Non esiste nessun motivo per innalzare il valore di attenzione per i campi elettromagnetici generati dalle alte frequenze se non quello economico da parte dei gestori delle telecomunicazioni che intendono, dopo aver acquistato le licenze per il 5G, risparmiare sui costi delle infrastrutture!
Ed è per questa ragione, e dopo che Associazioni e Comitati sono venuti a conoscenza di una proposta, da parte del Ministero dell’Industria e del Made in Italy, di portare i limiti in vigore per il settore delle telecomunicazioni oltre la soglia di rischio, che nasce la Rete 6V/m.
Per difendere il diritto alla salute delle persone.
A sostegno della proposta di innalzamento degli attuali limiti vi è uno studio del Politecnico di Milano, condotto per conto di Asstel, l’Associazione di categoria di Confindustria, che stima, come, con l’attuale normativa, il 62% degli impianti risulterebbe non espandibile al 5G, il che comporterebbe, a livello nazionale, di dover reingegnerizzare o delocalizzare 27.900 impianti, con un esborso aggiuntivo di circa 4 miliardi di euro a carico degli Operatori radiomobili.
Questo, quindi, il vero motivo che spinge il settore delle telecomunicazioni a richiedere, ormai da anni, di aumentare i limiti espositivi fino a 61 V/m, valore stabilito a livello europeo per evitare il riscaldamento dei tessuti ma non per proteggere dagli effetti biologici avversi sugli organismi viventi, uomini, animali e piante.
Eppure, sono tanti i motivi per non aumentare i limiti di esposizione, compresi quelli tecnici di sviluppo della tecnologia 5G che, anche a detta delle stesse Arpa, è possibile attivare con gli attuali limiti purché si seguano criteri progettuali basati su un corretto dimensionamento e posizionamento degli impianti sul territorio. Le Agenzie Ambientali, inoltre, sottolineano come l’avvento del 5G porti all’attenzione anche un altro problema, quello legato alla “saturazione dello spazio elettromagnetico”: opinione condivisa fra i tecnici, infatti, è che le potenze dichiarate da parte dei gestori che per primi arrivano in un sito, vengano massimizzate al fine di “accaparrarsi” più spazio elettromagnetico possibile in vista di una eventuale futura implementazione di nuovi impianti, in una logica volta a limitare l’azione della concorrenza.
Inoltre, va ricordato che:
- i limiti indicati dalla Commissione Europea sono indicati come valori da non superare, e non da raggiungere;
- tali valori, oggetto di analisi vecchie più di 25 anni, sono indicati solo ed esclusivamente sulla base degli effetti termici. Sul tema risulta molto interessante l’articolo scientifico pubblicato lo scorso 8 maggio 2023 da parte dell’IEEE – Institute of Electrical and Electronic Engineers (Istituto degli ingegneri elettrici ed elettronici), la più grande organizzazione al mondo nell’ambito dell’ingegneria elettrica ed elettronica e delle tecnologie dell’informazione – nel quale viene ribadito come il valore di 61 V/m si riferisca solo agli effetti termici, cioè al riscaldamento dei tessuti, e trascuri completamente gli ormai riconosciuti effetti biologici non termici, caratteristica per la quale alcune radiofrequenze vengono usate anche a scopo terapeutico;
- oggi esistono evidenze scientifiche adeguate sulla presenza di rischi sanitari, anche a bassi livelli di esposizione, i quali devono essere tenuti in considerazione per la salute degli abitanti, con particolare attenzione per donne in gravidanza, bambini, elettrosensibili, coloro che sono affetti da patologie, ma anche ai fini del mantenimento della biodiversità;
- i “livelli di riferimento” di cui all’allegato III della Raccomandazione del Consiglio 1999/519/CE di 61 V/m per gli effetti termici, gli unici effetti considerati, risultano essere circa 10 volte più elevati, in termini di campo elettrico, dei 6 V/m previsti dal valore di attenzione vigente in Italia ma 100 volte più alti in termini di densità della potenza. È importante comprendere, quindi, che i 10 W/mq previsti dalla Raccomandazione Europea, se confrontati con gli 0,1 W/mq del nostro DPCM 8/7/2003 porterebbero ad un aumento dell’esposizione di 100 volte;
A questo si aggiunga che non esiste alcuna ragione normativa che costringa l’Italia ad adeguare i propri limiti di esposizione. La stessa Raccomandazione 1999/519/CE afferma che “gli Stati membri hanno facoltà, ai sensi del Trattato, di fornire un livello di protezione più elevato di quello di cui alla presente Raccomandazione”, specificando quindi che non esiste alcun obbligo di adeguamento agli standard europei.
Come non esiste neppure incompatibilità tra la normativa italiana e l’implementazione delle nuove tecnologie. Mentre ci sono, al contrario, “nuove” evidenze scientifiche che necessitano di essere prese in considerazione nel momento in cui si vuole rimettere mano alla normativa nazionale sul tema – la legge 36/2001 – che oltre a tutelare la popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza, cita per la prima volta il Principio di Precauzione, adottato nel codice dell’Ambiente solo nel 2006 e il Principio di Minimizzazione ALARA (As Low As Reasonably Achievable, il più basso ragionevolmente ottenibile-.
Per tutti questi motivi, la Rete 6 V/m e tutti i suoi firmatari chiedono con forza che venga ritirato ogni tentativo di innalzamento dei limiti elettromagnetici. Un punto fermo che ci vede uniti e sul quale non intendiamo fare un solo passo indietro.
Per adesioni: energia@legambiente.it
Coordinamento di Atto Primo Salute Ambiente Cultura
ADERENTI
Associazioni e Comitati
Legambiente, Lettelariamente APS, Comitato cittadini Ciampino no Antenna, ISDE Medici per l’Ambiente, Associazione Nazionale Riconoscimento MCS OdV, Gruppo Stop 5G Emilia, Associazione Atto Primo Salute Ambiente Cultura ODV, Associazione La Libellula, Gruppo per l’ambiente Valle del Serchio
Personalità
Fiorella Belpoggi, Direttrice Scientifica Emerita dell’Istituto Ramazzini, Comitato Scientifico di ISDE Medici per l’Ambiente, Comitato Etico Scientifico di Europa Verde, Consiglio Esecutivo del Collegium Ramazzini
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