Cursus Honorum: statue parlanti al Campidoglio raccontano la prima magistratura

L'arte della scultura nei secoli e l'interazione con i cittadini

Statue parlanti Roma 1976

di Donatella Brusoni

In questo periodo in Italia si parla di riforme della magistratura, di referendum dedicato a questo argomento e può essere interessante riscoprire quando, come e perché nacque questa attività e quali furono i passi che poi svilupparono nei secoli le cariche dei magistrati.

Questa curiosità può essere in parte soddisfatta andando a visitare la mostra che si svolge a Roma ai Musei Capitolini nel Palazzo dei Conservatori fino al 2 ottobre 2022.

Per entrare nel vivo di questa esposizione cerchiamo di capire che cosa sono le “statue parlanti”, se è un nuovo modo di far comunicare ciò che per sua natura è immobile con gli esseri animati che le incontrano.

Le prime statue parlanti sono collocate a Roma e spesso da qualche secolo. In questo ambito non parliamo di statue la cui abilità artistica degli scultori più noti le fa parlare solo con mimica facciale e corporea, di estremo realismo ma ci riferiamo a statue anche prive di alcune parti del corpo utilizzate per “comunicare”insofferenze e sberleffi ai potenti dei vari secoli.

Una delle statue parlanti più famose è quella del Pasquino, nei pressi di Piazza Navona, dove generazioni di anonimi autori di satire più o meno divertenti venivano appiccicate addosso a questa statua e gli irriverenti scagliavano epigrammi contro i governanti di turno da qui le famose “pasquinate” oggi sostituite in modo meno creativo dai social.

Questa introduzione all’uso di questo metodo non deve trarre in inganno chi legge: nessuna statua parlante della mostra farà sberleffi ai potenti né dell’epoca della Res Publica né a quelli attuali.

La storia dei primi togati dell’antichità, quando Roma era una Res Publica è affidata al metodo delle ”statue parlanti”, dove prendono parola alcune rappresentazioni statuarie di consoli dell’antica Roma prima dell’avvento di Cesare, sintetizzate in quattro statue maschili e una femminile

In questa mostra piccola e innovativa il verbo ai protagonisti viene offerto dalla tecnologia, ebbene si il connubio antichità e progresso tecnologico si mostrano un’accoppiata vincente rinforzati dai pannelli esplicativi che non sono assolutamente sostituibili…insomma lo “scripta manent” deve essere indissolubile.

I visitatori prima di poggiare la mano sul dispositivo che “accende” la voce narrante della statua di turno possono leggere col naso all’insù per alcuni pannelli messi in alto alcune frasi tratte da storici come Tito Livio e Polibio.

Tra le scritte che ci fanno immergere in questo viaggio nel tempo vediamo: “Quale tra gli uomini è così sciocco o indolente da non voler conoscere come e grazie a quale forma di governo quasi tutto il mondo abitato sia caduto …sotto il dominio unico dei Romani, cosa mai avvenuta prima?” (Polybius, Hist.I15) e “Potresti ritenere che l’origine della libertà risalga a questa data … perché si stabilì che i consoli durassero in carica soltanto un anno” (Livius, II 1 7)

Il focus della mostra è sulle cariche pubbliche dei magistrati di età repubblicana, il cursus honorum era un elemento base della vita politica della Roma antica.

Come si accedeva al cursus? Innanzitutto il censo, la fama e il prestigio degli antenati e chi non apparteneva a queste famiglie era considerato un ”homo novus” con tutti i pro e i contro della faccenda; all’inizio comunque solo i Patrizi potevano accedere alle cariche per la magistratura come per esempio i Corneli nel IV secolo a.C.. Col passare del tempo le cariche furono estese anche ai plebei.

L’ordine di successione delle cariche fu oggetto di una legge emanata sotto Silla la lex Villia annalis che determinava i limiti minimi di età per candidarsi alle singole magistrature e stabiliva un intervallo di due anni tra l’esercizio di una magistratura e la seguente.

A che età si iniziava il cursus? A ventisette anni si inziava con la questura, dopo dieci anni di servizio militare, poi vi erano: tribunato, edilità, pretura, consolato e censura.

Le magistrature romane erano collegiali e di durata prevalentemente annuale.

I magistrati superiori: consoli, pretori e censori erano eletti dai cittadini in base al censo e venivano contraddistinti da vari accessori tra cui la speciale toga bordata ed erano i soli a poter celebrare i trionfi mentre i magistrati minori ( i questori e gli edili) erano eletti dai cittadini suddivisi per tribù detti comizi tributi

In questo periodo storico tra i consoli si distinse il console Gaio Duilio un “homo novus”

rappresentato da una statua parlante che sintetizza in modo celebrativo le sue imprese durante la guerra punica: Gaio Duilio liberò per esempio Segesta dall’assedio punico e per aver donato al popolo romano un enorme bottino di guerra ma fu anche il primo a mostrare i prigionieri cartaginesi nati liberi come trionfo e certo questo fatto ha dato origine al poco onore che si è avuto anche nelle guerre più recenti.

Quali erano le tappe e le funzioni de cursus honorum?

I Questori sorvegliavano il tesoro dello Stato (erario), custodito presso il tempio di Saturno e gestivano le finanze pubbliche.

I Tribuni della plebe potevano invalidare atti e sentenze contrari ai diritti della plebe, riunivano questa in concili e promuovevano legge detti “plebisciti”: i Tribuni della plebe venivano eletti nelle assemblee della plebe suddivisa per tribù.

Gli Edili avevano il compito di sorvegliare il regolare svolgimento della vita civile dall’ approvvigionamento di grano detto annona all’organizzazione dei diversi giochi cittadini.

I Pretori dal IV secolo a.C erano coloro che amministravano la giustizia.

I Consoli erano i magistrati che lavoravano in coppia, questi erano responsabili del governo della Res Publica e avevano il comando militare. Questi magistrati venivano eletti annualmente, avevano uguale potere e diritto di veto l’uno rispetto all’altro e si alternavano nelle varie funzioni.

I Censori erano anche loro una coppia di magistrati ma venivano eletti ogni cinque anni ed erano scelti tra ex consoli e avevano il compito di classificare la popolazione in base al patrimonio e dovevano farla partecipare ad attività militare e politica.

Il Dittatore era un magistrato al quale venivano conferiti pieni poteri ma solo per sei mesi: questi aveva il compito di nominare il magister equitum che comandava la cavalleria.

Vi era anche una figura suprema che era il responsabile della compilazione delle liste dei magistrati annuali detti “fasti”, il Pontefice Massimo che era anche colui che controllava ogni aspetto della vita religiosa e politica.

Nella mostra si menzionano i due più famosi Tribuni della plebe: Tiberio e Gaio Gracco detti i Gracchi i famosi “gioielli” della loro madre Cornelia, esemplare della matrona romana virtuosa.

Cornelia appartenente alla famiglia degli Scipioni era figlia di Publio Cornelio Scipione Africano e nipote per parte materna di un altro eroe: Lucio Emilio Paolo vincitore della battaglia di Pidna.

I due fratelli avevano dunque illustri ascendenti anche se poi furono dalla parte del popolo.

La nobile matrona ebbe dodici figli dal marito, il console Tiberio Sempronio Gracco tra cui vi furono i futuri tribuni della plebe: Tiberio e Gaio Gracco.

Il periodo degli ultimi decenni del II secolo a.C. era caratterizzato da una profonda crisi economica e sociale e i due fratelli Gracchi si distinsero come figure politiche di riferimento per la popolazione romana del tempo. I Gracchi cercarono di sviluppare una serie di riforme per redistribuire le terre tra i piccoli proprietari e così intaccarono gli interessi dei latifondisti che presto si vendicarono assassinando i due tribuni che volevano rendere più equa la ricchezza del periodo storico che stavano attraversando. La Roma repubblicana stava finendo, la politica stava prendendo un’ altra piega e Giulio Cesare stava per arrivare ma questa sarà un’altra storia (o mostra?).

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