Nativi umani

I progetti drammatici della “quarta rivoluzione industriale”

Rampe di Pizzofalcone - Primi insediamenti - Napoli

di Lidia Beduschi

“Supercomputing onnipresente e mobile. Robot artificialmente intelligenti. Auto a guida autonoma. Miglioramenti neuro-tecnologici del cervello. Modifica genetica. L’evidenza di un cambiamento straordinario è tutt’intorno a noi e sta avvenendo a velocità esponenziale.

Le precedenti rivoluzioni industriali hanno liberato l’umanità dal potere animale, reso possibile la produzione di massa e portato le capacità digitali a miliardi di persone. Questa quarta rivoluzione industriale è, tuttavia, fondamentalmente diversa. È caratterizzato da una gamma di nuove tecnologie che fondono il mondo fisico, digitale e biologico, influenzando tutte le discipline, le economie e le industrie e persino sfidando idee su cosa significhi essere umani”. (1)

L’allusione contenuta nel titolo è ovviamente ai “nativi digitali” (2) e vuole essere beneaugurante contro i progetti drammatici della “quarta rivoluzione industriale” del World Economic Forum e di paralleli ID2020 (3).

Intanto l’ANSA ci avverte che “il 51% dei 15enni in Italia è incapace di capire un testo”. “Un dramma per la tenuta del Paese” avverte Save the Children (4). Umanoidi funzionali alla società globalizzata di esecutori controllati.

Va esattamente in questa direzione l’auspicio elettorale (proposito) di Letta dell’anticipazione dell’obbligo scolastico all’età di tre anni: occorre sottrarre quanto più precocemente alle possibili “distorsioni” troppo umane della famiglia naturale le generazioni nuovissime, di modo che non sia nemmeno più necessario spendere tempo e denaro nella costruzione della realtà/lealtà di una altrettanto “nuovissima buona scuola” che già poco addietro si è sprecata in banchi a rotelle, per poi essere convertita dai “lockdown”, salvifici per il “sistema”, in DAD, assicurante il distanziamento sociale, la solitudine assoluta, il mutismo delle voci e delle menti cui è stata e rimane funzionale l’altra grande invenzione distopica della “mascherina”, protettiva appunto rispetto al rischio della parola dialogante e del pensiero critico. (5)

“Ma possiamo stare tranquilli, da adesso cambia tutto, con sapiente lungimiranza il Ministero dell’Istruzione ha dettato le linee guida del Piano scuola 4.0, definendole la “risposta forte, condivisa nel suo complesso da tutte le forze partitiche”, alle criticità evidenti del settore, stabilendo la centralità della tecnologia  come soluzione per ogni male. La strategia si fonda su uno stanziamento di 2,1 miliardi da attingere dalle risorse del Pnrr, cui si sono aggiunti 2,8 mld di ulteriori fondi europei per un totale di 4,9 miliardi.

Il programma si declina su 4 direttrici tutte mirate a trasformare gli istituti in ambienti innovativi di apprendimento e nella creazione di laboratori di formazione per le professioni digitali del futuro. Ma non solo, sarà investito dalla rivoluzione digitale e oggetto di formazioni tutto il personale scolastico.

Con comprensibile orgoglio il Ministro Bianchi rivendica che si tratta di una iniziativa sovvertitrice del grigio andamento di un’istruzione passatista: porterà la banda larga, semplificherà la burocrazia, stravolgerà beneficamente strutture e infrastrutture con la realizzazione di 100.000 aule “organizzate con arredi modulari” per favorire rapide riconfigurazioni, schermo e strumentazioni digitali per la realtà aumentata, le STEM e la robotica, con laboratori per le professioni digitali nelle scuole di secondo grado che ospiteranno strumenti per la robotica e automazione, intelligenza artificiale, cyber sicurezza, internet delle cose, creazione di prodotti e servizi digitali, realtà aumentata, data analisi, blockchain.

Impegnati a riconfigurare i loro spazi, incollati agli schermi, incapsulati in nicchie parallele alla vita dove non sono previsti giochi, dialoghi, noia, i ragazzini vivranno una sostituzione virtuale dell’esistenza, lontana il più possibile dalle anguste mura di casa dove si consumano preoccupazioni e malessere quotidiano provocato da circostanze eccezionali e perdite di beni e aspettative.

Ci ha pensato il Pd i cui vertici propongono l’asilo coatto dell’obbligo anche per i più piccini, ci aveva pensato la Moratti, aveva agito la Buona Scuola e qualcuno meritoriamente ha ricordato un’iniziativa ancora il corso, TreeLLLe (Life Long Learning), l’associazione creata nel 2001 da Giovanni Agnelli insieme a Fedele Confalonieri, Marco Tronchetti Provera, e da altri rappresentanti dell’oligarchia con l’appoggio della compagnia di San Paolo di Torino, della fondazione Cariplo di Milano e Unicredit, di  Monte dei Paschi di Siena e così via di banca in banca e di fondazione in fondazione.

Oggi la presiede Attilio Oliva, filosofo, industriale, ex presidente di Confindustria Genova e poi di Liguria, Federgas e Finmare e gli obiettivi sono gli stessi: accreditarsi come un “serbatoio di pensiero” che investa mezzi e risorse per favorire l’aziendalizzazione della scuola, rispondendo ai bisogni di una società attiva e moderna addestrando le nuove leve perché contribuiscano alla competitività del sistema, adeguandosi alle urgenze del mondo di impresa. In modo da porsi “come ponte per colmare il distacco che sussiste nel nostro paese tra ricerca, opinione pubblica e pubblici decisori, distacco che penalizza l’aggiornamento e il miglioramento del nostro sistema educativo”.

C’è da temere che molti malgrado gli stenti cui siamo ormai irreparabilmente condannati, siano pronti a investire direttamente nella conversione della prole in capitale umano ben disposto allo sfruttamento, alla slealtà di classe, alla delazione: è già successo e succede, al tradimento di ideali, valori e diritti che si credevano ormai inalienabili.

C’è da temere che  si compiacciano di sacrificarsi per inserire i loro figli in questi laboratori sperimentali di obbedienza, conformismo e arrivismo, meglio se lontani dalla famiglia e dalla realtà, compressi in full immersion digitali dove l’affermazione è meritata e determinata dall’esperienza maturata nello svolgere compiutamente e perfettamente una mansione specialistica, premere un tasto strategico che non si sa che effetti possa comportare, forse annientare un quartiere e produrre inevitabili effetti collaterali.

C’è da temere che tra i retropensieri di questa strategia ci sia l’obiettivo di allontanare le nuove generazioni dai rischi che derivano dai legami e dalle relazioni umane, dagli affetti famigliari che potrebbero essere portatori di consapevolezza, dalla tentazione di pensare e agire secondo canoni stabiliti dalla propria autodeterminazione, fino al rischio insopportabile per il potere, di esercitare critica, di agire secondo coscienza, di assumersi la responsabilità del proprio essere e del proprio futuro”. (6)

La via del transumanesimo, l’ibridazione totale del biologico con la tecnologia, non più dall’esterno con gli smartphones già appendici ineludibili dei corpi coatti a “guardare” 24 ore su 24 una realtà confezionata dal mercato che ha inglobato come merce la stessa individualità non più autoconsapevole, ma dall’interno, circolante in forma di nanochip nel flusso sanguigno e interconnessa con le reti 5 G che potranno produrre gli stati mentali, i “pensieri” forse addirittura i “sogni”, è una profezia autoavverante perché progettata, preparata e predisposta da chi ci suggerisce “non possiederete nulla e sarete felici”, mangiatori di insetti (7)

E’ davvero quello che vogliamo? La domanda non è né retorica né provocatoria, ma dannatamente reale; e dobbiamo rispondere in fretta per trovare altrettanto in fretta, prima che sia troppo tardi, le azioni che ci consentano di “restare umani” (8).

Intanto dunque, rispetto al problema che qui abbiamo cominciato ad esaminare, l’educazione e l’acculturazione delle generazioni nuovissime (l’inculturazione potremo recuperarla solo dopo esserci assicurati che potremo contare su menti capaci di pensiero autonomo) che si gioca in quel mondo pieno di minacce che ancora si chiama “scuola” (non ha per la verità più nulla a che fare con l’antica “scholé” greco-ateniese, ionico-attica, che nell’etimologia allude alla “non linearità” del gioco mentale ) dobbiamo tornare con decisione e convinzione a quanto prescrive l’Art. 30 della Costituzione, oggi ancora molto frainteso (e preceduto dall’Art. 29 che recita “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare. E prima di proseguire con il testo dell’Art. 30, anticipiamo che in esso si parla di “genitori”, che sono per definizione “coloro che generano”, naturalmente la prole. Non si vuole certo discriminare nessuno in base alle predisposizioni sessuali, ma segnare limiti che nulla hanno a che fare con la serena convivenza dell’accoglimento del diverso.

L’Art. 30 dunque recita: “E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti”.

L’abitudine a vedere nella geografia urbana edifici chiamati “Scuola”, “Istituto Scolastico”, con le varianti che ci sono ben note per i diversi livelli, “gradi”, e specificità dei percorsi “formativi” che vi si svolgono, la consuetudine di ritornare ogni anno agli impegni burocratici delle “iscrizioni” ed agli altri onerosi di acquisto del corredo scolastico dei nuovi o già avviati allievi, ha ben radicato nella mentalità collettiva il “dovere” dell’Art. 30 (dovere tra l’altro molto “liquido” se si guardano le percentuali dell’abbandono scolastico o della totale elusione: (9 ); ma ha obnubilato completamente (quasi completamente, come vedremo tra poco) il “diritto” dei genitori che in grandissima maggioranza hanno trovato “naturale” servirsi della scuola di Stato provvista dalla legge per l’espletamento dei compiti che loro spettano.

Senza entrare ora in una disamina della funzione e della capacità della scuola pubblica di assolvere ai suoi compiti (ci porterebbe su un terreno che solo pochi specialisti del tema conoscono storicamente), ora quello che dobbiamo rimettere in primo piano è proprio il diritto dei genitori ad istruire ed educare i figli, con l’attenzione rivolta ovviamente al loro equilibrato sviluppo di persone in grado di progettare consapevolmente la propria vita.

Ci corre l’obbligo in proposito di richiamare con forza i genitori sul fatto che la scuola pubblica, la scuola di stato, non ha più intenzione di provvedere ai loro compiti, ma anzi è impegnata in un diverso disegno funzionale non alla formazione della libera personalità degli allievi, ma alla manipolazione delle menti dei giovanissimi e dei giovani per renderli “adatti” alla nuova società della quarta rivoluzione industriale. La quale, lo abbiamo capito o dobbiamo capirlo presto, no ha al proprio centro i diritti umani.

E quindi? Quindi un’altra via è da percorrere appunto: quella del diritto dei genitori a provvedere all’istruzione ed educazione dei figli. Come? Attraverso i percorsi già normati per legge della scuola parentale, come si preferisce chiamarla in Italia, o dell’Home Schooling, denominazione più frequente nei Paesi anglofoni che hanno una tradizione più lunga e radicata di questo percorso.

Tutto da inventare e da costruire ex novo comunque? No: in Italia, pur giovane, è nata nel 2017, è ben strutturata ed con una buona diffusione su tutto il territorio nazionale L’Associazione Istruzione Famigliare che per statuto svolge compiti di orientamento per chi intenda intraprendere la strada dell’istruzione ed educazione parentale messa in capo all’Art. 30 della Costituzione: https://www.laifitalia.it/

Negli ultimi due anni poi il dibattito intorno alla opportunità e necessità di dare ai figli, ai giovanissimi e ai giovani, un ambiente più sereno e sicuramente rispettoso dei loro bisogni di apprendimento, di dialogo, di condivisione e di crescita equilibrata, si è fatto molto intenso; non solo, ha poi provveduto assai spesso (e sempre più frequentemente già quest’anno) a realizzare concretamente la nuova scuola, cui si stanno avvicinando anche quei docenti che “buttati fuori” letteralmente dalla scuola pubblica, hanno fatto la scelta di non rientrarvi più e di spendere la propria professionalità nelle scuole parentali, familiari, o come altro vengono a denominarsi, che si sono già formate e si stanno avviando con l’apertura del nuovo anno scolastico.

Le famiglie possono quindi scegliere tra modelli differenti, sempre all’interno di questa innovativa modalità di formazione per il nostro Paese. Ciò che veramente conta è comunque che questo percorso si presenti non tanto come opzione ma come autentica necessità.

                                                                        Sitografia

  1. https://www.hightechpartners.net/dt-insights/wef-on-industry-4-0
  2. https://www.treccani.it/vocabolario/nativo-digitale_%28Neologismi%29/
  3. https://id2020.org/
  4. https://www.orizzontescuola.it/in-italia-il-51-dei-quindicenni-e-incapace-capire-un-testo-scritto-lo-dice-save-the-children/
  5. https://www.byoblu.com/2022/08/29/estensione-obbligo-scolastico-una-misura-da-stato-totalitario-elisabetta-frezza/
  6. https://ilsimplicissimus2.com/2022/08/27/squali-allattacco-della-scuola-165645/
  7. https://www.ilsole24ore.com/art/insetti-mangiare-ue-approva-previsti-investimenti-3-miliardi-AEOHq5F?refresh_ce=1
  8. Capitolo 6. Come restare umani, in Ilaria Bifarini, Il Grande Reset. Dalla pandemia alla nuova normalità, Fag 2021
  9. https://www.lenius.it/dispersione-scolastica-in italia/#:~:text=Secondo%20i%20dati%20Invalsi%20(Istituto,il%2020%25%20a%20livello%20nazionale.

 

 

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