Alla corte dello Zar …

Diurnali, un cronicon degli avvenimenti più importanti del Regno di Sicilia del XI secolo

Tramonto sul Mar Nero
di Anna Rita Rossi
La canzone più famosa al mondo è “‘O sole mio”, fu scritta nel 1898 per un concerto da tenersi a San Pietroburgo e nacque ad Odessa laddove Giovanni Capurro fu ispirato da un’alba sul Mar nero e non dal Golfo di Napoli.
…la lingua italiana e il fascino che c’è accanto…
«Non sono dialetti ma lingue».
Così anche il filologo Francesco Sabatini, Presidente Onorario dell’Accademia della Crusca originario dell’Abruzzo e grande ammiratore del filologo cerignolano Nicola Zingarelli, ribattezzò il napoletano, il pugliese il calabrese e il siciliano
Scendendo nel particolare nel Meridione abbiamo l’imponente presenza della lingua Napoletana. Utilizzata nel 700 come mezzo di comunicazione anche nei canali diplomatici.
Alla corte dello Zar Nicola il napoletano era la lingua ”diplomatica”, come il francese. In napoletano discorrevano lo zar di Russia e Ferdinando di Borbone.
Napoli e San Pietroburgo, allora capitale della Russia, furono legate da un ponte d’amicizia testimoniato dai cavalli di bronzo russi, che ornano l’ingresso dei giardini di Palazzo Reale di Napoli ed un’altra coppia identica posta all’inizio del Ponte Anickov sul fiume Neva a San Pietroburgo
Furono poi replicati a San Pietroburgo i successi del Teatro San Carlo, mentre a Napoli si cominciò a gustare la bontà del baccalà del baltico e l’importanza del grano duro che aprì la strada a lavorazioni pregiate come quella della pasta e della pastiera napoletana.
Gli intensi scambi artistico-culturali continuarono per molto tempo e non è un caso che uno dei maggiori architetti che in quegli anni modellarono l’ex Capitale russa sia stato il napoletano Carlo Domenico Rossi, poi naturalizzato russo.
Ma anche il musicista napolitano G. Paisiello per lunghi anni deliziò la corte Russa.
La pittrice russa Irina Federava ebbe a dire all’epoca che i russi erano particolarmente grati al Regno di Napoli perché ”a partire dal XVIII secolo, questi divenne la culla dei migliori talenti russi: pittori, scrittori, compositori, critici letterari”.
Persino la canzone più famosa del mondo, ‘O sole mio, fu scritta nel 1898 per un concerto da tenersi a San Pietroburgo e nacque ad Odessa laddove Giovanni Capurro fu ispirato da un’alba sul Mar nero e, in un impeto nostalgico, diede inconsapevolmente vita ad uno dei più grandi capolavori della storia della musica.
Su invito dello Zar i Borbone di Napoli inviarono in Crimea maestranze qualificate nell’agricoltura, allevamento, nelle bonifiche con lo scopo di sviluppare economicamente quelle terre depresse della Russia. Queste comunità napolitane, che all’inizio del XIX secolo ivi si trasferirono lasciando il caldo sole del Regno di Napoli hanno oggi in quei luoghi i loro discendenti e sono ricordati da una stele monumentaria voluta da Putin.
MA TORNIAMO ALLA LINGUA…
Questo fattore importante e imponente ha indotto anche degli studiosi Francesi a inserire il napoletano tra le lingue oggetto di studio.
Jean Noel Schifano, direttore dell’ Istitut Francais De Naples afferma parlando della corte dello Zar e dei rapporti diplomatici in napoletano che ”una unita’ fatta male e il tentativo di trasformare una capitale immensa come Napoli in una provincia ha messo in secondo piano una delle lingue più creative esistenti. Oggi non si puo’ immaginare di far rivivere questa citta’ senza la sua lingua, una delle piu’ vive d’ Europa.
A Grenoble – continua il professore – sara’ studiata come l’ italiano, l’ inglese e il tedesco”.
Non e’ una provocazione (”anche se il momento storico politico e’ propizio”) quella di Jean Noel Schifano che ha presentato i primi corsi di lingua napoletana, gia’ sommersi di prenotazioni, ma una vera e propria esigenza ”in mancanza – sottolinea – di una cattedra universitaria di napoletano.
Le commedie di Eduardo ”testi classici consigliati”, il Pentamerone di Basile (che Apollinaire defini’ troppo difficile, mai tradotto in francese) indicato come punto di partenza, alla pari della Divina Commedia e del Decamerone per l’ italiano, di un idioma ”stratificato ma trasparente, nel quale altre lingue si rivelano”, come spiega Schifano.
L’ iniziativa del Grenoble coincide con un anniversario indicato da Schifano come atto di nascita della nazione napoletana moderna:
”450 anni fa, Napoli rifiuto’ l’ inquisizione, dando al mondo una lezione di tolleranza, che rimane anche oggi la prima qualita’ dei napoletani”.
Le lezioni, hanno avuto come protagonista un grande professore in cattedra, Pietro Matari, collaboratore della cattedra di italiano Dell’universita’ Di Heidelberg, retta dal prof. Radtke, con il quale sta lavorando al progetto Alcam, atlante linguistico campano.
Il napoletano sara’ appreso non solo dai testi classici e dallo studio della fonetica, morfologia e lessico, ma anche grazie all’ascolto di conversazioni reali registrate nei luoghi di lavoro o sui mezzi di trasporto. ”Mi piacerebbe se in tutta Europa si ricominciasse a parlare napoletano – conclude Schifano
Va sottolineato che il napoletano (come il siciliano e altre varietà italoromanze) possiede una ricchissima tradizione letteraria.
Si hanno testimonianze scritte di napoletano già nel 960 con il famoso Placito di Capua (considerato il primo documento in lingua italiana, ma di fatto si tratta della lingua utilizzata in Campania, conosciuta come volgare pugliese) e poi all’inizio del Trecento, con una volgarizzazione dal latino della Storia della distruzione di Troia di Guido delle Colonne.
La prima opera in prosa è considerata comunemente un testo di Matteo Spinelli, sindaco di Giovinazzo, conosciuta come Diurnali, un cronicon degli avvenimenti più importanti del Regno di Sicilia del XI secolo, che si arresta al 1268. Un vero patrimonio composito fatto di musica e letteratura che ha permesso al napoletano di essere riconosciuto dall’UNESCO come lingua a tutti gli effetti.
Una peculiarità che vien messa in evidenza anche dalla presenza di un codice ISO personalizzato che fa del Napoletano un idioma internazionalizzato.
È grottesco apprendere da una ricerca portata avanti dall’Università del Minho che è conosciuta nel mondo molto di più la lingua napoletana che quella italiana. Un dato che mette in evidenza la preziosa risorsa culturale tramandata nei secoli che ha ispirato poeti e cantautori e che oggi diventa cornice alla meravigliosa città di Napoli e all’intera Campania.

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