L’Europa alimenta i conflitti armati e va alla guerra

La guerra ci costa la terra

costi corsa alle armi

Sono trascorsi solo 20 anni e l’Unione europea, lentamente si è preparata per trasformarsi in una potenza militare, con armi, tecnologie e tanti soldati. Nessuna istituzione democratica e neanche l’opinione pubblica europea ne sono consapevoli dall’inizio di questa trasfromarzione e ancora più grave la distrazione delle istituzioni giudiziarie. In questo periodo, gli Stati dell’Unione europea hanno organizzato e partecipato a molte m issioni militari ed in particolare nel continente africano.

Le prove, tutti i passaggi strategici, i costi, le responsabilità, la storia di questa veste dell’Unione europea è tutta nel dettaglio del nuovo rapporto, pubblicato dal Transnational Institute (TNI). Una puntuale analisi e critica di 20 anni di missioni militari dell’UE nell’ambito della PSDC, con particolare attenzione alle 10 missioni più recenti o in corso.

Il rapporto rileva che, mentre la retorica ufficiale suggerisce che le missioni militari mirano ad aumentare la stabilità nei rispettivi Paesi, in realtà l’UE è guidata dai propri interessi e lo sviluppo di queste missioni e il loro dispiegamento esemplificano una logica coloniale, incentrata sul controllo dell’accesso a materie prime cruciali, a importanti rotte commerciali, sulla garanzia di profitti per il complesso militare-industriale e sulla proiezione dell’UE come “potenza militare”.

Dati SIPRI Armi e armamenti

Scarica QUI il rapporto TNI

Queste missioni operano sotto bandiera e mandato dell’UE e dispiegano personale militare in territorio straniero per condurre l’addestramento militare degli eserciti nazionali. I soldati addestrati si sono resi responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e di colpi di Stato, e alcuni di loro si sono uniti a gruppi armati non statali. Sebbene il “terrorismo” sia spesso citato come giustificazione della presenza militare dell’UE nel Sahel, i dati suggeriscono una causalità inversa: l’interferenza militare provoca gruppi armati non statali, che a loro volta vengono utilizzati per giustificare un’ulteriore militarizzazione. Nonostante i suoi scarsi risultati nel portare pace e stabilità, l’UE continua a dispiegare nuove missioni.

Materie prime, fonti energetiche, mezzi e vie sicure per il trasporto e la commercializzazione e tutto questo, generalmente viene raggiunto con la forza, con le armi con la fuerra. Le armi, il comune denominatore è sempre il complesso militare belico industriale e ogni giorno deve essere il giorno più importante della lotta globale sulle spese militari (GDAMS).

Non mancano analisi profonde, sono conosciute le indutrie, la proprietà, i profitti ed è sufficiente leggere e consultare un altro importante report realizzato dal  SIPRI, i nuovi dati sulla spesa militare per l’anno 2023 e le cifre mostrano una crescita molto forte della spesa militare, che raggiungerà i 2.44 trilioni di dollari, con un aumento del 6,8% rispetto al 2022. I primi 10 paesi che spendono di più hanno tutti aumentato la loro spesa militare, e possiamo anche vedere che essa sta aumentando in tutte le regioni del mondo – soprattutto Europa, Asia e Oceania e Medio Oriente – a causa delle recenti tensioni e conflitti.

L’appello da queste pagine è molto semplice, è necessario organizzare azioni in tutto il mondo, conferenze stampa come quanto già organizzato a Seoul, Manila e Sydney e un maggiore pressione sui media in generale. Nel prossimo appuntamento al Eirenefest: festival del libro per la pace e la noniolenza sarà opportuno valutare la partecipazione e la diffusione di un tema così importante. In un contesto di guerra e di drammatica crisi socioeconomica, occorre essere uniti e agire per sollecitare i cittadini di tutto il mondo a impegnarsi per affrontare la crisi socioeconomica.

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