Dov’è finita la diplomazia europea?

L'Europa atlantica si contrappone all’“Europa mediterranea

Sala Consiglio Nazioni Unite. Official White House Photo, Shealah Craighead, Pubblico Dominio

di Gianmarco Pisa

Se è vero che il «concerto europeo» è stato, in molti casi, poco altro che una mera enunciazione di principio, quando non una vera e propria costruzione ideologica, è non meno vero, tuttavia, che l’Europa ha saputo esprimere, in passato, personalità e iniziative capaci di visione, orientate alla soluzione diplomatica dei conflitti e delle controversie in ambito internazionale. Noti sono, a tal proposito, i casi della Ostpolitik del cancelliere socialdemocratico Willy Brandt, nel cui contesto maturarono almeno tre iniziative diplomatiche, i trattati di Mosca e di Varsavia del 1970 e il trattato di Berlino del 1971; delle iniziative internazionaliste del leader socialdemocratico svedese Olof Palme; per non dire dei frangenti migliori della vocazione mediterranea della politica internazionale dell’Italia, quando Enrico Berlinguer, all’indomani della strage di Sabra e Chatila, manifestava raccapriccio ed esecrazione e si dichiarava «ostile all’antisemitismo come a qualsiasi altra forma di odio razziale, compreso quello di cui appaiono pervasi gli attuali governanti di Israele» (1982); oppure quando Bettino Craxi, in aula, ammoniva che «contestare a un movimento che voglia liberare il proprio Paese da un’occupazione straniera la legittimità del ricorso alle armi significa andare contro le leggi della storia. Si contesta quello che non è contestato dalla Carta dei principi dell’ONU: che un movimento nazionale che difenda una causa nazionale possa ricorrere alla lotta armata» (1985). Mutati il contesto, gli scenari, i protagonisti, cosa è rimasto di quelle parole, di quelle iniziative? O, per (provare a) rispondere alla domanda del titolo: dov’è finita la diplomazia europea? Il punto è che la diplomazia non solo presuppone autorevolezza, legittimità e credibilità da parte di chi la esercita, ma comporta anche indipendenza, autonomia, capacità di lettura del presente (e della storia) e visione degli scenari (e del futuro). Un insieme di caratteristiche che sembrano mancare oggi a non poche cancellerie europee e alle istituzioni stesse dell’Unione Europea. «L’Europa è un giardino dove tutto funziona. È la migliore combinazione di libertà politica, prosperità economica e coesione sociale che l’umanità sia stata in grado di costruire. Il resto del mondo non è esattamente un giardino. La maggior parte del resto del mondo è una giungla e la giungla potrebbe invadere il giardino»: sono le parole con cui, in un recente discorso, il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera e la sicurezza comune, ha illustrato la posizione dell’Europa nel mondo, con una retorica carica di pressione ideologica e di evocazioni colonialiste. Di fronte alla guerra per procura degli Stati Uniti e della NATO contro la Russia in Ucraina, non pochi analisti hanno lamentato la pressoché completa assenza della UE dal tavolo della diplomazia: proposte e spunti per la soluzione del conflitto sono giunti dalla Cina, dal Brasile, dai Paesi africani, nessuna dalla UE, che, sempre con le parole di Borrell, nel maggio scorso, ribadiva che «non è il momento di conversazioni diplomatiche sulla pace. È il momento di sostenere militarmente la guerra» e, in tal senso, «non abbiamo scelta». Una vera e propria dichiarazione di fallimento della diplomazia: che cos’è infatti la diplomazia se non la ricerca di soluzioni, piattaforme, percorsi alternativi – creativi – che aprano alla pace, se davvero la si vuole, nuove possibilità e, quindi, scelte? E del resto, la pace si fa tra (ex) nemici, o, per ricordare una massima di Nelson Mandela, «se vuoi fare la pace col nemico, devi lavorare col nemico. Così diventerà tuo alleato». La mancanza di autonomia, da parte dell’Europa, nel complesso e turbolento panorama internazionale del nostro tempo, è un’altra delle gravi zavorre che impediscono, di fatto, l’esercizio di una iniziativa coerente, orientata alla pace: autonomia, si badi, non nel senso della cosiddetta “autonomia strategica” e quindi del rafforzamento della difesa europea e della creazione di un esercito europeo; bensì nel senso di un profilo autorevole e di un ruolo autonomo da svolgere nello scenario internazionale, non come (minacciosa) potenza di guerra, bensì come (auspicabile) potenza di pace. Purtroppo, anche in questo senso, l’UE viaggia in direzione contraria. Come ricorda un recente documento del Parlamento Europeo, «l’UE ha rafforzato la sua cooperazione con la NATO in 74 progetti legati a sette diverse aree fra cui la cyber-sicurezza, le esercitazioni comuni e l’antiterrorismo» (2023); ancor prima l’UE aveva sancito, con la Dichiarazione congiunta sulla cooperazione UE-NATO del 10 gennaio 2023, che «la NATO rimane il fondamento della difesa collettiva … ed è essenziale per la sicurezza euro-atlantica. Riconosciamo il valore di una difesa europea più forte …, che contribuisca positivamente alla sicurezza globale e transatlantica e sia complementare alla NATO e interoperabile con essa». Questa visione di “Europa atlantica”, di fatto alternativa e in sostanza contrapposta all’“Europa mediterranea”, impedisce all’Europa di svolgere credibilmente una funzione diplomatica e di agire effettivamente per la pace. Occorrerebbe piuttosto ricuperare un profilo di credibilità e autonomia, ricostruire rapporti e legami, volgere lo sguardo non solo a Nord e a Ovest, ma soprattutto a Est e a Sud. Anche per le società civili dei Paesi europei la sfida non è da poco: diplomazia dei popoli, iniziative congiunte di solidarietà e di cooperazione, corpi civili di pace – sul serio – come azione civile, non militare, non armata e nonviolenta, che quindi non ammette «forme di collaborazione o sinergia» con i militari, da parte di operatori e operatrici che, come terze parti, «sostengono gli attori locali nella prevenzione e trasformazione dei conflitti» ai fini della «promozione di una pace positiva», non solo, cioè, la pur necessaria cessazione della violenza ma anche l’affermazione di diritti umani e giustizia sociale.

Alcuni riferimenti:

Enrico Berlinguer, Festa nazionale dell’Unità, Tirrenia, 19 settembre 1982:

https://berlinguervitavivente.it/2017/06/15/la-voce-del-segretario-la-folla-di-tirrenia-1982

Bettino Craxi, Intervento alla Camera dei Deputati, 6 giugno 1985:

https://www.kulturjam.it/costume-e-societa/quando-craxi-e-la-palestina

European Diplomatic Academy: Opening remarks by the High Representative Josep Borrell at the inauguration of the pilot programme, 13 ottobre 2022:

https://www.eeas.europa.eu/eeas/european-diplomatic-academy-opening-remarks-high-representative-josep-borrell-inauguration-pilot_en

Borrell: “Non è il momento di parlare di pace con la Russia”, euronews, 5 maggio 2023:

https://it.euronews.com/my-europe/2023/05/05/borrell-non-e-il-momento-di-parlare-di-pace-con-la-russia

Consiglio dell’Unione europea: Una bussola strategica per la sicurezza e la difesa, 21 marzo 2022:

https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2022/03/21/a-strategic-compass-for-a-stronger-eu-security-and-defence-in-the-next-decade

Difesa: l’UE sta creando un esercito europeo?, 12 settembre 2023:

https://www.europarl.europa.eu/pdfs/news/expert/2019/7/story/20190612STO54310/20190612STO54310_it.pdf

Dichiarazione congiunta sulla cooperazione UE-NATO, 10 gennaio 2023:

https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2023/01/10/eu-nato-joint-declaration-10-january-2023

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