di Maurizio Torti
Il 2023 non è ancora concluso ma è certamente l’annus horribilis per i giornalisti e la libertà di stampa, caratterizzato da numeri assolutamente negativi.
I giornalisti sono perseguitati in tutto il mondo ma chi sono i nemici? Chi mette nel mirino i giornalisti? Sono le autorità politiche per le indagini sui governi, i gruppi criminali e le imprese. Vengono uccisi, ricattati e incarcerati. È emblematica la storia di Julian Assange da circa 4 anni nel super-carcere di massima sicurezza londinese Belmarsh, senza alcuna accusa e senza aver subito nessun giudizio e condanna. Assange ha rivelato al mondo i crimini di guerra USA durante la guerra in Afghanistan e in Iraq. Ha denunciato i criminali che hanno ucciso decine di civili ma Lui viene perseguitato dagli USA che ne vogliono la testa. Washington è in attesa dell’estradizione da Londra per condannarlo a 175 anni di prigione.
Quanti sono i giornalisti attualmente in carcere?
Il rapporto di CPJ conta 363 giornalisti in carcere a causa del loro lavoro, mentre per RSF, che considera anche i non-professionisti, si tratta di 533, un numero mai registrato in precedenza. Due terzi di loro non sono mai stati processati.
Tre quarti dei giornalisti incarcerati si trovano in due regioni del mondo: Asia e Medio Oriente-Maghreb. La Cina mantiene il suo posto di principale Paese carceriere (centodieci giornalisti detenuti secondo RSF): la mancanza di nuove incarcerazioni non è da interpretare come un miglioramento, ma come un segnale di una censura e una sorveglianza sempre più crescenti.
Quanti sono i giornalisti uccisi?
Secondo l’ultimo rapporto pubblicato da RSF, nel 2022 sono stati cinquantotto i giornalisti e media worker uccisi a causa del loro lavoro, in aumento del 18,8% rispetto all’anno precedente. Sessantacinque giornalisti e media worker tenuti in ostaggio da organizzazioni non-statali e quarantanove dispersi.
Nel 2023 non ancora concluso sono 97 i giornalisti, operatori media ma i rapporti di RSF riferiscono di un calo delle morti e degli arresti. La risposta è semplice, RSF ha un comportamento poco chiaro rispetto al metodo e agli indicatori, in alcuni rapporti indica solo i giornalisti professionisti in altri include anche i non professionisti, cioè i produttori di contenuti. Questa altalena di metodo genera cifre diverse dovuta ad una interpretazione non molto comprensibile. Risalta questa ambigua metodologia negli eventi del conflitto tra Palestina e Israele. La maggioranza dei 97 giornalisti uccisi è palestinese, perchè RSF nel caso del conflitto non vuole contarli?
Giornalisti in carcere e uccisi ma ci sono altri aspetti importanti da segnalare nell’anno horribilis e coinvolgono l’Europa e l’Italia.
La libertà di stampa è nel mirino delle istituzioni europee con l’attivazione del DSA (Digital Service Act) e una maggiore sorveglianza e censura degli editori e creatori online.
L’Italia si trascina condizionata da storici problemi sulla libertà di stampa rappresentata al 41° posto Pubblicato nel Rapporto, come al solito censurato del 2023 e curato, come ogni anno, da (RSF), Reporter Senza Frontiere. In un contesto globale dipinto a tinte sempre più fosche, il Paese recupera qualche posizione, ma restano irrisolte questione fondamentali come un intervento normativo sulla diffamazione e le intimidazioni, che sempre più spesso viaggiano online.
In questo contesto il 13 dicembre c’è stato un tentativo “liberticida” con il ddl Baldoni proprio sulla diffamazione, “arma letale” contro i giornalisti italiani”.
È stato fatto un tentativo di portare avanti una proposta di legge molto pericolosa e arma per uccidere l’informazione italiana. Dopo anni, in questo disegno di legge scompare il carcere ma impone agli stessi giornalisti enormi limiti sulla pubblicazione delle notizie.
Nuove sanzioni fino a 50mila euro da aggiungere eventualmente ai danni in sede civile. Il disegno di legge è a firma del senatore di FDI, Alberto Baldoni e secondo firmatario il capogruppo di FDL Licio Malan.
Immediatamente le reazioni della Federazione Nazionale della Stampa il 14 dicembre riunita in assemblea straordinaria per opporsi a questo tentativo a tenaglia portato avanti dall’Italia e dall’Europa. Pronti ora una serie di emendamenti nel tentativo di fermare questa nuova manovra per intimidire sempre di più chi oggi si occupa di informazione, professionisti e non solo.
E ancora l’Europa ci riprova con il Media Freedom Act la prima legge europea sulla libertà e la trasparenza dei media, un nuovo disegno di legge ricco di trappole infernali, la più pericola, nonostante le rassicurazione, è avvolta dalla poca chiarezza: la clausola esplicita che avrebbe permesso di spiare i giornalisti per tutelare “la sicurezza nazionale”.
Dopo diverse ore di discussione in primavera l’attivazione. Nonostante alcune rassicurazioni è stato riformulato il passaggio più controverso e criticato sul controllo dei giornalisti e degli editori e creatori di contenuti. La relatrice della nuova legge Ramona Strugariu riferisce: “non c’è alcun riferimento alla salvaguardia della sicurezza nazionale in nessuna parte di questo testo. C’è una disposizione generale, nell’articolo 4.4, che dice che dobbiamo rispettare le responsabilità degli Stati per ciò che riguarda i trattati”
Nel confronto, purtroppo l’Italia spingeva verso tutt’altra direzione pronta a opporsi con il veto pur di raggiungere l’obiettivo: la possibilità di spiare i giornalisti. Nell’aula c’è dell’ottimismo per la cancellazione nel testo di questi passaggi ma l’aria che tira verso la libertà di stampa è pesantissima.
Il terribile sviluppo e delle strette alla libertà di stampa è concentrato sull’informazione online,interviste, inchieste e articoli publicati dai media da professionisti e da creatori online.
La crescita sia in quantità sia in qualità dell’informazione online è in crescita esponenziale e più veloce della luce.
Alla base ci sono solo due scelte “lo faccio per soldi o per passione”.
Naturalmente non è una scelta che si pongono i big delle piattaforme social e i potentati dell’informazione online come descritto nell’ultimo rapporto di MedioBanca.
Nel 2022circaun terzo dell’utile ante imposte delle maggiori WebSoft mondiali è tassato in paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale di €13,6mld nel 2022e di €50,7mld cumulati nei quattro anni 2019-2022. L’aliquota media risulta pari al 15,1% nel 2022, inferiore a quella teorica del 21,9%. Nel periodo 2019-2022 la tassazione in Paesi a fiscalità agevolata ha determinato per Tencent, Microsoft e Alphabet un risparmio fiscale rispettivamente di €19,2mld, €12,3mld e€7,1mld. Dal 2024 dovrebbe diventare operativa anche in Italia la Global minimum tax che porterà ad applicare l’aliquota del 15% sugli utili realizzati dalle multinazionali con fatturato annuo superiore a 750 milioni.
Questo Annus horribilis è alla fine e una notizia positiva c’è: nasce la Federazione Internazionale Editori e Creatori Online
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