Venerdì 20 maggio sciopero generale e sociale contro la guerra

Mobilitiamoci contro la corsa al riarmo e l’aumento delle spese militari

20 maggio sciopero generale sociale e contro la guerra

Dopo lo sciopero del 22 aprile scorso che ha visto sfilare per Roma una manifestazione partecipata e combattiva, fatta di operai e studenti sotto lo slogan “via il governo della guerra e del carovita”, in questi giorni l’USB ha deciso di dare la sua adesione allo sciopero generale dei settori pubblico e privato indetto dal sindacalismo di base e conflittuale per il 20 maggio prossimo.

Abbiamo ben presente l’impegno che comporta uno sciopero generale e le condizioni complesse in cui questo oggi cade; tuttavia, riteniamo importante dare un segnale di continuità alla mobilitazione contro il governo Draghi, contro il riarmo dell’UE e contro la guerra.

“Niente sarà come prima”, ci siamo detti durante i giorni del lockdown, consapevoli che questa classe dominante cialtrona e corrotta avrebbe sfruttato la pandemia per avviare un profondo processo di ristrutturazione economico e sociale; nondimeno, oggi l’accelerazione dei processi di competizione internazionale riscontrabili nell’espansione della NATO a cui è seguita l’invasione dell’Ucraina, stanno imprimendo un’evoluzione drammatica che già oggi è pagata duramente dai settori sociali più deboli e dalle popolazioni coinvolte nella guerra.

Il recente vertice NATO conferma che l’allargamento del conflitto è una delle opzioni seguite concretamente dall’UE e dagli USA. Sulla stessa linea si pone il governo Draghi con il PD in testa, rendendo nei fatti l’Italia un paese belligerante, nonostante l’opinione contraria della maggioranza della popolazione che ben comprende il prezzo umano e sociale che le si prospetta davanti.

Alzate i salari – È la nostra risposta a 30 anni di moderazione salariale imposta dall’UE, da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil. Solo nell’ultimo decennio il salario dei lavoratori ha perso il 6% a questo risponde un’inflazione che negli ultimi mesi corre al 6,7% rendendo ancora più poveri i lavoratori e i padroni sempre più ricchi.

Abbassate le armi – Il riarmo dell’UE e la spedizione di armi all’Ucraina, infatti non solo allontanano la pace, ma per di più sottraggono risorse allo stato sociale, senza contare l’aumento degli idrocarburi, materie prime e semilavorati che il padronato farà pagare ai lavoratori con licenziamenti, attacco al salario e inflazione.

In tutti i paesi europei la classe dominante ha messo in moto una macchina di propaganda opprimente che riabilita il nazifascismo in maniera più o meno aperta, distorce la storia, assume dei connotati razzisti pronto a zittire qualsiasi voce contraria o critica verso la guerra.

Nella storia, anche recente, il movimento dei lavoratori ha lottato duramente contro chi voleva convincere lavoratori e lavoratrici ad arruolarsi nei conflitti. Fermare questa guerra o comunque portare l’Italia fuori dal conflitto costituisce una priorità anche perché il clima di guerra è funzionale ad aumentare la pressione sui lavoratori e a restringere gli spazi di libertà.

Il quadro interno e quello internazionale ci dicono che nei prossimi mesi i lavoratori saranno chiamati a fronteggiare un incrudimento dello scontro di classe. Come USB faremo la nostra parte lavorando alla costruzione di momenti e alleanze ampi e sostenendo le iniziative che mirano a contrastare le politiche di guerra e anti-operaie.

È con questo spirito che sosteniamo lo sciopero del 20 maggio convinti che sia necessario unire la maggioranza del nostro Paese che è contro la guerra, contro l’aumento delle spese militari e contro la vendita e l’invio di armi che alimentano il conflitto.

Aderiscono tutte le sigle del sindacalismo di base di seguito una riflessione ADLcobas

Stiamo assistendo con angoscia ad una pericolosissima escalation della guerra in Ucraina, una guerra che sempre di più si rappresenta come uno scontro tra gli Stati Uniti e la Nato, da una parte, e la Federazione Russa dall’altra. In mezzo ci sta la devastazione di un paese, milioni di profughi, le brutalità che troviamo in tutte le guerre, che vanno a colpire civili e militari, tutti sacrificati in nome degli interessi economici per il controllo delle materie prime. Il tutto viene condito con l’esaltazione del nazionalismo e la strumentalizzazione dell’appartenenza religiosa per alimentare i conflitti, per produrre odio.

E’ quindi evidente che di fronte ad uno scenario come questo e al fatto che le potenze economiche e militari dell’occidente capitalistico non fanno altro che alimentare la guerra con l’invio di armi sempre più sofisticate, la prospettiva solo di un cessate il fuoco, di una tregua o di un qualche accordo di pace, è sempre più lontana e la guerra continua a farla da padrona. Ed in questa guerra emergono in tutta la loro evidenza le contraddizioni enormi tra paesi inseriti in un contesto di economia globalizzata: da un lato si applicano sanzioni economiche alla Russia e si inviano armi all’esercito ucraino, dall’altro si finanzia la guerra pagando fior di miliardi alla Russia per il gas ed il petrolio. Da un lato si chiedono sacrifici enormi alle lavoratrici e ai lavoratori che stanno pagando i costi dell’invio delle armi, con un progressivo impoverimento dei salari, dall’altro si consente alle grosse compagnie che trafficano con gas e petrolio (ENI, Snam, ecc.) di avere profitti enormi (si parla di 40 mld di extraprofitti) mentre già abbiamo pagato bollette più che raddoppiate di gas e luce. Adesso il Governo, a fronte di una inflazione che si aggira attorno al 7 % (vale a dire una perdita secca di potere d’acquisto dei salari di circa 100 € per un salario di 1500 €) ha deliberato un una tantum di 200 €, che equivale ad una elemosina.

Il dato certo è che anche l’Italia è entrata di fatto in guerra, che ci stiamo inoltrando in una economia di guerra, che è il complesso militare industriale che detta l’agenda politica a tutti i governi dell’occidente e che le conseguenze di tutto ciò ricadono sempre e solo su lavoratrici e lavoratori e sui poveri. Un altro dato certo è che l’occidente, americani in testa, stanno costruendo una loro narrazione volta a cancellare tutte le nefandezze che sono state commesse e che tuttora vengono commesse in molte altre parti del mondo, dall’Iraq all’Afghanistan ,alla Siria, alla Libia, allo Yemen, alla Palestina e in molti altri paesi dell’Africa dove il colonialismo non è mai finito, al solo scopo di metter in atto una nuova politica espansionistica per ridisegnare un nuovo ordine mondiale, dopo la cocente sconfitta subita in Afghanistan.

In questi mesi di guerra, TV e media in generale sono stati invasi da disinformazione e propaganda bellicista, mentre le voci di dissenso rispetto alle scelte guerrafondaie vengono spesso criminalizzate. Da parte nostra ci siamo chiesti più volte come trovare il modo di incidere su quello che sta succedendo e su quali obiettivi. Abbiamo visto arrivare proposte di vario genere, anche di scioperi generali che rischiano di avere il sapore della ritualità e della testimonianza. Per questi motivi, pur aderendo allo sciopero proclamato da varie sigle sindacali per il 20 maggio, stiamo cercando di capire come dare un senso a quello che facciamo per noi qui e per chi sta subendo gli effetti devastanti di questa guerra.

E’ evidente che questo sciopero, per le diverse posizioni presenti all’interno della compagine che lo ha convocato sigle sindacali che abbiamo visto confluire in cortei di “no vax”, o di altre che sono un tutt’uno con avvocati che rappresentano aziende che hanno utilizzato forme di schiavitù nelle loro aziende e hanno rilasciato dichiarazioni razziste nei confronti dei lavoratori schiavizzati, o altre ancora che hanno posizioni molto ambigue sulla guerra stessa -, rischia di essere semplicemente una sommatoria di eterogeneità che sono ben lontane dall’essere un “fronte unitario” di lotta.

Per questi motivi siamo convinti che qui in Italia, da un lato è fondamentale costruire percorsi veri di lotta in grado di combattere realmente il carovita con vertenze concrete che possano portare ad incrementi veri dei salari.

Dall’altro è necessario costruire larghe mobilitazioni che pongano in primo piano la lotta contro il riarmo, contro l’aumento delle spese militari, contro il ritorno alle fonti energetiche fossili, contro il carovita e per garantire accoglienza a tutti i profughi che scappano dalle guerre e dalle crisi climatiche.

Ma, nella consapevolezza che siamo in presenza di una guerra tra due logiche imperiali e/o imperialistiche, abbiamo cercato di capire con chi stare all’interno di questa guerra. Per rispondere a questa domanda siamo andati, assieme alla Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e Lotta, fino a Leopoli ad incontrare lavoratrici, lavoratori e cittadini che si stanno organizzando per difendersi da tutto quello che stanno subendo, ma anche per riuscire ad intravvedere un futuro che non sia schiacciato in logiche nazionaliste e di subordinazione a imperialismi di vario segno. Per questo abbiamo avviato un rapporto che è fatto di solidarietà fattiva, di aiuti economici e materiali sui quali bisogna cercare di costruire il presente ed il futuro. Perché non vogliamo versare le nostre lacrime davanti alla televisione quando vediamo lo sfruttamento, gli orrori della guerra, la distruzione del pianeta e non vogliamo nemmeno liberarci dei nostri vestiti vecchi e donarli per pulirci la coscienza dei crimini che anche i nostri governi occidentali compiono (dalla rapina delle risorse naturali, alla devastazione ambientale, ecc.), noi vogliamo fare qualcosa, non vogliamo arrenderci. ma per fare qualcosa dobbiamo saperci riconoscere, riconoscere chi cerca di organizzarsi e lotta come noi.

Per conoscere dove partecipare consigliamo di consultare le organizzazioni del sindacato di base più vicine al vs territorio

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