Un invito a Mattarella a farsi promotore del riconoscimento bilaterale dello stato di Palestina e di annullare qualsiasi cooperazione militare in atto e futura con lo stato di Israele per tentare di evitare che l’Italia sia individuabile quale stato complice, a livello internazionale, nella commissione di genocidio a danno del popolo palestinese. La Palestina nel corso del tempo ha funzionato da Poligono di tiro dove provare e sperimentare armi di nuova concezione concepite grazie alla cooperazione italo israeliana codificata nella legge 94 del 2005.
di Francesco Cappello
Il 29 novembre 1947 le Nazioni Unite, con la risoluzione 181, decisero la suddivisione della terra di Palestina in due Stati. Lo Stato di Israele esiste dal maggio del 1948; quello di Palestina non è mai esistito come Stato sovrano. Da sempre, l’espansione degli insediamenti israeliani nei territori occupati nel 1967, la confisca di terre di privati palestinesi, la distruzione di case e strutture civili e produttive e di tutti quei beni essenziali alla vita, sacrificati alla predazione quotidiana che Israele ha praticato a danno del popolo palestinese, hanno reso impraticabile il progetto di “due Stati per due popoli“, sancito diplomaticamente con il trattato di Oslo del 1993 quando era in carica il primo ministro, Yitzhak Rabin. Viceversa i 30 anni di impegno politico di Netanyahu, sono stati focalizzati nell’opposizione alla nascita di uno Stato palestinese. Le conseguenze sono note: intifada, attentati, insediamenti coloniali illegali e massacri conseguenti alle tante operazioni militari israeliane su Gaza.
Gli elementi essenziali per l’esistenza di uno Stato consistono nella coesistenza di tre elementi fondamentali: un popolo, un territorio e il potere d’imperio (sovranità) di quel popolo sul proprio territorio. Ebbene Il diritto di imperio o di semplice autodeterminazione del popolo palestinese non è mai stato concesso. I territori palestinesi risultano ormai occupati in larghissima misura e oggi siamo di fronte ad un’esplicita volontà di deportazione del popolo palestinese dalla propria terra (Il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, il 9 ottobre 2023 ha twittato: «ora abbiamo tutti un comune obiettivo: cancellare la Striscia di Gaza dalla faccia della terra» e rendere completamente inabitabili le città della Striscia ormai quasi interamente rase al suolo.
Distrutti dai bombardamenti edifici privati e pubblici: case, ospedali, scuole, università, uffici catastali, ecc., persino l’archivio anagrafico della città, il che rende ancora più difficile l’individuazione e la conta delle vittime. Secondo Martin Griffiths, coordinatore dei soccorsi d’emergenza delle Nazioni Unite “Gaza è diventata un luogo di morte e disperazione“, dove sono state sfollate 1,7 milioni di persone in una striscia di terra diventata “inabitabile“.
È tornato il proposito di insediamenti di coloni israeliani nella Striscia. Esistono già progetti di costruzione e vendita di Resort e Residence israeliani vista mare… Il maggior numero di vittime è ormai causato oltre che dagli incessanti bombardamenti, da fame, sete, mancanza di ricoveri dal freddo, malattie e impossibilità di ricevere cure, ecc. Oltretutto il Dipartimento di Stato degli Usa ha deciso di sospendere i finanziamenti all’Unrwa (l’agenzia delle Nazioni Unite per gli aiuti ai palestinesi) solo perché Israele sostiene, senza alcuna prova documentale, che l’agenzia sarebbe stata infiltrata da dipendenti sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre. A nulla è valso il licenziamento dei dipendenti che Israele ha indicato come colpevoli; i tagli che ne sono seguiti impediranno all’Unrwa di operare l’attività di assistenza umanitaria che garantiva quel pò di cibo, acqua e prima assistenza che si riusciva a far arrivare a centinaia di migliaia di persone nella striscia di Gaza. L’Unrwa è stata presa di mira non a caso essendo una delle maggiori fonti delle prove documentali nel processo della Corte internazionale di giustizia contro Israele. Il 26 gennaio, infatti, la Corte aveva stabilito che le accuse di genocidio contro Israele fossero plausibili e che il processo aperto dalle accuse del Sudafrica dovesse continuare.
Abbiamo assistito persino al tentativo di deumanizzazione dei palestinesi: Yoav Gallant, annunciando “l’assedio totale di Gaza”, ha definito “animali umani” i palestinesi mentre ribadiva che “non ci sarà elettricità, né cibo, né carburante” nella Striscia.
In definitiva tutti e tre gli elementi essenziali che dovrebbero coesistere perché si possa parlare di Stato – territorio, popolo, sovranità – vengono negati al popolo palestinese compreso il diritto stesso all’esistenza.
Oggi, almeno sulla carta, sembrano di nuovo in tanti a chiedere la soluzione dei due stati. Una soluzione che Netanyahu sta tentando di rendere del tutto impraticabile ribadendo che fino a quando ci sarà lui alla guida del governo non ci sarà nessuno Stato di Palestina: “L’ho detto anche agli Stati Uniti“. Evidente come Netanyahu stia rendendo strutturalmente impossibile la costruzione di uno stato palestinese eliminandone ogni presupposto anche fisico…
L’assemblea delle Nazioni Unite aveva già riconosciuto sin dal 2011 lo stato di Palestina come stato non-membro con statuto di osservatore con il sostegno di 137 paesi a favore e 9 contrari. Molti paesi nel mondo riconoscono la Palestina, alcuni ospitando ambasciatori palestinesi nelle proprie capitali.
Riconoscimento bilaterale
A livello mondiale, lo Stato di Palestina è riconosciuto da 139 Paesi. Si tratta di più dei 2/3 dei membri delle Nazioni Unite. In pratica c’è riconoscimento bilaterale dello stato palestinese da parte di quasi tutti i paesi di Asia, Africa e America Latina. Ovviamente nella lista mancano gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Giappone, la Corea del Sud. Se si escludonono Spagna, Svezia e Belgio, la maggior parte dei Paesi membri dell’unione europea, compresa l’Italia, non riconoscono lo Stato palestinese, al contrario di quanto avviene nel resto del mondo. Malta, Cipro, Polonia, Ungheria, Cechia, Slovacchia, Romania e Bulgaria lo avevano già riconosciuto prima di diventare membri dell’Unione.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso delle recenti celebrazioni della giornata della memoria ha dichiarato:
Coloro che hanno sofferto il turpe tentativo di cancellare il proprio popolo dalla terra sanno che non si può negare a un altro popolo il diritto a uno Stato.
Ecco, l’Italia non è né tra i 139 paesi che hanno riconosciuto bilateralmente lo Stato di Palestina né appoggia l’azione giudiziaria sudafricana come fanno 57 paesi in tutto il mondo (1) e il 28 ottobre scorso si è astenuta alla votazione della risoluzione, approvata dall’Assemblea Generale dell’Onu, per l’immediato cessate il fuoco. Oltretutto il nostro paese è complice delle azioni criminali e genocidiarie di Israele cooperando militarmente con esso da quasi venti anni! Il rapporto di cooperazione essendo stato codificato dapprima in un memorandum di intesa del 2003 e successivamente ratificato dalla legge 94 del 2005. Vedi il mio Da vent’anni li aiutiamo a compiere i peggiori crimini.
Non è più possibile continuare a farci complici di un Paese sotto accusa per crimini internazionali
La decisione preliminare della Corte di Giustizia dell’ONU dello scorso 26 gennaio con l’imposizione di misure cautelari è stato un primo risultato dell’azione giudiziaria voluta dal Sudafrica ed è già giuridicamente vincolante. In attesa della sentenza definitiva, la Corte ha disposto misure provvisorie alle quali Israele dovrebbe attenersi, anche se il tribunale di giustizia non ha alcun potere che le permetta di vigilare sulla loro effettiva attuazione. Tale decisione impone obblighi giuridici non solo a Israele ma anche a stati terzi eventualmente coinvolti nell’azione in corso a danno dei palestinesi che avranno ora l’obbligo di osservare le misure cautelari imposte dalla Corte per prevenire atti genocidiari nella Striscia di Gaza. Multinazionali che intrattengono commerci d’armi ma anche Stati che cooperano in qualsiasi forma con Israele, rispetto alle azioni in corso a danno dei palestinesi, rientrano tra coloro che dovranno rispettare tali misure. Come accennato sopra, con la legge 94 del 2005, di cooperazione militare tra Italia e Israele, l’Italia rientra pienamente tra tali stati collaborando al successo militare di Israele con esercitazioni congiunte, fornendo sistemi d’arma, addestramenti, condivisione di ricerca bellica e sviluppo congiunto di nuovi sistemi d’arma (Vedi il mio Da vent’anni li aiutiamo a compiere i peggiori crimini). Stati collaborazionisti e multinazionali belliche sono ora individuabili quali enti complici nell’attuazione (commissione) di atti genocidiari nella Striscia di Gaza. Il nostro Paese deve immediatamante porre termine a tutti i programmi in atto e futuri di cooperazione militare con Israele!
Come risulta evidente da quanto precede, i motivi per cui il governo Meloni asseconda colpevolmente i crimini internazionali commessi quotidianamente da Israele, rendendosene complice, oltre che per vergognosa sudditanza al blocco occidentale, comprendono anche la irrigimentazione del nostro paese in un rapporto di cooperazione militare Italia/Israele, ormai ventennale, codificato nella legge 94 del 2005.
Piuttosto l’Italia avrebbe dovuto/dovrebbe, riconoscere bilateralmente lo Stato di Palestina. Chiedere la restituzione delle terre sottratte ai palestinesi, la ricostruzione delle città distrutte rese completamente inabitabili dai bombardamenti a tappeto e il pagamento dei danni di guerra.
Noi, un’alleanza trasversale di cittadini, partecipanti la Campagna Fuori l’Italia dalla guerra, chiediamo tutto questo, chiediamo che il nostro paese cominci col riconoscere lo Stato di Palestina ed inviti nel contempo i paesi europei a riconoscimenti bilaterali.
Chiediamo che l’Italia appoggi anch’essa il processo in corso per iniziativa del Sudafrica per crimini di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra. Chiediamo che sia abolita nei suoi effetti presenti e futuri la legge 94 di cooperazione militare con Israele, l’immediata cessazione dei bombardamenti e che si dislochi una forza di interposizione internazionale dell’ONU nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania.
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(1) “l’azione giudiziaria del governo sudafricano presso il Tribunale internazionale di giustizia della NU è stata appoggiata dai 57 paesi dell’Organizzazione di Cooperazione islamica – che comprende l’Egitto, ma anche l’Albania – così come Turchia, Bolivia, Malaysia, Maldive, Namibia e Pakistan. Spagna e Belgio. Il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, ha espresso anch’egli il suo sostegno alla causa del Sudafrica: “Attendiamo con impazienza una sentenza giusta e coraggiosa che fermerà questa guerra aggressiva e porrà fine allo spargimento di sangue palestinese”. Iraq, della Giordania, del Libano, della Libia e dell’Autorità nazionale palestinese. Turchia, l’Iran e il Pakistan” e da oltre mille organizzazioni, partiti, sindacati e movimenti in tutto il mondo che hanno espresso il loro sostegno al Sudafrica. Per l’Italia aderiscono per il momento solo tre associazioni: Medicina democratica, l’Associazione di amicizia Italia-Cuba e la sezione nazionale della Women’s International League for Peace and Freedom (Wilpf)”.
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