di Antonino Galloni
I recenti risultati elettorali e, soprattutto, quelli del Referendum sul taglio dei Parlamentari (per non parlare del Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016) dimostrano il totale scollamento di un buon 30% degli elettori, rispetto ai partiti rappresentati in Parlamento. Questo vuol dire due cose: (in proiezione) 18-20 milioni di Italiani non sono allineati né sulle posizioni governative né, precisamente, su quelle dell’attuale opposizione; si tratta di una minoranza, dunque, contro un 70% – oggi, gli altri 40 milioni circa – che la pensano in modo più conformista.
E’ un bicchiere un terzo pieno? Certamente… e due terzi no; vuol dire che, al momento, notevoli cambiamenti sarebbero possibili grazie a un dialogo con le attuali forze di opposizione parlamentare e non trascurabili cambiamenti grazie a un dialogo con il governo.
Entrambe le soluzioni potrebbero non rivelarsi sufficienti, vediamo perché.
Il governo ha varato, sopra tutte, la normativa del rimborso (o, meglio, credito) del 110% sui lavori immobiliari concernenti il miglioramento ambientale/energetico e dintorni. Allo stato dei fatti, ciò ha generato un movimento immane nel Nord e minori reazioni nel Sud; se, però, in prospettiva, passasse la linea che tali crediti possano circolare come moneta e non avere, come unico porto di arrivo e smistamento, il sistema bancario, le prospettive, anche occupazionali, sarebbero straordinarie.
Per il resto, il governo ed i suoi sostenitori hanno meritato le feroci critiche sulla gestione del Covid (per non parlare della scuola e quant’altro): con un atteggiamento troppo attendista all’inizio e comportamenti inappropriati nelle Residenze Anziani e sulle autopsie (cito per tutte la posizione decisissima dell’Avv. Carlo Taormina); ed esageratamente “repressivo” a partire da marzo che ha snaturato il ruolo delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate (cito le considerazioni del Gen. Antonio Pappalardo) e creato una serie notevole di ferite alle libertà (sanitarie, politiche, ecc.) sancite dalla Costituzione.
Un dialogo, invece, con le attuali opposizioni parlamentari – che appare quanto mai auspicabile – non è detto che porterebbe a risultati sufficienti, seppure fuori dall’ordinario, finchè dette forze non riusciranno ad elaborare un piano economico-culturale di superamento delle logiche liberistiche per abbracciare un pieno ritorno alle idee keynesiane, lapiriane, rooseveltiane e kennediane.
Terza possibilità – dopo le due di un dialogo (sempre accettabile) con le forze governative ovvero di opposizione parlamentare – sarebbe quella di una crescita di questo 30%: ipotesi, però, che oggi e nei tempi correnti, potrebbe infrangersi contro il muro di ignoranza, di ignavia, di condizionamento psichico e di sottomissione gregaria che caratterizza, al momento, ma non sappiamo per quanto, la maggioranza degli Italiani.
E siccome, se la casa brucia o il fratello minore sta affogando, bisogna gettarsi al salvataggio, una minoranza organizzata può prendere iniziative responsabili e necessarie che, in seguito, una maggioranza elettorale saprà ratificare.
Il quadro non è completo, perché mancano, almeno, due tasselli.
Il primo riguarda l’incertezza – al momento – dell’importantissimo quadro internazionale, il cui elemento, forse più importante, consiste nella rielezione o meno di Donald Trump che avrà (dopo la rinegoziazione del Salt 2 sulle armi nucleari) la necessità di conseguire un ruolo più definito dell’Italia nel Mediterraneo: questione legata all’andamento della Disunione Europea, dei flussi migratori, eccetera.
Se, invece, Trump non fosse rieletto, la drammaticità dei rapporti tra l’attuale esecutivo e il Paese si acuirebbe fino al punto di una rottura se le forze dell’opposizione parlamentare non riusciranno a riavvicinare maggioranza del Paese e presenze di personale qualificato nelle istituzioni. Il pericolo maggiore per l’Italia, sarà, infatti, che – in mancanza di reddito e di moneta non a debito (vedi gli altri interventi presenti su questa rivista) – il calo del gettito fiscale e le condizioni degli aiuti europei comporteranno una guerra tra poveri, un conflitto tra dipendenti pubblici e pensionati da una parte, imprese e dipendenti (soprattutto precari) dall’altra.
Il secondo riguarda l’unificazione di un fronte di salvezza nazionale che superi i vecchi steccati ideologici, ma veramente, cioè anteponendo il programma unitario, condiviso da tutte le forze sane di opposizione: libertà di cura, difesa dei principi e dei valori della Costituzione, introduzione di moneta non a debito e ulteriore passaggio della Banca Centrale Europea che emetta valuta contro titoli a basso tasso di interesse, retrocedendoli alle Banche Centrali Nazionali (che potrebbero annullarli alle scadenze).
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