di Maurizio Torti
In un’intervista al settimanale tedesco Die Zeit, pubblicata il 7 dicembre di quest’anno, la Merkel ha affermato che la conclusione degli accordi di Minsk era l’unica soluzione possibile per dare all’Ucraina il tempo di rafforzarsi e di ricostruire le forze armate. Ha sostenuto che era chiaro a tutti che il conflitto era congelato e che la questione non era stata risolta, “questo è ciò che ha dato all’Ucraina un tempo inestimabile”. Ha espresso il dubbio che all’epoca i Paesi della NATO fossero in grado di fornire un sostegno a Kiev nella misura in cui lo fanno ora. Gli accordi di Minsk hanno favorito anche i Paesi NATO e gli USA in quel momento incapaci e impreparati.
La confessione della Merkel è politicamente gravissima, indebolisce ancora di più la fiducia dei cittadini verso le Istituzioni internazionali. La causa dell’inganno per mezzo degli accordi di Minsk, condanna l’Occidente a una pesante responsabilità verso la morte di oltre 14mila persone tra civili e militari di ambo le parti.
Hollande, ex Presidente francese e garante degli accordi di Minsk, non è riuscito a restare nel silenzio e conferma quanto ammesso dall’ex premier tedesca.
A pochi mesi dalla firma degli accordi di Minsk c’è anche un cambio alla presidenza dell’Ucraina che ha mostrato un atteggiamento molto ambiguo in relazione agli accordi. Petro Poroshenko, l’ex Presidente ucraino che ha promosso la loro stipula, conferendo i poteri di rappresentanza a Leonid Kuchma, è stato sottoposto ad un procedimento penale per alto tradimento per fatti connessi alla conclusione degli stessi e, in particolare, per gli accordi di fornitura di carbone con le regioni del Donbass. Il procedimento si è concluso con un’assoluzione. Le autorità ucraine non erano soddisfatte, dovevano distruggere politicamente i firmatari dell’accordo di Minsk e il Parlamento ucraino avvia una inchiesta parlamentare sulla possibile violazione della Costituzione ucraina connessa sempre alla stipula degli accordi di Minsk e alle successive riforme promosse proprio da Poroshenko per adeguarvisi. D’altro canto, Volodymyr Zelenskij – subentrato a Poroshenko nel 2019 – ha più volte confermato l’intenzione di attuarli, ma anche l’esigenza di rinegoziarli e questa nuova posizione politica dell’ucraina, voluta da Zelensky con l’affermazione “Vogliamo rinegoziare Minsk II” è stata la cortina di nebbia per nascondere la verità, l’Ucraina, il governo e le forze armate non hanno mai, volutamente, riconosciuto e applicato un solo punto degli accordi di Minsk. Alcuni eventi politici confermano i fatti e i dati reali: come la riforma costituzionale sull’autonomia territoriale – seppur oggetto di una specifica proposta di legge costituzionale n. 2217а del 1° luglio 2015, che avrebbe apportato significative modifiche all’art. 133 della Costituzione ucraina in materia di organizzazione territoriale – a favore delle regioni del Donbass, imposta dall’art. 11 del secondo accordo di Minsk, non è mai stata attuata e definitivamente revocata, dal Parlamento ucraino il 29 agosto 2019. Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj è stato eletto Presidente dell’ucraina il 20 maggio del 2019.
L’Ucraina dagli accordi ha guadagnato tempo per rafforzarsi, come assistiamo oggi. L’Ucraina del 2014-15 non è l’Ucraina di oggi. Le cronache degli eventi bellici e dei combattimenti del 2015 a Debaltsevo raccontono e testimoniano tutta la debolezza dell’esercito e dei mercenari ucraini impegnati contro la popolazione di lingua russa nel Donbass. Perché la NATO e gli USA non sono intervenuti nel 2015? Semplice, i Paesi della NATO non erano pronti a fare per l’Ucraina tanto quanto stanno facendo ora, era necessario il tempo per riarmare l’ucraina, costruire una rete di “solidarietà” e avviare una campagna di “manipolazione” per accrescere un sentimento anti-russo nella stessa ucraina ma anche in Europa.
Tutti sapevamo che il conflitto era congelato, che il problema non era risolto, ma è proprio questo che ha fatto guadagnare all’Ucraina e non solo, del tempo prezioso.
Negli atti diplomatici e per qualsiasi negoziato di pace esiste una clausola non scritta ma è un principio fondamentale, la fiducia tra i Paesi firmatari e garanti di un accordo, questa non va mai trascurata.
Osservando gli eventi politici, tra i firmatari e le parti coinvolte prima nella crisi e poi nel conflitto armato, dal 2014 a oggi, la fiducia è stata completamente azzerata. Oggi questa situazione rende tutto maledettamente complicato e probabilmente un processo irreversibile.
In uno dei suoi messaggi video, il Presidente della Federazione della Russia, rispondendo, a seguito delle dichiarazione della Merkel, in merito al vero intento degli accordi di Minsk II lo esprime in maniera chiara: “Onestamente, questa è stata una sorpresa per me. È deludente. Francamente non mi aspettavo di sentirlo dire dall’ex Cancelliere Federale, perché ho sempre pensato che i leader della Repubblica federale della Germania fossero sinceri con noi. Certo, erano dalla parte dell’Ucraina e la sostenevano, ma ho sempre pensato che fossero sinceri con noi. Che si fossero sempre impegnati per trovare una soluzione ai principi che, insieme, avevamo concordato e che erano stati accettati.
Ciò che lei ha appena detto dimostra che abbiamo fatto bene ad avviare l’operazione militare speciale.
Operazione militare speciale. Perché? Perché è emerso che nessuno aveva intenzione di rispettare gli accordi di Minsk. Lo hanno detto anche i leader ucraini, nelle parole dell’ex presidente Poroshenko, che ha firmato gli accordi ma che non li avrebbe rispettati.
Ma speravo ancora che gli altri partecipanti a questo processo fossero sinceri con noi.
Sembra che anche loro ci abbiano ingannato. L’unico scopo era quello di pompare armi in Ucraina e prepararla alle ostilità. Lo stiamo vedendo, sì. A quanto pare, ci siamo orientati troppo tardi, francamente. Forse avremmo dovuto iniziare tutto questo prima, ma speravamo ancora di arrivare a dei termini nell’ambito degli accordi di pace di Minsk.
Cosa si può dire di tutto ciò? Ovviamente è in gioco la questione della fiducia. La fiducia in quanto tale è già vicina allo zero, ma dopo queste dichiarazioni, la questione della fiducia sta venendo alla ribalta.
Come possiamo negoziare qualcosa? Su cosa possiamo concordare? È possibile scendere a patti con qualcuno, e dove sono le garanzie? Questo è ovviamente il problema. Ma alla fine dovremo comunque scendere a patti. Ho già detto più volte che siamo pronti a questi accordi, siamo aperti. Ma naturalmente tutto questo ci fa chiedere con chi abbiamo a che fare”.
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