di Paolo Russo
Siamo stati travolti da annunci catastrofisti che hanno fatto da materasso a una politica di costrizione e perfino di negazione delle nostre libertà individuali. Per ritornare alla normalità dobbiamo prima di tutto sentirci degni di quei valori che ci fanno un paese democratico, non cadendo nella retorica del dibattito sul virus, lasciando queste questioni agli esperti. Possiamo cominciare a parlare di diritti violati e inviolabili persino con la protesta quando resta l’unico modo per emanciparci.
Siamo al paradosso di un governo che insegue le direttive dell’OMS e di una opposizione che non sa a chi opporsi, disorientata, incoerente insegue mode atlantiche salvo poi ritrattare tutto.
Una democrazia altamente messa in pericolo dai DPCM che hanno trasformato il diritto ad autodeterminarsi in obbligo ad obbedire, nel nome della salute certo ma con una dialettica autoritaria. Oggi protestare non significa negare il virus, negare i morti e neanche non provare empatia per quelle migliaia di persone che hanno i loro cari nelle RSA. Oggi protestare significa tutt’altro, ha a che fare con il domani piuttosto che con l’adesso, è un’investimento verso le nuove generazioni abbandonate da una classe politica che è lo specchio della nostra generazione vuota, che ha goduto delle conquiste dei nostri nonni e dei nostri bisnonni anche attraverso la morte, contro quella dittatura che aveva ridotto le persone a meri attori di una narrazione cucita dai media.
I valori che abbiamo dato per scontati per una cinquantina di anni non sono più assicurati anzi la società sembra aver perso quel senso di responsabilità verso le nuove generazioni, dissacrando l’attenzione dovuta ai più piccoli. Stiamo assistendo a un’era in cui bambini da sei anni in su vengono obbligati all’uso della mascherina e a congelarsi dentro aule con le finestre spalancate mentre i loro genitori sono talmente spaventati che parlano di DPCM anche davanti alle ansie dei loro figli che da tutto derivano fuorchè dal contagio del coronavirus. Le persone si controllano tra loro, in schiaramenti dicotomici tra chi si identifica con la narrazione del governo e chi invece comincia a dubitare di tutto e il controllo molto spesso sfocia in vere e proprie violenze. C’è una “caccia all’untore” che si traduce in denunce anonime e degenera in veri e propri pestaggi come per esempio quello avvenuto a Padova, ai danni di un ingegnere che faceva jogging sull’argine senza mascherina. L’ingegnere è stato raggiunto da due persone, padre e figlio che l’hanno picchiato a sangue e che sicuri del loro buon operato hanno pure chiamato la polizia per farlo multare.
Nel vissuto della paura il pericolo è imminente e in questa configurazione il domani non esiste più ma il domani è il tempo dei nostri figli di cui noi siamo responsabili.
Per questo credo che la discussione sulla gravità del virus bisognerebbe lasciarla ai tecnici della salute investendo molte più risorse sulla sanità pubblica.
Al popolo dovrebbe ritornare il dibattito su come governarsi, sui valori che vogliono vedere rappresentati dai delegati al governo. Il popolo dovrebbe ritornare a scegliere chi essere uscendo dall’equivoco di ruolo su come gestire l’epidemia. Un governo valido dovrebbe farsi carico del problema difendendo in tutte le sedi istituzionali gli interessi della nazione, tutelando la collettività e non facendo ricadere la responsabilità dei problemi sulla gente. Molto spesso sentiamo dire: “siate responsabili”, “dipende solo da voi”, “potreste uccidere i vostri nonni” ecc ecc una comunicazione folle se si pensa che negli anni la sanità pubblica è stata spogliata di tutte le sue risorse riducendo drastimente il numero del personale sanitario e delle strutture ospedaliere.
Protestare è l’unico modo per uscire dallo schema del silenzio assenso che porterebbe inevitabilmente ad essere gestiti come possibili untori o malati e non come persone, in un’epoca in cui la dignità si è ridotta a negatività al covid19 la passività ci porterebbe all’imposizioni di misure come condizione per la nostra libertà e per la nostra genitorialità. Si pensa già ad un passaporto vaccinale come tempo fa si pensò ai TSO ai bambini se i genitori non volevano vaccinarli… Misure coatte che non possiamo accettare in una democrazia in nessun caso. Il diritto alla salute non può diventare un dovere perchè nessun cittadino può essere considerato indegno della capacità di perseguire il proprio benessere. In una democrazia il popolo andrebbe informato e non obbligato e questa libertà non è solo legata al merito della questione covid19 ma è un principio assoluto per cui ogni anno nel mondo muoiono migliaia di persone, consapevoli che una vita senza possibilità è la morte sociale di ogni individuo. In questo senso la prostesta è emancipazione e l’unica via verso la crescita umana e relazionale di ogni società.
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