Per fare fronte alle emergenze e come forma di partecipazione dei cittadini alla ridistribuzione del reddito

di Paolo Antonio Amadio

Si parla insistentemente di giovani, di aiutare i giovani.l presidente del consiglio Draghi a Oporto ha proposto di istituire un fondo europeo per i giovani, il segretario del PD Letta ha proposto di finanziare una dote per i 18enni con una tassa sull’eredità. In un paese che invecchia è diventata un’emergenza nazionale aiutare i giovani di oggi, sperabilmente senza alimentare un conflitto intergenerazionale, ma, se vogliamo smettere di avere continuamente a che fare con l’urgenza, è adesso il momento di pensare ai giovani di domani, e non solo a loro. Prima di tutto con il lavoro, che dovremmo cominciare a chiamare occupazi-one, insostituibile nella sua funzione socio-economica, e con un sistema di assicura-zione sociale a favore di tutti i cittadini. Il mio ultimo nipote è nato nell’anno della pandemia e mi piace pensare che potrà contare su molte forme di occupazione e su una forma di welfare adatta ai mutamenti, già da tempo in atto nella società. Se ad esempio la comunità cominciasse ad accantonare per ciascuno dei cittadini nati nell’anno della pandemia 100 € al mese dalla nascita, e venisse così costituendo sul suo conto nominativo un fondo individuale che verrà disponibile a partire dalla sua maggiore età, le famiglie si sentirebbero sostenute nella loro scelta di avere figli e a partire dal 2038, circa 400.000 cittadini appena divenuti maggiorenni, potrebbero cominciare a disporre di una parte dei quasi 22.000€ accantonati per pagarsi gli studi universitari o per avviare un’attività o per entrambe le cose . . Quella di costituire un fondo per i futuri maggiorenni, è la prima delle misure previste nel sistema nazionale di assicurazione sociale descritto
in questo articolo. Se poi, come è qui ipotizzato, gli accantonamenti proseguissero e i fondi accantonati servissero per far fronte a situazioni di necessità individuali e alle emergenze collettive, allora avremmo istituito una sistema che favorirà la coesi-one sociale e permetterà di gestire nuove forme di welfare. Una premessa. Si dice che quando il presente è difficile bisogna disegnare il futuro … ed è questo il nostro caso. L’Italia, repubblica fondata sul lavoro e che da tempo ne aveva poco, ha affrontato impreparata l’emergenza della pandemia e adesso deve affrontare una difficile ripresa, con una classe politica ancora una volta commissariata, diversi partiti allo sbando e le istituzioni traballanti. L’Italia ha bisogno della partecipazione attiva di noi cittadini, e noi abbiamo bisogno di contare su forme di partecipazione che ci permettano di esercitare la sovranità popolare e che ci facciano sentire di appartenere a una vera comunità. Nella visione di comunità che pr diamo a riferimento la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e la partecipazione alla ridistribuzione del reddito sono fondamentali e irrinunciabili. Nell’articolo pubblicato il mese passato abbiamo scritto della rappresentanza parlamentare, quale forma di partecipazione alle scelte politiche che riguardano la comunità, e in questo articolo scriviamo della partecipazione alla ridistribuzione del reddito che, per l’occasione, prende la forma di un sistema di assicurazione sociale. Detto sistema è concepito in modo da far fronte sia alle necessità individuali di integrazione del reddito di ciascun cittadino, durante l’intero arco della sua vita, sia alle necessità collettive dell’intera comunità in caso di emergenze di natura economica dovute, per esempio, a una pandemia.                                                      La comunità famiglia. Quando nacque il mio primo figlio smisi di spendere tutto quello che guadagnavo e mi diedi la regola di tenere una riserva equivalente a due anni di costo della vita dell’ultimo anno, affinché la famiglia non dovesse accorgersi di nulla nel caso avessi temporaneamente perso il lavoro, forse per sentirmi libero di lasciarlo e di cercarne un altro. La “paghetta” per i figli non mi è mai piaciuta, come se non servisse ad altro che a essere spesa, e quando i figli sono diventati ben più di uno, mi sono chiesto come potessi orientarli alla responsabilità di spesa e alla parsimonia. Pensai di costituire un fondo di emergenza individuale, oltre a quello comune della famiglia, e di lasciare a ciascun figlio la libertà di accedervi per le spese, senza poter però consumare l’intera disponibilità del fondo, salvo emer-genza. Inaugurai la “Papo’s Family Bank” ispirandomi per il nome all’appellativo che mi avevano dato le mie due ultime figlie. Ogni fine anno emettevo “titoli di credito individuali”, in funzione della disponibilità del bilancio familiare, e i figli potevano richiedere in qualsiasi momento, senza alcuna spiegazione, di trasformarli in cash fino a una soglia percentuale fissa del saldo. Per andare oltre quella soglia occor-reva la mia approvazione. I figli non mi hanno accusato di paternalismo dispotico. Ognuno ha capito la logica della soglia fissa di prelievo e ne ha fatto l’uso che ha voluto. In qualche caso il sistema è stato utile per situazioni più complesse di quelle per il quale era stato immaginato.                                                                             La comunità paese. Quando fu proposto il reddito di cittadinanza mi piacquero la motivazione, l’ispirazione e i termini usati, che suggerivano il diritto di ogni cittadi-no di beneficiare di una parte del reddito complessivo prodotto dalla comunità. Mi piaceva la nozione d’integrazione del reddito ma non mi piaceva che sembrasse una sovvenzione politica. Lo trovai però mal realizzato, col sapore di una “paghetta nazionale” con la tendenza a divenire beneficio permanente di una sola categoria di cittadini. Tuttora mi sembra improbabile che una mera elargizione di denaro pub-blico sia capace di comunicare ai beneficiari il senso di partecipazione alla ridis-tribuzione del reddito prodotto dalla comunità, né che possa dare loro una minima motivazione a essere o a tornare a essere parte attiva di quel reddito. La natura esclusivamente economica del gesto, tutto sommato assistenzialista, non alimenta il senso di appartenenza del beneficiario alla comunità e al contrario ne certifica la condizione di marginalità sociale. Infine suona falso chiamare reddito qualcosa che sia indipendente dalle effettive disponibilità della comunità e che per di più sia finanziata a debito. Un mistero italiano com’è che si possa chiamare reddito un debito. Mi sono venuto chiedendo a più riprese se invece un sistema basato su una combinazione di titoli di credito e di autorizzazioni alla spesa, simile a quello che funzionava in famiglia, potesse funzionare anche nel caso di una comunità grande quanto un popolo e in particolare, tenuto conto dell’emergenza della pandemia, se potesse funzionare sia in situazioni di vita “normale” sia in condizioni di emergenza. E così è venuto prendendo forma l’idea del sistema nazionale di assicurazione sociale descritto più avanti, ma diamo prima uno sguardo al contesto.

La dimensione sociale e planetaria delle emergenze umane e naturali. Che si tratti di crisi dei sistemi costruiti dall’uomo o di catastrofi naturali, le emergenze avvengono, sappiamo che sono ricorrenti anche se non sappiamo quando si pre-senteranno e in quale forma. Nel suo rapporto con se stesso e con la natura il genere umano si confronta da sempre con guerre, carestie, terremoti, maremoti crisi finanziarie, e pandemie. Non pochi scienziati ritengono che le pandemie, già allora legate alla domesticazione degli animali, siano state agenti della selezione naturale nell’evoluzione del genere umano del quale facciamo parte. Un tempo le emergenze erano locali e si poteva riconoscere quelle dovute agli uomini e quelle attribuite alle divinità naturali. Le emergenze generate dal genere umano sono via via divenute più frequenti e più estese a misura dell’aumento della popolazione e dell’urbanizzazione: le pratiche intensive nell’agricoltura e nella zootecnia, l’uso dell’energia fossile e nucleare e più recentemente la globalizzazione dell’economia, il web e la pervasività del sistema finanziario, che ha tratto il massimo vantaggio dall’assenza di regole e di frontiere e dalla velocità degli scambi, e che sta avendo un grande impatto socioeconomico planetario. Possiamo dire che l’azzardo tecno-logico sta al disastro di Chernobyl come l’azzardo finanziario sta alla crisi del 2008, mai risolta, e che ha inaugurato la fase più recente e accelerata del processo di polarizzazione socio-economica che divide il mondo tra i pochi che hanno sempre di più e i tanti che hanno sempre meno, e che, oltre a depauperare il corpo sociale intermedio e a saccheggiare l’ambiente, frustra la prospettiva della democrazia, che, come sappiamo, ha bisogno di quelli che hanno abbastanza per poter parlare. Ci rendiamo conto che le emergenze di oggi e di domani dipendono sempre più dall’interazione tra il genere umano e la natura e sempre più persone immaginano che, se non cambieremo rotta, la natura si sbarazzerà presto di noi, o lo faremo noi stessi.                                                                                 L’innovazione tecnologica e l’emergenza disoccupazione. La disoccupazione è un’emergenza che dipende esclusivamente da come l’uomo ha concepito e realiz-zato le diverse forme di comunità umana. Da tempo le comunità si confrontano con il progresso tecnologico e con la competizione che stanno mutando profondamen-te le prospettive del lavoro umano. Per effetto del processo evolutivo collegato alla rivoluzione postindustriale, all’automazione dei processi produttivi, all’avvento del web e alla prospettiva dell’intelligenza artificiale, i posti di “lavoro tradizionale” diminuiranno e ci saranno forti oscillazioni dell’occupazione. Nelle società tecno-logizzate attive scompaiono imprese e sorgono nuove imprese e la domanda di lavoro si rivolge a competenze nuove, cosicché la nuova domanda di lavoro si trasforma in occupazione se, nello stesso luogo e allo stesso tempo, s’incontrano imprese e lavoratori al passo con i tempi. L’innovazione implica un grande dinamis-mo nella vita lavorativa, con sempre più frequenti cambi di occupazione associati a periodi di riqualificazione professionale con un grande impatto sull’intero ciclo di vita di ciascuno di noi. In prospettiva possiamo immaginare che se prendiamo a riferimento la suddivisione del ciclo di vita, ereditata dal modello industriale della società, e cioè “istruzione – lavoro – pensione”, il periodo del lavoro ha tendenza ad allungarsi e a trasformarsi in cicli ripetuti di “occupazione-formazione-nuova occu-pazione”. Di conseguenza il periodo della pensione ha tendenza a contrarsi e a significare qualcosa di diverso rispetto ad ora. Il cambiamento muove più o meno decisamente in questa direzione, anche in base del fatto che nella suddivisione attuale “istruzione – lavoro – pensione” è previsto che il lavoro spesi l’istruzione e la pensione, ma questa è un’equazione economico-finanziaria insostenibile nell’evolu-zione socio-economica che stiamo vivendo.                                                              La dimensione sociale delle emergenze ricorrenti nella vita della comunità e di ciascun individuo. Il quadro descritto espone i cittadini, individualmente, e la comunità, collettivamente, a diverse forme di emergenza, episodiche e di periodo. Possiamo osservare che ogni comunità umana vive emergenze nella sua propria dimensione che toccano allo stesso tempo tutti o quasi i gruppi, le famiglie e i sin-goli individui che ne fanno parte e che d’altra parte ogni individuo, nel corso della sua vita si differenzia dalla comunità nel senso che può vivere emergenze sue pro-prie che non sono quelle degli altri o che non lo sono nello stesso momento. Avvie-ne che l’emergenza della comunità tocchi alcuni più degli altri, non sempre gli stes-si nelle diverse circostanze, anche se, come risulta dalle cronache, sembra che spes-so siano gli stessi a rimetterci mentre alcuni ne traggano persino vantaggio. Nel quadro descritto la solidarietà appare come il mezzo sociale di compensazione delle situazioni estreme. Possiamo dire che l’aspetto economico della solidarietà consista in gran parte nella partecipazione dei cittadini alla ridistribuzione del red-dito della comunità e che per questo sia necessaria una equitativa amministrazione dell’integrazione del reddito a favore di chi ne ha meno o non ne ha abbastanza. Nello svolgersi del tempo della relazione tra individuo e comunità si possono evi-denziare due aspetti ovvi ma da tenere a mente, e cioè la sincronia degli eventi che riguardano allo stesso tempo l’intera comunità, come avviene nel caso di una pan-demia, e l’asincronia degli eventi che riguardano la vita di ciascun individuo rispet-to a quella degli altri. Gli individui infatti vivono stessi eventi in diversi momenti. Alcuni eventi e fasi della vita sono significativi per l’individuo e per la comunità: la nascita, l’istruzione, l’occupazione, la prole, la disoccupazione, la mobilità fisica e quella sociale, la malattia, il ruolo, la vecchiaia, la morte … per dirne alcuni.             L’Italia alle prese con la disoccupazione e la ripresa socio-economica dopo la pandemia. Arrivando a noi, la disoccupazione in Italia era già alta prima della pan-demia, più che nelle altre nazioni del g7, e si parlava insistentemente che l’Italia dovesse recuperare produttività, la qual cosa significa che dovesse ridurre gli occupati a parità di produzione. Dovendo recuperare il deficit pregresso di produt-tività, le riforme strutturali necessarie per la ripresa economica dell’Italia dopo la pandemia, avranno tendenza a produrre una domanda di lavoro minore di quello che esse potrebbero produrre e questo è un problema tutto italiano. Se le iniziative messe in campo dal governo Draghi con i progetti d’innovazione tecnologica e digitale, orientati alla ripresa economica, avranno successo, essi produrranno nell’immediato disoccupazione e bisogno prolungato e ricorrente di conversione e sviluppo di nuove competenze, a partire dal settore del pubblico impiego. Il pro-getto di transizione ecologica potrà compensare in parte e in tempi medio-lunghi la tendenza, cosicché è da prevedere che, anche se andrà tutto benissimo, nel bre-ve-medio periodo la domanda di lavoro non si riprenderà al ritmo della ripresa economica, con una corrispondente crisi di reddito. Tenuto infine conto dello stret-to legame tra economia, bilancio dello stato, pandemia e altre emergenze di vasta portata, ormai considerate ricorrenti, pare logico che, come è necessario dotarsi di un sistema sanitario nazionale predisposto a erogare prestazioni sanitarie ai citta-dini in condizioni di emergenza, è altrettanto necessario dotarsi di un omologo sistema nazionale predisposto a erogare prestazioni economico-finanziarie agli stessi cittadini per fare fronte agli effetti economico-sociali di tali emergenze. Detti sistemi, eventualmente ricompresi in una accezione estesa di protezione civile, de-vono essere capaci di funzionare in modo ordinario (nel senso di consueto, ordina-to ed efficiente) anche in condizioni straordinarie. Quanto appena descritto costitu-isce la cornice e la prospettiva di disegno della proposta di sistema di assicurazione sociale, del quale espongo qui di seguito, passo passo, le osservazioni e le scelte fondamentali.                                                                                                            Un sistema unico per amministrare i molteplici provvedimenti di integrazione del reddito. Possiamo constatare che le emergenze di cui ai punti precedenti, diffe-renti fra loro per origine e natura, determinino come conseguenza economica una insufficienza di reddito più o meno estesa, una circostanza cioè in cui un individuo, una famiglia, un gruppo, o l’intera comunità non ha la disponibilità materiale per affrontare una “spesa essenziale” nemmeno ricorrendo al prestito, che viene con-cesso solo in presenza di un reddito sufficiente a ripagarlo. Di conseguenza si può dire che per far fronte all’effetto economico delle più diverse emergenze oc-corre un sistema che permetta di amministrare agevolmente la necessaria integrazione del reddito. Trattandosi di emergenze, pare utile emulare il modello assicurativo, nel quale si accantonano regolarmente le risorse per costituire un fondo che servirà a liquidare il danno in caso di sinistro. Niente di nuovo per noi italiani, tradizionalmente e notoriamente buoni risparmiatori. Avendo a mente il modello assicurativo, si può dire che attualmente vengano utilizzate per lo più polizze assicurative collettive. Infatti, a seconda delle situazioni, provvedimenti spe-cifici prelevano risorse da fondi dedicati e le destinano a differenti forme di “sos-tegno al reddito” che, solo alla fine del processo, diventano assegni individuali. Le procedure sono diversificate e diversi sono gli attori che hanno voce in capitolo nelle differenti gestioni. Oltretutto i grandi importi in gioco quando si tratta di emergenza implicano la necessità di rifinanziare preliminarmente i fondi e allora si deve ricorrere, con l’emergenza in corso, al generico bilancio dello stato e al debito. Alcune procedure, già farraginose e faticose da gestire in condizioni ordinarie, vanno in blocco in caso di emergenza. Cassa integrazione ordinaria, straordinaria, reddito di cittadinanza, di emergenza, d’inclusione, bonus famiglia, bonus baby-sitter, bonus 80€, 100€, bonus figli … in Italia esistono qualcosa come una ottantina di provvedimenti che, a vario titolo e con altrettante diverse procedure, si occupano in modo autonomo e scollegato di sostegno al reddito. In assenza di un sistema unitario che relazioni i diversi provvedimenti al singolo individuo che ne beneficia, si verificano aree di sovrapposizione, dove lo stesso cittadino può cumulare diversi benefici, anche se non cumulabili, e aree scoperte, dove il cittadino pur avendo un effettivo bisogno, non beneficia di alcun provvedimento perché qualcuno se l’è dimenticato e casomai sarà preso in considerazione in un prossimo decreto sos-tegni. In condizione di emergenza si inventano nuove procedure o si “forzano” quelle esistenti a fare un servizio diverso da quello per cui erano state pensate. Si capisce che la gestione della preventivazione e della rendicontazione sia compli-cata, di fatto è impossibile. Un sistema basato su polizze collettive, anche quando riesce a distribuire il sostegno al reddito, non è capace di amministrarlo compiu-tamente né occasionalmente né in continuità. Infatti ciascun provvedimento è a sé stante, il processo è aperto e per lo più a senso unico da donatore a beneficiario, è privo di feedback, il controllo non è incorporato nella gestione ed è affidato a inda-gini esterne e a posteriori, magari della magistratura.                                              Per amministrare adeguatamente l’integrazione del reddito occorre prima di tutto che il sistema sia basato su polizze individuali, in modo che qualsivoglia provvedimento di accantonamento e di liquidazione venga riferito al cittadino che ne beneficia e rimanga così memorizzato nel registro storico individuale. In questo caso il fondo collettivo dell’intera comunità corrisponde alla somma delle disponi-bilità di tutte le polizze individuali e l’insieme delle polizze fa fronte allo stesso tem-po (sincronia) all’emergenza collettiva allo stesso modo in cui una singola polizza fa fronte in tempi diversi (asincronia) alle emergenze individuali. Le risorse necessarie a far fronte all’emergenza collettiva vengono cioè attinte dal fondo collettivo con provvedimenti straordinari ma vengono distribuite utilizzando la stessa procedura dei provvedimenti ordinari delle polizze individuali. Questo costituisce un requisito di funzionamento essenziale in condizione di emergenza. Scegliere un sistema basato su polizze individuali che in ogni momento comprenda l’intera comunità, implica che esse siano estese a tutti i cittadini indistintamente e che debbano copri-re l’intero arco della vita di ciascun cittadino, dal primo all’ultimo giorno. Vale la pe-na di sottolineare che un sistema così concepito, può amministrare qualsiasi forma di “integrazione del reddito”: emergenze episodiche o protratte nel tempo, quali perdita temporanea di lavoro, totale assenza di reddito, invalidità congenita o per infortunio, malattia, una pandemia, oppure contribuzioni non emergenziali e di na-tura motivazionale, in periodi e occasioni particolari della vita di ciascuno quali, l’in-fanzia, l’istruzione, il compimento della maggiore età, l’arrivo di un figlio, la mater-nità e la genitorialità in genere (dispensa dal lavoro per seguire i figli in DAD!), la riqualificazione professionale, l’impegno in attività a beneficio della comunità  … Lo stesso assegno di pensione sociale è di fatto ricompreso nell’ampia accezione di “integrazione del reddito”. La peculiarità descritta candida un sistema del genere a divenire lo strumento di gestione economica di un welfare innovativo che accom-pagni ciascun cittadino nell’intero arco della sua vita e nella sua relazione continu-ativa con la comunità alla quale appartiene.                                                               Com’è fatto e come funziona il sistema nazionale di assicurazione sociale. Il sistema si fonda su un contratto tra la comunità Stato e ciascuna persona, titolare della cittadinanza italiana, senza eccezione alcuna, che vige genericamente dal pri-mo all’ultimo giorno di vita della persona. Più precisamente, i benefici associati al contratto vigono per tutto il tempo durante il quale la persona è titolare della citta-dinanza italiana e risiede in Italia. Va infatti considerato che detti benefici, possano essere sospesi o persi in specifiche circostanze, per crimini a danno della comunità, ad esempio per evasione fiscale. Il contratto assicura ai titolari della cittadinanza italiana di partecipare ad una forma di ridistribuzione del reddito prodotto dall’in-tera comunità, attraverso le diverse forme d’integrazione del reddito, che la comu-nità, per il tramite dell’istituzione che la rappresenta, ritiene debbano e possano es-sere riconosciute ai cittadini meno abbienti. Per ciascun contratto, la comunità apre un conto corrente e lo alimenta regolarmente con “titoli di credito” a spese del bilancio dello Stato. I titoli di credito, che corrispondono a una sorta di premio as-sicurativo, sono di uguale importo per ogni contratto e sono pari all’importo comp-lessivo che la comunità decide di destinare a tale scopo di anno in anno, in occasi-one della revisione di bilancio, suddiviso per il numero dei contratti in vigore. In condizioni ordinarie non è consentito alimentare i conti a debito, di conseguenza l’importo dei titoli di credito varia di anno in anno a seconda delle disponibilità di bilancio, e potrebbero esserci anni con stanziamenti di importo insignificante o nullo. In ogni momento per ciascun conto corrente risulterà un saldo specifico progressivo che dipenderà dalla durata del conto stesso e dalla serie storica dei titoli di credito accantonati e degli utilizzi specifici erogati, che saranno stati auto-rizzati sotto le diverse forme d’integrazione del reddito, in circostanze di necessità riconosciute dalla comunità stessa o in occasione di eventi che la comunità promu-ove nella vita di ciascun cittadino ad esempio l’istruzione, la procreazione, l’occu-pazione a beneficio della comunità. Ogni anno i saldi dei conti correnti individuali dei cittadini scomparsi concorrono a finanziare i nuovi titoli di credito dell’anno successivo. Determinanti per la funzionalità del sistema sono i modi attraverso i qu-ali gli individui e la comunità rispettivamente accedono ai conti di ciascuno e di tut-ti. Nei casi previsti, due modi regolamentati di accesso e gestione del conto per-mettono all’individuo di disporre della disponibilità del proprio conto e alla comu-nità di alimentare e di disporre della disponibilità di tutti i conti: 1) modo asincrono: è quello attraverso il quale ciascun cittadino maggiorenne* può accedere in mo-menti diversi e per tutta la vita al proprio conto individuale e può disporre autono-mamente l’utilizzo di una parte della disponibilità del conto in circostanze congiu-nturali individuali pre-certificate, per i bisogni riconosciuti e a condizioni di eroga-zione che l’individuo troverà pre-autorizzate nel conto stesso (ad esempio l’importo per la nascita di un figlio o per la cig); 2) modo sincrono: è quello attraverso il quale la comunità, nelle diverse livelli di gestione da quella ordinaria a quella in stato di emergenza dichiarata, accede simultaneamente a tutti i conti, sia per assegnare i “titoli di credito”, sia per disporre l’utilizzo di parte dei saldi per le diverse forme d’integrazione del reddito, che a loro volta possono essere una tantum o replicabili e in condizioni ordinarie o straordinarie.

* è previsto che i conti correnti dei cittadini minorenni possano esclusivamente ricevere titoli di credito e siano disponibili al prelievo a partire dal compimento della maggiore età.

Per gestione ordinaria, con l’aggiornamento di provvedimenti continuativi d’integrazione del reddito, s’intende l’esercizio annuale, in occasione della revisione del bilancio dello stato, con cui viene stabilito l’importo destinato ai titoli di credito e contestualmente si rivedono i provvedimenti in vigore, che vengono prorogati, modificati o eliminati. E’ previsto che il provvedimento contro l’indigenza sia sempre in vigore e che un importo non superiore a una percentuale ordinaria dell’importo annuale destinato ai titoli di credito, sia sistematicamente trasformato in “titoli di spesa” per l’acquisto esclusivo di beni di prima necessità a favore di cittadini, che risultino in condizioni di bisogno e di titolarità predefinite e accertate. In stato di emergenza, ad esempio per situazioni economiche correlate ad una pandemia, la comunità può accedere in qualsiasi momento a tutti i conti e disporre l’utilizzo dei saldi per una percentuale straordinaria, che viene stabilita nell’oc-casione, e per forme di integrazione del reddito, anch’esse straordinarie. Le modalità di accantonamento e di erogazione delle risorse descritte rendono il siste-ma doppiamente equitativo nella ridistribuzione del reddito. Infatti, le classi abbien-ti concorrono di più sia in fase di assegnazione dei “titoli di credito” prelevati dal gettito, per via delle maggiori aliquote di contribuzione fiscale, sia in fase di as-segnazione dei provvedimenti d’integrazione del reddito per via della percentuale unica che agisce sui saldi dei loro conti, statisticamente più alti di quelli dei cittadini meno abbienti, perché questi li avranno utilizzati per l’integrazione del proprio reddito.                                                                                                                          I soggetti istituzionali e il sistema nazionale di assicurazione sociale Il sistema tiene distinti e coordinati i livelli di gestione individuale e collettivo. I modi di acces-so descritti semplificano la gestione in quanto permettono in ogni momento ad ogni individuo e alla comunità di accedere per iniziativa propria e in modo regola-mentato e indipendente a parte del fondo collettivo. Il livello collettivo di gestione del sistema prevede decisioni in regime ordinario, tipicamente la revisione annuale su come e quanto stanziare per finanziare i titoli di credito o il valore di reddito sot-to il quale si giustifichi l’integrazione etc … e decisioni in regime straordinario in ca-so di emergenze pandemiche o, come vedremo, di opportunità di natura strutturale quale l’utilizzo del fondo collettivo per ripagare il debito pubblico e modificare così la relazione tra avanzo primario e servizio del debito. Con esplicito riferimento alla premessa, va detto che solo la comunità nel suo insieme, attraverso i suoi rap-presentanti, è titolata a scegliere come usare un sistema del genere e cioè a deci-dere quali siano le condizioni (di necessità come anche di motivazione) che auto-rizzino l’integrazione del reddito, chi ne possa legittimamente beneficiare, a quanto debba ammontare e così via per ogni altro aspetto che attenga alla provenienza e alla destinazione delle risorse del bilancio della comunità. Cosicché è al Parlamento che vanno affidate le scelte di politica sociale del sistema di assicurazione. Analoga-mente sarebbe l’INPS, che istituzionalmente si occupa della previdenza sociale, a dover farsi carico dell’operatività del sistema, che esigerebbe un proprio bilancio economico-finanziario e una collocazione evidente nella contabilità dello stato. Infi-ne sarebbe la “tessera sanitaria”, che è già ora dotata di funzionalità relative alla registrazione delle spese sanitarie fiscalmente deducibili, a dover essere dotata del-le funzionalità di una carta di credito particolare. Questa scelta rappresenterebbe una utile predisposizione all’integrazione e al controllo dei dati economici relativi a tutti i provvedimenti del welfare.                                                                         Coesione sociale, avanzo primario e servizio del debito. A questo punto un semplice calcolo ci fa dire che se volessimo accantonare 100€/mese per ciascun cittadino, occorrerebbero circa 72 miliardi di euro l’anno. La cifra muove l’obiezione che si tratti di un importo straordinariamente grande, anzi impossibile. Si può, e forse si deve, replicare che uno Stato determinato e capace di realizzare un sistema del genere è certamente capace di ridurre drasticamente l’evasione fiscale, che a detta di molti vale molto più di 100 miliardi l’anno. E al riguardo risulterebbe moti-vante per i cittadini “cooperare” efficacemente contro l’evasione con compor-tamenti personali e quotidiani se, ad esempio, i due terzi del recupero dell’evasione fossero automaticamente trasformati in titoli di credito. Si può anche argomentare che la combinazione tra il limite fisso di erogazione, che viene applicato a tutti i conti, alla maniera dei quello familiare, e quello relativo alle circostanze che autoriz-zano la spesa, fanno sì che i saldi disponibili rimangano in gran parte tali per le situ-azioni di grande emergenza collettiva. D’altro canto il cash-out effettivo dipendente dalle scelte del Parlamento sarà assimilabile a quello per i provvedimenti di sos-tegno al reddito già operanti. In effetti il sistema produce un fondo di prevenzione per far fronte all’emergenza catastrofica e razionalizza la gestione della spesa nel caso di condizioni di emergenza ordinaria che interessi una parte minoritaria della comunità. Ciò detto, si può immaginare che le risorse siano reperite attraverso pre-lievi dalle entrate fiscali e a condizione che esista un avanzo primario del bilancio dello stato. Premesso che, salvo lo stato di emergenza nazionale, i titoli di credito all’esistenza possano  essere assegnati solo in presenza di un avanzo primario del bilancio dello stato, si possono ipotizzare prelievi da poste significative del bilancio e che risultino significative e motivanti per il cittadino, per esempio una percentuale tra il 15% e il 30% dell’avanzo primario stesso, il 60%-80% del recupero dell’eva-sione fiscale il 10%-20% degli introiti per alienazione dei beni dello stato, il 5%-10% delle efficienze di spesa corrente … altre integrazioni provenienti dal gettito. Tutto ciò vale in condizioni di prosperità. Noi invece stiamo vivendo una lunga stagione di crisi, durante la quale è vero che l’economia italiana ha prodotto regolarmente un avanzo primario, inferiore però al servizio del debito, ed è vero che abbiamo regolarmente onorato il servizion del debito con ulteriore debito. Questo è in pros-pettiva un aspetto esiziale per il patrimonio nazionale che ha tendenza a passar in mani altrui. Ciò significa che, decidere come reperire le risorse necessarie per ali-mentare il sistema, richieda di rispondere prima di tutto alla domanda se venga prima la coesione sociale o il servizio del debito, che a sua volta esige una visione della comunità e un indirizzo politico assai chiari. In termini sociali possiamo dire che la coesione sociale si rafforza se i cittadini hanno l’evidenza che il grado di sicurezza economica individuale, familiare e sociale è correlato non solo all’attività di ciascuno, bensì anche a quella della comunità di appartenenza nel suo insieme. In questa prospettiva il bilancio dello Stato è comunque l’espressione contabile dell’attività della comunità riferita a se stessa. Connettere in un modo evidente e interattivo il bilancio economico dei cittadini e quello dello stato può indurre un aspetto comportamentale non marginale della coesione sociale, quando ciascun cittadino, nelle sue scelte di tutti i giorni cominciasse a preferire una ricevuta fiscale e una fattura in chiaro e a cercare il modo di opporsi allo spreco della pubblica amministrazione. Questo può a sua volta favorire lo sviluppo di forme di controllo civico, diffuso e partecipato, del funzionamento dello stato, ben più efficace di qualsiasi programma di “spendig revue”, quando per esempio ai cittadini risultasse chiaro che il recupero dell’evasione fiscale finanzierebbe i loro titoli di credito.         Riservare una parte del Next generation EU come dotazione iniziale del sistema. Sicuramente, PNRR utilizzerà al meglio le risorse messe a disposizione dal programma europeo, ma rimane il punto interrogativo sulla capacità di mettere a terra i progetti e spendere tutte le risorse. Se si accetta la tesi che il sistema di assi-curazione sociale sia un correlato dei progetti di sviluppo tecnologico, digitale e di transizione ecologica, ne deriva che esso meriti un’adeguata allocazione di risorse. Combinando le due considerazioni di cui sopra, se è probabilmente troppo des-tinargli 72 mld.€  sotto forma di dotazione iniziale, sarebbe giustificato e conveni-ente destinarne una buona parte, considerato che sarebbe un modo per correre il rischio di dover restituire gli importi non spesi del PNRR.                                        Un esempio elementare di funzionamento del sistema in condizioni ordinarie Qui di seguito è descritto un esempio elementare del modo asincrono e di quello sincrono di gestione, in regime ordinario, di ciascun conto individuale e del conto collettivo. Ipotizziamo per semplicità che il Parlamento, in occasione della revisione di bilancio, possa destinare ogni anno 72 miliardi di € al conto collettivo. L’importo corrisponderebbe ad un accredito di 1.200€/anno e cioè 100€/mese nel conto individuale di ciascun cittadino. Diremo che 100€/mese sia il valore nominale di riferimento del “titolo di risparmio” per l’anno a venire. Inoltre ipotizziamo che, per costituire una disponibilità certa a favore dei cittadini minorenni, i loro conti sono di norma indisponibili ad alcun prelievo, che ogni cittadino maggiorenne ab-bia un limite di utilizzo del 40% della disponibilità del suo conto individuale, e che la comunità possa prelevare dai conti dei cittadini maggiorenni importi da trasfor-mare in “titoli di spesa” non superiori al 20% del valore annuo destinato al conto collettivo (14,4 mld.€ nel caso dell’esempio) da utilizzare .modo asincrono: ciascun cittadino al compimento del 18° anno di età conterebbe su un fondo di 21.600€, e potrebbe destinare fino a 8.000€ per spese d’istruzione universitaria o per finan-ziare il capitale di una piccola start-up o altro autorizzato. Ipotizziamo che egli torni ad accedere al conto a 30 anni per la nascita di un figlio e poi a 34 anni per un secondo e possa prelevare per questa circostanza, potendo farlo contemporane-amente anche l’altro genitore, diciamo fino a 6.000€ per ciascun figlio, che poi a 50 anni abbia un periodo di assenza di reddito e acceda per questa circostanza al conto per 12 mesi a 1.500 €/mese. Alla ripresa del lavoro gli rimarrebbe una disponibilità residua di 22.000€, utilizzabile sempre al 40%, e di circa 46.000€ allo scadere dei 70 anni che potrà essere destinato a spese essenziali o a integrare la pensione sociale di vecchiaia, mentre il conto comunque continuerà a essere alimentato fino all’ultimo giorno di vita quando la disponibilità residua tornerà al conto collettivo. Importante: gli importi delle disponibilità del conto individuale di cui sopra in realtà variano per effetto della gestione in modo sincrono del conto collettivo, di seguito descritto. modo sincrono: il Parlamento in regime ordinario, una volta deciso come raccogliere i 72 mld.€ da accreditare sul conto collettivo per l’anno a venire, ha facoltà di prelevare dalle disponibilità dei conti individuali dei cittadini maggiorenni fino al 20% del totale dell’accredito di quello stesso anno e di trasformarli in “titoli di spesa” a favore dei cittadini indigenti. Come già detto il Parlamento di anno in anno avrà anche deciso i criteri d’inclusione degli aventi diritto al titolo di spesa e le tipologie di spesa autorizzate che saranno state tradot-te in istruzioni/autorizzazioni di conto corrente per ciascun cittadino. Nel caso dell’esempio, verrebbero destinati a tale scopo fino a 14,4 mld.€, che, nell’ipotesi che i minorenni siano 10 milioni, verrebbero prelevati dai conti di 50 milioni d’ita-liani, e distribuiti a 5 milioni di cittadini considerati indigenti e titolati a ricevere i detti “titoli di spesa”. I titoli di spesa conseguentemente corrisponderebbero a 240€/mese pro-capite. Riguardo a ciò si può osservare che un nucleo familiare indigente di 4 persone riceverebbe 960€/mese, stante che i “titoli di spesa” dei minorenni sarebbero messi a disposizione dei conti dei genitori secondo lo stato di famiglia. In conclusione, per via della trasformazione di parte dei titoli di risparmio dei maggiorenni in titoli di spesa per gli indigenti, a fronte di 100€ nominali/mese destinati ai “titoli di risparmio” la ridistribuzione effettiva dei titoli di risparmio e di spesa risulterebbe come segue*:

* nota: vedi tabelle a fine documento

Sempre nel caso dell’esempio, nell’ipotesi che tutti i cittadini utilizzino l’intero 40% a loro disposizione e il Parlamento il 20% a sua disposizione, il conto collettivo si incrementerebbe ogni anno di almeno 28,8 mld.€. (avendo i primi prelevato 28,8 mld.€ a sostegno del proprio reddito e il Parlamento distribuito 14,4 mld.€ di “titoli di spesa” a sostegno dell’indigenza). In realtà l’incremento annuo sarebbe superiore a 28,8 mld.€ poiché l’ipotesi di massimo utilizzo delle disponibilità è possibile ma non probabile in una serie di anni. L’osservazione lascia ipotizzare che, se in un anno di particolari difficoltà economiche non fosse possibile trovare nel bilancio le risorse sufficienti peri titoli di spesa previsti per l’anno a venire, il Parlamento potrà trovare sufficiente disponibilità accantonata negli anni precedenti per metterla a disposizione di quello successivo. In caso di eventi straordinari si ipotizza che il Parlamento, in qualsiasi momento e con una maggioranza qualificata ed eventu-almente in seduta comune di Camera e Senato, possa deliberare di ricorrere al debito per alimentare il conto collettivo, nonostante la norma che lo vieta in regime ordinario, per gli importi necessari affinché vengano distribuiti in modo ampio e generalizzato. Questo ad esempio sarebbe il caso di una pandemia ed è il caso che stiamo vivendo. Il questo caso la provvista avrebbe una procedura straordinaria e il sistema seguirebbe la tempistica dei provvedimenti legislativi che si rendessero necessari e opererebbe comunque con procedura ordinaria anche nel caso che si susseguissero molteplici provvedimenti del tipo ristori o altro, con l’individuazione di numerose categorie di beneficiari con disposizioni specifiche per ciascuna cate-goria. La tempestività e la sicurezza di esecuzione verrebbero comunque assicurate da un sistema concepito per funzionare in condizioni straordinarie allo stesso modo in cui funziona in condizioni ordinarie. Per semplicità espositiva, nell’esempio proposto si è trascurato il fatto che l’importo annuale destinato al conto collettivo e quello dell’accredito mensile sono in realtà variabili di anno in anno, inoltre si è omesso di includere l’ampia articolazione delle disposizioni specifiche che il sistema permette di ipotizzare in risposta a specifici e puntuali bisogni essenziali in regime di emergenza o al tema generale dell’integrazione del reddito, quale ad esempio l’incorporazione delle diverse forme di cig.                                                                   Le caratteristiche del sistema nazionale di assicurazione sociale in sintesi            – assegna regolarmente “titoli di credito” a favore di ciascun cittadino dal primo all’ultimo giorno di vita, e costituisce un accantonamento individuale intoccabile fino al compimento della maggiore età; –  permette a ciascun cittadino maggioren-ne di usare parte del saldo disponibile in maniera volontaria, regolamentata ed autonoma in momenti di riconosciuto bisogno; – assegna “titoli di spesa” per l’ac-quisto di generi di consumo essenziali a specifiche fasce di cittadini in gravi difficol-tà; – costituisce un accantonamento collettivo da erogare a gran parte o all’intera comunità, nel caso di emergenze e viceversa da utilizzare per ridurre il debito pubblico, nel caso di prolungata prosperità; – è dotato di un doppio effetto ridistri-butivo (in accantonamento e in erogazione) tanto maggiore quanto più progressivo è il prelievo fiscale; – è adatto a gestire sistematicamente, in accantonamento e in erogazione, qualsiasi provvedimento d’integrazione del reddito con il tracciamento di tutte le misure afferenti un singolo individuo, lo stesso nucleo familiare, o un qualsiasi gruppo predefinito di persone, ad esempio quello relativo a un provvedi-mento cig; – funziona in maniera ordinaria anche in condizioni straordinarie; Le scelte relative alla gestione del sistema sono di competenza diretta ed esclusiva del Parlamento, vengono attuate dall’INPS e per le operazioni di spesa si avvalgono della tessera sanitaria, dotata di alcune funzioni di una comune carta di credito.        Il sistema come strumento di riduzione del debito pubblico. Infine un aspetto del sistema, quasi suggestivo, è quello che lo rende adatto a trattare la riduzione del debito pubblico. Infatti, nel caso auspicato in cui si fossero susseguiti anni di prosperità, che gran parte dei titoli di risparmio fosse rimasto inutilizzato e che mettiamo l’80% dei 72 mld/anno dell’esempio fossero andati ad alimentare il conto collettivo, questo si sarebbe accresciuto di 1.000 mld.€, nel tempo che occorre a un cittadino italiano per diventare maggiorenne. In tal caso la comunità probabilmente troverebbe conveniente utilizzare parte di tale disponibilità per ridurre il debito pubblico, col circolo complessivamente virtuoso che ne deriverebbe. E’ curioso e non intenzionale che i 72 mld.€ annui ipotizzati nell’esempio di funzionamento del sistema di assicurazione sociale corrispondano al servizio annuale del debito pubblico. Ciò significa che il risparmio sugli interessi del debito agli attuali minimi tassi vale quanto il sistema di assicurazione sociale dell’esempio. Il debito pubblico può essere considerato una sorta di pandemia economica rispetto alla quale il sistema Paese è molto fragile, basti pensare che una piccola crescita dei tassi d’interesse può mandarci in default. Il nostro sistema non è resiliente rispetto al debito e ne andrebbe della coesione sociale e della nostra stessa salute. Non c’è tempo da perdere.

Sistema Nazionale di Assicurazione Sociale

Tabelle relative all’esempio. Si riportano qui di seguito le tabelle relative all’esem-pio elementare di gestione descritto nel testo con i seguenti parametri: titolo di credito costante nel tempo, pari a 100€/mese nominale per ogni cittadino, limite di utilizzo individuale 40% e autorizzazioni specifiche, per esempio per i figli e limite di utilizzo collettivo del 20% per l’erogazione dei “titoli di spesa” in occasione della revisione di bilancio. la tabella sottostante è relativa al conto del cittadino ed è a vita intera. La tabella vuole mostrare come provvedimenti di integrazione del reddito per occasioni importanti, la maggiore età, i figli, la disoccupazione, l’integ-razione della pensione sociale vengano ricompresi nel conto individuale a vita intera di ciascun cittadino Con estrema semplificazione in essa si ipotizza, che il conto non sia mai oggetto di operazioni di gestione collettiva e cioè che in effetti vengano costantemente accreditati titoli di credito per 100€/mese e non vengano fatti prelievi straordinari da parte della comunità. Si ipotizza che il cittadino mag-giorenne acceda al suo conto individuale in occasione delle circostanze di prelievo previste nell’esempio (in modo asincrono e cioè quando avvengono nella sua vita) e possa disporre del saldo nell’importo e col limite prefissato;

E’ previsto che saldo del conto alla scomparsa del cittadino torni alla collettività e concorra al finanziamento dei titoli di risparmio del successivo esercizio di bilancio. la tabella sottostante è relativa alla gestione collettiva ordinaria e mostra l’opera-zione che, in occasione di una revisione di bilancio, preleva da tutti i conti (tranne quelli dei minorenni) la percentuale limite autorizzata del saldo e la trasforma in “titoli di spesa” a beneficio dei non abbienti. Si ipotizza cioè che il Parlamento deci-da di trasformare tutto il 20% dell’importo totale stanziato per i “titoli di risparmio” (72 mld.€) in “titoli di spesa” ovvero 14,4 mld.€ a favore di 5 milioni di indigenti.

l’INPS preleverebbe 14,4 mld.€ dal conto collettivo dei cittadini maggiorenni e trasferirebbe un “titolo di spesa” di 240 €/mese alla tessera sanitaria (con funzione carta di credito) di ciascun cittadino bisognoso e autorizzato a ricevere i titoli di spesa. La tabella sottostante mostra l’effetto nell’anno in questione sui conti individuali dei cittadini:

 

 

 

 

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