sua introduzione, l’euro si è affermato come la seconda valuta più importante a livello internazionale:

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come riserva sicura di valore, l’euro rappresenta oggi il 20% circa delle riserve internazionali delle banche centrali estere;
le imprese e i governi esteri utilizzano l’euro per l’emissione di titoli di debito. Alla fine del 2017 oltre il 20% delle emissioni di titoli di debito sui mercati internazionali risultava denominata in euro;
l’euro è diventato una valuta ampiamente accettata per i pagamenti internazionali. Nel 2017, il 36% circa del valore delle transazioni internazionali è stato fatturato o regolato in euro, rispetto al livello del 40 % raggiunto dal dollaro USA;
infine, circa 60 Stati del mondo utilizzano o utilizzeranno l’euro o agganciano la loro moneta all’euro”.

Tutti sappiamo la fine che hanno fatto prima Saddam Hussein e poi Gheddafi quando pretesero di farsi pagare il petrolio iracheno e libico in euro piuttosto che in dollari.

Oggi sappiamo quali siano le condizioni principali perché la Russia accetti un piano di pace proposto da Trump: Ucraina neutrale e garanzie di smilitarizzazione permanente. Si tratterebbe di accettare la sconfitta della NATO e consentire alla Russia di allargare la sua sfera di influenza su tutto il territorio ucraino.

Trump potrebbe prendere atto di tali richieste e concederle perché in realtà gli obiettivi statunitensi della guerra sono già stati raggiunti. Gli USA hanno vinto la loro battaglia contro l’Europa perché hanno raggiunto i loro obiettivi consistenti nell’alzare una barriera tra Europa e Russia e tra Europa e Cina. Hanno inoltre ottenuto un contributo permanente da parte europea al riequilibrio della bilancia commerciale statunitense attraverso l’acquisto “coatto” di armi e gas liquefatto dagli USA.

Draghi EU

La richiesta di portare al 3/4% del PIL le spese militari dei paesi europei venivano da entrambi i candidati USA. Il disimpegno USA in Europa è coerente con il piano DRAGHI della costruzione della difesa comune europea che servirebbe politicamente a ricucire un’Europa in disfacimento e con l’idea malsana che l’Europa dovrebbe tenere a bada le presunte mire espansionistiche russe e anzi balcanizzarla e colonizzarla per poter mettere le mani sulle enormi risorse russe magari imponendo un cambio di regime e un secondo Eltsin… Il guaio è che l’attuale classe dirigente europea, a parte poche eccezioni, potrebbe follemente continuare a credere che quella di sconfiggere una superpotenza nucleare sia una strada praticabile.
Prevedibili quindi, ulteriori aumenti di spesa bellica che più che rispondere ad esigenze nazionali ed europee risponderebbero alle richieste USA-NATO per combattere guerre non nostre che ci hanno già danneggiato enormemente, per dare armi a Ucraina ed Israele e alimentare le missioni militari all’estero.
Trump giudicherà sufficiente l’impegno italiano per la difesa?

A fronte di un aumento previsto di 3 euro per le pensioni minime e la registrazione ad agosto scorso del 19esimo mese consecutivo di calo della produzione industriale, la manovra del governo prevede, infatti, di incrementare il bilancio integrato della nostra difesa a 32,2 mld per il 2025 aggiungendo 1,5 mld rispetto alla spesa del 2024 [nel 2016 il budget proprio della Difesa era pari a 19.423 milioni di euro]. Spenderemo 1,345 mld per le missioni militari italiane all’estero (attualmente l’Italia è impegnata un pò ovunque nel mondo, con più di 30 missioni, in 40 paesi, con 12mila militari). Abbiamo speso 12,5 mld nel 2024 per acquisti di armi dalle industrie militari ed è previsto un aumento dei finanziamenti di circa 7,5 miliardi nel triennio 2025-2027.

Il problema grosso è che questi aumenti di spesa più che rispondere ad esigenze nostrane rispondono alle richieste USA-NATO per combattere guerre non nostre che ci hanno già danneggiato enormemente (per dare armi a Ucraina e Israele e per le missioni all’estero).

Il disimpegno nello spazio europeo consentirà a Trump di concentrare le energie USA nel conflitto con la Cina. Ricordiamo che Trump nel precedente mandato continuò ed intensificò le sanzioni alla Cina inaugurate da Obama.
Sinora Trump non si è personalmente pronunciato contro l’escalation in atto nel mar cinese meridionale. Vance, il vicepresidente di Trump, ha dichiarato: il vero problema è la Cina.
Certamente potrebbe decidere di scendere a patti con la Cina cercando un modo non militare di raddrizzare i conti con l’estero, imponendo piuttosto all’Europa di elevare dazi contro le importazioni cinesi per evitare che i processi inflattivi possano ulteriormente colpire gli USA mentre avranno come conseguenza la guerra commerciale tra Cina ed Europa e l’alimentazione dell’inflazione europea.

Promesse di Dio

In Medioriente non si farà scruopoli e affiancherà decisamente il regime terrorista, genocida, sionista ad ultimare il suo lavoro di spianamento della Striscia così come in Cisgiordania. Assecondare le mire sioniste verso la grande Israele gli consentirà di tentare di riconquistare il proprio controllo sul Medioriente rispetto a Russia e Cina, mirando decisamente allo scontro con l’Iran in piena continuità con la sua precedente amministrazione. Ricordiamo che Trump fece uccidere Soleimani e fece saltare l’accordo nucleare con l’Iran mentre spostava la capitale da Telaviv a Gerusalemme cercando di imporre ai Palestinesi il suo piano del secolo a loro completo sfavore… Ricordiamo anche il trattamento che avrebbe voluto riservare agli universitari statunitensi che lottavano contro il genocidio: lui avrebbe saputo fermarli usando il pugno di ferro. Insomma non possiamo escludere che Trump non porti ad intensificare il l’attuale conflitto con l’Iran via Israele. Nel frattempo però l’Iran fa parte dei BRICS e della SCO e a breve Putin concluderà con quel Paese, decisivo nei nuovi equilibri mediorientali in costruzione, un accordo simile a quello con la Corea del Nord. Data l’alleanza militare, in rapido corso di definizione tra Iran e Russia, ciò potrebbe portare ad una grave escalation al di là dei confini mediorientali.
Trump ha tanti motivi per non accettare la rivoluzione in corso in MedioOriente (vedi anche il mio La transizione in atto verso un mondo nuovo è ormai frenabile solo dalla guerra globale).

Cina & Russia

Un altro fronte di guerra contro Russia e Cina che si è già aperto da tempo, sarà per Trump la guerra, per ora solo fredda, in cima al mondo, per la contesa sulle risorse dell’artico e il controllo dei nuovi corridoi commerciali, vere e proprie scorciatoie rispetto alle vie più tradizionali. L’inserimento di Finlandia e Svezia nella NATO vanno esattamente in questa direzione.

Accetterà Trump di vedere la nuova realtà multipolare in corso e accettare il conseguente necessario ridimensionamento degli USA come un polo tra gli altri?

Il suo ‘America First’ inteso come volontà di ritorno all’aspirazione ad una completa egemonia imperiale USA sul resto del mondo è ormai impraticabile e dovrebbe viceversa assumere il senso di una politica estera sovrana tesa prima di tutto a salvaguardare gli interessi del popolo americano, i quali, ovviamente, escludono la guerra globale nucleare.
Speriamo prevalga quest’ultima opzione e che gli USA tornino ad essere un paese normale, un polo collaborativo tra gli altri.
Le sue prime dichiarazioni lasciano ben sperare: «Voglio dire alla comunità mondiale che, mentre metteremo sempre al primo posto gli interessi dell’America, tratteremo in modo equo con ciascuno, tutti i popoli e tutte le altre nazioni. Cercheremo un terreno comune, non l’ostilità; la partnership, non il conflitto».

bombardamenti

In Italia dovremmo sapere approfittare del momento storico, uscire da tutte le guerre in cui siamo stati ficcati, e provare con determinazione a svincolarci dal vincolo esterno atlantico ed europeo mirando all’esercizio della nostra sovranità secondo Costituzione.
I popoli, in generale, piuttosto che affidarsi al presunto salvatore di turno, dovrebbero mostrare tutta la loro forza scendendo a milioni nelle piazze sino ad abbattere qualsiasi quadro dirigente guerrafondaio.

(1) La Cina contrariamente agli USA sono un paese creditore nei confronti del resto del mondo. I dati sulla net international investment position espressi in miliardi di dollari a prezzi correnti dicono che gli Stati Uniti e la Cina sono arrivati nel 2021 a registrare un picco storico rispettivamente nel passivo netto e nell’attivo netto verso l’estero. Tra i grandi paesi in attivo troviamo infatti Cina (+4108), Arabia Saudita (+612) e Russia (+484), mentre tra i maggiori paesi in passivo abbiamo Stati Uniti (-18124), Regno Unito (-995), Francia (-908), Australia (-587). Si noti come i paesi debitori siano anche quelli più militarmente aggressivi nel conflitto in corso.

(2) vedi https://yakovpartners.ru/upload/iblock/9c2/ci594n0ysocxuukw7iliw6qtr4xz6cc4/BRICS_Research_on_IMFS.pdf

 

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