Il padrone del mondo

di Davide Gionco

Quando parliamo di “poteri forti” che ordiscono trame per diventare ancora più ricchi e per indirizzare il destino del mondo a loro vantaggio, a chi ci riferiamo? Jeff Bezos, Bill Gates, Mark Zuckenberg, George Soros, i Rockfeller, BlackRock, Goldman Sachs, Mario Monti, Mario Draghi… La lista sarebbe lunghissima, ma in realtà si tratta al massimo di qualche migliaio di persone, se dovessimo elencarle tutte. Possibile che così poche persone siano in grado di determinare i destini del pianeta? Che siano in grado, da soli, di obbligare miliardi di persone a restare povere e a continuare a lavorare per arricchire l’1% del mondo? Ciò che consente tutto questo non è tanto l’azione diretta di queste persone, quanto piuttosto un meccanismo a cui una parte rilevante della popolazione partecipa convintamente ed attivamente e che le poche persone dei poteri forti sfruttano per i propri profitti. Le persone che collaborano con il meccanismo pensano di trarre dei vantaggi personali e non si preoccupano delle conseguenze delle proprie azioni sul resto della popolazione. I poteri forti non potrebbero fare nulla senza il supporto convinto di questa parte collaborativa popolazione. In passato i poteri forti si avvalevano della forza militare. Gli imperatori romani organizzavano le guerre assumendo dei soldati (pagati con il soldo), i quali in cambio di vantaggi personali (uno stipendio sicuro, diritto di rapina sulle popolazioni conquistate, una terra ed una casa a fine carriera) combattevano per l’imperatore. Non tutti i soldati ci guadagnavano, ovviamente, perché una parte di loro moriva in guerra, ma la bramosia per la ricchezza giustificava il rischio da correre. Carlo Magno arricchì se stesso e la propria famiglia conquistando territori in Europa e distribuendo ricchezze come ricompensa ai propri soldati, che diedero poi origine alla classe nobiliare che per secoli detenne il potere politico ed economico in Europa. Anche in quel caso alcuni soldati che cercavano fortuna morivano in guerra, ma correvano il rischio, nella speranza di aggiudicarsi una parte di quelle ricchezze per se stessi ed i propri discendenti. I soldati che combattevano, così come i re e gli imperatori, erano assolutamente disinteressati alle conseguenze delle persone che venivano uccise, derubate, schiavizzate: non era un loro problema. Negli ultimi decenni siamo entrati nell’era della finanza. Siamo in democrazia, non ci sono più i re che fanno le guerre e che ingaggiano soldati. Sono 75 anni che l’Europa – ci dicono – è in pace. La finanza è oggi lo strumento, come la guerra, che consente a pochi soggetti di impadronirsi di grandi ricchezze ai danni di molti. Anche nella finanza, come avveniva in passato con i soldati, ci sono i collaboratori dei poteri forti. Chi sono questi collaboratori? Se in passato i soldati combattevano con la spada, oggi la finanza combatte usando i capitali, i quali vengono investiti per generare utili ed arricchire maggiormente coloro che li hanno investiti. Più grandi sono i capitali, più grande è il loro potere di condizionare le scelte del potere politico, portandolo a stabilire regole vantaggiose per pochi e svantaggiose per molti. Più grandi sono i capitali, più grande è il loro potere di acquistare forza militare (che non è mai passata di moda) per attuare colpi di stato, cambi di regime, per accaparrarsi il controllo dei territori di produzione delle materie prime. Più grandi sono i capitali, più grande è la possibilità di creare delle situazioni di oligo-polio o di monopolio sul mercato, in modo da potere imporre prezzi alti e realizzare più utili. Più grandi sono i capitali, maggiore è la  possibilità di pagarsi buoni avvocati e di corrompere i giudici in caso di violazione delle leggi. I collaboratori di questo sistema non sono altro che le persone che affidano i propri capitali (i propri risparmi) a questi investitori. Quando il sig. Rossi affida alla Banca X i propri soldi acquistando un “prodotto finanziario”, quando il sig. Bianchi investe i propri risparmi in un fondo pensione integrativo Y, quando il sig Verdi acquista dei titoli della società finanziaria Z quotata in borsa, questi signori immettono del denaro nei circuiti finanziari. Questo denaro fluisce quasi sempre nelle mani di pochi, le società specialiste in investimenti finanziari. La banca X, il fondo pensione Y, la società Z affidano il proprio denaro a società come BlackRock, Vanguard, Goldman Sachs, le quali, a loro volta, li investono dove rendono di più: guerre e vendita di armi, colpi di stato, soprusi per aggiundicarsi il controllo delle materie prime, rendite di posizione, corruzione di politici e di funzionari, manipolazione dei mass media, ecc. Il cosiddetto “lavoro sporco”, quello che garantisce la rendita finanziaria ricercata. Tale rendita finanziaria viene redistribuita a tutta la catena, naturalmente: a coloro che fanno il “lavoro sporco”, a BlackRock, alla Banca X, al fondo pensione Y, alla società finanziaria Z e ovviamente al sig. Rossi. Ci guadagnano tutti. Tranne, evidentemente, coloro che hanno subito le conseguenze del “lavoro sporco”. Fra i malcapitati troviamo gli operai che perdono il lavoro per la delocalizzazione della propria fabbrica; troviamo coloro che muoiono per malattia a seguito della mancanza di strutture ospedaliere pubbliche ridotte dai tagli di bilancio pubblico; troviamo i membri della tribù africana uccisi per impiantare una miniera di cobalto sul loro terreno; troviamo gli irakeni morti sotto i bombardamenti, per garantire alle multinazionali americani il business della ricostruzione, nonché l’aggiudicazione delle licenze di sfruttamento dei pozzi petroliferi. Fra i malcapitati ci siamo anche noi italiani, che da alcuni decenni subiamo una crescente pressione fiscale, combinata a tagli sui servizi pubblici, cosa necessaria a garantire i profitti di coloro che hanno investito nei nostri titoli di stato. Il sig. Rossi, il sig. Verdi, il sig. Bianchi non si sono posti il problema di come sarebbero stati utilizzati i loro capitali. Per loro era impor-tante guadagnarsi una rendita, senza preoccuparsi delle conseguenze. Esattamente come facevano i soldati ai tempi dell’Impero Romanio e di Car-lo Magno. Fra i malcapitati ci sono anche alcuni collaboratori. Nel mondo della speculazione finanziaria, infatti, molti utili a vantaggio dei più forti vengono conseguiti a danno dei piccoli investitori, che dispongono di minori informazioni, perdono i soldi che hanno investito. Qualcosa di para-gonabile ai soldati che morivano in battaglia al soldo dell’imperatore. “Tutte queste cose ti darò se prostandoti miadorerai” significa che ogni qual volta che pensiamo di arricchirci guadagnando denaro, per il solo fatto di avere investito altro denaro, senza avere lavorato e senza preoccuparci di COME quella rendita verrà garantita, noi aspiriamo ad ottenere ciò che desideriamo, ma lo facciamo in modo “diabolico”. Diabolico, perché non ci preoccupiamo del bene o del male che deriveranno da quell’investimento, perché non ci preoccupiamo dei risvolti etici che ne seguiranno. Ogni persona che partecipa al mondo degli investimenti finanziari è colpevole (anche se non ci pensa) prima di tutto perché mantiene in piedi un sistema che va avanti da decenni, che continua a crescere devastando l’ambiente, i popoli, la cultura, la democrazia. Tutto in questo nel nome del dio denaro, del desiderio irresponsabile di perseguire la propria “piccola” rendita finanziaria. Solo rompendo il meccanismo dal basso sarà pos-sibile porvi fine, evitando prima di tutto di farne parte. La “finanza buona” può solo essere quella in cui abbiamo il controllo dell’investimento, di come viene usato, dei risultati, del bene che porta a chi usa quel denaro e del fatto che non comporti il danneggiamento di persone o del mondo in cui viviamo. Un modo “più sano” di investire i propri soldi è il servizio di risparmio pubblico, altresì chiamato “debito pubblico”. Quando un ris-parmiatore affida i propri risparmi allo Stato, quei soldi vengono utilizzati sulla base di quando deciso dal Parlamento. Se è vero che a volte i soldi pubblici non vengono spesi in modo – diciamo – ottimale, è anche vero che i cittadini- risparmiatori, in qual-che modo, hanno una qualche forma di controllo politico-democratico su questi investimenti. Cosa che accade molto meno quando gli stessi risparmi vengono affidati ad una banca, che li affida a BlackRock, che li affida ad una qualche oscura organiz-zazione che magari fa utili avvalendosi di organizzazioni terroristiche che le consentono di avere il controllo sulle miniere di cobalto. Per quanto i soldi pubblici siano spesi male, la maggior parte di essi viene usata per dare un lavoro onesto a delle per-sone, per erogare servizi pubblici, per investimenti utili al Paese. Questo accade molto meno con i soldi affidati alla specula-zione finanziaria, specie internazionale. Per questa ragione possiamo concludere che, se proprio dobbiamo investire i nostri risparmi, è più etico evitare di affidarlio irresponsabilmente al mondo della finanza speculativa. Molto meglio affidarsi alla fi-nanza pubblica (titoli di stato, debito pubblico) oppure alla piccola finanza locale, sulla quale abbiamo la possibilità di eserci-tare dei controlli. Ora capite per quale motivo, da decenni, continuano a dirci che “dobbiamo ridurre il debito pubblico”. Ridur-re il debito pubblico significa disinvestire risparmi dal settore pubblico e dirottarli verso il mondo della finanza speculativa internazionale, che garantisce grandi utili per pochi, un po’ di briciole per i collaborazionisti più fortunati e tanta sofferenza per tutti gli altri. Non vendiamoci al padrone di questo mondo. Il debito pubblico è bellissimo e può diventare lo strumento etico per garantire il risparmio dei cittadini e per finanziare il nostro benessere.

Abbonati alla rivista

Sovranità Popolare è un mensile, 32 pagine di articoli, foto, ricerche, analisi e idee. Puoi riceverlo comodamente a casa o dove preferisci. E' semplice, iscriviti qui.

1 Commento

  1. Tutto giusto, i cittadini devono investire in Titoli di Stato per rompere il circuito della finanza speculativa. Sarebbe anche necessario monetizzare il Debito Pubblico trasformandolo in moneta circolante, come dice l’economista americano John Cochrane, il nostro Giovanni Zibordi e gli economisti di “moneta positiva” … sarebbe una vera rivoluzione.
    Voglio però precisare che questi super ricchi non fanno questa corsa ad accaparrarsi tutto per i soldi perché ne hanno a bizzeffe, dato che li fabbricano loro tramite le banche di tutto il mondo, controllate da loro. E’ una questione di potere, è come giocare a Risiko … insieme al disprezzo per la gente comune e per i popoli che vanno sempre soggiogati e controllati perché potenzialmente pericolosi. Ma attenzione perché i popoli si stanno risvegliando …

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*