IRAN: l’opposizione prova a trasformare la protesta in una guerra civile

Dopo nove giorni 39 morti oltre 850 arresti

Iran manifestante pro governo

di Maurizio Torti

Nel 1991 al termine della prima fase dell’aggressione ed invasione degli USA e della Nato in Iraq, gli Stati Uniti oltre alle carte da “gioco” con i volti dei vari comandanti iraqeni ricercati, indicarono una serie di paesi definiti “canaglia”: Libia, Siria, Iran e Iraq. Quest’ultimo oramai annullato dopo l’invasione e l’occupazione.

Le condizioni attuali della Libia e della Siria quasi non fanno più notizia ma l’Iran, per gli anglosassoni e Israele è da anni nel mirino e non manca mai occasione per tentare la carta vincente e ridurre in cenere il fastidioso ed ingombrante Iran, con le sue ricchezze ed in particolar modo impegnato attivamente nella crescita e nel progresso del paese. Colpito da embargo, principalmente nel settore dell’estrazione del petrolio e nella ricerca e sviluppo del nucleare.

L’Iran nel Medio Oriente è il paese più temuto e ai governi israeliani non piace assolutamente nessuna apertura. È un sorvegliato speciale per le strategie di molti servizi segreti e ogni occasione è buona per provare ad incendiarlo dall’interno. L’opzione di una guerra contro l’Iran non è affatto esclusa per la CIA e altre agenzie.

Questo non è un preambolo per motivare quanto sta accadendo in alcune città dell’Iran ma limitarsi all’analisi degli ultimi giorni non aiuta a districarsi nella complessità geopolitica dell’Iran e della regione.

Nel corso di un lungo processo di negoziati indiretti tra Iran e Stati Uniti, mediati dall’Eurotroika (Inghilterra, Francia, Germania), Russia e Cina, Teheran ha avanzato numerose richieste e condizioni per il ripristino del Joint Comprehensive Plan of Action per risolvere il problema nucleare. In un primo momento, ha insistito sul fatto che, poiché gli Stati Uniti si sono ritirati unilateralmente dal JCPOA, dovrebbero revocare le sanzioni e solo dopo che Teheran, dopo essersi assicurata che ciò fosse fatto, sarebbe tornata ad adempiere ai propri obblighi.
È stata quindi avanzata una richiesta di garanzie che le successive amministrazioni statunitensi non si sarebbero ritirate dall’accordo se fosse stato reintegrato. Le recenti richieste degli iraniani sono state l’esclusione del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (un esercito parallelo della struttura politico-militare) dall’elenco del Dipartimento di Stato delle organizzazioni terroristiche straniere e il rifiuto dell’AIEA di chiedere chiarimenti sulla contaminazione riscontrata in impianti nucleari iraniani non dichiarati che potrebbe essere correlato agli aspetti militari dei programmi nucleari iraniani.
Gli americani hanno costantemente respinto tutte queste richieste e i negoziati sono stati interrotti ogni volta, mentre gli iraniani hanno continuato ad aumentare il volume e il livello di arricchimento dell’uranio e a migliorare le apparecchiature delle centrifughe.
Dato l’interesse comune dei partecipanti al PACG, nonché dell’amministrazione Joe Biden, nel ripristinare l’accordo e il pericolo delle azioni dell’Iran per intensificare il suo programma nucleare, il coordinatore della politica estera dell’UE Josep Borrell, dopo consultazioni con i partecipanti al PACG e gli americani, di propria iniziativa hanno preparato e inviato l’8 agosto a Washington e Teheran una bozza di accordi per il piano di ripresa. Borrell ha descritto il documento come un compromesso “finale”, invitando l’Iran e gli Stati Uniti ad accettare questo progetto.
Gli iraniani hanno inviato la loro controprova a Borrell il 15 agosto. Allo stesso tempo, hanno sottolineato che qualsiasi documento sull’accordo nucleare può essere definitivo solo se tiene pienamente conto delle preoccupazioni dell’Iran. Finora, dicono a Teheran, non è così. E se la risposta americana al progetto Borrell non indica disposizioni che soddisfino la parte iraniana, le trattative dovrebbero proseguire.
È interessante notare, tuttavia, che i funzionari dell’Iran e degli Stati Uniti sono cautamente ottimisti sulla “flessibilità della parte opposta” mostrata durante l’ultimo round di negoziati a Vienna e una certa convergenza di posizioni, che può accelerare il raggiungimento di obiettivi reciprocamente accettabili. A questo proposito, molti analisti e commentatori occidentali parlano della possibilità di racchiudere tra parentesi il documento finale sul ripristino del PACG con disposizioni controverse (la loro discussione può essere riportata in un ambiente più favorevole dopo il ripristino dell’accordo), che consentirà entrambe le parti per “salvare la faccia senza sacrificare i principi”.
Dobbiamo concentrarci sulle questioni e sulle condizioni per porre fine alle sanzioni e, in particolare, revocare l’embargo petrolifero e sbloccare gradualmente le partecipazioni in valuta estera iraniana all’estero in cambio del ritorno di Teheran ad adempiere ai propri obblighi ai sensi del PACG. Qui si può vedere chiaramente l’interesse dell’Occidente a sostituire le forniture di idrocarburi russi in forte riduzione in Europa con petrolio e gas iraniani e ad abbassare i prezzi mondiali per questi ultimi.
La prospettiva emergente di ripristinare l’accordo nucleare con l’Iran preoccupa molto i suoi oppositori negli Stati Uniti: i repubblicani e l’influente lobby israeliana. Questo non può essere ignorato dall’amministrazione del presidente Biden, che, temendo un inasprimento dei rapporti con loro, difficilmente scenderà a compromessi sull’accordo almeno fino alle elezioni di metà mandato del Congresso Usa di novembre.
Non tutto è così chiaro in Iran. Mentre il presidente Ebrahim Raisi e l’ala moderata dell’establishment sono favorevoli al ripristino dell’accordo per affrontare i problemi socioeconomici in peggioramento, l’ala radicale del clero al potere, compreso il parlamento conservatore iraniano, è contraria. Il leader supremo della Repubblica islamica dell’Iran si ferma per il momento, soppesando le argomentazioni a favore e contro. Da un lato non si fida degli americani, che hanno più volte violato gli accordi raggiunti. D’altra parte, l’Iran ha un disperato bisogno di revocare le sanzioni. Il destino dell’accordo nucleare dipenderà in gran parte dalla decisione che prenderà Ali Khamenei.
Il ripristino del JCPOA sarà di grande importanza per rafforzare il regime di non proliferazione, e non solo nella regione del vicino  Medio Oriente. Le ambizioni nucleari dei vicini arabi dell’Iran saranno eliminate e si verificheranno condizioni più favorevoli per la creazione di una zona libera da armi nucleari nella regione. Anche la Russia è certamente interessata a questa soluzione.
La ripresa dell’accordo nucleare non porterà alla revoca di tutte le sanzioni statunitensi contro Teheran, e non tutte le società e le banche occidentali saranno pronte ad esportare la loro tecnologia e i loro capitali in Iran. La Russia manterrà serie opportunità per l’ulteriore sviluppo delle aree di cooperazione commerciale, economica, scientifica, tecnica e di altro tipo con l’Iran. Si troveranno i modi per evitare la concorrenza russo-iraniana nel mercato degli idrocarburi.

I negoziati tra Usa e Iran sono molto delicati e basta un non nulla per far pendere la bilancia dal lato sbagliato. Se i negoziati vanno avanti questo non esclude che altre agenzie governative restano alla finestra, l’Iran resta sempre una paese canaglia e quando arriva l’occasione, la macchina della propaganda, dei social, delle Fondazioni è oramai ben rodata e pronta a reagire ad ogni scintilla interna.

Anche questa volta la scintilla non è mancata, un episodio assolutamente lontano dagli interessi sui negoziati e la geopolitica ma sufficiente per risvegliare le forze di opposizione esistenti sia al governo sia sui territori.

Una giovane ragazza viene arrestata e condotta in caserma. Qui interrogata, picchiata, perchè non voleva indossare, nel modo corretto il velo per coprire i capelli. La ragazza non ha resistito, è stata uccisa e in poche ore, attraverso i social la protesta era nelle piazze e nelle strade. Dopo nove giorni, in alcuni territori regna ancora la protesta, in particolare in alcune province prevalentemente azere e curde, dove continuano a registrarsi scontri intensi con le forze di polizia.

Leader dell’opposizione, principalmente i membri dell’Organizzazione dei Mujahedin del Popolo Iraniano (OMIN), bandita dall’Iran, insieme ai gruppi curdi Kumele e Partito Democratico del Kurdistan iracheno, provano a sostenere la rivolta nel tentativo di allargarla,  aiutati anche da media occidentali e internet. L’ex Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha definito il Presidente iraniano Ibrahim Raisi il “macellaio di Teheran” e ha criticato Joe Biden per aver invitato Raisi alla riunione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Pompeo, precedentemente, nel mese di maggio, aveva incontrato in Albania la leader dell’OMIN Maryam Rajavi.

I canali antigovernativi sostengono la rivolta e la non conoscenza della lingua persiana, non facilita il lavoro dei giornalisti stranieri, costretti a rilanciare le solite false notizie, come il caso della defezione di soldati e forze di sicurezza a favore dei manifestanti e la perdita del controllo di alcune città. Le news sono comunque molto frammentate ed è difficile trovare sempre conferme e fonti sicure.

Il governo iraniano nel pomeriggio, rallenta l’accesso alla rete internet ma non è ancora completamente bloccato.

Il Segretario di Stato americano Anthony Blinken ha dichiarato che gli Stati Uniti forniranno accesso gratuito a Internet ai “sostenitori della democrazia in Iran”. Utilizzo del satellite internet Starlink, il cui lancio in territorio iraniano è stato annunciato dal capo dell’azienda statunitense SpaceX, Ilon Musk.

La leadership iraniana ha iniziato a impiegare alcune unità dell’esercito regolare e le forze dell’IRGC per controllare e reprimere le proteste utilizzando gas lacrimogeni, proiettili di gomma ma non sono mancati spari con armi automatiche.

I media governativi affermano che sono state arrestate più di 700 persone, tra cui 60 donne. Secondo i media dell’opposizione, negli otto giorni di proteste sono morte più di 100 persone. Nostre fonti confermano 39 persone uccise ma ci sono alcune province dove non è possibile ricevere alcuna informazione. Sia il numero dei morti sia quello degli arrestati e feriti è assolutamente provvisorio e desinato a salire, perchè in alcune aree l’artiglieria dell’IRGC ha colpito le posizioni dei militanti di Kumele nelle zone di confine dell’Iran con il Kurdistan iraqeno.

Quali scenari possibili?

La rabbia dei manifestanti non si è placata, la situazione è relativamente sotto controllo e nelle grandi città dell’Iran moltissimi cittadini hanno dato vita a numerose manifestazione a favore del governo iraniano. La presenza di forze militari regolari iraniane è segnalata solo in un settore in prossimità del confine con il kurdistan iraqeno, questo è indicatore che la polizia riesca a contenere la protesta. La maggioranza della popolazione continua a sostenere il governo dell’Ayatollah Khamenei e del Presidente Raisi.

La rete offre molti canali ma è fondamentale comprenderne la fonte, come per altre paesi, ricordiamo quelli ex URSS, l’opposizione è alimentata da fiumi di danaro e la presenza sul territorio di fondazioni dai principi democratici ma in realtà hanno notevoli interessi nella vita politica del paese. Anche per l’Iran, le minoranze e le etnie sono una questione complessa e non sempre i governi hanno gli strumenti adatti per facilitare la convivenza sull’intero territorio.

In attesa degli sviluppi dei negoziati, il governo dell’Iran sta valutando la sua adesione ai paesi BRICS ed una maggiore cooperazione commerciale con la Federazione della Russia.

Anche queste scelte non sono ben viste alla Casa Bianca e in Ucraina che ha già accusato l’Iran di aver fornito alle forze armate russe alcuni armamenti, in particolare dei droni, totalmente made in Iran. Il governo chiuderà totalmente internet? Probabilmente potrebbe essere una misura anche inutile, molto presto anche i territori iraniani verranno illuminati dal segnale di via satellite di SpaceX.

La soluzione ottimale sarebbe una fine delle proteste in un tempo molto rapido ma dall’altra parte, l’opposizione spinge per allargare la protesta e trasformarla in una guerra civile ma ad oggi questo obiettivo non è stato raggiunto

L’Iran ha una posizione geopolitica molto attraente e in qualsiasi momento l’evoluzione dei fatti può andare in qualsiasi direzione e sono da immaginare le eventuali ripercussioni in tutto il Medio Oriente.

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