La vera storia della crisi greca

Un esperimento sociale criminale

Grecia crisi sociale

di Andrea Vecchiarelli

Correva l’ anno 2009, ufficialmente nell’autunno quando il neo primo Ministro Papandreou rivela pubblicamente (forse intravedendo nubi minacciose all’orizzonte) che i bilanci economici trasmessi dal precedente governo all’ Unione Europea contenevano gravi inesattezze resesi necessarie per garantire l’ ingresso della Grecia nella Unione europea.
A questo punto vorrei utilizzare un metodo comunicativo;
“Verità ufficiale”: Verità che è stata comunicata ufficialmente attraverso gli organi di informazione
“Verità celata”: Quella effettiva coperta da un velo di oblio.

Grecia Acropoli Vendesi

Verità ufficiale:
La Grecia ha vissuto per anni molto al di sopra delle proprie possibilità, alimentando una spirale di insostenibilità dei conti con un costo della spesa pubblica fuori controllo, alti livelli di corruzione, scarsa produttività dello Stato e questo ha portato alla crisi dei sistemi finanziario del paese, mettendo a rischio la stabilità dell’ intera area euro.
Il discorso relativo ai bilanci “truccati” con cui la Grecia è entrata in Europa comunicati dal primo ministro greco è stato prontamente accantonato dai piani comunicativi della Governance Europea.
Verità celata:
Per capire la genesi della crisi si deve fare un salto indietro nel tempo di una ventina di anni.
Correvano gli anni 80 del secolo scorso quando i debiti pubblici degli Stati ( greco come quello italiano) erano uno strumento con cui uno Stato Sovrano assolveva al proprio compito “istituzionale “ ossia quello di rendere efficace la risorsa pubblica (data dalla differenza tra le tasse e la spesa pubblica).
Nel caso in cui le tasse non fossero state in grado di garantire un efficace livello di standard dei servizi lo stato emetteva i propri titoli di debito DECIDENDO LUI il tasso da corrispondere come giusta remunerazione del capitale con cui gli investitori acquistavano i titoli stessi.
Insomma era un rapporto alla pari tra uno Stato Sovrano che chiedeva risorse decidendo quanto remunerare il capitale e gli investitori che decidevano di investire il proprio denaro nei titoli pubblici.
Questo meccanismo era reso possibile dal fatto che la banca centrale era una istituzione di proprietà dello Stato e – in quanto tale – chiamata in causa ad acquistare eventuali titoli rimasti invenduti.
Un esempio chiarisce meglio il concetto.
Se ad es. lo stato Italiano decideva di emettere titoli per 10 mld di lire imponendo il tasso di interesse e i mercati reagivano tiepidamente acquistandone solamente 9 mld, il ministero del tesoro chiamava in causa la banca di Italia chiedendole di stampare moneta pari proprio ad 1 mld di lire con cui comprare i titoli rimasi invenduti.
Cosa accade negli anni 80, precisamente nell’ anno 1981?
Con una lettera (si esatto una lettera ossia con lo stesso metodo con cui si comunica ad esempio che la ditta che eroga i servizi di mensa per i tuoi dipendenti è cambiata) il Ministero del Tesoro solleva la Banca d’ Italia dall’obbligo della garanzia del collocamento integrale in asta dei titoli offerti.
Da quel momento si crea di fatto uno sbilanciamento esagerato di poteri tra lo Stato sovrano e i mercati perché, in pratica è come se lo Stato stesso comunicasse ai mercati di decidere essi stessi il tasso di interesse che dovrà essere loro corrisposto, non potendo più correre il rischio di trovarsi con un deficit di liquidità dovuto ai titoli rimasti invenduti.
Questo accadde in Italia e questo accadde in quegli anni negli altri paesi europei, Grecia compresa.
Torniamo alla crisi Greca.
Ciò che si verifico’ in quegli anni è che i mercati fecero il loro mestiere ossia iniziarono a strozzare la Grecia, Stato Sovrano chiedendo tassi di remunerazione del capitale via via sempre crescenti, agevolati in questa operazione dalle agenzie di Rating che “consigliarono” i mercati di non investire in quei titoli, poco affidabili, e cosi facendo contribuirono a far lievitare il valore dei tassi di remunerazione.
Insomma la Grecia entro’ in una spirale perversa di emissione di titoli a tassi di interesse sempre crescenti fino ad essere stritolata e ad essere costretta a dichiarare ufficialmente la propria impossibilità di onorare i pagamento degli interessi.

Manifestazioni ad Atene e nel Paese contro le restrizioni della BCE

Verita ufficiale:
A questo punto si è reso necessario l’ intervento del fondo “salva stati” (a proposito; il fondo salva stati NON esiste, e solo in quel caso il MES ha avuto questa denominazione, forse perché questo termine “romantico” evoca l’ idea di un intervento benevolo che aiuta la popolazione di uno stato a salvarsi).
La troika ha imposto misure severe ma giuste verso il popolo greco che sopporterà dosi dolorose di austerità per il bene dei propri figli.
Verità celata:
Il Primo Ministro Greco dell’ epoca, intuendo che la situazione stava precipitando in modo drammatico si affretta a dire che il Governo greco precedente aveva “truccato” i bilanci economici greci per entrare in Europa.
Questa notizia, vera o falsa che potesse essere viene rilanciata tiepidamente dalla Governance europea e immediatamente ridimensionata fino ad essere velocemente nascosta sotto un velo di oblio.
Come il lettore potrà facilmente intuire, infatti, un paese NON entra in Europa attraverso una autocertificazione, bensi’ attraverso un rigoroso processo di revisione dei bilanci da parte di un advisor (nel caso greco una delle principali banche d’affari) accompagnato dallo sguardo attento della Commissione Europea.
E’ di tutta evidenza che si sarebbe creato un incredibile deficit di stima e credibilità verso la governance europea e le società di revisione se la notizia dei bilanci truccati fosse risultata veritiera.
In realtà è accaduto che le principali banche Tedesche e Francesi (ma non solo) avevano investito in maniera poco attenta nei titoli di Stato Greci sulla base del meccanismo sopra indicato e confidando nell’ intervento della Unione Europea nel caso in cui le cose fossero precipitate.
Cosa che puntualmente è avvenuta.
Se noi vivessimo in un mondo “coerente” con le proprie responsabilità sarebbe dovuto accadere che le banche creditrici che con avidità si erano riempite la pancia di titoli pubblici greci avrebbero dovuto rinegoziare i titoli di Stato con la Grecia stessa ed avrebbero dovuto accettare pesanti svalutazione dei titoli in loro possesso, registrando ingenti perdite nei propri bilanci.
E invece cosa accadde ?
Accadde che – puntualmente – intervenne il MES, ossia una banca che salva le banche con i soldi dei contribuenti greci e di 200 ML di cittadini Europei (vedi mio articolo sul MES).

CONSIDERAZIONI FINALI:
E’ doveroso ricordare che il “piano di salvataggio “ della Troika fu sottoposto a referendum popolare annunciato dal Primo Ministro Tsipras il 27 giugno 2015 e vide prevalere i NO al con il 63 % delle votazioni.
Nonostante questo il piano fu di fatto imposto e, In cambio dell’ aiuto finanziario della UE e del FMI la Grecia adotto’ misure draconiane e profondi piani di auterità controllati attentamente dalla Troika che, di fatto si sostituì alle istituzioni democraticamente elette imponendo le proprie condizioni, disegnando una delle pagine più buie per le democrazie europee dai tempi della guerra mondiale.
Il piano ha preso forma in 3 piani di “salvataggio” (2010/2015).
Dal 2010 ben 13 piani di austerità lacrime e sangue sono stati approvati dai governi che si sono succeduti; tra questi anche quello di Alexis Tsipras che – eletto sulla base di una piattaforma anti austerità ha dovuto piegarsi alle condizioni dei creditori.
Ma quale è stato il risultato di questi programmi di cosiddette riforme e di riduzione del peso dello Stato ?
Il calo brutale del PIL greco ha comportato un crollo dell’ investimento (quasi del 70 %) rispetto al livello del 2008) e dello stock di capitale, con un effetto negativo anche sulla produzione potenziale che è oggi inferiore del 15 % a quella del 2008.
Fa impressione notare come, mentre il calo del PIL reale si è arrestato nel 2013, il PIL potenziale continua a calare mostrando come le ferite imposte dalla Troika abbiano intaccato in modo irreversibile i fondamentali della economia Greca.
E’ difficile vedere quali possano essere i vantaggi a lungo termine che giustificherebbero gli ingenti sacrifici di quegli anni.
Sono invece evidenti i vantaggi per quegli istituti bancari che investirono in modo poco attento nei titoli di debito greco e che – di fatto – beneficiarono del più grande piano di salvataggio di istituzioni private con i soldi dei contribuenti.

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