di Raffaele Varvara
Se è vero che nel tempo della menzogna universale dire la verità è un atto rivoluzionario, come diceva Orwell, allora è importante impegnarsi a cercarla, nel mezzo degli estremi che polarizzano il dibattito sul nostro presente.
Chi scrive è un infermiere impegnato in prima linea in un ospedale milanese. Esordisco su Sovranità Popolare per riportare, dalla prospettiva privilegiata con cui osservo la realtà, un contributo che possa aiutare alla ricerca della verità ovvero dell’equilibrio tra gli estremi. La realtà empirica dei nostri reparti, da inizio anno, è la seguente: gennaio/febbraio calma piatta, da inizio marzo si è registrato un aumento dei flussi di ricoveri, trasferimenti, dimessi e decessi. Ma nulla di tutto ciò corrisponde alla terroristica e martellante campagna di informazione mainstream. L’emergenza dal punto di vista strettamente clinico/assistenziale è regredita da un anno ormai, permangono invece e si manifestano sempre più evidenti, le criticità organizzative di un SSN ridotto all’osso. All’aumento dei bisogni di salute della popolazione corrispondono le risposte (insufficienti) di un sistema anacronistico, lento come un carrozzone ammaccato, ingessato dalla burocrazia, sventrato da decenni di tagli. L’emergenza dunque non è sanitaria bensì organizzativa poiché si viene a determinare ciclicamente uno stato di squilibrio tra il soddisfacimento dei bisogni di salute della popolazione e le risorse culturali e materiali che servono per garantire questo soddisfacimento. Non mancano solo, dunque, risorse materiali, quindi soldi, mancano anche e soprattutto le risorse culturali per ammodernare un sistema altamente regressivo rispetto alla complessità dei bisogni di cura che è impegnato a garantire. Si ha l’impressione di assistere ad una affannosa rincorsa del sistema sanitario all’evoluzione dei bisogni di salute della popolazione; gli attuali assetti culturali, organizzativi, strutturali e tecnologici del nostro SSN, infatti, non sono in grado di dare risposte ai nuovi ed emergenti bisogni di salute, determinati dai cambiamenti demografici, epidemiologici e antropologici in corso.
Un esempio? Il nostro SSN non contempla alcuna risposta strutturata a livello territoriale rispetto ai bisogni di non autosufficienza dei nostri nonni pluripatologici e fragili, mentre concentra la sua risposta prevalentemente (ancora e soltanto) alla fase acuta di malattia in ospedale. È proprio a causa di questa impostazione ospedalocentrica, in assenza di risposte sul territorio, che si è realizzata l’estrema congestione delle strutture ospedaliere all’ acme del contagio. Scopriamo solo ora l’importanza di una rete di cura quanto più prossima ai luoghi di vita delle persone, mentre i dati, disponibili almeno da dieci anni, già suggerivano ai decisori politici la necessità di una rivoluzione organizzativa del SSN. Laddove è già attiva una rete di assistenza domiciliare integrata (Friuli Venezia Giulia, Toscana ed Emilia-Romagna su tutte) si riducono del 20% gli accessi per codice bianco ai Pronto Soccorso e si riducono del 10% i ricoveri ospedalieri in quanto si agisce prima che l’evento acuto si manifesti.
Le deficienze politico-culturali-organizzative fanno sì che la nostra sanità sia una delle grandi invarianze del nostro Paese. Il mondo cambia, i bisogni di salute mutano rapidamente ma la cultura, i valori, il modo di essere professionisti, le prassi, le organizzazioni del lavoro, sono ferme ad una visione mutualistica e perciò anacronistica e regressiva perché vecchia di 40 anni. Stare fermi quando il mondo va avanti equivale ad andare indietro!Se il medico di medicina generale è ancora impiegato come il dottor Tersilli di Sordiana memoria, evidentemente risulterà inadeguato rispetto alla mole dei nuovi bisogni di cura dei pazienti contemporanei.
Il SSN produce ottimi risultati sulla salute dei singoli, ma inteso come sistema è paragonabile ad una scuola in cui gli alunni imparano a scrivere utilizzando calamaio e inchiostro; risultato? L’alunno avrà imparato a scrivere correttamente ma con un metodo didattico anacronistico e fuori tempo rispetto all’evoluzione dei giorni nostri. Il sistema sanitario odierno è regressivo quanto una scuola di questo tipo!
Il problema delle risorse, è un problema di ordine politico e si risolve riappropriandoci della la sovranità politica, economica e monetaria, per redistribuirle:
- Bloccando i processi di dissoluzione della sanità pubblica, fermando le derive privatistiche del welfare aziendale, delle mutue sostitutive, del privato convenzionato, dell’intramoenia, delle agevolazioni fiscaliai sistemi privati;
- Ridando allo Stato il pieno controllo esclusivo della Salute, abrogando la modifica del titolo V;
Ma il problema legato alla crescente regressione e l’eccessiva invarianza dei servizi, è un problema di ordine culturale che si risolve con una nuova cultura per la medicina e l’infermieristica, intrise di neoliberismo. Bisogna formare nuovi infermieri e nuovi medici, capaci di operare una dilatazione quantica del concetto di salute e di sviluppare una nuova idea di cura; stiamo assistendo ad un passaggio epocale da un modo di essere professionista della salute ad un altro. Il modello di stampo paternalistico-biomedico-riduzionista sta volgendo al termine, mentre dentro di noi sanitari sta nascendo un nuovo modo di essere professionisti. Stanno nascendo nuovi garanti della salute che operano a tutelarla riconoscendone tutti i suoi determinanti, in connessione. Eppure lo scientismo si sta affermando come la nuova religione per l’annientamento totale delle anime. Ma sono gli ultimi colpi di coda di un sistema terminale: il dogmatismo delle linee guida, ha già dimostrato come esso sia inadeguato a governare la complessità e la singolarità del rapporto di cura. Oggi oltre le linee guida, le professioni della salute necessitano di “Idee guida” che indichino loro come operare questa intima trasformazione a partire da una necessaria opera di ammodernamento epistemologico/culturale radicale delle discipline.
In conclusione, stiamo pagando con la privazione dei diritti costituzionali, colpe, errori ed omissioni politico/gestionali non di certo in capo a noi. Dopo aver preso coscienza dei problemi, l’indignazione spontanea che si sarà generata, deve incanalarsi in un progetto politico-culturale rivoluzionario. Questi due piani sono inscindibili e ormai strettamente connessi.
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