Il mondo nuovo

Chiediamo solo la possibilità di poter scegliere come vivere

La foresta e la pioggia - Coreografia di Merce Cunningham

di Danilo D’Angelo

Oggi è una giornata stupenda! In collina alle sei del mattino non fa ancora caldo, l’aria è fresca, quasi fredda. Quello che ci vuole per svegliarsi. Cristina prepara la colazione con le marmellate e le fette biscottate comprate sulla piattaforma on line, quella dove al posto della moneta corrente si utilizza una moneta complementare o, se si vuole, si possono scambiare i prodotti senza l’uso di moneta alcuna. Finalmente abbiamo la possibilità di scegliere se utilizzare i circuiti bancari o no!

E la chiamavano democratica e libera la società di prima, quando, al contrario, eravamo tutti criceti in un percorso obbligato. La cosa incredibile è che le persone si erano talmente abituate a questo stato di soggezione da non rendersene più conto.

Stamattina ho molte cose da fare, prima tra tutte andare alla scuola.

Oggi, per i bambini della seconda elementare, è il primo giorno d’inglese; siamo in contatto con una scuola indiana e una tedesca ed abbiamo pensato che sarebbe bello che i bambini si conoscessero e potessero comunicare tra di loro. Ma per far questo necessitano di un linguaggio comune ed abbiamo pensato all’inglese, ma più avanti vorremmo proporre uno scambio linguistico, facendo in modo che tutti imparino un pochino delle altre lingue. Faremo questo scoprendo insieme le connessioni che ci sono tra i nostri modi di comunicare, le radici comuni – come il sanscrito – e le differenze generate dall’interazione con altre culture. I bambini impareranno, in questo modo, non solo le basi di quattro lingue diverse – che se poi vorranno potranno approfondire – ma anche il senso stesso del linguaggio e di come si evolve.

Con gli insegnanti abbiamo pensato di mettere in contatto i bambini delle tre scuole tramite l’invio di mail, il modo più veloce di comunicare, ma i bambini scriveranno le loro lettere a mano, senza l’utilizzo della tastiera.

Troppi sono gli allarmi lanciati da pedagogisti di tutto il mondo che avvertono delle problematiche derivanti dalla perdita di manualità nelle nuove generazioni. Soprattutto con l’avvento di quelle che una volta si definivano le “nuove tecnologie” – oramai obsolete – i bambini erano sempre più sacrificati sul piano dell’apprendimento linguistico e avevano grosse difficoltà a comunicare. Purtroppo, prima che le famiglie si accorgessero dei danni che tablet, cellulari e computer stavano operando sui propri figli, è dovuto passare un po’ di tempo, durante il quale le capacità espressive dei bambini diminuirono drasticamente, dato che diverse operazioni mentali, anche impegnative, erano state sostituite dai dispositivi tecnologici. Operazioni mentali che l’umanità svolgeva da millenni, come appunto la scrittura. Scrivere correttamente, controllando la forma dei caratteri, implica una micro-manualità molto raffinata. Pertanto, si può affermare che il linguaggio è fonte di coordinamento fra la percezione e la manualità che segue questa percezione.

Per questo le lettere verranno scritte a mano.

Quindi una bellissima giornata ci aspetta a scuola!

La scuola: se penso a quanto abbiamo dovuto faticare per poter dare a famiglie e docenti la possibilità di scegliere in che scuola mandare i propri figli o insegnare! Mamma mia, a vederlo da qui sembra assurdo anche il solo pensarlo: prima non c’era scelta reale, a meno di disporre di grosse somme. Infatti, se vi ricordate, i figli o andavano in una scuola statale oppure in una privata con costi impossibili per la maggior parte delle famiglie. E grazie a questo sistema (secondo alcuni studiato ad hoc) si creavano due binari: uno privilegiato, di chi si poteva permettere un’istruzione adeguata, culturalmente aperta, dove le materie umanistiche, anche se ridotte al lumicino, comunque continuavano ad essere insegnate, un binario che dava la possibilità, a chi se lo poteva permettere, di accedere in futuro a cariche dirigenziali; l’altro sovraffollato di studenti che venivano letteralmente istruiti a diventare i futuri “yes men” del sistema tecnocratico.

Grazie all’impegno di pedagogisti, medici, psicologi e, non ultimi, degli insegnanti che da tempo mettevano in guardia sui danni sociali che si stavano delineando a causa delle varie scellerate riforme scolastiche, le famiglie hanno preso coscienza del problema e, nonostante i mezzi di comunicazione cercassero di addolcire e perorare le scelte dei vari governi, non si sono lasciate abbindolare e si sono unite alle numerose associazioni che da tempo lottavano contro questa, che oggi ci appare come un’evidente ingiustizia nei confronti delle future generazioni. A questo punto il movimento popolare era talmente cresciuto che il governo ha dovuto prenderne atto. All’inizio ha cercato di trarre beneficio anche da una situazione che, apparentemente, andava contro i propri interessi, annullando, di fatto, le scuole private e inserendole tutte all’interno del corpo statale. C’era da aspettarsi una simile mossa, e infatti ce l’aspettavamo e proprio per questo eravamo preparati. Con una manifestazione in tutte le piazze italiane milioni di genitori, insegnanti, pedagogisti, studenti e anche personale non docente chiesero a gran voce la nascita di un Istituto di Ricerca Pedagogica, come già indicato da Aldo Visalberghi nel lontano 1964, e del ritorno del Ministero dell’Istruzione al suo ruolo di amministratore, non di esperto in didattica, ruolo che non gli appartiene e che aveva usurpato negli ultimi decenni dello scorso secolo. Dopo lunghe settimane di sciopero generale in tutte le scuole italiane, un braccio di ferro tra organizzazioni di settore, sindacati e governo finalmente quest’ultimo capì che i tempi in cui poteva fare il bello e il cattivo tempo erano finiti, che le persone avevano ripreso in mano le sorti del proprio destino e, molto più importante, del futuro dei propri figli.

Grazie a ciò oggi una famiglia può scegliere se mandare il proprio figlio in una scuola steineriana, montessoriana, nella Scuola nel Bosco, da Bimbisvegli, al Progetto Alice oppure in una delle tantissime esperienze didattiche innovative presenti sul tutto il territorio o, ancora, in una scuola di “vecchio tipo”, pagando una retta comune, uguale per tutte.

Questa è la vera libertà!

Resa possibile inizialmente dall’impegno, direi, dalla devozione, di alcuni di noi che si sono consacrati totalmente al raggiungimento dell’obiettivo primario, che era rendere consapevoli le persone dell’allucinazione di cui erano vittime. E questo non è stato per nulla facile, soprattutto all’inizio quando eravamo visti come i “No people”, così ci definivano in quanto, a loro dire, no global, no vax, no green pass, no war…ma questo era un modo errato d’intenderci, il classico “fare di tutta un’erba un fascio”. Piano, piano, prima attraverso i mezzi di comunicazione on line che si proponevano di dare una corretta informazione, siamo riusciti a ritagliarci una certa visibilità. Molti di noi scrivevano articoli e libri e giravano il Paese a proprie spese, non tanto per promuoversi dal punto di vista economico, ma per far sapere alle persone quante falsità stavano accettando senza un minimo di senso critico. Poi alcune emittenti di tendenza hanno iniziato ad accorgersi di noi, all’inizio giusto per avere un piccione da impallinare facendogli fare solo delle figuracce in diretta (questo dovuto non solo alla loro cattiva fede, ma anche alla nostra ingenuità), ma con il passare del tempo siamo diventati più scaltri e siamo riusciti a mantenere un profilo alto in tutte le situazioni, controbattendo con dati inconfutabili le nostre argomentazioni e presentandoci sempre accompagnati da persone estremamente competenti e molto conosciute nel proprio campo. Questo ci ha dato non solo più visibilità, ma anche credibilità e sempre più personalità del mondo scientifico, economico, scolastico ed anche politico si sono schierate dalla nostra parte.

Ma il colpo finale lo diedero gli artisti, come già successe negli anni ’60. Quasi tutti i musicisti, gli attori, gli scrittori, i pittori presero le nostre difese sostenendo che la libertà di scelta dei singoli individui è sacra e insindacabile, soprattutto se non arreca danno alla comunità, ma al contrario si dimostra più in armonia con il tutto. Si iniziarono a vedere concerti organizzati in tutte le piazze d’Italia, manifestazioni culturali e letterarie riguardanti il senso della libertà e l’importanza delle proprie scelte; performance teatrali, mostre fotografiche, film e documentari che trattavano della libertà di scelta, oltre che di pensiero e di parola. A quel punto anche gli adolescenti, che fino a quel momento erano rimasti narcotizzati dalle nuove tecnologie, si risvegliarono e, anzi, diventarono i sostenitori più irriducibili di un mondo popolato da esseri coscienti, consapevoli e responsabili.

Li avevamo messi con le spalle al muro. Il punto fondamentale a nostro favore fu quello di non insistere su un cambiamento di vita globale, un cambio di direzione drastico che non sarebbe stato accettato dai più e, di certo, non dal sistema. Noi gli avevamo dato una via di fuga non imponendogli di cambiare, ma chiedendo solo di poter avere la possibilità di scegliere. Se avessimo insistito, come avevamo fatto all’inizio, sul cambiamento totale, globale, di tutto il sistema mondiale, avremmo perso sicuramente, ma chiedendo solo la possibilità di poter scegliere come vivere siamo riusciti a ritagliarci il nostro spazio vitale che poi, centrando piccoli obiettivi di volta in volta, si è espanso sempre di più. Questa strategia ha fatto sì che le persone rimettessero in discussione il loro modo di vivere, i loro ideali, le loro scelte e dato che l’animo umano non può essere sradicato, nonostante il sistema abbia cercato di disintegrarlo, realizzarono quali scelte fossero quelle che si avvicinavano al loro sentire più profondo.

Certo, tanti problemi sono ancora sul tavolo perché la maggior parte delle persone restano tutt’ora ancorate al vecchio stile di vita, un po’ per abitudine e pigrizia e un po’ per convenienza. Naturalmente le multinazionali e le grandi aziende di ogni genere sono restie a lasciare il loro modus operandi per un bene superiore. Il guadagno, il potere e la loro gretta arroganza continuano a fare scempio della logica, della razionalità e, di conseguenza, dell’ecosistema. Per cui assistiamo ancora, per esempio, all’inquinamento di beni comuni come falde acquifere, laghi, fiumi, mari e tutto il territorio nel suo complesso, da parte di aziende che, pur di guadagnare, non si preoccupano dell’ambiente e di raggirare le norme comunitarie.

Ma, forse ingenuamente, sono fiducioso perché sempre più persone stanno prendendo le distanze da questa allucinazione collettiva, avvicinandosi al nuovo modo di intendere la vita. Si stanno rendendo conto che è una scelta possibile e che non implica rinunce particolari. Anche perché già lo stesso concetto di “rinuncia” in questo caso è sbagliato. Non si rinuncia ad essere una specie ignorante e distruttiva: lo si comprende, nel senso più strettamente etimologico del termine.

Si tratta solo di avere una maggiore consapevolezza di chi siamo, del posto in cui viviamo e del nostro ruolo in questo mondo.

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