di redazione
In Afghanistan non ci sono giacimenti di petrolio ma resta un’area di interesse geopolitico per il controllo, il trasporto e la commercializzazione delle risorse energetiche dell’area del Caspio. La terra dei Talebani è perciò un corridoio molto importante. Forse non è un caso che da tempo si stia combattendo sul suo territorio una guerra molto strana, in cui i paesi della Nato si sono lanciati all’indomani degli attentati di New York e Washington.
Quale è il tesoro del Caspio?
Nel sottosuolo di Uzbekistan, Turkmenistan, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan c’è il 31% del fabbisogno mondiale di petrolio e gas. Per le compagnie petrolifere è al momento la più grande frontiera esplorativa dopo il Mare del Nord. Un tesoro immenso con un solo problema da risolvere: la distanza dai mercati. Secondo gli esperti, l’impatto del petrolio del Caspio sul mercato internazionale si farà sentire tra 2/4 anni. Chi controllerà l’estrazione e il trasporto degli idrocarburi dell’Asia post sovietica, disporrà di un potere enorme.
Un gioco a tavolino ma anche sulla terra dei Talebani.
Chi sono i paesi che contendono il tesoro del Caspio?
Sono i soliti noti: Russia, USA e Iran. Mosca vorrebbe che il petrolio del Caspio passasse attraverso gli oleodotti che dalla Russia arrivano fino al Mar Nero. Teheran si offre come terra di passaggio di nuovi oleodotti. Gli Usa vogliono costruire una nuova pipeline per “bypassare” l’Iran, ultimo paese canaglia della lista stilata dagli USA nel 1991. Da un po’ di tempo ci sono cambiamenti importanti, gli Usa giocavano questa partita a distanza, pur avendo una presenza militare e logistica in Afghanistan ma le carte in tavola oggi sono diverse, gli USA stanno tendando di portare le proprie truppe in Uzbekistan e Tagikistan, a questo punto l’Intelligence americana suggerisce di abbandonare la terra dei Talebani, troppo faticoso, dispendioso e complesso controllare quanto accade nel Caspio restando in Afghanistan, meglio agire a favore di quasta nuova politica dalle nuova basi dove non sembra non esistere ancora una reale e concreta opposizione politica ai progetti degli USA.
Come per il gioco degli scacchi, il turno per la propria mossa passa alla Russia, in concomitanza dell’avanzata dei Talebani in Afghanistan, il 6 agosto, pochi giorni fa, si sono concluse le esercitazioni militari denominate SUD2021 a cui hanno partecipato militari sovietici e reparti degli eserciti Uzbeki e Tagiki.
ll Tagikistan, in quanto membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), è tenuto a presentare alla CSTO la richiesta per un eventuale dispiegamento di truppe straniere. L’Organizzazione dovrà poi valutare se approvarla o meno. Per quanto riguarda l’Uzbekistan, è rilevante sottolineare che la Nazione, molto recentemente, ha approvato una legge che vieta la creazione di basi militari straniere sul proprio territorio. Altrettanto importante è tenere a mente la stretta cooperazione che lega l’Uzbekistan alla Russia, aspetto che, a detta degli analisti, ridurrebbe notevolmente la probabilità che gli USA dispieghino le proprie truppe nel Paese.
Scacco matto, la mossa sovietica ha chiuso per ora la partita.
Perché l’Afghanistan è un Narco-Stato servo delle industrie farmaceutiche e dei narco-trafficanti?
Dal 1990 l’Afghanistan è il primo produttore mondiale di oppio, il 90% dell’eroina (460 tonnellate) nei mercati mondiali proviene infatti da questo paese, generando un profitto totale di 58 miliardi di dollari, di cui solo 1,2 rimangono ai coltivatori e trafficanti afghani.
Nonostante il paese sia il principale produttore mondiale di oppio, gran parte dei traffici vengono gestiti dai paesi limitrofi (Iran, Pakistan e Tajikistan), che risultano essere anche quelli in cui avvengono il maggior numero di sequestri. L’oppio, coltivato nel paese e trasformato in eroina, viene quindi distribuito e venduto al di fuori di questa regione attraverso due direttrici principali, la rotta Nordica e quella Balcanica, che collegano l’Afghanistan alla Russia e all’Europa dell’ovest. Ci sono però anche altri mercati in cui l’oppio afghano si sta espandendo, ossia la Cina, il sud-est asiatico e l’Australia.
Da sempre l’industria farmaceutica, meglio conosciuta come Big Pharma produce alcune decine di medicamenti a base di oppiacei e gli stessi sono venditi negli USA ad ogni angolo delle strade ma qualcosa non funziona più, la diffusione capillare e i decessi hanno fatto scattare l’allarme.
Il governo degli Stati Uniti non tiene traccia dei tassi di morte per ogni farmaco. Tuttavia, il National Center for Health Statistics (NCHS) presso i Centers for Disease Control and Prevention raccoglie informazioni sui decessi che coinvolgono molti dei farmaci più comunemente usati e disponbili fino al 2019 in un database pubblico, chiamato CDC Wonder.
foto 1 – Numero dei decessi per overdose di droga
Big Pharma da circa 24 mesi subisce pressioni politiche, giuridiche ed al termine di un lungo patteggiamento, per evitare le aule del tribunale ha accettato il pagamento di 573 milioni di dollari (472 milioni di euro) a 47 stati Usa per il ruolo avuto nel promuovere le vendite degli antidolorifici oppiacei della Purdue Pharmàs OxyContin e di altre case farmaceutiche, che hanno causato la morte di oltre 450 mila persone negli ultimi due decenni.
Contemporaneamente alle pressioni politiche Big Pharma deve fare i conti con i militari USA in Afghanistan e teme di perdere la materia prima.
Alla fine del 2017, i comandanti militari statunitensi in Afghanistan hanno lanciato l’operazione Iron Tempest, una serie di attacchi aerei con bombardieri B-52, F-22 Raptor e altri aerei da guerra. L’obiettivo è quello di distruggere una rete di laboratori clandestini per la produzione di oppio che, secondo i militari statunitensi, stava contribuendo a generare 200 milioni di dollari all’anno per i talebani.
Ma nel giro di un anno, l’operazione Iron Tempest si spegne. Molti dei laboratori sospetti si rivelarono essere vuoti e con pareti di fango. Dopo più di 250 attacchi aerei, l’esercito americano ha concluso che era uno spreco di risorse continuare a far saltare obiettivi inutili con aerei avanzati e munizioni a guida laser.
La guerra alla droga che non c’è mai stata e uno degli eserciti più ben armati al mondo, scappano dall’Afghanistan
sopraffatti dall’oppio.
La domanda è dobbligo Big Farma ha ancora degli interessi per il poppy in Afghanistan?
Memory
La guerra alla droga compie 50 anni, ha inizio il 17 giugno 1970 quando l’allora presidente USA Richard Nixon convocò la stampa e seriamente annunciò: “Il nemico numero uno è l’abuso di droga. Da oggi lanceremo un’offensiva per troncare i legami con i problemi creati dalle fonti di offerta”. Il messaggio è chiaro. Affrontava la storia di migliaia di reduci dai fronti di guerra che tornavano a casa dipendenti dall’eroina. Giovani neanche ventenni, raccolti in ogni angolo del paese, spediti a a combattere una guerra che avevano visto solo da lontano. Mesi di battaglie, scontri, imboscate, malattie. Una follia.
Parte della stampa internazionale dedica una ampia analisi ed è il via alla più lunga guerra nella storia degli Usa, poi rilanciata da Ronald Reagan e da sua moglie Nancy.
Da allora la guerra alla droga più che frenare il consumo creò le basi del narco-traffico, sconvolse le economie dei paesi produttori, eliminò lavoro e soldi a decine di migliaia di contadini, costringendo interi paesi in una spirale di violenza che continua ancora oggi, anzi più forte di prima. “L’unica maniera reale, concreta per chiudere con l’eroina”, spiegò Nixon, “è bloccare la produzione d’oppio”.
Fonte
UNITED NATIONS OFFICE ON DRUGS AND CRIME, Vienna, World Drug Report 2015
The Golden Age of Drug Trafficking/ How Meth, Cocaine, and Heroin Move Around the World | VICE News copia
SWP Research Paper, 2011
Robert K. Schaeffer Understanding Globalization The Social Consequences of Political, Economic, and Environmental Change.pdf
The Globalization of Crime UNODC
Global Afghan Opium Trade 2011
Afghanistan opium survey 201
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