I Balcani e la criminalità organizzata transnazionale

ll giro d’affari della criminalità organizzata transnazionale è di circa il 15% del Pil mondiale

di Gianluca Cicinelli
Frutta almeno 50 milioni di euro l’anno il traffico di migranti nei Balcani occidentali. Ce lo racconta il nuovo rapporto della Global Initiative against Transnational Organized Crime (Iniziativa Globale contro la Criminalità Organizzata Transnazionale). Percorsi e rotte che si accavallano al traffico di droga, che aumenta di valore più sono i confini attraversati. In particolare le autorità segnalano aumenti della coltivazione di cannabis in Albania, Bosnia ed Erzegovina, Macedonia del Nord e Serbia, accompagnata da un flusso di rifornimento proveniente dai Balcani occidentali verso la Bulgaria. L’afflusso di cocaina invece si dirama dai Balcani occidentali, tra Croazia, Grecia e porti del Mar Nero in Bulgaria e Romania. In crescita anche la produzione di droghe sintetiche. I punti caldi dei transiti come dicevano sono le aree di confine, spesso porti franchi in cui vengono riciclati i proventi derivanti dal traffico di esseri umani e di droghe. Ristoranti, alberghi e aziende di catering, immobili, gioco d’azzardo e turismo sono gli investimenti preferiti per lavare il denaro.

Il rapporto mostra un lato nascosto di un fenomeno ancora poco conosciuto e definito e non ancora incasellato in un quadro di diritto preciso, appunto quello della Criminalità transnazionale. I gruppi criminali una volta operanti al di fuori dei loro paesi d’origine mutano volto e alleanze, nonchè modus operandi, rendendo più difficile la loro individuazione. Una rete di gruppi omogenei collegati tra loro in pieno regime di solidarietà, complicità e ferreo ordine gerarchico permette alle associazioni criminali transnazionali di agire nel campo delle frodi bancarie, della criminalità informatica, traffico di droga, merci o persone, fino all’accaparramento di fondi statali. Sebbene i profitti siano ben al di sotto di quelli realizzati al culmine della crisi umanitaria del 2015, il report dimostra come, nonostante gli sforzi istituzionali in atto volti a chiudere la rotta balcanica, esista ancora un mercato illecito di notevoli dimensioni.

Secondo le Nazioni Unite i reati che rientrano nel concetto di criminalità organizzata transnazionale sono: riciclaggio di denaro sporco, attività terroristiche, furto di arte e di oggetti di valore artistico, furto di proprietà intellettuale, traffico illecito di armi, dirottamento aereo, pirateria marina, dirottamento, frode assicurativa, crimini informatici, reati ambientali, traffico di persone, commercio di parti del corpo umano, traffico di droga, bancarotta fraudolenta, infiltrazione mafiosa in affari legali, corruzione di funzionari pubblici come definiti nella legislazione nazionale, corruzione di funzionari di partito ed eletti e rappresentanti come definiti nella legislazione nazionale e altri reati commessi sempre da gruppi criminali organizzati. Per questo la materia è complessa anche per quel che riguarda la possibilità di contrasto internazionale al fenomeno.

Uno studio effettuato dalla Columbia University di New York, ha stabilito che il giro d’affari della criminalità organizzata transnazionale è di circa il 15% del Pil mondiale. Le principali mafie mondiali, quella italiana, russa, cinese, giapponese e sudamericana, costituiscono la terza potenza economica mondiale e sono capaci di stravolgere le regole del mercato, di condizionare l’economia legale e la democrazia. Come spiegato sopra molti dei punti di confine presentano una propensione a recepire diverse attività criminali e non una in particolare. Il contrasto delle autorità è sporadico e consente alle associazioni di aumentare i profitti. “I flussi di persone, droga e denaro attraverso i Balcani occidentali – spiega il rapporto – non seguono linee rette come vettori su una mappa. Si muovono, spesso su brevi distanze, e percorrono strade diverse a seconda degli ostacoli e delle opportunità”.

“Trafficanti e contrabbandieri – si legge nella ricerca – sono naturalmente attratti da aree a basso rischio di intercettazione dove poter condurre le proprie attività illecite, e sfruttano aree grigie nei sistemi finanziari leciti per riciclare i proventi. La maggior parte delle transazioni nel mondo ‘di sotto’ non sarebbe possibile senza collaboratori nel mondo di ‘mezzo’, o in quello “di sopra”. Nel corso del 2020 è stata smantellata EncroChat, una rete telefonica crittografata ampiamente utilizzata dalle reti criminali per operare a livello transnazionale e online in tutti i mercati criminali, utilizzando nuove e sempre più sofisticate tecnologie. Evidentemente non basta a frenare il fenomeno. Le risposte globali alla crescita dei mercati illeciti negli ultimi venti anni sono state deboli e inefficaci. Le vecchie risposte basate sull’impegno nazionale delle forze dell’ordine si sono rivelate inutili. Se gli sforzi non prevederanno un contrasto coordinato e incrociato a livello internazionale non sarà mai possibile affrontare politiche di contenimento efficace dei traffici illeciti.

 

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