Cura con le terapie domiciliari precoci efficaci per Covid-19

Conferenze a cielo aperto del Comitato liberi cittadini di Milano

di Veronica Tarozzi – Pressenza

Il ciclo di “Conferenze a cielo aperto”, organizzato a Milano da un gruppo di attivisti con il supporto del Comitato liberi cittadini, dal titolo: “Rinasceremo con le cure”, fa luce sulle terapie domiciliari precoci, messe in atto da medici volontari sull’intero territorio nazionale.

La scorsa settimana sono stata invitata a partecipare a una “Conferenza a cielo aperto” tenutasi all’Arco della Pace a Milano, con focus sulle cure domiciliari precoci per la Covid-19.

È stata un’occasione cruciale per fare chiarezza sulle migliori pratiche messe in atto da un numero crescente di medici su tutto il territorio nazionale, direttamente dalla loro voce. Tanto più cruciale, se si considera che delle terapie domiciliari precoci si parla ancora di rado, malgrado la loro inconfutabile efficacia. Ragion per cui, a distanza di oltre un anno dall’inizio della crisi sanitaria, la maggioranza delle persone, medici compresi, non sono ancora al corrente della loro esistenza.

Il Ministero della Salute e l’Aifa continuano infatti a mantenere un protocollo domiciliare basato sulla “vigile attesa” e sulla somministrazione di paracetamolo, nonostante si sia dimostrato fallimentare e benché una recente ordinanza del Tar del Lazio ne abbia richiesta l’immediata sospensione. A sollecitare il pronunciamento del suddetto Tribunale, insieme agli avvocati Grimaldi (già attivissimo coordinatore del gruppo “Terapie domiciliari Covid19) e Piraino, sono stati proprio alcuni dei medici che hanno attuato le best practices di cui sopra, tra cui il Dott. Andrea Giuseppe Giorgio Stramezzi, che ringraziamo per l’intervista.

Dottor Stramezzi, potrebbe raccontarci la sua esperienza con la terapia domiciliare precoce?

La mia esperienza è stata fatta sul campo: io faccio il dentista a Milano, però il mio 110 e lode in Medicina e chirurgia l’ho avuto, il mio 30 e lode in Malattie infettive, l’ho avuto, il mio 30 e lode in Malattie tropicali e sub-tropicali l’ho avuto, e ho fatto anche due anni di specializzazione in Igiene e medicina preventiva, quindi Epidemiologia, Medicina di comunità, etc. Quindi a febbraio, come ogni medico avrebbe dovuto fare, mi sono detto: “Devo mettermi a disposizione dei pazienti”, perché questa pandemia è seria. Così ho fatto. Agli inizi del marzo 2020 mi è capitato per caso il papà di un paziente che ho visitato a casa; quando ho l’ho visto mi si è raggelato il sangue perché stava veramente male, non rispondeva nemmeno. Dopo 3 giorni di terapia, era in piedi, senza l’ossigeno. Sono tornato dopo un’altra settimana ed era nervosissimo, in soggiorno, guardava fuori: c’era una bella giornata di sole, come oggi, esattamente un anno fa, e lui si lamentava che non lo lasciavano uscire per andare al parco a farsi due passi. Lì ho capito che le cure funzionavano! Ne ho visitati tantissimi, almeno 500 e sono tutti guariti.

Qualcuno però è peggiorato, perché magari sono intervenuto tardi e lì ho capito che il timing è fondamentale: se tratto un paziente nella prima o seconda giornata del sintomo, riesco ad evitare che si aggravi e la malattia passa quasi come una vera influenza, anzi, nemmeno. Se invece arrivo dopo 15 giorni, o tre settimane, la situazione è peggiore, perché il danno è già stato fatto e quindi poi è difficile e ci vogliono dei mesi per tirarlo fuori.

Può spiegarci in cosa consiste esattamente la terapia domiciliare precoce per la Covid-19?

Le cure domiciliari sono fondamentali, soprattutto quelle precoci, perché come ho già detto il tempismo è la chiave: bisogna intervenire immediatamente bloccando l’infiammazione, per evitare che il virus continui a replicarsi in altre cellule che non ha ancora contagiato. Poi ogni paziente è diverso, bisogna parlare con lui, possibilmente visitarlo, raccogliere la sua anamnesi. Però ci sono alcuni fondamenti della cura che sono: dare l’antinfiammatorio immediatamente, possibilmente già nella prima o seconda giornata e iniziare con una terapia che riduca la capacità del virus di replicarsi.

Ci sono alcuni farmaci che funzionano: l’idrossiclorochina insieme all’azitromicina per esempio, l’ivermectina che è ancora più efficace, sempre insieme all’azitromicina, e anche alcuni integratori, come la vitamina D, presa ad alto dosaggio; soprattutto d’inverno, poiché prendiamo meno sole, ed è fondamentale: io dò almeno 100.000 unità internazionali per 6 giorni, ovviamente insieme alla vitamina K2, perché altrimenti la vitamina D va nei tessuti molli e quindi potrebbe essere dannosa, anziché migliorare la situazione del paziente. La vitamina K2 però non va presa nello stesso pasto della vitamina D3 – poiché le due sono antagoniste, quindi una a pranzo e una a cena, sempre con qualcosa di grasso.

Poi è fondamentale prevenire la “tempesta citochinica”, che in alcune persone avviene probabilmente perché hanno un gene particolare che ancora non abbiamo identificato, su cui il mondo sta indagando. In quelle persone, la reazione immunitaria specifica, cioè la formazione di anticorpi anti Sars-Cov2, genera in realtà una risposta anomala ed eccessiva del sistema immunitario, per cui la malattia, che prima era una semplice, anche se pesante, malattia respiratoria virale, si trasforma in una malattia autoimmune. Sono gli stessi anticorpi che vanno a creare i danni, ovvero la formazione di microtrombi che portano il paziente in ospedale, intubato in terapia intensiva e spesso, purtroppo, anche alla morte.

Oltre al tempismo, quali altri sono i fattori da tenere in considerazione per una cura ottimale?

Se noi li curiamo prima, hanno più possibilità di uscirne senza danni, perché i problemi sono anche i danni da Covid di lunga durata: ci sono molte persone che hanno danni a distanza di un anno. Io sto cercando di trattarli e ci sono anche dei centri specifici. Certo, non sono più in pericolo di vita, però hanno anche conseguenze invalidanti. Ho lavorato anche due mesi e mezzo in un Ospedale Covid e anche lì siamo riusciti a guarirli tutti, tranne una signora di 96 anni, mancata dopo essersi negativizzata, di cui ricordo bene il nome – perché per me tutti i pazienti diventano dei parenti, bisogna voler bene ai pazienti. Purtroppo però, questa signora ha avuto una crisi cardiaca di notte e il medico di guardia non è riuscito a salvarla.

L’esperienza che mi sono fatto mi ha confermato che il paziente va prima di tutto visitato: bisogna parlargli e dargli forza. Io visito a mani nude perché l’utilizzo delle mani è fondamentale: dò la mano al paziente quando arrivo in una casa, porto solo una doppia mascherina. Non mi sono mai contagiato, non sono immune, però tocco il paziente, lo visito, gli palpo i linfonodi, provo la grandezza della milza, del fegato. Poi spesso quando vado via, gli faccio una carezza e quando li ho guariti, li abbraccio e li stringo forte. Il paziente deve sentirsi assistito, deve capire che qualcuno si sta occupando di lui, altrimenti si sente abbandonato. Va in panico guardando in televisione il bollettino dei morti. Vi assicuro che entrare nelle case di quei pazienti che si sentono abbandonati e dargli una speranza aiuta già il processo di guarigione, perché si sentono rafforzati, hanno la voglia di provarci, non si lasciano più andare.

Vuole fare un appello ai suoi colleghi medici affinché comprendano l’importanza della terapia domiciliare precoce?

Quando ho cominciato ad andare a visitare i pazienti in casa con la mia borsa, lo stetoscopio e un saturimetro ero da solo. Avevo paura di non essere in grado di aiutarli. Però bisognava provarci. Ci ho provato e mi è andata bene. Allora dico ai colleghi: “Adesso non c’è più il protocollo ‘tachipirina e vigile attesa’, non siete più tutelati da un punto di vista medico-legale”. Perché purtroppo i medici giovani hanno studiato con i protocolli, mentre quelli della mia età non sanno neanche cosa sia un protocollo: a noi hanno insegnato a fare l’anamnesi (storia clinica del paziente, ndr), a usare la semeiotica (disciplina che studia i sintomi e i segni clinici, ndr), a cercare di capire quali sono i problemi del paziente, a visitarlo e a prescrivere la terapia più indicata. Ai medici laureati negli ultimi vent’anni hanno insegnato a usare solo i protocolli, come se fossero dei computer: tu hai questa malattia? Perfetto, allora ti faccio gli esami / ti somministro questi farmaci previsti dal protocollo e così sono tutelato anche da un punto di vista medico-legale. Ma grazie all’ordinanza sospensiva del Tar del Lazio, a seguito del ricorso che ho fatto con altri medici e avvocati, questo protocollo non è più valido. Il Tar recita una cosa molto chiara: “La vigile attesa non solo è pregiudizievole per il paziente, ma anche per il medico, sia in sede civile, che penale”.

Quindi ricordatevi di essere medici, prendete il vostro stetoscopio e andate a casa dei pazienti. Non c’è bisogno di tute di bio-contenimento, io non l’ho mai messa se non la prima volta, poi mi sono reso conto che il paziente era terrorizzato dalla tuta. Visitateli a casa, parlate con loro, provate a curarli, vi assicuro che è bellissimo. Perché quando salvi la vita a una persona, quando ti guarda negli occhi ti ripaga di tutti i rischi e di tutte le fatiche. Quindi ragazzi, forza, usciamo con la mascherina e lo stetoscopio e andiamo a visitare i pazienti a casa: avrete delle grandi soddisfazioni!

Potrebbe dare delle indicazioni su come comportarsi a chi dovesse avere i primi sintomi simil-influenzali?

Al primo sintomo prendete immediatamente un antinfiammatorio. Uno qualsiasi, quello che avete in casa: bloccare l’infiammazione è fondamentale, può fare la differenza. La Tachipirina non è un antinfiammatorio e per di più abbassa i livelli di glutatione (un potente antiossidante endogeno, ndr), quindi riduce la capacità antinfiammatoria dell’organismo. Prima di tutto quindi, prendere un antinfiammatorio e subito dopo chiamare il proprio medico di medicina generale, augurandomi per voi che abbia le orecchie tese e abbia imparato e sentito cosa deve fare.

Se il vostro medico non risponde, perché magari ha la segreteria telefonica, o vi dice: “Stia tranquillo in attesa, prenda la tachipirina e mi richiami solo se è grave e non riesce a respirare”, allora iscrivetevi a uno dei tanti comitati che esistono. Io sono vicino a due comitati – IppocrateOrg.org e terapiadomiciliareCovid19.org.

Una volta che sarete iscritti, mandate una richiesta d’aiuto. Generalmente, entro poche ore qualcuno vi ricontatterà: lavorano praticamente h24. Sono tutti medici che prestano servizio gratuitamente e che lo fanno rubando il tempo al lavoro, alla famiglia e al sonno. Io da un anno sto dormendo 4 ore per notte. Sono stanco.

Quindi, medici, venite ad aiutarci!

Pazienti, non aspettate: è fondamentale prendere l’antinfiammatorio già dal primo sintomo!

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