Nucleare. È ora. L’Italia è pronta?

Piccolo non è necessariamente sicuro e bello

BREST-OD-300, un'unità di potenza alimentata con un innovativo reattore a neutroni veloci Reactor-vessel-Beloyarsk-4-Rosatom

di Francesco Cappello

Le politiche emergenziali nel settore energetico, opportunamente scatenate dalle sanzioni alla Russia, permettono, da una parte, di affermare la filiera del gas liquefatto, divenuta improvvisamente economicamente e ambientalmente sostenibile con il suo corteo di rigassificatori piazzabili persino nei porti a pochi metri dalle abitazioni civili, in deroga a tutte le normative esistenti su ambiente e sicurezza, avallati persino dai TAR, come nel caso del Comune di Piombino, dall’altra, l’insinuazione della necessità urgente di ritorno al nucleare che fa appello alla doppia spinta dell’emergenza ambientale ed energetica. L’energia nucleare sarebbe energia pulita e sicura, esente da emissioni di gas serra e prometterebbe indipendenza e sicurezza energetica ad oltranza.

A Roma lo scorso 20 dicembre 2022 si è svolta la giornata della Associazione Italiana Nucleare (AIN) dal titolo “Nucleare. È ora. L’Italia è pronta”. Presente Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, che ha dichiarato: a seguito di scelte che risalgono ormai a 35 anni fa, il nostro Paese ha deciso di azzerare la produzione di nucleare. Sono convinto che il nuovo contesto internazionale crei le condizioni idonee per affrontare in modo pragmatico e non ideologico, una riflessione sul tema.
Qualcuno dovrebbe ricordare al sociologo Urso che il referendum con cui i cittadini italiani hanno messo una pietra tombale sul nucleare in Italia si è svolto 11 anni fa.

Secondo il Presidente di AIN, Umberto Minopoli, intervenuto nel corso della giornata organizzata dall’associazione, sono tre le misure che il governo in carica dovrebbe tenere in conto per rilanciare il nucleare in Italia:

1) Rilanciare una politica energetica nazionale che faccia uscire il Paese dalla dipendenza e realizzi la sicurezza energetica;

2) Approvare una legge che sostenga incentivi e promuova la partecipazione delle imprese italiane ai progetti e ai programmi di sviluppo internazionali nel campo dei piccoli e medi reattori SMR (Small Modular Reactor);

3) Realizzare, come da obbligo europeo, il deposito nazionale per i rifiuti radioattivi.

Relativamente al punto 1) bisognerebbe ricordare che il nostro Paese, così come tutti i paesi europei dell’Europa occidentale sono costretti ad importare il combustibile nucleare.
Uranio e Plutonio costituiscono il combustibile nucleare degli SMR (Small Modular Reactors), piccoli reattori modulari che per Minopoli rappresentano la nuova frontiera della ripresa dello sviluppo del nucleare nel nostro Paese.
Notoriamente in Italia non abbiamo miniere di uranio né produciamo plutonio. Quest’ultimo si produce artificialmente (non si trova in natura) nei reattori civili e in alcuni reattori militari. Il plutonio è usato per armare le testate nucleari. Il suo prezzo attuale è di 4000 euro al grammo (molto più dell’oro).
A proposito della scarsità nel mondo di miniere di uranio, con concentrazione sufficiente, quale combustibile nucleare necessario all’alimentazione degli impianti nucleari, rimando ad un mio articolo ove tra l’altro si affrontano i problemi della emissione di gas serra (in particolare CO2) legato al ciclo del combustibile nucleare e il rapporto tra nucleare civile e militare: “Come le centrali nucleari contribuiscono al riscaldamento della biosfera. La doppia faccia del nucleare tra civile e militare“.

I reattori di quarta generazione a cui il Presidente di AIN fa riferimento al punto 2) presentano problematiche legate al punto 3).
Non è a caso infatti che egli faccia riferimento, in generale, alla necessità di individuare un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi. Secondo uno studio realizzato dalla Stanford University e della University of British Columbia: Nuclear waste from small modular reactors (1) , i mini-reattori nucleari indicati da Minopoli, produrranno anche 30 volte più scorie rispetto alle centrali convenzionali.

A seguire la premessa dell’articolo:

I piccoli reattori modulari (SMR), proposti come il futuro dell’energia nucleare, hanno presunti vantaggi in termini di costi e sicurezza rispetto ai reattori ad acqua leggera (LWR) esistenti su scala gigawatt. Tuttavia, pochi studi hanno valutato le implicazioni degli SMR per il back-end del ciclo del combustibile nucleare. La caratterizzazione del flusso di rifiuti di livello basso, intermedio e alto presentata qui rivela che i SMR produrranno rifiuti più voluminosi e chimicamente/fisicamente reattivi rispetto ai LWR, il che avrà un impatto sulle opzioni per la gestione e lo smaltimento di questi rifiuti. Sebbene l’analisi si concentri solo su tre delle dozzine di progetti SMR proposti, la perdita di neutroni intrinsecamente più elevata associata agli SMR suggerisce che la maggior parte dei progetti è inferiore agli LWR per quanto riguarda la generazione, la gestione e lo smaltimento finale dei radionuclidi chiave nelle scorie nucleari.

e l’abstract:

Piccoli reattori modulari (SMR, ovvero reattori nucleari che producono <300 MWelec ciascuno) hanno attirato l’attenzione a causa delle affermazioni di caratteristiche di sicurezza intrinseche e costi ridotti. Tuttavia, pochissimi studi hanno analizzato la gestione e lo smaltimento dei loro flussi di scorie nucleari. Qui, confrontiamo tre distinti progetti SMR con un reattore ad acqua pressurizzata da 1.100 MWelec in termini di volume equivalente di energia, (radio-)chimica, calore di decadimento e composizione isotopica fissile di (teoria) alto, intermedio e basso flussi di rifiuti a livello. I risultati rivelano che i progetti SMR raffreddati ad acqua, sali fusi e sodio aumenteranno il volume delle scorie nucleari che necessitano di gestione e smaltimento di un fattore da 2 a 30. Il volume in eccesso delle scorie è attribuito all’uso di riflettori di neutroni e/ o di combustibili e refrigeranti chimicamente reattivi nei progetti SMR. Detto questo, il volume non è la metrica di valutazione più importante; piuttosto, le prestazioni del deposito geologico sono guidate dalla potenza termica di decadimento e dalla (radio)chimica del combustibile nucleare esaurito, per la quale gli SMR non forniscono alcun vantaggio. Gli SMR non ridurranno la generazione di prodotti di fissione geochimicamente mobili 129I, 99Tc e 79Se, che sono importanti contributori di dose per la maggior parte dei progetti di deposito. Inoltre, il combustibile esaurito SMR conterrà concentrazioni relativamente elevate di nuclidi fissili, il che richiederà nuovi approcci per valutare la criticità durante lo stoccaggio e lo smaltimento. Poiché le proprietà del flusso di rifiuti sono influenzate dalla perdita di neutroni, un processo fisico di base che è potenziato nei piccoli nuclei dei reattori, gli SMR aggraveranno le sfide della gestione e dello smaltimento dei rifiuti nucleari.

All’incipit del punto 2) Minipoli chiede l’approvazione di una legge che sostenga incentivi pubblici per lo sviluppo del settore. L’esperienza ormai storica di implementazione del nucleare rendono evidente come nonostante ci si appelli ad ogni occasione ai principi del libero mercato e si demonizzino gli investimenti pubblici, nel caso del nucleare si fa appello spudoratamente alla necessità di sussidi ed elargizioni pubbliche, rendendo evidente come l’industria nucleare, a consuntivo, si sia da sempre rivelata un affare in perdita che i privati rifuggono se non adeguatamente supportati da risorse pubbliche. La “rinascita” del nucleare è possibile solo se adeguatamente sostenuta da soldi dei cittadini contribuenti. Gli Stati si sono tradizionalmente mostrati generosi perché hanno storicamente visto lo sviluppo del nucleare civile come intimamente connesso all’industria bellica, collegata con lo sviluppo delle armi atomiche durante la guerra fredda.

L’insostenibilità economica dei Small Modular Reactors è documentato in M. Cooper “The economic failure of nuclear power and the development of a low carbon electricity future: why small modular reactors are part of the problem, not the solution”. (2)
In un altro intervento dell’anno scorso: Why Small Modular Nuclear Reactors Won’t Help Counter the Climate Crisis (Perché i piccoli reattori nucleari modulari non aiuteranno a contrastare la crisi climatica)(3), gli autori Arjun Makhijani, Ph.D. and M.V. Ramana, Ph.D, oltre ad affrontare l’inadeguatezza del contributo dei piccoli reattori alla crisi climatica documentano il perché della loro insostenibilità economica: “I reattori nucleari sono grandi a causa delle economie di scala. Un reattore che produce tre volte più potenza di un SMR non ha bisogno di tre volte più acciaio o tre volte più lavoratori. Questa penalità economica per le piccole dimensioni è stata una delle ragioni della chiusura anticipata di molti piccoli reattori costruiti negli Stati Uniti negli anni ’50 e ’60“.
“...I reattori più recenti sono stati, nel complesso, più costosi di quelli precedenti. E mentre il costo per SMR sarà inferiore a causa delle dimensioni molto più ridotte, in genere verranno installati diversi reattori in un unico sito, aumentando nuovamente i costi totali del progetto per l’acquirente“.
“…Se un errore in un reattore prodotto in serie dovesse comportare problemi di sicurezza, l’intero lotto potrebbe essere richiamato, come è avvenuto con gli aerei di linea Boeing 737 Max e 787 Dreamliner. Ma come si interviene su un reattore radioattivo? Cosa accadrà a un sistema elettrico che si basa su reattori identici fabbricati in fabbrica che devono essere richiamati?”.
Come è già spesso accaduto vorrebbero rivenderci come di nuova generazione tecnologie il cui fallimento è già stato verificato: “Abbiamo già visto problemi con la costruzione modulare. Era un aspetto centrale della progettazione del reattore Westinghouse AP1000, ma i reattori AP1000 costruiti negli Stati Uniti e in Cina hanno avuto significativi sforamenti dei costi di costruzione e ritardi nella programmazione. Nel 2015, un ex membro della Georgia Public Service Commission ha dichiarato al Wall Street Journal: la costruzione modulare non ha funzionato per essere la soluzione promessa dai servizi pubblici“.

“I dati disponibili indicano lo stesso tipo di triste fallimento economico per gli SMR dei loro cugini più grandi. La Figura mostra l’escalation dei costi di capitale per il reattore NuScale proposto e i costi effettivi di due SMR esteri. Il costo totale di un progetto proposto in Idaho utilizzando il progetto NuScale è già passato da circa 3 miliardi di dollari, nel 2015, a 6,1 miliardi di dollari, nel 2020, molto prima che venisse gettato del cemento. (…) il reattore Natrium proposto – a 345 MW, poco più grande di un SMR – è raffreddato a sodio. Nonostante circa cento miliardi di dollari spesi in tutto il mondo dal 1950, i reattori raffreddati al sodio sono stati fallimenti commerciali a livello globale. (…) Il processo per ottenere le approvazioni di sicurezza per tali progetti richiederà probabilmente più tempo e sarà più costoso. In molti casi, anche l’impostazione del processo di certificazione richiederà anni, poiché le modalità di sicurezza e incidenti differiscono a seconda del tipo di progetto. Ad esempio, un rischio con i reattori a gas-grafite ad alta temperatura sono gli incendi, piuttosto che le fusioni. Per dare un’idea dell’entità della spesa, il NuScale SMR, che è il familiare design ad acqua leggera, dovrebbe costare circa 1,5 miliardi di dollari solo per lo sviluppo e la certificazione. I nuovi progetti per acque non leggere molto probabilmente costeranno di più e richiederanno più tempo per svilupparsi dalla fase di ideazione alla revisione e approvazione della licenza…”

Il confronto con i costi di implementazione delle energie rinnovabili è anch’esso implacabile: “Lazard, una società di consulenza finanziaria di Wall Street, stima che il costo del solare e dell’eolico su larga scala sia di circa $ 40 per megawattora. La cifra corrispondente per il nucleare è quattro volte superiore, circa 160 dollari per MWh, una differenza più che sufficiente per utilizzare tecnologie complementari, come la risposta alla domanda e lo stoccaggio, per compensare l’intermittenza del solare e dell’eolico“.

e a proposito del consumo di acqua e della produzione di calore di scarto: “ Le centrali nucleari hanno requisiti di prelievo idrico molto elevati. Un singolo reattore da 300 MW funzionante con un fattore di capacità del 90% preleverebbe da 160 milioni a 390 milioni di litri d’acqua ogni giorno, riscaldandola prima dello scarico. Ridurre la domanda di acqua utilizzando il raffreddamento ad aria richiederà l’aggiunta di una torre e di grandi ventilatori elettrici, aumentando ulteriormente i costi di costruzione e riducendo la produzione di elettricità fino al 7% della capacità del reattore“.

Ecco la conclusione degli autori: “Sarà una strada difficile per gli SMR raggiungere la parità di costo con i grandi reattori. E quel costo sarà ancora troppo alto. Due cose scarseggiano criticamente sulla strada verso un sistema energetico rispettoso del clima: tempo e denaro. Una valutazione obiettiva indica che gli SMR sono scarsi su entrambi i fronti. Semplicemente non c’è alcuna prospettiva realistica che gli SMR svolgano un ruolo materialmente significativo nella mitigazione del cambiamento climatico“.

A seguire un articolo di Helen Caldicott(4) autrice di “Il Nucleare non è la risposta” di cui si consiglia la lettura integrale. In molti si sono lasciati convincere del fatto che questi reattori ci aiuterebbero a sbarazzarci del plutonio sintetico che arma tante testate nucleari. Scrive la Caldicott: “l’industria afferma che questo è un modo eccellente per sbarazzarsi dei rifiuti di plutonio. Ma questo è falso perché vale solo il dieci per cento delle fissioni, lasciando il 90 per cento del plutonio per la fabbricazione di bombe, ed altro“. “(…) I reattori veloci richiedono un’enorme infrastruttura che includa un impianto di ritrattamento per dissolvere le barre di combustibile di scarto radioattivo in acido nitrico per rimuovere chimicamente il plutonio e un impianto di fabbricazione del combustibile per creare nuove barre di combustibile. Un totale di 10.160 chili di plutonio è necessario per far funzionare un ciclo di combustibile in un reattore veloce e solo 2,5 chili è combustibile per un’arma nucleare“.
Scrive la Caldicott a proposito della sicurezza che sarebbe intrinseca in questo tipo di reattori:
Saranno alimentati da plutonio o uranio altamente arricchito e raffreddati da sodio liquido o da un refrigerante fuso di piombo-bismuto. Il sodio liquido brucia o esplode se esposto all’aria o all’acqua e il bismuto di piombo è estremamente corrosivo e produce elementi radioattivi molto volatili se irradiato. Se si verificasse una crepa nel complesso del reattore, il sodio liquido fuoriuscirebbe, bruciando o esplodendo. Senza refrigerante, il combustibile al plutonio potrebbe raggiungere la massa critica, innescando una massiccia esplosione nucleare che disperde il plutonio ai quattro venti. Un milionesimo di grammo di plutonio induce il cancro e dura per 500.000 anni. Straordinariamente, si afferma che i reattori veloci saranno così sicuri da non richiedere sirene di emergenza e che le zone di pianificazione delle emergenze possono essere ridotte da dieci miglia a 1.300 piedi”.

(1) https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.2111833119
(2) http://www.nirs.org/wp-content/uploads/reactorwatch/newreactors/cooper-smrsaretheproblemnotthesolution.pdf
(3) https://www.ewg.org/news-insights/news/why-small-modular-nuclear-reactors-wont-help-counter-climate-crisis
(4) https://www.helencaldicott.com/small-modular-reactors-a-radioactive-idea/

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