di Massimo Franceschini
Il nuovo CLN si assume la responsabilità politica di cambiare il destino del Paese, riuscirà a superare divisioni e personalismi del movimento per aprirsi a tutta la società civile? Il 2022 si apre con una potenziale novità politica da molti attesa per troppo tempo: l’8 gennaio il professor Ugo Mattei annunciava la nascita del Nuovo CLN, con una lezione di storia e diritto di quasi un’ora seguita una settimana dopo da un intervento a Genova, più politico, che ho filmato e pubblicato con un mio commento. Essendo l’autore del programma politico “Per il Partito Unitario di Liberazione Nazionale”, pubblicato nel gennaio 2021, capirete che sono uno di quelli più attenti e convinti della necessità di un soggetto unitario capace di riunire le migliori forze del Paese sotto il vessillo di Costituzione e Stato di diritto, come sembra essere nelle potenzialità di questo nuovo soggetto politico. Al di là della dittatura imperante, celata dietro il velo della “responsabilità civil-sanitaria”, abbiamo capito subito che in alcuni ambiti il Nuovo CLN non ha l’accoglienza che sulla carta meriterebbe. Nonostante le migliaia di immediate adesioni, registro lo “scarso entusiasmo” di alcuni partitini della presunta galassia “antisistema”, evidentemente spiazzati da un’iniziativa autorevole e di livello, che loro mai sarebbero capaci di mettere in campo. Il problema è inoltre ideologico: non tutti accettano una sigla chiaramente antifascista come quella evocata da Mattei, come se lui stesso non abbia comunque ricordato nella sua lezione che le fondamenta giuridiche di rivolta contro la tirannia si situano nel diritto liberale e, aggiungerei io, senza necessità di richiami a chissà quale “sinistrismo” o ideologia. Nonostante ciò, molti si sono affrettati a parlare di CLN come cosa di sinistra, “dimenticando” che nel ’43 vi parteciparono tutte le forze politiche, dai liberali ai comunisti. Evidentemente, il pregiudizio ideologico e le divisioni di campo sono duri a morire. A questo proposito, non possiamo non vedere molti problemi di fondo, anche storici: la generale diffidenza della destra al cambiamento, come la vecchia “necessità” della sinistra o dei rivoluzionari tout court, di doversi sentire “altro” dalla “semplice” democrazia liberale.
La parte più evoluta della sinistra, come quella che incarna Mattei, probabilmente non arriverebbe a tanto, ma il pericolo è sempre dietro l’angolo. Dato che sono fra i soci fondatori dell’Associazione Libera Piazza Genova, che organizza le manifestazioni, ho avuto la fortuna di interloquire con i promotori del CLN e con lo stesso Mattei, ai quali abbiamo mandato un documento che hanno accolto con interesse e che ci ha fatti incontrare due volte. Dopo essermi iscritto al CLN dal sito di “Generazioni Future”, cosa che invito tutti a fare, resto in attesa di input e notizie sulla strutturazione definitiva e sull’operatività del nuovo soggetto, consapevole delle mille difficoltà insite nel panorama politico alternativo italiano. Tali difficoltà, impongono di ben valutare se sia il caso di privilegiare un’azione politica rivolta solamente al più vicino “popolo del dissenso”, però pervaso da ideologismi, personalismi, divisioni, velleitarismi vari e da tutte le problematiche sociali, culturali, relazionali e comunicative dovute all’avvento dei social media, mancando invece di coinvolgere persone e personalità della società civile che normalmente non fanno politica, ma ugualmente sensibili a ciò che sta avvenendo e che, consapevolmente o meno, aspettano solo una nuova e seria forza politica, non vanamente estremista, capace da un lato di dire esattamente le cose come stanno, ma al contempo fornire la necessaria autorevolezza e l’altrettanto indispensabile progettualità politica ed istituzionale. Credo che l’attacco alle Istituzioni della nostra Repubblica sia così profondo e non percepito dalla maggioranza della popolazione, che qualsiasi persona, associazione e partito voglia fare qualcosa debba essere ben consapevole del lavoro necessario e della sua delicatezza. Un altro fattore che contribuisce notevolmente a complicare le cose, è dato dalla natura del particolare regime tecnocratico che si sta velocemente instaurando nel mondo, peraltro in preparazione da anni: l’implementazione massiva del digitale in ogni ambito civile e personale sta sostituendo lo Stato di diritto, lo stesso diritto e la persona stessa, tradotta in “identità digitale”, portandoci verso quella distopia che fino a poco fa molti credevano molto più in là da venire. Qualsiasi soggetto che intenda far qualcosa per questa situazione non può non tener conto di questi fattori, deve armarsi di un’intelligenza politica tale da coinvolgere le migliori forze del Paese, normalmente più silenziose e “conservatrici”, per unirne la forza con quelle normalmente antagoniste, in modo da trovare una necessaria sintesi, non velleitaria, praticabile e, soprattutto, istituzionale, ispirata alla Costituzione e ai diritti umani al fine di restaurare e migliorare lo Stato di diritto. Di questo ha bisogno il Paese, sarebbe un grave peccato fallire nel compito, ora che un nucleo autorevole sembra essersi politicamente risvegliato.
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