di Fabio Mini
…Nel recente summit di Madrid, la Nato ha aperto le porte formalmente a Svezia e Finlandia, con il rischio concreto di aprire un nuovo fronte con la Russia. Mosca ha, infatti, già annunciato ritorsioni in caso di basi Nato nei due paesi scandinavi. Quali sono i rischi concreti che corre l’Italia nella sua partecipazione alla Nato nel prossimo futuro? E, come sottolineato recentemente dal Prof. Andrea Zhok, più che essere sotto l’ombrello della Nato non rischiamo di essere noi l’ombrello della Nato?
Fossi nei panni della Nato non sarei così sicuro che l’ammissione di Svezia e Finlandia sia un punto di forza aggiuntivo per l’alleanza. I due paesi, come tutti gli altri baltici e scandinavi, hanno intrapreso un percorso avviato già da diversi anni dalla Gran Bretagna che intende assumere il controllo della “Nato del nord” e perfino delle porte dell’Artico. Sempre che le basti perché anche le mire della Nato nell’Indo-Pacifico allettano gli inglesi. Questi due paesi, dopo anni di neutralità, ancorché forzata, hanno sviluppato una forte indipendenza e anche refrattarietà alle imposizioni esterne. Ora sembrano disposte a mettersi sotto l’ombrello della Nato, ma non di certo a diventare obiettivo della Russia. Questa non ha molti problemi a permettere che tali paesi entrino nella Nato purché non ospitino sui propri territori assetti militari che possano minacciarla. Sarà questa condizione a determinare fino a che punto Svezia e Finlandia saranno disposte a sacrificare tutto ciò che hanno soltanto per il gusto di far arrivare ai loro confini orientali la linea rossa della “sicurezza esistenziale” russa. Anche in questo caso si ripropone il quesito fondamentale che ha assillato tutti i paesi della Nato negli ultimi settant’anni: gli Stati Uniti tireranno la corda fino al confronto nucleare strategico? Non l’hanno mai fatto in tutti i conflitti che riguardavano il rapporto diretto con la Russia, perché formalmente non si trattava di paesi membri della Nato, ma hanno dovuto sacrificare tutte le affermazioni riguardanti i paesi” amici”, i clienti, il diritto internazionale e persino le questioni umanitarie. L’osservazione del Prof. Zhock è interessante. Di fatto i paesi europei della Nato sono veramente l’ombrello degli Stati Uniti. La guerra in Europa tiene lontana la minaccia strategica sul continente americano.
Apparentemente, o meglio secondo la narrazione dominante dai media mainstream, l’operazione in Ucraina ha portato all’isolamento della Russia. Ma se si guarda all’insieme della comunità internazionale, non è forse l’Occidente a essere entrato in un vicolo cieco? Il resto del mondo non sta forse seguendo come non mai l’ottica dello “sganciamento” economico e politico proposta molti decenni fa da Samir Amin?
È vero che esiste nel mondo un forte movimento di sganciamento economico dall’egemonia statunitense. E la posizione americana nel conflitto ucraino con gli aiuti militari e le sanzioni contro la Russia è sia la premessa sia la conseguenza del conflitto. Ed è vero che sul piano finanziario molti strumenti di lavoro si sono già sganciati dal dollaro o comunque dai prodotti finanziari occidentali. È un processo che i cinesi per primi hanno individuato di fronte al pericolo di dipendenza finanziaria (in quanto fornitori e creditori) dall’occidente. Lo sganciamento fondamentale è tuttavia quello economico che riguarda le risorse dalle quali dipende il lavoro, per chi ce l’ha, lo stile di vita e le prospettive tecnologiche. Gli Stati Uniti stanno spingendo la Russia verso l’India e la Cina e questa da anni sta spingendo la ricerca di risorse in Asia, in Africa e in America Latina. A prescindere dall’esito del conflitto in Ucraina questo movimento sarà sempre più forte ed è questo che mette paura agli Stati Uniti e li costringe ad usare il solo martello che hanno: la forza militare. La Nato a Madrid ha segnalato a Washington che l’Europa è con gli Stati Uniti in questo tipo di guerra e che coordinerà con essi la propria ricerca di risorse. Resta da vedere quanti, tra i paesi detentori di risorse,sono disposti a svendersi alle ex potenze coloniali (che tali per essi rimangono i paesi europei) e quanto gli Stati Uniti e la Nato riusciranno a sostenere le guerre o le minacce militari necessarie a procurare le risorse.
Il Parlamento di Tobruk in Libia è stato preso d’assalto e dato alle fiamme venerdì. In Libia siamo prossimi ad aprire un nuovo fronte di quella che Papa Francesco aveva correttamente definito la terza guerra mondiale a pezzetti già qualche anno fa. Con una possibile nuova implosione del Mediterraneo e alla luce del conflitto in Ucraina che non sembra arrivare ad una soluzione, qual è il peggior scenario possibile per gli interessi strategici italiani da tenere a mente?
Lo scenario peggiore per i nostri interessi è la destabilizzazione del Mediterraneo che sarà tanto più accelerata e grave quanto più l’attenzione europea e della Nato si allontana dal mare nostrum. E lo scenario peggiore ed è anche il più probabile e abbiamo un precedente importante: nel 2011 è bastato l’annuncio statunitense dell’Asia Pivot (lo spostamento dell’asse strategico in Estremo Oriente) per resuscitare le manie coloniali e dei paesi europei e quelle statunitensi di delegare ad essi la sicurezza mediterranea ed oltre.
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