di Veronica Tarozzi
In occasione della conferenza a cielo aperto sui vaccini Covid e sulle vaccinazioni pediatriche organizzata dal gruppo ConsapevolMenti, in collaborazione con Soprattutto Liberi, ho avuto l’immenso piacere d’incontrare ed intervistare la Dott.ssa Loretta Bolgan, una delle massime esperte di danni da vaccino in Italia, laureata in chimica farmaceutica con dottorato in scienze farmaceutiche, da diversi anni si occupa di danni da vaccino ed è stata consulente nell’ultima Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli effetti dell’uranio impoverito e dei vaccini sui militari; negli ultimi due anni si è occupata di studiare i meccanismi del danno causato dall’infezione da SARS-CoV-2, della sua complicazione, la Covid-19, e anche i meccanismi del danno da vaccino Covid e possibili terapie.
Dott.ssa Bolgan, quali sono le criticità che sono emerse dai suoi studi riguardo ai “vaccini anti-Covid-19”?
Va premesso che parliamo di vaccini di nuova generazione, per quanto riguarda quelli che sono attualmente in commercio: i vaccini Pfizer e Moderna a mRNA, i vaccini a vettore adenovirale cioè Astrazeneca, Johnson & Johnson, Sputnik V e ultimamente abbiamo avuto l’introduzione anche di un paio di vaccini a proteine (Novavax e Valneva).
Per quanto riguarda i vaccini a base genica, purtroppo siamo di fronte a una problematica legata al fatto che possono causare un meccanismo definito “interferenza genica”[i]. Quindi delle modificazioni cosiddette epigenetiche, che possono portare a una rottura della tolleranza immunologica[ii] e questo meccanismo porta a slatentizzare tumori, magari già risolti, oppure ad attivare tumori di nuova insorgenza, può slatentizzare patologie autoimmunitarie, degenerative e quindi causare anche dei danni a breve termine, di grave entità; a questo, dobbiamo aggiungere anche dei danni legati alla proprietà stessa del virus, quindi le patologie cardiovascolari proprio per la spike che viene prodotta attraverso il vaccino, e tutte le problematiche dovute all’intossicazione da spike, che possono causare un vero e proprio avvelenamento dell’organismo.
Quindi si tratta di vaccini particolarmente pericolosi sotto il profilo della loro tossicità, mentre dall’altra parte purtroppo parliamo anche di vaccini inefficaci, perché il SARS-CoV-2 è un virus a RNA a catena singola, che quindi tende a fare delle grandi popolazioni virali di mutanti, che portano a una resistenza molto rapida nei confronti del vaccino, ma anche di altri farmaci di precisione, come gli anticorpi monoclonali, e quindi riescono a evadere la protezione del vaccino e far sì che il vaccinato possa comunque infettarsi e infettare gli altri; dunque a fronte di un’efficacia praticamente nulla, abbiamo dei rischi notevoli per i vaccinati.
C’è anche da dire che le persone predisposte, quelle cosiddette “vulnerabili”, per patologia o per età, sono quelle che possono avere danni molto gravi o fatali già a breve termine, ma anche persone considerate “sane”, quindi senza particolari predisposizioni, più fanno richiami e più tendono a diventare persone vulnerabili, poiché si è già visto che dopo la terza, quarta dose, anche una persona che inizialmente era sana, purtroppo poi può diventare più soggetta a sviluppare patologie da immunodepressione.
I potenziali rischi si potevano già prevedere prima dell’autorizzazione condizionata?
Si partiva già da una base di studi derivati dai vaccini contro il SARS-CoV-1 del 2003: era noto ad esempio il rischio del potenziamento della malattia, perché già identificato come uno dei rischi maggiori di questi vaccini; dall’altra parte si poteva anche prevedere, per esempio, la coagulopatia e i rischi cardiovascolari per la caratteristica della spike vaccinale.
Nel primo libro che ho pubblicato sulla questione, “COVID-19 il vaccino che verrà” a maggio 2020, avevo già identificato tutta la serie di danni potenziali che poi effettivamente si sono manifestati; c’è da dire che i documenti della Pfizer colgono segnalazioni passive, quindi i danni sono notevolmente sottostimati per quanto riguarda l’incidenza, ci danno un’idea della tipologia dei danni, che però, se si va a leggere esattamente cosa ha scritto la Pfizer, per nessuna di queste segnalazioni è stato studiato il nesso di causa, per cui per ciascun tipo di reazione avversa loro escludono (a priori, ndr.) il nesso con la vaccinazione.
Infatti da una sua recente intervista emerge il fatto che la sola cosa su cui viene posta attenzione è la reattogenicità: può spiegarci cosa significa?
Sono le reazioni avverse o gli effetti collaterali del vaccino all’atto dell’inoculazione, quindi quelle immediate e di solito queste reazioni, che vengono classificate come comuni, sono l’infiammazione sul punto d’iniezione, il gonfiore o la febbre e in casi di predisposizione particolari, l’anafilassi (o “shock anafilattico”, ndr).
Queste sono le informazioni che normalmente vengono fornite al vaccinando, come uniche reazioni possibili da vaccino, per cui, se poi insorgono delle altre complicazioni, di solito il medico non le segnala, o comunque non le riconosce come associate alla vaccinazione. Questo porta purtroppo a una notevole sottostima dell’entità del danno da vaccino.
Dall’altra parte va detto che le ditte stesse, quando hanno condotto gli studi clinici, hanno detto chiaramente che non avevano né il tempo, né i soldi per poter proseguire nel monitoraggio delle persone vaccinate per quanto riguarda l’ospedalizzazione e la possibilità di decesso, perché comunque richiedeva un investimento notevole in termini economici; e questo vale per tutti i vaccini, non solo per il Covid: anche per quelli pediatrici, quelli militari, e quelli antinfluenzali per gli anziani. Quindi è una problematica che purtroppo ci trasciniamo dietro, praticamente dall’antivaiolosa in poi.
Oggi ci troviamo all’Arco della Pace per una sua conferenza sui vaccini Covid in età pediatrica: si potrebbe azzardare l’ipotesi che l’approccio verso questo tipo di vaccini in età pediatrica sia del tutto antiscientifico?
Sì, noi possiamo dire che dal punto di vista dell’utilità per questa fascia d’età non ce n’è, in quanto i bambini non si infettano, o se si infettano tendono comunque a fare una malattia lieve e con una incidenza di mortalità tendente a 0 a livello mondiale.
Ci sono dei bambini vulnerabili, magari per malattie genetiche particolari, che possono sviluppare alcune forme molto gravi di complicazione da Covid, ma questi bambini andrebbero protetti opportunamente con un’appropriata prevenzione e terapie per la Covid, invece di utilizzare questi casi per indurre alla vaccinazione tutti gli altri bambini sani.
Quindi l’utilità per proteggere i bambini non c’è, perché normalmente non sviluppano una forma grave di Covid, dall’altra parte, si dice che il bambino va vaccinato perché bisogna aumentare la copertura vaccinale per raggiungere l’effetto gregge, e questo è un falso scientifico perché i vaccini non possono, per definizione, garantire nessun effetto gregge, perché non consentono la formazione di una memoria immunologica, che è necessaria per l’effetto gregge.
Solo i guariti possono portare all’effetto gregge, in altre parole non c’è neppure nessun beneficio collettivo dato dal vaccino, così nella valutazione del rapporto beneficio-rischio se il beneficio non c’è, rimane solo il rischio. Nel caso dei bambini questo è estremamente grave, perché i bambini vengono predisposti fin dall’età pediatrica allo sviluppo di patologie autoimmunitarie, tumorali e degenerative e di grave alterazione della risposta immunitaria, quindi con la possibilità di esporli allo sviluppo di patologie più tipiche dell’età avanzata. In altre parole, rendiamo molto più precoci patologie estremamente gravi a cui dobbiamo anche aggiungere un rischio, ad oggi ancora in corso di studio, di infertilità sia maschile che femminile.
C’è la possibilità di seguire un percorso preventivo o addirittura una terapia disintossicante per compensare eventuali danni post-inoculazione?
Dipende molto da quanto tempo è passato, anche qui è molto importante agire molto precocemente, dopo la vaccinazione. Ad ogni modo, ci sarebbe da fare uno screening per vedere com’è la situazione cardiovascolare, in particolare uno screening trombofilico; poi bisognerebbe fare una valutazione della funzionalità del sistema immunitario, e qui ci sono tutta una serie di marcatori, come citochine, tipizazione delle popolazioni linfocitarie e funzionalità dei mitocondri, per fare un quadro completo della situazione.
Se tutto a posto, si potrebbe pensare a fare una prevenzione aumentando le riserve di antiossidanti, si può fare per flebo periodicamente, oppure far sì che si introduca, anche per via orale glutatione, vitamina C, acetilcisteina, melatonina, vitamina D, inizialmente a dosaggi sostenuti (tra i 5000 e i 10.000, a seconda della carenza) e poi una dose di mantenimento tutti i giorni, poiché fa da modulante del sistema immunitario e previene le malattie autoimmunitarie.
Il tutto, sempre sotto controllo medico, anche perché va molto personalizzato sulla base dei risultati e delle analisi, in particolare, medici e biologi nutrizionisti sono già formati per fare questi tipi di terapie.
[i] Trascrizione inversa / interferenza geneica https://www.mdpi.com/1467-3045/44/3/73/htm
[ii] Rottura della tolleranza immunologica: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/imm.13443
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