Sono infermieri, medici (in maggioranza medici generici) e psicologi. Il 95% sono donne.
l’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e l’Unione Medica Euro mediterraneo (Umem), fanno un primo bilancio degli effetti del decreto “Misure urgenti per l’Ucraina”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 marzo, che consente a medici e professionisti sanitari ucraini di esercitare la propria professione in Italia fino al 4 marzo 2023.
“L’Amsi e Umem come sempre fanno il loro dovere sotto forma di volontariato e in modo gratuito, difendendo tutti i professionisti della sanità italiani e di origine straniera ed il diritto alla salute. – commenta il presidente Amsi e Umem Foad Aodi, che è anche membro della commissione Salute Globale Fnomceo. – Ci dispiace leggere numerose polemiche nei confronti dei medici e infermieri ucraini dopo questo decreto, che assomiglia al Decreto Cura Italia Articolo 13, con finalità diverse ma sempre per solidarietà e per un tempo determinato”.
“Chi decide di rimanere in Italia – prosegue Foad Aodi – deve fare la stessa pratica, come hanno fatto i numerosi medici e infermieri stranieri per far riconoscere il loro titolo di laurea in Italia e l’esame in lingua italiano per iscriversi all’Ordine professionale”.
E sul perché la stessa strada non sia stata percorsa per i professionisti di altri paesi come Siria, Iraq, Sudan, Somalia o Tunisia, “deve rispondere il Governo Italiano”, spiega Foad Aodi. “Evitiamo polemiche gratuite e cerchiamo di costruire il nostro presente e futuro su solidarietà, dialogo e rispetto reciproco”. Le associazioni esprimono “solidarietà anche ai professionisti della sanità russi che hanno subito discriminazioni in Italia”.
Le richieste sono tante e da tutte le regioni la maggior parte da Veneto (250), Lombardia (130), Piemonte (90), Sicilia (80), Liguria (70), Emilia Romagna (70), Lazio (60), Piemonte (60), Campania (40), Umbria (35), Sardegna (35), Friuli Venezia Giulia (20), Toscana (25), Calabria (15), Abruzzo e Trento (10).
A definire le modalità l’Articolo 34 del decreto (“Deroga alla disciplina del riconoscimento delle qualifiche professionali sanitarie per medici ucraini”): è “consentito l’esercizio temporaneo delle qualifiche professionali sanitarie e della qualifica di operatore socio-sanitario ai professionisti cittadini ucraini residenti in Ucraina prima del 24 febbraio 2022 che intendono esercitare nel territorio nazionale, presso strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private, una professione sanitaria o la professione di operatore socio-sanitario in base a una qualifica professionale conseguita all’estero regolata da specifiche direttive dell’Unione europea. Le strutture sanitarie interessate possono procedere al reclutamento temporaneo di tali professionisti, muniti del Passaporto europeo delle qualifiche per i rifugiati, con contratti a tempo determinato o con incarichi libero professionali, anche di collaborazione coordinata e continuativa, in deroga all’articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e fermo restando quanto previsto dall’articolo 11, del decreto legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla Legge 25 giugno 2019, n. 60. Le predette strutture sanitarie forniscono alle regioni e alle province autonome sul cui territorio insistono, nonché’ ai relativi Ordini professionali, i nominativi dei professionisti sanitari reclutati ai sensi del presente articolo”.
A seguito del decreto la questione poco chiara ancora oggi è tutta in una semplice domanda: gli obblighi richiesti ai medici ed infermieri Italia sono gli stessi richiesti ai medici ed infermieri ucraini? I medici ed infermieri ucraini non vaccinati possono sostituire i medici ed infermieri italiani sospesi, perchè non hanno accettato l’obbligo vaccinale al covid-19?
Silvana De Mari, medico italiano sospeso ci aiuta a capire cosa sta accadendo in merito alla modalità dell’articolo 34 del decreto
Buona Visione
Commenta per primo