di Francesco Cappello
Per limitare il più possibile i contagi molto meglio procedere a periodici screening di massa con tamponi salivari, non invasivi, accurati, economici, in grado di restituire un responso in brevissimo tempo.
La periodicità dovrebbe essere dettata dai tempi di incubazione.
Importante ribadire che i tamponi salivari sono stati validati e sdoganati da una circolare ministeriale del 14 maggio scorso.
Insistere senza ragione sui molecolari ci indurrebbe a pensar male rievocando il ruolo nefasto svolto dall’arbitrio del numero di cicli di amplificazione (Ct) della reazione PCR, in grado di fare il bello ed il cattivo tempo in fatto di chiusure coatte e riaperture strategiche, nel caso dei più diffusamente imposti tamponi molecolari.
Per fortuna nel protocollo di intesa tra il Ministero della Salute, il commissario straordinario per l’emergenza e le strutture sanitarie private viene dichiarato che le strutture sanitarie devono impiegare esclusivamente i test antigenici riconosciuti dall’Health Security Committee anche per l’emissione del green pass. In tale documento sono presenti diversi test orofaringei (solo in bocca) validati come stabilito dal Gruppo di lavoro tecnico sui test diagnostici COVID-19 istituito dal comitato per la sicurezza sanitaria (Health Security Committee) dal maggio 2021 che riunisce esperti dei 27 paesi dell’UE e della Norvegia, nonché rappresentanti della direzione generale per Salute e sicurezza alimentare, il Centro comune di ricerca (JRC) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC).
Poiché è ufficiale che i cosiddetti immunizzati possano trasmettere il virus, lo screening andrebbe esteso anche ai vaccinati con singola e doppia dose.
Se, infatti, i vaccinati possono trasmettere il virus, poiché non sono previsti tamponi per controllare la loro eventuale positivizazzione, il green pass da solo rischierebbe di occultare tutti quei casi di vaccinati positivi in grado di contagiare.
Viceversa, i non vaccinati, per l’attivazione del green pass, sono costretti ad un tampone ogni 48 ore. Di conseguenza risulterebbe che gli eventuali positivi sarebbero trovati esclusivamente tra i non vaccinati e questo non sarebbe bello né sicuro.
Speriamo non si riproponga anche in questo caso il solito “negazionismo” governativo che mentre nasconde l’esistenza di terapie domiciliari precoci di garantita efficacia, individuate e praticate con successo da qualche migliaio di medici, singolarmente e, soprattutto, organizzati in associazioni ormai consolidate, propone/impone la campagna vaccinale, quale unica strategia “utile” ad affrontare l’epidemia.
Lecito sospettare che la negazione delle prime sia funzionale all’affermazione della seconda.
La vaccinazione di massa viene ottusamente riproposta ed imposta malgrado le enormi complicazioni che essa comporta. Il relativo allarme viene da ricercatori di gruppi diversi su pubblicazioni scientifiche ospitate da riviste di settore, del calibro di Nature, Science, Cell ecc. (vedi il mio È possibile, secondo scienza, stabilire se e quali varianti del virus siano state provocate dalla vaccinazione? Sì lo è). Vi si denuncia la possibilità che gli anticorpi vaccinali esercitino una pressione selettiva su quella nuvola di mutanti denominata contraddittoriamente al singolare: “il Sars-Cov-2”, come si volesse occultare la sua natura di quasi specie virale. Lecito sospettare, anche in questo caso, la volontà di rimozione del fatto che indurre la produzione di anticorpi vaccinali, prodotti sul modello delle primissime sequenze virali circolanti, contro una quasi specie virale continuamente mutante sia azione destinata a pericoloso e sicuro insuccesso. Tutto ciò era perfettamente noto alla vaccinologia e alla virologia dell’era pre-covid.
I danni da vaccino sono l’altra negazione, ormai quotidiana, della quale però sempre più persone stanno divenendo consapevoli, anche solo prestando attenzione a quelle vicende che hanno coinvolto i loro primi vicini, quali parenti, amici, colleghi, conoscenti. Inevitabilmente tale consapevolezza cresce e si rafforza malgrado l’inesistenza della farmacovigilanza attiva, l’occultamento sistematico dei grandi mezzi di informazione e di quella larghissima parte della classe medica che se ne lava le mani e che spesso stenta persino a riconoscerli come tali.
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