di Loreto Giovannone
Cento sessanta anni fa, il 17 marzo 1861 fu dichiarato il Regno d’Italia, l’Unità italiana fu una costruzione politica, raggiunta con la violenza militare, la corruzione, le cospirazioni dei moti carbonari diretti e controllati della massoneria. Unità priva dei presupposti essenziali: la coscienza unitaria e la comune identità degli stati preunitari, dei sudditi delle monarchie della penisola. Con la farsa del Plebiscito e la mancata volontà politica alla Unità nazionale dei 7 stati preunitari, mancarono la volontà popolare e buona parte del ceto borghese. Il Regno Due Sicilie, sotto la dinastia Borbone fu invaso militarmente ed annesso con la forza militare e l’imposizione di una dittatura repressiva politico-amministrativa. La farsa del plebiscito e il solo 2% degli elettori per censo sono storicamente accertati e con essi la rivoluzione assolutista borghese. Alla maggioranza degli italici fu imposto uno stato centrale e di appartenere a un’unica nazione senza la coscienza di appartenervi.
Propaganda del nuovo regime dopo il 1880. Dopo 20 anni di feroce regime militare e polizia, con la fortissima crisi economica effetto della rapacità liberale, con il pauperismo e la distruzione dello stato sociale, con il fallimento delle politiche fiscali e finanziarie liberali per l’asfissiante tassazione, con l’invasione negli apparati di governo di fedelissimi funzionari e burocrazia sabauda, l’azione di conquista fu spostata alla persuasione nell’insegnamento nelle scuole, nella stampa, nelle riviste, nella letteratura, in ogni forma possibile di propaganda. Il regime Sabaudo-piemontese attuò la strategia della propaganda di regime in ogni strato sociale, in ogni forma di comunicazione. Scopo perseguito la falsa costruzione ideologica della patria-nazione degli eroici liberali risorgimentali, infine imporre alle classi popolari il mito della nazione con unica lingua e cultura. A questo scopo furono inventate e propagandate due opere: la favola massonica “le avventure di Pinocchio” di Carlo Lorenzini, il libro “Cuore” di Edmondo De Amicis, iscritto alla massoneria nella loggia Concordia di Montevideo. Pochi sanno che a De Amicis il destino personale e familiare gli riservasse una punizione esemplare e definitiva senz’appello. Pochi sanno che all’autore del libro “Cuore”, opera spacciata per i modelli educativi fasulli di patria, famiglia, dovere, infarcita di spunti morali attorno ai risorgimentali miti artefatti e patriottici, un libro di forte ispirazione massonica dove l’assenza del cattolicesimo, cultura dominante degli italiani, viene sostituita con la religione laica della triade Patria, Chiesa, Stato. A De Amicis, partito da giovane come scrittore propagandista militare, subito perdente con la sconfitta di Custoza, la vita reale riservò una punizione esemplare per la sua artefatta propaganda da libro “Cuore”. Lo scrittore ben rappresenta la parabola dell’idealista risorgimentale che non prese mai contatto con la propria realtà, al contrario degli sbandierati ideali, famiglia, dovere, patria, De Amicis fu travolto nelle vicende familiari dall’inesorabile fallimento di continui screzi domestici con la moglie Teresa Boassi, che aveva sposato nel 1875. In casa c’erano frequenti liti furibonde e violente, è chiaro che in casa De Amicis non albergavano le oleografiche e melense figure retoriche della sua narrativa. Tra marito e moglie si scatenavano spesso delle liti accese, che contribuirono probabilmente al suicidio del figlio maggiore Furio. Questi si sparò nel novembre 1898 un colpo di pistola presso una panchina del parco del Valentino. L’altro figlio, Ugo, si allontanò dall’insopportabile clima di casa De Amicis ritirandosi nella solitudine in montagna. L’unico figlio rimasto, Ugo, avvocato, sposò Vittoria Bonifetti, non ebbero figli; morì nel 1962 e sua moglie Vittoria nel 1971. L’eredità dei De Amicis (più di due miliardi di lire nel 1984), che doveva essere destinata sia al Comune di Torino che a borse di studio per studenti poveri, sparì misteriosamente dai conti correnti sul finire degli anni sessanta affondando nelle cause legali.
Ottantatre sterline d’oro, “lo sterco del diavolo“, al comune di Torino – Ottantatrè sterline d’oro. All’ incirca 12 milioni e mezzo. È quanto resta nella cassetta di sicurezza del Banco di Roma di Lugano del “tesoro” di Edmondo De Amicis, l’autore di “Cuore”. Lo ha accertato ieri pomeriggio in Svizzera Maurizio Mancini, l’assessore legale del Comune di Torino che dello scrittore è l’erede universale. Il “giallo” dei diritti d’ autore di “Cuore” finirà dunque con ogni probabilità in mano ai magistrati a cui il Comune aveva già preannunciato di voler presentare una denuncia. Sarebbero infatti scomparsi gli oltre tre miliardi di diritti d’ autore depositati in Svizzera dal figlio di De Amicis, Ugo, morto nel ‘ 62 che a sua volta aveva lasciato erede la moglie con l’impegno di destinare alla sua morte ogni bene di famiglia al Comune di Torino per la costruzione di borse di studio per bambini poveri. Al Comune andò nel ‘ 69 circa mezzo miliardo, vale a dire l’intero patrimonio italiano. Ma di quello misteriosamente depositato in Svizzera neanche una lira. La vicenda è venuta alla luce nelle settimane scorse in seguito all’ esposto di una erede dei parenti della moglie di Ugo De Amicis. (https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1984/11/22/ecco-il-tesoro-di-de-amicis-83.html)
La nemesi colse De Amicis da vivo e da morto. In conclusione da questa vicenda emergono almeno tre considerazioni che conducono ad un destino ineluttabile, una nemesi che travolge inesorabilmente attraverso le alterne vicende della storia, la rivincita del fato che colpì chi s’era prestato ad oscurare la reale condizione dei minori e la tratta dei bambini del sud, nell’Italia post Unitaria. Dunque tre considerazioni:
1) Il frutto dell’influenza pesantissima della massoneria inglese nell’Unità italica sembrerebbe venuta alla luce e svelare la paga per la propaganda del regime imposto in Italia da Albione e dal monarca della Savoia.
2) Il ‘tesoro’ di De Amicis 83 sterline d’oro, e i diritti d’autore di oltre tre miliardi di lire nascosto nelle banche elvetiche se ne andò inesorabilmente in fumo per altre vie e beffando gli eredi possessori.
3) La parabola dei valori astratti ed ingannevoli della propaganda del Risorgimento che oscurarono e cancellarono la realtà si chiude sulla vicenda familiare di De Amicis. Il fato ristabilì l’equilibrio della falsata verità del libro Cuore che contribuì a nascondere la disumana condizione dei minori nel Risorgimento. La realtà travolse l’artefice dell’illusione e la sua paga che, come denaro maledetto, svelò l’inganno e andò in fumo.
Ad alimentare l’ideologia del regime risorgimentale si prestarono tutti gli storici dell’epoca che costruirono la storiografia dell’Ottocento favolistica e mitologica degli eroici padri fondatori della patria-nazione per raccogliere consenso sulle generazioni dopo la feroce unificazione, cancellando tutti i valori della storia preunitaria. La costruzione di una memoria nazionale passò per la massiccia “operazioni di oblio” ordita, assistita, governata dai massoni d’apparato che agiscono per l’oblio di avvenimenti che possano mettere in discussione la legittimità del regime sabaudo. In questa attività di oblio, unita all’opera degli storici legittimanti il potere istituzionale e politico dello Stato italiano, è tutt’ora prevalente ma non più di primaria importanza avendo perso credibilità.
Per perseguire il medesimo scopo della massiccia propaganda unitarista, agli inizi del ‘900 fu attuata in Italia l’istituzione di Società Nazionali di Storia del Risorgimento. A partire dal 1906, furono create cattedre universitarie sul Risorgimento, furono creati 40 musei del Risorgimento sparsi su tutto il territorio. Agli storici fu affidata l’attività di selezione, oblio e propaganda per legittimare un sistema di potere istituzionale. Questo inquinamento della conoscenza storica ha fatto emergere una grave e irrimediabile mancanza di etica storica con le sue gravi conseguenze sull’assetto sociale.
La storia è divenuta una macchina per cancellare insieme alla verità, le identità, le culture delle popolazioni preunitarie. Rimossa la cultura classica, rimosso in parte il cattolicesimo unitamente alla verità storica degli Stati preunitari, gli storici dell’Italia unita hanno creato la coloniale inferiorità del Sud annesso e sottomesso al Piemonte, ad oggi si procede speditamente con la ridicolizzazione in negativo del sud. Con lo slogan «fare gli italiani» si fece intendere con l’inganno che il processo di unificazione fosse necessario. il Risorgimento fu un cambiamento politico elitario, che non aumentò la libertà in Italia ma favorì una elite oligarchica rapace e vorace nell’accaparrare ricchezze e a speculare nel finanziario. Fuori dalla storia rimase la maggioranza popolare, il ceto agrario piu basso, i contadini, gli analfabeti, lavoranti, bottegai, artigiani, la piccola borghesia imprenditoriale, gli involontari italiani del Sud.
Il Risorgimento e l’unificazione dell’Italia vennero raccontati in forma mitologica avulsa dalla realtà con una costante e continua azione di sottrazione ed oblio. L’unica verità possibile è emersa negli archivi, da ciò che rimane nell’immenso materiale conservato nonostante subisca sottrazioni e periodici scarti. I ricercatori indipendenti sono avversati ed odiati dagli storici di Stato perché “chi controlla il passato controlla anche il futuro“. (George Orwell)
Commenta per primo