di Anna Rossi
Mentre i media, infatti, si concentrano su tutt’altre questioni, i servizi idrici in Italia vengono spinti verso la privatizzazione; si dichiara che parte della tariffa idrica pagata dagli utenti viene percepita su una base incostituzionale; su scala mondiale l’acqua viene “declassata” a livello di bisogno e non viene riconosciuta come un diritto. Tutto questo alla quasi totale insaputa della maggior parte dei cittadini italiani.
Il nostro Paese, dunque, benché non abbia grossi problemi di scarsità, incontra enormi difficoltà nel completare e concepire in maniera compiuta il ciclo integrato dell’acqua.
L’anello debole del ciclo sembra essere soprattutto quello della depurazione e a conferma di ciò è intervenuto l’ultimo avvertimento della Commissione per il recepimento della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 1991/271/CEE): è fondamentale adeguare subito gli impianti non a norma per poter dare effettività alle politiche idriche ed evitare nuove procedure di infrazione.
La messa a norma degli impianti di depurazione e il controllo degli scarichi è dunque un passaggio fondamentale, da cui non si può prescindere.
John Fitzgerald Kennedy affermava che “chi avrà risolto il problema dell’acqua meriterà due premi Nobel, uno per la pace e uno per la scienza”. La lungimiranza di questa riflessione è oggi confermata dal crescere, sulla scena internazionale, del rischio di conflitti dovuti alla carenza di acqua, divenuta ormai vero e proprio “oro blu”. Si parla, per il secolo a venire, di una “crisi dell’acqua”, se non addirittura di water bomb, legata a quattro circostanze, ossia alla grande disparità nella ripartizione mondiale delle risorse; alle perdite ed alle gestioni inefficaci e distruttive delle risorse esistenti; alla crescita delle fonti di inquinamento ed all’aumento demografico continuo.
L’acqua è senza dubbio un diritto umano imprescindibile ed è un problema che riguarda tutti. La sua scarsità e i rischi correlati all’esaurimento delle scorte costituiscono una sfida impegnativa da affrontare necessariamente nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile, tutelando, quindi, la possibilità delle generazioni future di usufruirne.
Le Prospettive ambientali dell’OCSE al 2030 forniscono alcune analisi delle tendenze economiche e ambientali e alcuni esempi di politiche in grado di far fronte alle problematiche più importanti. Le Prospettive mettono in luce alcune problematiche a “segnale rosso”, per le quali cioè bisogna agire in fretta, e tra esse compaiono: la penuria d’acqua; la qualità delle acque sotterranee; l’uso e l’inquinamento agricolo delle acque.
Ad un esame più approfondito, è chiaro che la qualità dell’acqua in Europa è lontana dall’essere soddisfacente. Su questa constatazione si sono basate le politiche comunitarie.europee fino all’adozione della direttiva 2000/60/CE che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque.
In ogni caso, l’obbligo di assicurare i diritti di informazione dei cittadini e il coinvolgimento dei portatori di interessi nel governo allargato di un bene comune, pubblico, come l’acqua, “che non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto e difeso e trattato come tale”50, aprono la possibilità di sviluppare un movimento di reale innovazione delle forme della partecipazione della responsabilità individuale e associata.
In Italia, il tema della partecipazione è stato considerato, finora, in modo senz’altro inadeguato.
La partecipazione del pubblico deve essere, infatti, interpretata come un’opportunità. Le attività in corso sulla comunicazione volontaria e il sistema d’informazione sulle acque per l’Europa aiuteranno ad informare il pubblico in maniera trasparente, permettendo altresì di ottenere un maggior consenso sulle soluzioni adottate (e quindi anche una minore opposizione sociale nell’implementazione).
Un ruolo importante viene ricoperto anche dalla questione dell’elaborazione delle politiche di tariffazione. La Commissione è convinta che la tariffazione debba giocare un ruolo importante nel promuovere una gestione sostenibile delle risorse idriche e tuttavia la finalità dell’equilibrio economico risulta di fatto scarsamente perseguita in modo completo.Il nostro sistema tariffario si basa sul cosiddetto metodo normalizzato, che garantisce una tariffa commisurata ai reali costi sostenuti per l’erogazione del servizio idrico integrato e permette di ridurre gli effetti della selezione avversa e dell’azzardo morale. Questo metodo però può d’altra parte generare distorsioni e presentare difficoltà di implementazione: vi è infatti il rischio che in assenza di un sistema efficace di controllo, l’impresa aggiudicataria del servizio aumenti i propri profitti senza conseguire alcun miglioramento in termini di efficienza ma addirittura riducendo la qualità del servizio al fine di comprimere i costi operativi.
Viene confermata a livello internazionale, una visione assolutamente orientata alla produzione e allo sfruttamento economico di questa risorsa, che quasi sottovaluta la drammaticità delle statistiche e delle problematiche che si pongono relativamente all’acqua.
Sottovalutate sembrano essere pure considerazioni di carattere più specificamente sociale ed ambientale e probabilmente anche l’Unione europea sembra enfatizzare principalmente gli aspetti di prezzo, a discapito invece dei limiti naturali, ecologici e delle problematiche relative all’accesso.
Dall’analisi del caso nazionale, bisogna subito sottolineare che la situazione italiana appare piuttosto problematica.
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