di Davide Gionco
La crisi economica in Italia
L’economia italiana sta morendo. Una morte lenta, in corso da almeno 22 anni. Nel corso di questi anni milioni di persone hanno perso il posto di lavoro, i posti di lavoro che restano sono sempre più mal pagati, precari, senza prospettive di miglioramento per il futuro. Centinaia di migliaia di imprese, lavorano con sempre meno profitto, molte sono già fallite. Gli investimenti pubblici sono ai minimi storici. I nostri giovani emigrano. Aumenta la disoccupazione. Aumenta la povertà.
Le famiglie non fanno più figli. I continui tagli alla spesa pubblica hanno portato al deperimento (a volte anche a crolli fisici, con conseguenti morti) delle infrastrutture. Il sistema sanitario è collassato di fronte ad una pandemia, facendo decine di migliaia di morti, prima di tutto a causa della riduzione dei posti letto ospedalieri.
Ci hanno presentato tutto questo come una cosa inevitabile, come una inesorabile conseguenza dell’evoluzione dei tempi (l’avvento dell’informatica, la globalizzazione). Ma tutto questo non è vero. E’ solo quello che ci hanno detto, in modo ripetitivo e unanime, su tv e giornali negli ultimi 30 anni.
La verità è che tutto questo non era inevitabile. Anzi, è vero piuttosto che potremmo rapidamente invertire la tendenza.
Guardando l’andamento del Prodotto Interno Lordo degli ultimi 25 anni possiamo evidenziare come dall’entrata dell’Italia nell’euro, nel 1998, vi sia stata immediatamente una riduzione del tasso di crescita (pendenza della linea A inferiore alla linea verde del tasso di crescita precedente).
I valori sull’asse verticale sono espressi in milioni di euro per quadrimestre. Se l’economia italiana avesse continuato a crescere come prima dell’ingresso nell’euro, probabilmente oggi disporremmo di una capacità di produrre ricchezza dell’ordine di 580’000 milioni a trimestre ovvero oggi avremmo un Prodotto Interno Lordo dell’ordine di 2’300 miliardi di euro l’anno, mentre nel 2020 abbiamo chiuso con un PIL a 1’650 miliardi di euro.
Dopo i primi anni di moneta unica europea caratterizzati da una importante riduzione della crescita, ci fu nel 2008-2009 il primo crollo economico innescato dai subprime americani (Lehman Brothers, ecc.). L’Italia è stata fra i paesi più colpiti al mondo, nonostante la bassa implicazione delle nostre banche nei subprime americani. Ad amplificare gli effetti della crisi fu la mancanza dell’Italia di strumenti macroeconomici per reagire alla crisi, in particolare la libertà di fare deficit di bilancio e di creare moneta per finanziare l’economia reale in difficoltà. Ma nessuno ce lo spiegò in tv.
In seguito, dopo avere recuperato meno della metà delle perdite del 2008-2009, l’arrivo al governo di Mario Monti causò la seconda crisi definita “dei debiti sovrani”, quella in cui l’Italia adottò riforme economiche draconiano con lo scopo di “ridurre lo spread” ovvero il differenziale di rendita fra i titoli italiani e quelli tedeschi. L’azione su supportata da una potente campagna mediatica. Il risultato fu un ulteriore crollo dell’economia e diversi anni di crescita piatta (linea B). Anche in questo caso nessuno in tv ci spiegò che la crisi fu causata unicamente dalle decisioni politiche di Monti, unite alla mancanza di strumenti di politica monetaria per garantire il pagamento degli interessi sui titoli di stato.
E, infine, la durissima crisi economica del 2020-2021 (e non è ancora finita), causata dalle restrizioni economiche e sociali conseguenti alla crisi sanitaria del covid-19. Al di là dell’opportunità o meno di imporre queste restrizioni, nessuno in Italia ci ha detto che se l’Italia avesse disposto dei necessari strumenti di politica monetaria, che ad esempio hanno utilizzato gli USA o il Regno Unito, avrebbe potuto immediatamente venire incontro alle necessità economica di imprese e cittadini, senza attendere per 18 mesi i soldi del famoso Recovery Fund (al di là del fatto che i fondi sono ampiamente insufficienti).
Su questo argomento il sottoscritto e molti altri hanno pubblicato diversi articoli negli ultimi anni. Quello che ci premeva evidenziare è come queste disgrazie economiche ci siano sempre state presentate come dei “fatti inevitabili” e come se non ci fossero soluzioni alternative a quelle adottate da chi ci governava. Come diceva Margareth Thatcher:
La realtà è che durante queste crisi economiche ci sono dei soggetti, spesso esteri, che si sono arricchiti a spese di noi italiani. La realtà è che era possibile evitare che queste crisi danneggiassero l’economia italiana (fallimenti, povertà, disoccupazione), ma non ce lo hanno mai detto. Anzi, chiunque avesse qualcosa da dire nel merito è stato sistematicamente tenuto alla larga dalle televisioni e dai principali giornali.
Non è un caso che pochi soggetti nel mondo diventino sempre più ricchi, mentre moltissimi diventano sempre più poveri. Hanno creato dei meccanismi presentati all’opinione pubblica come inevitabili, che garantiscono loro di arricchirsi, senza che la gente si renda conto di come avviene.
La crisi dell’informazione in Italia
Molti di voi probabilmente penseranno che non può essere vero, perché ci sono certamente “autorevoli economisti” fanno da consulenti a chi ci governa ed ai mezzi di informazione. Penseranno che è certamente vero che la crisi economica era inevitabile, che è certamente vero che non c’erano alternative.
Se dobbiamo analizzare la qualità dell’informazione in Italia, proviamo a vedere che cosa è successo riguardo ad altri argomenti oltre a quelli economici.
Molti di noi si ricorderanno dei tempi della seconda guerra in Irak, di Colin Powell che mostrava la provetta come prova delle armi chimiche di Saddam Hussein. Nessuna televisione mise in discussione la notizia. L’intervento degli USA di fare guerra all’Irak sembrava l’unica soluzione possibile, così come lo sembrò l’intervento delle forze armate italiane a fianco degli USA. C’erano persone che mettevano in discussione questa visione, ma non trovarono spazio sui mass media.
Negli anni successivi si è poi scoperto che le prove portate da Colin Powell erano un falso, che gli USA sono andati a fare affari in Irak e non a “portare la democrazia”.
In quel momento, però, pochi cittadini mettevano in discussione la credibilità di quanto veniva proposto in tv. Dopo avere creduto alla narrativa proposta, si sentivano “dalla parte giusta”, per cui ritenevano normale ed evidente che su tv e giornali non dovessero trovare spazio notizie critiche rispetto a quelle ascoltate.
Negli ultimi anni assistiamo al costante impegno della stampa nella difesa dei “diritti LGBT” ed a sostegno dell’idea che l’identità sessuale à determinata da ciò che uno pensa e non da ciò che è stato determinato dalla natura. La famiglia tradizionale sarebbe solo un costrutto sociologico, mentre le nuove forme di famiglia sarebbero rispettose dei diritti LGBT.
Al di là della questione di merito, se sia giusto o no quanto ci viene proposto, possiamo notare come vi sia un “coro unico” su tv e giornali che presenta unicamente queste posizioni, senza lasciare spazio a visioni alternative. Se ci sono persone che manifestano opposizione a questa narrativa, vengono presentate come estremiste (ultracattolici) e al di fuori del quadro di accettabilità.
Di conseguenza il telespettatore o il lettore si schiera dalla parte della narrativa mainstream, dalla “parte giusta” e non ritiene necessario che venga dato spazio ad altre voci. Anzi, ritiene giusto che vengano censurate, in quanto “notizie inaccettabili”.
Negli ultimi mesi è successo qualcosa di analogo per quanto riguarda la pandemia do covid-19. Tv e giornali hanno presentato la pandemia come una sorta di “peste del XXI secolo”, qualcosa di inevitabile, pericoloso per tutti, senza possibilità di cura. Non hanno concesso spazio informativo a persone competenti (medici, ricercatori) che sostengono che la malattia è curabile, a coloro che mettono in dubbio il fatto che la vaccinazione di massa sia l’unica via di uscita per evitare la catastrofe sanitaria.
Anche in questo caso, al di là del merito della questione, la maggior parte dei telespettatori e lettori si è schierata “dalla parte giusta”, ritenendo necessario e persino giusto non dare spazio ad opinioni alternative.
La stessa cosa accadeva in Germania ai tempi di Hitler: la propaganda definiva sistematicamente come sub-umani gli ebrei, come nemici dei tedeschi. Era normale per tutti che gli ebrei prima venissero discriminati, poi reclusi nei campi di concentramento e infine sterminati. I mezzi di informazione dicevano che non erano “umani”, quindi potevano essere sterminati, come si fa con i parassiti.
La stessa cosa avveniva negli USA negli anni 1960, quando la propaganda anticomunista servì a giustificare l’intervento armato in Vietnam. Si tratta di metodi di manipolazione ripetuti e portati avanti da decenni.
Lo schema operativo della manipolazione mediatica è sempre lo stesso: l’informazione mainstream propone un pensiero unico, senza dibattiti, un’unica verità (in genere semplificata) a cui credere, un’unica soluzione ai problemi. La gente trova più facile conformarsi alla verità proposta che credere cose diverse da ciò che è mostrato come “evidente” dalle tv e dai principali giornali. La soluzione unica proposta al problema di turno viene, di conseguenza, accettata dalla maggior parte della popolazione, che non vede alternative. Questo valeva per lo sterminio degli ebrei e oggi vale per la politica estera, per le questioni LGBT, per il covd-19, per le crisi economiche.
Non esiste una visione alternativa con cui confrontarsi, perché ogni visione alternativa è posta al di fuori del quadro di credibilità (tecnicamente chiamato “finestra di Overton”). Nessuno era autorizzato, ai tempi di Hitler, a dire alla radio che gli ebrei erano persone da rispettare. Chiunque parlasse alla radio li definiva come sub-umani e meritevoli di sterminio. Analogamente oggi nessuno può dire in tv che la crisi economica è causata dall’attuazione delle politiche economiche imposte dall’Unione Europea, perché solo coloro che l’attribuiscono ad altre ragioni o che non lo spiegano proprio troverà spazio in tv.
Questo meccanismo consente di nascondere agli occhi della gente la visione della realtà. E’ come se un ladro potesse godere del dono dell’invisibilità mentre viene a rubare a casa nostra. Anche se ci spariscono delle cose, restiamo convinti che siano scomparse per le ragioni che ci ha spiegato la tv, dato che non abbiamo visto il ladro. 10 scienziati faranno 1000 interventi in TV spiegandoci che le cose possono scomparire da sole, per un fenomeno denominato “sublimazione quantica”. E la gente ci crederà, perché lo dicono gli scienziati. La narrativa mainstream ci convincerà che era inevitabile che sparissero, per cui accetteremo il furto, nostro malgrado, senza neppure riconoscerlo e senza preoccuparci di cercare un colpevole.
Pluralismo nell’informazione, che non significa avere 300 canali televisivi che dicono tutti la stessa cosa, ma significa avere la presenza di pluralità di opinioni sui canali televisivi principali che tutti guardano. La mancanza di pluralismo nell’informazione è qualcosa che impedisce all’opinione pubblica, o quantomeno alla maggioranza di essa, di vedersi presentare delle opzioni di scelta e di esercitare, quindi, il proprio senso critico.
Senza pluralismo nell’informazione non c’è Democrazia
La Democrazia si è affermata nella società moderne per fare in modo che chi governa lo faccia negli interessi del popolo e non di soggetti privati o esteri. Il popolo conosce i propri bisogni, elegge i propri delegati (i parlamentari), i quali fanno le leggi e controllano chi governa, affinché siano rispettati gli interessi del popolo.
I deputati vengono eletti per far delle scelte nel nome del popolo.
Altri interessi di parte non dovrebbero trovare spazio in Parlamento e nel governo del paese.
Ma se l’informazione presenta i problemi della realtà in modo univoco, senza punti di vista alternativi, con un’unica soluzione possibile ai problemi, non ci saranno forze politiche che proporranno soluzioni veramente alternative ed il popolo non avrà la reale possibilità di conoscere e votare rappresentanti che intendano portare avanti delle soluzioni alternative.
Quando c’era la monarchia assoluta, il re decideva da solo cosa lo stato dovesse fare. Poteva decidere secondo i propri interessi privati o secondo gli interessi del popolo, senza che nessuno potesse sindacare.
In una nazione, nel mondo, vi sono sempre interessi contrastanti: certe decisioni favoriscono alcuni e svantaggiano altri. Chi ha più forza tenterà di imporre i propri interessi a scapito di quelli degli altri. E questo succedeva ai tempi delle monarchie assolute, nelle quali che aveva degli interessi da tutelare doveva rivolgersi al re e convincerlo. Le monarchie assolute caddero o si costituzionalizzarono proprio a fronte della richiesta di tutelare gli interessi di altre parti della popolazione.
La Democrazia è un meccanismo per confrontare gli interessi opposti e decidere, nel nome del popolo, quali debbano essere gli interessi preponderanti.
Il meccanismo funziona se esistono delle opzioni. Se non esistono delle opzioni, la decisione non potrà che essere una sola.
Nel momento in cui il sistema di informazione presenta una sola opzione all’opinione pubblica, gli elettori e gli eletti non potranno che adeguarsi a quella opzione, non esistendone altre che possano essere prese in considerazione.
Se dei gruppi interesse possono trarre vantaggio privato da precisi provvedimenti legislativi, allora investiranno per ottenere il sostegno dell’opinione pubblica a tali provvedimenti, la quale si trasformerà in consenso parlamentare e nei provvedimenti legislativi desiderati. Quei gruppi di interesse investiranno risorse per manipolare l’informazione di massa, in modo che l’opinione pubblica non veda alternative a quei provvedimenti legislativi.
Il modo migliore per spolpare l’economia italiana a solo vantaggio di ristretti gruppi della finanza internazionale è quello di far credere alla gente che i provvedimenti legislativi adottati, che in realtà favoriscono quei gruppi di potere a scapito delle piccole-medie imprese e dei consumatori italiani, siano gli unici possibili. In questo modo verranno approvati senza problemi dal Parlamento e non contestati dall’opinione pubblica, la quale non vede possibili alternative.
In modo del tutto analogo il modo migliore per fare la guerra all’Irak è quando l’opinione pubblica è convinta che Saddam Hussein è un pazzo sanguinario che dispone di armi chimiche. I parlamentari, terrorizzati, voteranno per fare guerra a quel paese e la gente non vedrà ragioni per opporsi.
Dopo di che la guerra verrà fatta, si tacerà sui morti e soprattutto sugli interessi delle imprese petrolifere americane.
Ma non pensiamo che nel caso dei diritti LGBT o del covid-19 la situazione sia diversa.
Un sistema di informazione che non sa dare voce alla posizioni alternative sulle questioni dei supposti diritti LGBT o sul covid-19, non lo farà neanche (e soprattutto) sulle questioni economiche. Di conseguenza le soluzioni ai problemi economici non verranno mai prese in considerazione né dalla classe politica né dalla popolazione. E neppure dagli imprenditori e dai disoccupati colpiti dalla crisi economica.
Quelli che pensano solo a lavorare, perché non hanno tempo di occuparsi di Democrazia e di informazione pluralista
Il travisamento della realtà falsamente rappresentata dai mass media impedisce alla maggioranza della popolazione di prendere coscienza di gravi problemi come quello della crisi economica. Tutti sono a conoscenza di persone che hanno perduto il lavoro o che non riescono a trovarlo. Tutti sono a conoscenza di imprenditori in difficoltà o già precipitati nel fallimento per le troppe tasse, per le chiusure imposte durante la pandemia di covid-19, per la concorrenza sleale delle multinazionali, per difficoltà con le banche.
Ma questi casi vengono sempre percepiti come storie individuali: quella persona senza lavoro, quell’imprenditore in difficoltà. La crisi economica non ci viene presentata come un fenomeno collettivo, ma come un problema individuale, che ciascuno deve risolvere da solo o facendo ricorso alla propria rete di conoscenze.
Chi ha buon cuore e non è personalmente colpito dalla crisi economica, cerca di fare quello che può per aiutare le persone in difficoltà, ma poi si arrende di fronte alla oggettiva mancanza di opportunità di lavoro per i disoccupati o di mezzi economici per aiutare concretamente l’imprenditore in difficoltà. E’ “statisticamente” quasi impossibile aiutare le persone colpite dalla crisi economica, in quanto le azioni individuali “di buon cuore” non rimuovono le cause macroeconomiche (strutturali) della crisi, che nessuno ci spiega su tv e giornali. Non conosciamo le cause e non conosciamo le soluzioni, dato che nessuno ci spiega su tv e giornali.
E le soluzioni non si possono trovare individualmente, perché dipendono dalla messa in atto di provvedimenti legislativi a livello nazionale che modifichino il quadro macroeconomico.
Chi è colpito in prima persona dalla crisi economica potrebbe avere delle motivazioni in più per informarsi, per capire le vere cause dalla propria difficile situazione economica, per conoscere le possibili soluzioni, per impegnarsi affinché vengano messe in atto a livello politico.
Ma quasi nessuno lo fa, perché chi è colpito dalla crisi economica investe tutte le proprie energie fisiche e mentali per evitare di precipitare nella povertà. Impiegherà il tempo aumentando le ore di lavoro, o cercando nuove occasioni di lavoro.
Quando sarà caduto nella povertà, rischierà di sprofondare nella depressione, di sentirsi un fallito.
Eppure le soluzioni ai problemi economici esistono. Serve solo investire un po’ di tempo per prenderne conoscenza e coscienza e poi per chiedere alle forze politiche in Parlamento (o a quelle che si presentano alle elezioni) di attuare tali soluzioni.
Un imprenditore in difficoltà, un lavoratore precario, un disoccupato che pensano solo alla propria situazione economica, senza preoccuparsi del pluralismo dell’informazione nel Paese e del livello di democrazia, hanno già firmato la propria condanna.
Nessun miglioramento della situazione economica, generale dell’Italia e specifica per le persone colpite dalla crisi, potrà arrivare senza avere il pluralismo nell’informazione ed un maggior livello di democrazia.
Per questo il mio invito che rivolgo ai lettori, e a maggior ragione a chi pensa di salvare la propria situazione economica senza preoccuparsi del resto, di investire energie e risorse per sostenere il pluralismo dell’informazione, le iniziative editoriali che presentano punti di vista alternativi, in particolare sulle questioni economiche.
Quali soluzioni alla crisi economica?
Le soluzioni alla crisi economica sono semplicissime.
E’ sufficiente comprendere che lo Stato ha realmente la possibilità di creare (dal nulla, come fanno le banche private) il denaro che serve: per abbassare (di molto) le tasse sulle imprese e sulle buste paga dei lavoratori, facendo aumentare i redditi netti; per aumentare gli investimenti pubblici, creando nuove opportunità di lavoro negli appalti pubblici; per assumere più personale negli enti pubblici che ne abbiano carenza, creando opportunità di lavoro per i disoccupati. L’aumento dei redditi porterà ad una maggiore capacità di spesa della gente e, quindi, anche ad aumenti di vendite nel commercio e nel turismo. La ripresa dell’economia farà anche ripartire il credito bancario, facendo circolare più denaro fra le imprese.
Vi sembra impossibile che lo Stato possa creare denaro dal nulla, come fanno le banche private?
Allora vi invito a rileggere da capo l’articolo.
Sembra impossibile solo perché mai nessuno lo dice in tv. Nei nostri articoli ci siamo occupati più volte di come lo Stato possa creare il denaro che gli occorre per fare ripartire l’economia del Paese. Si tratta solo di informarsi e di cercare di capire come lo si potrebbe fare.
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