di Cassandra
Ci sono un tedesco, un francese e un italiano in un treno per Kiev… portano oro, incenso e mitra… no, no, così non va. Eppure, sembrerebbe proprio che i soggetti in questione, si prestino volutamente a tali accostamenti, quasi a voler corredare, con immagini di ordinaria normalità che richiamano il nostro più bonario e innocuo immaginario, il loro incessante impegno per il bene dei cittadini europei: “andrà tutto bene, lavoriamo per voi”.
In ballo ci sono le economie degli Stati membri dell’EU, conficcate in complesse questioni di geopolitica mondiale, ci sono 700 – 1000 morti al giorno solo da parte ucraina. Quelli di parte russa, invece, non si contano, ma ci sono. Soprattutto in ballo, ci sono guerra e pace, ci sono potenze militari, sospetti di attacchi biologici e fantasmi, questa volta più di uno, che si aggirano per l’Europa.
Ci sono, infatti, anche immaginari di morti e di città distrutte che aleggiano in un oscuro presagio, non più di sparuti giornalisti dimenticati che denunciavano da tempo il rischio di una terza guerra mondiale, ma paventato proprio dai nostri beneamati (in alcuni Paesi anche non eletti), che ricorrono a stati di emergenza e di eccezione data la gravità della situazione e la precarietà degli equilibri internazionali. E questo fa a pugni con le immagini dell’interno del vagone ferroviario che fila in direzione di Kiev.
I pugni ben più assestati, arrivano però, dal sondaggio dell’European Council on Foreign Relations (ECFR) circa la posizione dei cittadini sul conflitto russo-ucraino nei dieci stati più popolosi d’Europa.
Il Times ne riporta i dati e illustra con la chiarezza dei grafici, che il 35% dei cittadini è a favore della pace ad ogni costo. “Ogni costo” è inteso in termini di “si alla cessione dei territori ucraini alla Russia”, il 22% del campione, invece, è a favore della tregua a condizione di una dichiarazione di sconfitta della Federazione Russa. Quanto sia il grado di realismo di chi pensa di poter inginocchiare il grande orso rimanendo illeso, dir non è mestieri.
Dagli stessi dati riportati dal Times, si evince anche che l’Italia sia capofila, con il 52% dei cittadini pronti a una negoziazione di pace, tra gli stati che non desiderano alimentare oltre il conflitto bellico. Ai nonviolenti italiani si aggiungono il 49% dei tedeschi e il 41% dei francesi. Fatti i dovuti calcoli, in questi soli tre paesi, si contano 100 milioni di cittadini che chiedono la fine della guerra anche cedendo i territori di della Regione del Donbass, Zaporižžja e Karkov. In Italia, solo il 16% del campione opta per una prosecuzione della guerra al fine di proteggere i territori ucraini e, sempre nel nostro Paese, sono circa 100.000 i profughi ucraini accolti con alloggio, inserimento lavorativo e contributo mensile. L’accoglienza dei profughi restituisce onore a un paese martoriato dalla disoccupazione e dalle chiusure a seguito dei lockdown, dall’esclusione dalla vita sociale e lavorativa di chi ha rifiutato l’inoculazione, dalla sospensione dal lavoro specie nel settore sanitario proprio durante l’emergenza sanitaria. I costi sono notevoli eppure sono stati affrontati per dare riparo ad una popolazione che fugge dalla guerra. Riportando le parole di Mark Leonard, direttore dell’ECFR, il Times scrive: “Il grande divario è tra coloro che vogliono porre fine alla guerra il più rapidamente possibile e coloro che vogliono che la Russia venga punita”. Leonard prosegue: “I cittadini europei si preoccupano del costo delle sanzioni economiche e della minaccia dell’escalation nucleare. A meno che qualcosa non cambi radicalmente, si opporranno a una guerra lunga e prolungata”.
Le contraddizioni sono dunque troppe? I profughi beneficiano di progetti ad hoc per l’inserimento lavorativo, possono esercitare le professioni sanitarie, sempre senza obblighi vaccinali di alcun genere. I costi sostenuti per l’invio di armi ed equipaggiamenti militari ingrossano il fiume dei dubbi, delle contraddizioni e degli effetti boomerang delle sanzioni.
È ancora sostenibile l’idea che assecondare le richieste di armi del governo ucraino sia la strada per proteggere la popolazione? Portare avanti questa guerra potrà salvare vite e restituire i territori russofoni a Zelensky? Ma abbiamo ancora armi oppure anche questo fa parte del dramma teatrale?
Pare che gli europei con gli italiani in testa, non ci credano più. Ad aggravare la questione in Italia è l’avvio della campagna elettorale che vede molti partiti impegnati nel mettere a proprio reddito lo scontento popolare.
Mentre Volodymyr Zelensky ci elargisce l’ennesima lezione di orgoglio nazionale affermando che “il mondo vuole imparare dagli ucraini come combattere e come vincere”, i nostri tre eroi, seduti attorno al tavolo del vagone per Kiev, hanno un bel problema da risolvere, ben più grave dello schivare le bombe. Il problema si chiama “trasformare un gioco a somma zero in un gioco win win”. La posta è la tenuta dei governi e la prosecuzione dei piani NATO: il costo economico ricade soprattutto sulla fascia più bassa e ampia della popolazione e la corda, abbondantemente tesa, rischia ora di spezzarsi. Il rischio di tramutare la solidarietà verso i profughi ucraini, in odio aumenta con il diminuire dei chilometri che separano i nostri eroi da Kiev.
Allo stato delle cose, l’Ucraina sarebbe sul varco per entrare in UE con un’adesione condizionata (tempi lunghi), sarebbe invitata al prossimo G7, Macron avrebbe inviato altre armi promesse a Zelensky puntando però alla negoziazione. Insomma, visto il personaggio Zelensky è proprio il caso di dire “ricchi premi e cotillion”.
La notizia del licenziamento di Ludmilla Denisova, ormai ex commissaria ucraina per i diritti umani, da parte dello stesso parlamento di Kiev, si è da poco aggiunto, dopo le immagini di video giochi, di bombardamenti gonfiati o geograficamente spostati ad arte, alla lista delle notizie del mainstream, che stanno generando un effetto paradosso forse non calcolato. Il tutto confonde l’opinione pubblica che sceglie di orientarsi con pragmatica: ne risulta che la vicinanza alle vittime (solo ucraine però) del conflitto viene sempre meno. Questa volta la manipolazione dell’informazione sulla guerra allontana i cittadini dalla causa umanitaria e l’insofferenza per i costi dell’impresa bellica alimentano lo iato dall’operato del Consiglio dei Ministri.
Macron, Scholz, Draghi e il presidente rumeno Johannis hanno fatto il loro gioco, questa volta hanno recitato a soggetto dovendo salvaguardare la tenuta dei rispettivi governi. Le loro dichiarazioni indicano che si debba procedere verso la negoziazione e la sospensione delle ostilità. Zelensky annuncia che “l’impressione dell’incontro è positiva” e che “la fine della guerra e la pace dovranno essere esattamente come le vede l’Ucraina”. Somiglia sempre di più al remake di “io ballo da sola”.
I tre appesi, tra la governance interna e lo zio Sam, dovranno ora giocare la partita, ognuno in casa propria. Gli assenti: il grande orso russo e il biondo di Downing Street.
Nei prossimi giorni capiremo nei fatti per quale strategia hanno optato Macron, Schultz e Draghi.
Sono le nostre vite, il nostro mondo, i nostri territori che vengono giocati in tavoli a noi preclusi, parrebbe però, questa volta, che il fronte pacifista sia salito sul piatto della bilancia.
Mentre il paesaggio scorre veloce dal finestrino di un treno che riporta a casa gli emissari d’Europa, noi cittadini abbiamo imparato qualcosa in più? Siamo più consapevoli di quanto ancora potremmo avere voce in capitolo? La partita è aperta.
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