di Vittoria Nicola Rangeloni
“Quando finirà il conflitto in Donbass?” – Questa è la domanda che mi viene posta con maggiore frequenza. Nel conflitto che da oltre sette anni lacera la regione del Donbass sembra non esserci via d’uscita. Le bombe continuano ogni giorno ad esplodere, gli accordi di pace sono rimasti lettera morta. Dove trovare dei punti da cui partire per costruire la pace? In realtà basterebbe poco: ascoltare coloro che vivono in questo territorio e considerare le ragioni della gente che ci vive.
Ieri, nel corso del telegiornale di uno dei principali canali tv d’Ucraina, nel servizio realizzato presso Stanytsa Luganskaya, villaggio sulla linea del fronte controllato da Kiev, un militare ucraino della 79a Brigata aviotrasportata d’assalto ha ammesso che la popolazione locale ha ripreso a manifestare ostilità nei loro confronti, tanto che a suo dire i soldati di Kiev sono stati caldamente invitati ad andarsene dal villaggio.
Il governo ucraino la pensa diversamente. Se fosse per il neoministro della Difesa Reznikov, oltre ai propri soldati dovrebbero essere presenti anche militari provenienti da oltre oceano. Reznikov, intervistato dal quotidiano canadese The Globe and Mail, ha invitato Canada, Stati Uniti e Gran Bretagna a schierare soldati nel sud e nell’est del paese, affermando che “su quei territori devono sventolare queste tre bandiere per dare un buon segnale ai russi”.
Solo da poche ore si è concluso l’incontro tra il Presidente Russo Putin e l’inquilino della casa bianca Biden e l’Ucraina continua a rafforzare il fronte con nuovi armamenti e i Javelin americani ad un paio di km da Donetsk
I comandi dell’esercito ucraino, dopo aver impiegato i droni Bayraktar TB2 di fabbricazione turca, schierano al fronte anche le armi anticarro acquistate dagli USA. La presenza dei Javelin nella periferia di Avdeevka, ad una manciata di chilometri da Donetsk (capitale dell’omonima repubblica), è stata orgogliosamente dimostrata nel reportage dell’emittente televisiva USA ABC News.
In questo modo Kiev viola gli accordi di Minsk (nel raggio di 50 km dalla linea del fronte la presenza delle armi di calibro superiore agli 80mm è vietata) e soprattutto quella clausola prevista da Trump al momento della consegna dei primi missili all’Ucraina nel 2018, secondo la quale queste armi sarebbero dovrebbero rimanere conservate a centinaia di miglia dalla linea del fronte e utilizzate solo in caso di gravi minacce a scopo difensivo.
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